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domenica 31 marzo 2019

Europarlamentarie M5s, 200 candidati passano il primo turno: ci sono Nogarin e l’ex Iena Giarrusso. Avanti tutti gli uscenti

Avanti i primi duecento, fuori tutti gli altri. Il Movimento 5 stelle ha pubblicato sul blog i nomi dei candidati che passano al secondo turno delle Europarlamentarie. Lo annuncia il blog delle Stelle al termine del primo turno, su base regionale, delle votazioni su Rousseau. A passare sono i primi dieci candidati per Regione. Nelle circoscrizioni Nord Ovest, Nord Est e Centro i candidati sono 120 (40 per ogni circoscrizione), 60 per il Sud e 20 per le Isole. “Stiamo selezionando le persone – si legge sul Blog delle Stelle – che andranno in Europa per continuare a cambiare l’Italia e iniziare a cambiare tutta l’Europa. Sono persone che stiamo selezionando tutti insieme per il loro merito e per la loro competenza. Sono tutte persone di altissimo livello con una caratteristica fondamentale in comune: sono tutti incensurati”.

Promossi tutti gli uscenti – Per i candidati promossi non viene riportato il numero di preferenze, che al contrario viene esplicitato per quelli bocciati. Accedono al secondo turno tutti gli uscenti e dunque: Laura Agea, Tiziana Beghin, Fabio Massimo Castaldo, Ignazio Corrao, Rosa D’Amato, Laura Ferrara, Eleonora Evi, Piernicola Pedicini, Dario Tamburrano, Marco Zullo. Tra i nomi nuovi passa l’ex Iena Dino Giarrusso. L’ex inviato del programma di Mediaset figurava tra i candidati ai collegi uninominali per il M5s alle politiche, non riuscì ad entrare tra gli eletti a Montecitorio, e ritenta ora candidandosi per l’europarlamento. Giarrusso, voluto al Miur nelle veste da consulente dal viceministro grillino Lorenzo Fioramonti, finì al centro delle polemiche la scorsa estate per il ruolo, attribuitogli al ministero, di “controllore” dei concorsi universitari.

Avanti Giarrusso e Nogarin – Accede al secondo turno anche il sindaco di Livorno Filippo Nogarin che, a causa del nuovo sistema dei punteggi sulla base di meriti e partecipazione, è finito prima tra gli ultimi e poi, dopo un intervento di alcuni vertici, a metà lista. Il primo cittadino nei mesi scorsi si è più volte schierato contro la linea del Movimento e questo avrebbe creato qualche attrito con i vertici. Nogarin era presente all’ultimo evento della piattaforma Rousseau organizzato da Davide Casaleggio a Milano e lì ha avuto un incontro cordiale con il capo politico 5 stelle Di Maio. Promosso anche T Luca Ciarrocca, il giornalista e ‘padre’ di Wall Street Italia, sito di finanza che aveva lanciato nel 1999 e venduto a un gruppo quotato in borsa nel 2014. Corrispondente da New York per Il Giornale quando era diretto da Indro Montanelli, Ciarrocca ha scritto anche per Ansa, L’Espresso, La Repubblica, Milano Finanza. Vanta il primato di aver raccontato per primo, la mattina dell’11 settembre, la notizia dell’attacco dei terroristi di al Qaeda ai grattacieli del World Trade Center, di cui era stato testimone oculare dal suo ufficio al 73esimo piano dell’Empire State Building a Manhattan.

Tra i bocciati il fratello di Sorial – Tra gli ex collaboratori con un passato nel M5s passano la siciliana Clementina Iuppa e il pugliese Alberto De Giglio. Promossa in Sicilia anche Matilde Montaudo, la candidata che nel video di autopromozione diceva: “Sono in campo contro la trojka e la perestrojka”. Tra gli scienziati, a guidare la lista in Campania c’è Giacinto De Taranto, ingegnere aerospaziale che, 5 anni fa, risultava tra gli undici italiani selezionati per la missione Mars One, ideata per “colonizzare” il Pianeta Rosso. Non passano, invece, l’astrofisica Valeria Pettorino con 110 voti sempre in Campania, ma neanche Daniele De Pedis, fisico del Cern di Ginevra che ha preso solo quattro voti in Lazio. Bocciato con 111 voti in Lombardia, invece, Samuel Sorial, fratello dell’ex deputato Giorgio, mentre ha preso solo dieci voti  Roberto Giacomelli, mental coach e membro dell’associazione Gianroberto Casaleggio. Fuori nel Lazio anche Micaela Quintavalle, conosciuta a Roma come la “pasionaria” dell’ Atac. Fondatrice e segretaria nazionale del sindacato Cambia-Menti, la sigla che negli anni ha raccolto tanti autisti e macchinisti della sofferente azienda capitolina dei trasporti, fino a diventare nel 2016 ampio bacino di voti del M5s: ha preso solo 101 voti.

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M5s, online i donatori di Rousseau: non c’è Di Maio. Da eurodeputati 30mila euro per la campagna elettorale

Luigi Di Maio non è tra i donatori di Rousseau. O almeno: non è tra quelli che hanno devoluto denaro all’associazione fondata da Davide Casaleggio tra il 31 gennaio e il 28 febbraio.

Ci sono invece il guardasigilli Alfonso Bonafede, che ha donato 900 euro, e il presidente della Camera, Roberto Fico, che ha fatto un bonifico da 600 euro. I nomi compaiono nel registro delle donazioni pubblicato online da Rousseau, come previsto dalla legge Spazzacorrotti, che impone ai partiti e alle associazioni ad essi collegati di rendere pubblica l’identità del donatore e l’entità della donazione per tutte le erogazioni superori ai 500 euro.

In totale, tra il 31 gennaio e il 28 febbraio, l’associazione ha incassato 45mila euro. Una cifra ottenuta solo dalla somma dei bonifici superiori a 500 euro. Il donatore più generoso è il sottosegretario alla Giustizia, Vittorio Ferraresi: ha elargito 1800 euro.  Ammontano a 600 euro le donazioni effettuate dal presidente della Commissione Antimafia, Nicola Morra, dal sottosegretario alle Politiche giovanili, Vincenzo Spadafora, dal sottosegretario all’Economia, Alessio Villarosa, dal presidente della Commissione Bilancio del Senato, Daniele Pesco e dalla senatrice Elena Fattori.

Il questore di Montecitorio, Federico D’Incà, ha devoluto a Rousseau 900 euro, il senatore Alfonso Ciampolillo ha donato ben 1.200 euro, che è la stessa somma devoluta all’associazione dal consigliere regionale lombardo Andrea Fiasconaro. Seicento euro è la somma donata dalla presidente della commissione Antimafia della Regione Lombardia, Monica Forte. La consigliera regionale pugliese, Antonella Laricchia, ha dato a Rousseau 1.100 euro. I siciliani Francesco Cappello, Stefano Zito e Angela Foti hanno fatto un bonifico da 600 euro a testa.

Molto più ricche, invece, le donazioni arrivate sul conto corrente del Comitato elettorale del Movimento 5 Stelle per le elezioni europee 2019. L’organo guidato da Pietro Dettori  -fedelissimo di Davide Casaleggio e responsabile della comunicazione del vicepremier Di Maio – ha incassato tra il 31 gennaio e il 28 febbraio 30mila euro da alcuni degli eletti a Bruxelles. Nell’elenco dei donatori pubblicato sul sito del Movimento 5 stelle, infatti, compaiono solo nomi di europarlamentari. La donazione più ricca è quella di Marco Zullo con seimila euro, Dario Tamburranno ha dato 5mila euro, come pure Lauria Ferrara. Hanno dato quattromila euro a testa Rosa D’Amato e Fabio Massimo Castaldo, mentre Tiziana Beghin e Laura Agea si sono fermate a tremila.

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sabato 30 marzo 2019

Europee, Di Battista: “Non mi candido. La stampa? Ha scelto Salvini. Il M5s supporti diritto dei migranti a stare a casa loro”

“È un po’ di tempo che non ci vediamo. Io sto bene, anzi benissimo sto facendo cose molto interessanti”. Alessandro Di Battista rompe il silenzio con una diretta Facebook. “Ho riflettuto” sull’opportunità di una candidatura alle europee “e ho detto no“.

“Quando sono tornato dal viaggio in Centro America il Movimento 5 Stelle mi ha chiesto di dare una mano – racconta l’ex membro della Commissione Esteri della Camera – Ho subito detto di sì per varie ragioni, per il fatto che nella mia vita ho difficoltà a dire no. Ho subito accettato per la paura di deludere tante persone, attivisti e simpatizzanti. E poi per un senso del dovere, della responsabilità. Mi sono ributtato ‘in mezzo’ e dopo qualche settimana mi sono reso conto che non si possono fare le cose per paura di deludere gli altri o perché si ha difficoltà a dire no. Ci ho riflettuto, sono un po’ uscito da tutto. Non era semplice. Allora ho riflettuto e ho deciso di non candidarmi“.

“Candidarsi – spiega ancora l’ex deputato romano nel video intitolato ‘Ho qualcosa da dirvi!‘ – significa scegliere di mettersi a disposizione della collettività. O sei convinto o no. Io non vorrei andare a Bruxelles… non renderei. O tu butti tutte le energie in quel modo, come ho fatto in Parlamento, o non le fai le cose bene. In questi 40 giorni di silenzio ho riflettuto… ho vissuto dei giorni tranquilli. Se dovessi decidere di rimettermi in campo in primissima linea voglio farlo al meglio. E’ una questione di serietà nei confronti dei cittadini”.

“Oggi non voglio candidarmi – ha ribadito quindi l’esponente del Movimento – Voglio fare altro, continuare a scrivere, a conoscere il mondo. Voglio continuare a farlo con Sahra”. “Mi sono anche iscritto a un corso di falegnameria a Viterbo. So che dicendo questa cosa mi arriveranno delle prese per il c… enormi ma non me ne può fregare di meno”, ha proseguito Di Battista. “E’ fichissimo, di giorno studio gli incastri a coda di rondine, la sera studio il franco Cfa e provo a scrivere qualcosa. E’ una bella vita, sto facendo quello che ho sempre sognato”.

Nel frattempo “sto scrivendo un libro, edito dalla casa editrice del Fatto, voglio chiamarlo Politicamente scorretto e tratterà una serie di temi che mi stanno a cuore, come il conflitto di interessi. Voglio parlare di colonizzazione, di Africa…”. A questo proposito Di Battista dà un consiglio al suo movimento politico: “Al M5s suggerisco di adottare una linea di politica estera dura. Il M5s deve supportare il diritto delle popolazioni di stare a casa loro“.

Sul fronte interno, Di Battista segue la linea intrapresa dal Movimento: in vista della scadenza del 26 maggio proporsi come alternativo agli alleati di governo della Lega: “La stampa, soprattutto di sinistra, ha scelto Salvini, lo adora. Per loro è la speranza, la Lega è la speranza futura, perché il Partito Democratico è quello che è, di vedersi garantiti i finanziamenti pubblici alla stampa, la reintroduzione della pubblicità per le aziende del gioco d’azzardo…”.

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M5S, Di Battista rompe il silenzio: “Ho detto no alle europee”. Poi saluta gli attivisti: “Mi mancate ma vado in India”

Alessandro Di Battista rompe il silenzio con una diretta Facebook. “Ho riflettuto” sull’opportunità di una candidatura alle europee “e ho detto no. Candidarsi – spiega l’ex deputato romano – significa scegliere di mettersi a disposizione della collettività. O sei convinto o no. Io non vorrei andare a Bruxelles… non renderei. O tu butti tutte le energie in quel modo, come ho fatto in Parlamento, o non le fai le cose bene. In questi 40 giorni di silenzio ho riflettuto… ho vissuto dei giorni tranquilli. Se dovessi decidere di rimettermi in campo in primissima linea voglio farlo al meglio. E’ una questione di serietà nei confronti dei cittadini”.

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Calabria, 50enne minacciato, sequestrato, derubato e pure truffato con una finta candidatura per il M5S

Tremila euro per una candidatura alle regionali del 2014 in Calabria nella lista nel Movimento Cinque Stelle. Duemila sarebbero dovuti servire per proporre la candidatura e reperire i locali da adibire alla segreteria. Mille, invece, per il “disturbo” degli intermediari che, in realtà, sarebbero stati gli aguzzini dell’aspirante consigliere regionale che, oltre ad aver derubato, minacciato e sequestrato un uomo di 50 anni con dei gravi problemi di salute, lo hanno anche raggirato.

La storia è quella di Angelo, un signore di Reggio Calabria. Il sostituto procuratore Sara Amerio ha chiesto il rinvio a giudizio per sette soggetti. La prima udienza preliminare è stata fissata per il 30 maggio quando, davanti al gup Vincenza Bellini, dovranno comparire Giovanni Panzera, Giuseppe Morabito, Vincenzo Serafino, Maria Angela Maccarelli. Tutti e quattro sono accusati di sequestro di persona mentre gli altri tre, Salvatore Spinella, Umberto Abbati e Teresa Idone, rispondono di minacce.

C’è subito da chiarire che né il Movimento Cinque Stelle né i suoi rappresentati calabresi sono coinvolti nell’inchiesta della Procura di Reggio Calabria. Piuttosto, a loro insaputa, alcuni imputati hanno speso il nome del Movimento per raggirare il povero Angelo, una persona ingenua di 50 anni con problemi di salute. In particolare, per farsi consegnare tremila euro Vincenzo Serafino, assieme a due complici, avrebbe fatto credere alla vittima che “si sarebbe occupato – è scritto nel capo di imputazione – di reperire la sede ai fini della sua candidatura nel partito del ‘Movimento Cinque Stelle’”.

“Duemila – si legge nella richiesta di rinvio a giudizio – dovevano servire per proporre la candidatura di Angelo alle prossime elezioni regionali”. Gli altri mille euro dovevano essere corrisposti ai due complici, già processati, “quale compenso per il loro ‘disturbo’”. Ci sono anche due video su youtube in cui il povero Angelo si definisce candidato del Movimento. Video, che probabilmente non ha girato da solo, in cui l’aspirante grillino si interessava di alcune problematiche della città.

Questa sarebbe stata però solo l’ultima delle angherie subite dalla vittima nel 2014. Stando alle indagini dei carabinieri, infatti, il povero Angelo sarebbe stato sequestrato dopo che gli è è stato fatto credere di poter vendere un immobile a Roma di proprietà della sua famiglia. In sostanza gli imputati avrebbero svolto il ruolo di intermediari della compravendita che non esisteva e che, quindi, poi non è andata a buon fine. Per conto dell’ipotetico acquirente, infatti, gli imputati avrebbero chiesto il pagamento delle spese anticipate. Attraverso minacce e violenze, Angelo è stato costretto a consegnare il bancomat della madre e il libretto bancario che aveva cointestato con la donna della quale gli imputati pretendevano anche i soldi della pensione.

La storia è andata avanti per lungo tempo. Tutti i mesi, il giorno prima dell’accreditamento della pensione, per avere la certezza di ottenerla, gli imputati si recavano a casa di Angelo e lo chiudevano a chiave in una stanza sottraendogli il cellulare. Dormivano addirittura lì fino a quando, l’indomani, non lo accompagnavano a riscuotere i soldi. Lo avrebbero costretto, inoltre, a chiedere un prestito e, una volta ricevuto il bonifico da una finanziaria, a consegnare il denaro ritirato al bancomat. Quando la vittima tentava di opporsi, lo insultavano e minacciavano di fare del male a lui e alla madre. Per fargli capire che facevano sul serio, in un’occasione alcuni imputati gli hanno spento una sigaretta sul mignolo della mano. Complessivamente, stando alla ricostruzione dei carabinieri, gli hanno rubato in pochi mesi 13mila euro lasciando lui e la madre senza denaro  e senza pensione.

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Travaglio a De Angelis: “M5s? Spesso sbaglia ma per te ha sempre torto anche quando ha ragione”

Botta e risposta a Otto e Mezzo (La7) tra il direttore de Il Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, e il vicedirettore dell’Huffington Post, Alessandro De Angelis. Travaglio spiega la distanza tra M5s e Lega in tema di diritti civili. De Angelis ribatte che i pentastellati hanno sostenuto le politiche migratorie di Salvini e votato leggi come quella sulla legittima difesa, correndo il rischio di diventare una costola del Carroccio.

Il direttore del Fatto replica: “Ogni volta che un alleato vota una legge dell’altro alleato, non è che diventa la sua costola, altrimenti Salvini sarebbe la costola del M5s, visto che ha votato il reddito di cittadinanza, la legge anticorruzione, la blocca-prescrizione, il blocco dei vitalizi. Eppure, a nessun De Angelis verrebbe in mente di dire che Salvini è una costola di Di Maio. Dice sempre il contrario nelle uniche due occasioni in cui Di Maio ha votato una legge di Salvini”.
E aggiunge: “Questo fa parte della propaganda, non della realtà, perché sappiamo benissimo che, quando si fa un contratto di governo, inevitabilmente ogni tanto tocca a un alleato di digerire un rospo e ogni tanto tocca a un altro. In Germania lo vivono da 3 o 4 leguslature, da quando fanno le grandi coalizioni”.

”Io non faccio propaganda” – controbatte De Angelis – “Mi dici un solo caso in cui il M5s ha detto una cosa di civiltà sulle politiche di immigrazione di Salvini? E quando lo hanno contrastato in nome, per esempio, dei diritti umanitari? Beppe Grillo scriveva le prefazioni ai libri di Padre Alex Zanotelli. Di quello non è rimasto più nulla”.

”Io non sono qui per difendere qualcuno” – replica Travaglio – “Infatti sul voto relativo al caso Diciotti ho scritto editoriali intitolati “Movimento 5 Stalle”. Quindi, so distinguere quando i 5 Stelle sbagliano e quando hanno ragione. Constato invece che per te hanno sempre torto anche quando hanno ragione. Questo è uno dei motivi per cui spesso l’informazione viene scambiata per propaganda, perché è impossibile che uno abbia sempre torto per definizione, sia quando dice ‘A’, sia quando dice il contrario di ‘A’”.

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venerdì 29 marzo 2019

Congresso Verona, Drago (M5s): “Per me non semplice essere qui. Il Movimento non è la realtà politica che viene descritta”

“Sono presente per scelta personale, però voglio sottolineare che il M5s non è quella realtà politica che viene delineata, ma ci sono anche senatori che hanno a cuore la questione della famiglia naturale”. Dal palco del Congresso delle famiglie di Verona ha parlato anche la senatrice del M5s, Tiziana Drago, che ha sfidato la posizione ufficiale del movimento presentandosi a sorpresa al congresso. “Sono qui liberamente in quanto madre e donna che crede nella famiglia naturale, è chiaro che non sono per l’aborto ma siamo in uno stato laico dunque dobbiamo rispettare la libertà e il pensiero di tutti”.

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Cittadinanza a Ramy: 51 bambini sono stati salvati, ma la polemica vince su tutto

di Francesca Scoleri

Potremmo passare per persone serie che pensano a cose edificanti di tanto in tanto, soprattutto dopo una scampata tragedia come quella del bus coi suoi 51 bambini a bordo, ma siccome non amiamo smentirci, ci tuffiamo nelle polemiche dove, ormai è noto, sguazziamo benissimo.

Quello che è accaduto a San Donato Milanese – o meglio, quello che non è accaduto, una strage di innocenti per mano di un criminale – imporrebbe un profilo basso da parte delle istituzioni e una carica di umanità necessaria in un momento di grandi disordini sociali. Pura utopia, me ne rendo conto da sola pensando che al ministero degli Interni c’è Matteo Salvini. Altro che low profile. Salvini sulle polemiche ci campa; un terreno dove si consumano parole vuote che altri hanno pronunciato e di cui poco si è compreso ma ripeterle fa sentire forti e orgogliosi quindi come resistere?

Questa è solo una parte del teatro che ha avuto al centro il giovane Ramy, il piccolo eroe che ha smantellato i piani dell’esaltato pronto a dare alle fiamme l’autobus e i bambini presi in ostaggio. La commedia prevede anche una controparte: il Partito democratico coi comunicati stampa buttati li per ricordare al Paese che è sempre stato dalla parte giusta nel sostenere lo ius soli.

Il giovane andava premiato, farlo sentire parte di una comunità che sfocia troppo spesso in comportamenti di intolleranza è giusto e doveroso, ci è arrivato anche Salvini dopo giorni di sì e no lanciati al primo microfono utile. Certo, le parole con cui ha accompagnato una delle sue ultime dichiarazione su Ramy mi avevano lasciata parecchio perplessa: “Sì alla cittadinanza per il tredicenne, ha capito i valori di questo Paese“.

Ramy ha dimostrato coraggio quanto forse un adulto difficilmente avrebbe saputo dimostrare e ritengo meriti non solo la cittadinanza, ma molto altro dall’Italia e dagli italiani cui sono stati rimandati a casa i figli prossimi alla strage. Riportare questo coraggio come fosse prerogativa dell’italiano medio, è quanto di più ipocrita si possa sentire. L’uguaglianza fra le persone è il valore più alto che vorrei attribuire al mio Paese; pari opportunità e pari dignità per chi ci vive, che vi sia nato o che vi sia giunto da lontano. Ma questo è un concetto inesistente già mettendo a confronto italiani con altri italiani.

Salvini ha il dovere di rendere questo Paese più vivibile evitando di esporlo a rischi legati all’odio razziale. Realizzare quanto stia crescendo il suo elettorato solo ed esclusivamente su questo, è desolante. Lo dicono i fatti: sta dentro un governo a trazione 5 stelle che propone e concretizza, ma pare essere proprio il suo l’elettorato che cresce. In fondo cosa contano i fatti nella Repubblica delle polemiche? Contano le parole, conta il nemico confezionato ad hoc per farci dimenticare che siamo dove siamo perché la capacità e la volontà d’analisi – soprattutto sulla classe dirigente – sono state vitali quanto un encefalogramma piatto.

Il nemico serve come effetto alcol. Dobbiamo dimenticare il Salvini di oggi, di cui giornali e televisioni ci nutrono, e la pseudo-sinistra che ha mercanteggiato regole e ordine sociale per quattro soldi. In mezzo ci sono le nostre sventure ma anche storie belle come quella di Ramy che a soli 13 anni, ha motivo di essere fiero di sé e motivo di orgoglio per la sua famiglia e per noi tutti. Non vorrei sentire altro che questo.

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giovedì 28 marzo 2019

Europee, M5s sceglie i candidati con voto a doppio turno in rete. I nomi in corsa: dalla Iena agli ex dello staff agli scienziati

E’ fissato per il 29 marzo dalle 10 alle 22 il voto sulla piattaforma Rousseau per scegliere i candidati alle Europee: in totale sono 2600 le candidature ammesse alle Europarlamentarie online e nei giorni scorsi è stato pubblicato l’elenco tra cui gli utenti potranno effettuare la selezione. Nella lunga lista di candidati ci sono volti più o meno conosciuti: si va dagli ex collaboratori parlamentari al fratello dell’ex deputato Giorgio Sorial. Ma figurano anche docenti universitari, funzionari, avvocati o altri portavoce che hanno fatto il primo mandato a livello locale e che ora sognano Bruxelles. Tra loro i 5 stelle sceglieranno i prossimi nomi da candidare per il voto del 26 maggio. “Potranno votare gli iscritti da almeno 6 mesi con documento certificato”, si legge nel post di annuncio pubblicato oggi sul Blog delle Stelle. “Ciascun iscritto potrà esprimere fino a 5 preferenze con un’unica operazione di voto. Il primo turno si svolgerà su base regionale e al termine i risultati verranno depositati presso due notai. In questa fase su base regionale non verrà reso pubblico il numero di preferenze ottenute dai candidati che accederanno al secondo turno per non influenzare la successiva votazione su base circoscrizionale. Tutti i voti diverranno pubblici al termine dell’intero processo di selezione”.

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Revenge Porn, Benedetti (ex M5s) vs i vecchi colleghi: “Sono schifata, siete il peggio del peggio della politica degli slogan”

Durissima invettiva di Silvia Benedetti, deputata del Gruppo Misto e sospesa dal M5s per il caso Rimborsopoli, durante la discussione alla Camera sul ddl che introduce il Codice rosso per le vittime di violenza domestica o di genere. Destinatari dell’intervento della parlamentare: i vecchi compagni di movimento e in particolare la relatrice della legge, la deputata M5s Stefania Ascari, a causa delle ragioni da lei avanzate per dire no all’emendamento Boldrini sul Revenge Porn.

Benedetti accusa: “La motivazione per la quale questi emendamenti non vengono votati dal M5s non è nessuna di quelle elencate dalla relatrice. La motivazione è che alle ore 10 di oggi, alla Sala Nassiriya, c’è la conferenza stampa di presentazione di “Diciamo no al revenge porn. Presentazione legge contro la violenza sul web” del senatore Patuanelli, ossia il capogruppo del M5s“.
E rincara, tra gli applausi dei deputati del gruppo Misto, del Pd, di Forza Italia, di Fratelli d’Italia e di Liberi e Uguali: “Quindi, la problematica non è tanto il merito della questione: la problematica è dire “l’abbiamo fatto noi” e, quindi, ricusare tutto il lavoro che questo Parlamento e la Commissione giustizia hanno fatto per poter dire di essere stati i primi a fare questa cosa. Il tutto sulla pelle delle vittime di questa schifezza. Sono veramente schifata. Avete preso il peggio del peggio della politica di slogan. È uno schifo! Uno schifo“.

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Stadio della Roma, scetticismo del M5s e pressing della società. “Rispetteremo i tempi, nostro dovere votare variante”

“Rispetteremo i tempi che ci siamo dati per l’approvazione degli atti. La variante urbanistica? È un nostro dovere votarla”. Tradotto: sullo stadio dell’As Roma, l’amministrazione capitolina tira dritto. Nonostante gli scandali e lo scetticismo diffuso nel M5S. Sono parole importanti quelle pronunciate questa mattina da Enrico Stefàno, presidente in pectore del Consiglio comunale di Roma dopo l’arresto di Marcello De Vito – la votazione in Aula dovrebbe arrivare domani – perché si tratta della prima dichiarazione sul progetto dell’impianto di Tor di Valle, dopo questa seconda ondata di arresti, arrivata da un esponente autorevole dell’amministrazione. Fino a dieci giorni fa, infatti, era stato indicato nel mese di maggio il periodo utile per poter portare in Assemblea Capitolina la variante urbanistica al Piano Regolatore Generale che non solo darebbe il via libera al progetto, ma consentirebbe anche al gruppo societario di James Pallotta di formalizzare l’acquisizione da Eurnova Spa dei terreni di Tor di Valle al prezzo di circa 100 milioni di euro. “Voglio la prima pietra entro il 2019 e lo stadio entro tre anni”, ha detto il patron giallorosso da Doha. Oggi la “risposta” di Stefàno, intercettato da Radio Radio: “I tempi sono quelli definiti precedentemente. Come detto dalla sindaca Raggi su tutti gli atti ci sarà un approfondimento ulteriore e giuridico per fugare qualsiasi tipo di dubbio. Se l’esito sarà positivo, come si sono espressi i pubblici ministeri, avremo il dovere di andare avanti”. Il ruolo di Stefàno sarà centrale nei prossimi mesi: è lui che deciderà il calendario dell’Assemblea Capitolina e farà da raccordo fra l’Aula e la giunta per ottenere “un voto compatto”.

IL “FUOCO AMICO” DEL M5S – L’impressione è che difficilmente l’ulteriore due diligence capitolina troverà elementi ostativi al progetto, anche perché nello specifico non sono subentrati grossi elementi di novità rispetto ai fatti già contestati nel giugno 2018. Tutto dipende dalla volontà politica. Nel gruppo dei 27 consiglieri capitolini del M5S, nell’ultima Assise straordinaria almeno in sei si sono “palesati” come scettici rispetto alla prosecuzione dell’iter. Negli ultimi giorni, però, sono arrivati inviti a una “pausa di riflessione” anche da parte di esponenti importanti del M5S nazionale. Su tutti Nicola Morra, presidente della Commissione parlamentare Antimafia. Su Twitter, nel rilanciare l’articolo de IlFattoQuotidiano.it sul mistero del parere dell’Avvocatura scomparso, il senatore ha commentato: “Se la notizia è confermata, una pausa di riflessione mi sembra quanto mai doverosa. Lo stadio si potrà fare, ma sempre in trasparenza e nel pieno rispetto della legalità”. Una linea condivisa anche dalla parlamentare Carla Ruocco e dalla capogruppo in Regione Lazio, Roberta Lombardi. Soprattutto, ieri la Commissione Urbanistica del Municipio IX Eur di Roma ha approvato all’unanimità la bozza di delibera firmata dai consiglieri Stefano Fassina e Cristina Grancio per l’annullamento del provvedimento di pubblico interesse votato nel 2017. Esito che preannuncia un probabile ok anche in Consiglio municipale. La stessa cosa si appresta a fare il Municipio XI, anche se il pronunciamento dei territori non è in alcun modo vincolate per il Campidoglio.

IL PRESSING DELL’AS ROMA – Le parole di Stefàno arrivano al termine di una settimana in cui il club calcistico dell’As Roma aveva osservato con “molto fastidio” la polemica sul futuro dello stadio. Da Trigoria continuano a ripetere che l’iter per la realizzazione dell’impianto “non c’entra niente” con le inchieste e che “non c’è motivo per fermare tutto”. Martedì pomeriggio, subito dopo la visita di Papa Francesco in Campidoglio, Virginia Raggi è partita a sorpresa verso Doha, capitale del Qatar, su invito dell’emiro – che aveva visitato Roma nel novembre scorso – Il viaggio è stato “annunciato” solo lunedì pomeriggio. Nella città qatariota, negli stessi giorni, c’era anche tutta la dirigenza giallorossa per una convention con gli sponsor. “Ma non ci saranno incontri, nemmeno un caffè. Questo tipo di riunioni si tengono solo nelle sedi istituzionali”, hanno precisato ripetutamente dal Campidoglio. Questa mattina, l’As Roma ha diffuso l’intervista che Pallotta aveva rilasciato a Real Vision il 13 marzo – dunque prima dell’arresto di Marcello De Vito – dove, fra le altre cose, afferma che “spero che i politici non mandino tutto all’aria”.

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Violenza donne, emendamento Lega a ddl codice rosso per castrazione chimica. M5s: “Così è uno spot, presa in giro”

Il ddl Codice rosso sulla violenza sulle donne in discussione alla Camera divide la maggioranza. Il nodo è l’emendamento presentato dalla Lega per l’introduzione – in alcuni casi – della castrazione chimica. “Così è una presa in giro alle donne, si sfrutta la loro paura per fare campagna”, sottolineano fonti M5s, contrario alla modifica. L’emendamento in questione, che modifica l’articolo 165 del codice penale, prevede che “la sospensione condizionale della pena, nei casi di condanna” per reati come la violenza sessuale possa essere “subordinata a trattamenti terapeutici o farmacologici inibitori della libido con il consenso del condannato”.

“Noi non prendiamo in giro le donne. Quello della Lega è infatti un emendamento applicabile nei casi in cui è prevista la condizionale. Questo significa che si applica solo a reati minori, dove appunto si prevede la condizionale, come il palpeggiamento ad esempio e non ha senso”, sottolineano dagli ambienti pentastellati. “La violenza sessuale in sé è infatti considerata già nel 4 bis dell’ordinamento penitenziario, per il quale reato è previsto il carcere senza condizionale. Così non risolviamo il problema – incalzano i Cinquestelle – Per noi chi stupra si deve fare l’ergastolo e non deve nemmeno accedere alla condizionale. Si devono fare 30 anni di galera e deve esserci certezza della pena. Punto”.

A schierarsi contro l’emendamento leghista è anche il capogruppo M5s al Senato, Stefano Patuanelli, che a margine della presentazione del disegno di legge “No revenge porn” commenta: “Personalmente non sono d’accordo sulla castrazione chimica, non sto seguendo i lavori alla Camera ma non credo sia un tema su cui il M5S è disponibile”. D’altronde la possibilità di ricorrere alla castrazione chimica per chi si macchia di reati di tipo sessuale era nel programma di governo di Salvini-Premier. Ma poi la proposta non confluì, come ha ribadito lo stesso Salvini, nel contratto di governo gialloverde.

La castrazione chimica era stata presentata nel programma del Carroccio come misura da adottare all’interno del capitolo su ‘violenza sulle donne e stalking – violenza di genere’ a pagina 19 del testo pubblicato online dal titolo ‘politiche 2018 – la rivoluzione del buonsensa’. Salvini avvertiva come le attuali “pene previste non sono sufficientemente severe né certe”, mentre “in Italia viene commesso un reato ogni 3 giorni” di tipo sessuale. Per la Lega bisognava in ogni caso accorciare “i tempi della giustizia” e “prevedere tempi di intervento certi e più brevi“, arrivando anche alla “castrazione chimica per chi abusa di minori e per chi reitera il reato di violenza sessuale. In numerosi Paesi – si legge nel programma – la castrazione chimica è prevista, fra le pene possibili (ma il soggetto deve essere pienamente informato e consenziente)”.

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Legittima difesa, Salvini: “Bellissimo giorno per gli italiani. Ministri M5s assenti? Bado alla sostanza”

“Questo 28 marzo è un giorno bellissimo non per la Lega ma per gli italiani. Dopo anni di chiacchiere e polemiche è stato sancito il sacrosanto diritto alla legittima difesa per chi viene aggredito a casa sua, nel suo bar, nel suo ristorante. Non si legittima il Far West ma si sta con i cittadini perbene”. Lo afferma il vicepremier Matteo Salvini al Senato dopo l’ok finale alla legittima difesa. A chi gli chiede il perché dell’assenza dei ministri del M5S in Aula, Salvini risponde: “Voi badate alla forma, io bado alla sostanza. La legittima difesa è legge, poi chi c’è o non c’è, chi sorride di più o meno a me interessa poco”.

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Revenge Porn, la mamma di Tiziana Cantone ricorda la figlia e si commuove: “Non dimenticherò mai ultimi giorni insieme”

“Non dimenticherò mai gli ultimi giorni trascorsi insieme. Lei non era più la stessa, non usciva di casa se non con me”. Maria Teresa Giglio, mamma di Tiziana Cantone, si commuove ricordando la figlia morta suicida dopo la diffusione di un video porno in cui era protagonista insieme al fidanzato di allora, durante la conferenza stampa in Senato di presentazione della proposta di legge, voluta dal M5s, sul revenge porn. “Un provvedimento che colma una lacuna legislativa attraverso l’introduzione di un reato autonomo, che punisca la condotta di diffusione online di immagini a evidente sfondo sessuale senza il consenso dell’interessato” ha detto la prima firmataria, Elvira Evangelista. La pdl prevede un aumento delle pene e attività di prevenzione nelle scuole. “Non è possibile che il web e i social siano usati senza regole, come un vero e proprio far west’’, ha spiegato la senatrice, annunciando l’intenzione di introdurre “un’ulteriore aggravante se il soggetto rappresentato è un minore”.

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mercoledì 27 marzo 2019

Centrosinistra, Smeriglio (vicepresidente Regione Lazio): “M5s? Collaborazione con Pd da noi funziona molto bene”

La collaborazione tra Pd e M5s nella Regione Lazio sta funzionando molto bene. Il M5s è all’opposizione del governo Zingaretti, ma su alcuni temi specifici, riguardanti ad esempio la partecipazione ai beni comuni, la trasparenza e la legalità, è capitato di avere delle convergenze. Si chiama democrazia legislativa, cioè i consiglieri di maggioranza e di opposizione si incontrano e legiferano”. Così, nella trasmissione “L’Italia s’è desta”, su Radio Cusano Campus, si pronuncia Massimiliano Smeriglio, vicepresidente della Regione Lazio, scrittore e braccio destro di Nicola Zingaretti, sul rapporto politico tra M5s e centrosinistra.

E aggiunge: “Questa, secondo me, è la normalità delle assemblee elettive, quando provano a funzionare. Cioè ci si confronta. La politica non è soltanto propaganda, marketing, scontro feroce da pollaio televisivo, ma è l’idea che, lavorando insieme, una legge può risultare addirittura migliore. E questo a volte nella Regione Lazio è capitato. E’ un fatto importante per i cittadini del Lazio, perché hanno una produzione legislativa più attenta agli interessi delle diverse forze politiche che rappresentano”.

Smeriglio approva alcuni capisaldi del M5s, come il reddito di cittadinanza: “Lo condivido da anni, da prima che il M5s lo proponesse, anche perché esiste in 24 Paesi europei su 27, tranne la Grecia l’Italia e l’Ungheria. Sono anche convintissimo che il Pd debba partecipare alla riforma sul salario minimo, come ha detto Zingaretti. Però se non costruiamo un nuovo sistema di welfare e di politiche del lavoro coerenti rischiamo di creare un casino. Bisogna normare il salario minimo intercategoriale. Bisogna stabilire che sotto una certa cifra non è più lavoro, ma è sfruttamento e schiavitù. Quindi, sì al salario minimo, unito al reddito di cittadinanza e ad altre politiche di welfare, perché è un pezzo di quelle risposte attese dagli italiani”.

E puntualizza: “Questo governo a trazione leghista è quanto di più lontano possa essere da me, ma se sulle partite Iva fa una politica di abbattimento della pressione fiscale, io sono contento, perché vuol dire migliorare le condizioni di vita delle persone. Su questi problemi la sinistra di governo è stata disattenta, raccontando solo il Paese che funzionava. Purtroppo c’era una parte di Paese che andava a picco e non ce ne siamo accorti. A mio avviso, l’innovazione renziana poteva essere interessante, ma ha messo in campo politiche blairiane degli anni ’90”

Smeriglio si sofferma anche sulla situazione interna al Pd: ” Se la schermaglia nel partito è sul sistema dei valori e sui punti programmatici, ben venga, perché il campo progressista è letteralmente il campo democratico dove si può discutere. Noi non siamo abituati, come altri, alle caserme dove c’è uno che comanda e gli altri eseguono. La discussione, quindi, dovrebbe essere vera, ma dovrebbe riguardare i contenuti, non le carriere o la biografia delle persone. I renziani sono in fibrillazione e non si rassegnano a Zingaretti segretario? – chiosa – Sì, l’ho notato. Diciamo che c’è una nuova situazione a cui con pazienza si dovranno adeguare”.

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martedì 26 marzo 2019

Salario minimo, Zingaretti: “È sfida da accettare. Bisogna parlare con categorie produttive, organizzerò due incontri”

Nicola Zigaretti pensa che il Pd debba “accettare la sfida” sul salario minimo. Non nel senso di votare il ddl del Movimento Cinque Stelle depositato in Senato e che potrebbe approdare in Aula, come stabilito dall’assemblea dei capigruppo tra il 16 e il 19 aprile, se saranno conclusi i lavori in commissione iniziati lo scorso 16 gennaio. Quanto, piuttosto, “parlando con le categorie produttive, senza stare in attesa”.

Il segretario dem si muove sul tema che il leader M5s Luigi Di Maio ha messo al centro della discussione subito dopo la sua vittoria alle primarie dem. Ma oggi come il 6 marzo per Zingaretti resta prioritario il dialogo con le i “protagonisti”. E per questo, annuncia nella sua prima relazione alla direzione Pd, di aver messo su un “grande incontro” in due grandi città d’Italia, una al Nord e una al Sud, con le categorie produttive con al centro gli “effetti catastrofici” della legge di Bilancio.

Lo fa dopo che lunedì Di Maio aveva rinnovato l’invito a votare la proposta presentata dalla senatrice 5s Nunzia Catalfo e l’ex ministro dem Andrea Orlando era tornato ad auspicare una mossa del partito mettendo al centro il “ruolo delle parti sociali” per “evitare che l’indicazione normativa determini dei passi indietro anziché un miglioramento salariale”, un aspetto contenuto nella proposta pentastellata. E poco dopo l’intervento di Zingaretti sono arrivate anche le parole della vicepresidente del partito, Debora Serracchiani, che ha annunciato che è stata incardinata in commissione Lavoro della Camera una proposta di legge del Pd sulla rappresentanza sindacale.

“Per il mondo del lavoro si tratta di una proposta fondamentale che rafforza le parti sociali, la contrattazione, il rispetto dei diritti – ha aggiunto la capogruppo democratica in commissione Lavoro – L’approvazione di queste norme è indispensabile anche per affrontare il tema del salario minimo legale”. Quindi il contro-invito a Di Maio: “Se pensa che il governo debba intervenire sul serio, si adoperi per avviare un tavolo con il Pd e si dialoghi con pari dignità, tenendo conto delle nostre proposte e delle sollecitazioni delle parti sociali”.

Il Pd, spiega Serracchiani, è “per contrastare il dumping salariale, lo sfruttamento, il precariato e proponiamo un percorso che parta da alcuni punti chiave: regolare la rappresentanza; dare centralità alla contrattazione collettiva e valore legale ai minimi contrattuali delle organizzazioni più rappresentative; stabilire d’intesa con le parti sociali un salario minimo legale per chi non è coperto dalla contrattazione collettiva”.

Del resto i sindacati, con i quali Di Maio ha aperto un tavolo nelle scorse settimane, non hanno mai visto di buon occhio il salario minimo prospettando dubbi proprio riguardo al possibile dumping salariale. E la leader della Cisl, Annamaria Furlan, è tornata a parlare della norma come di una “semplificazione di una realtà complessa”. La soluzione, dice la sindacalista, “è la contrattazione, ma bisognerebbe conoscere il lavoro, quando si vuole legiferare sul lavoro”.

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Taranto, la video-denuncia del consigliere comunale Massimo Battista: “Qui si respira veleno” e mostra la nube di polvere

La polvere di minerale che si solleva dai parchi minerari dell’ex Ilva e svolazza in aria. È il contenuto della video-denuncia del consigliere comunale di Taranto, Massimo Battista, ex M5s transitato nel gruppo Misto dopo la scelta del governo di lasciare aperta l’acciaieria affidandola ad ArcelorMittal. “Ecco cosa succede in Ilva il giorno dopo che la maggioranza (del consiglio comunale di Taranto, ndr) ha bocciato la mozione presentata da me, sottoscritta e condivisa da altri 7 consiglieri nel consiglio monotematico su salute e ambiente”, scrive Battista, ex operaio Ilva ora in cassa integrazione. “Così mentre il sindaco, gli assessori e i consiglieri aspettano ulteriori dati – aggiunge spiegando di aver ricevuto il video in maniera anonima – la popolazione del quartiere Tamburi e dell’intera città è costretta a respirare veleno. Non c’è più tempo, quella fabbrica produce acciaio e morte, il sindaco lo sa ma continua a perdere tempo”.

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Bersani: “Salvini? Un giaguarino, Berlusconi era un giaguaro. Renzi? Faceva il Blair quando Blair era di 20 anni prima”

Chi fermerà Salvini? La realtà. Siamo abituati un po’ al suo protagonismo, agli effetti comunicativi, a qualche vena di bullismo e anche a qualche risultato, ma sproporzionato rispetto alla comunicazione sovrabbondante. Salvini non è tutta fuffa, ma molta sì. Questi giaguari qui sono sempre in campagna elettorale. Ma chi sta in bottega?“. Sono le parole del deputato di Liberi e Uguali, Pier Luigi Bersani, ospite de L’Aria che Tira, su La7.

L’ex segretario del Pd commenta l’esito delle elezioni regionali in Basilicata: “Il risultato è la foto della situazione. Del resto, lo abbiamo visto anche in Sardegna e in Abruzzo. C’è un grande rispolvero della destra, ma è un errore pensare che questo successo sia dovuto al governo M5s-Lega. Questo è un fatto mondiale”.

E alla conduttrice Myrta Merlino, che gli chiede se la cavalcata di Salvini somiglia a quella di Renzi, Bersani risponde: “Assolutamente no. Diciamo che hanno la stessa origine, nel senso che quella di Renzi era nel boom della globalizzazione ma Renzi ha continuato a usare parole antiche durante il cambiamento di quella fase. Faceva cioè il Blair quando Blair era di 20 anni prima. Salvini si è trovato nel ripiegamento della globalizzazione col suo istinto difensivo, aggressivo e identitario. Ma è un fenomeno mondiae. Si pensi a Trump, Duterte nelle Filippine, Orban. Certo – chiosa – se trovi un interprete brillante come questo giaguarino qui (giaguarino, eh, Berlusconi era un giaguaro), allora vanno. E il risultato delle elezioni in Basilicata conferma questo. I 5 Stelle? Riconosciamo che si sono anche un po’ stabilizzati con quel 20,5% alle regionali in Basilicata. Il problema è un altro e riguarda la loro strategia difensiva. Dove vanno? Questo è il punto”.

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Reddito cittadinanza, Fraccaro: “Ci sono coperture”. E sul governo: “Da Salvini discredito su M5s. Dinamiche superabili”

“Sono soddisfatto perché da quasi cinque anni sento opinionisti e forze politiche che davano per impossibile la misura. Ne sono orgoglioso e sono contento anche dei numeri che cresceranno nei prossimi mesi. Abbiamo le coperture e le strutture per far fronte alle richieste che aumenteranno PIL e produttività. Diamo possibilità d acquisto alle famiglie e alle imprese di vendere i loro prodotti non solo mirando all’export. Di Maio è stato molto esplicito: quando ci sono provvedimenti c’è sempre un tentativo di mettere un piccolo discredito sul lavoro fatto dai 5 stelle ma sono dinamiche superabili. Approveremo quota 100 e reddito di cittadinanza al Senato e anche una serie di norme contro la violenza”. Così il Ministro Riccardo Fraccaro su Reddito di Cittadinanza e rapporto fra Di Maio e Salvini.

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M5s, Villarosa: “Salvini? Di Maio in versione Bud Spencer replica bene. Decreto su truffati banche? Tria lo firmi subito”

Salvini ci fa ombra? E’ vero, ma Luigi riesce a replicare bene. Adesso è in versione Bud Spencer“. Così, ai microfoni de “L’Italia s’è desta”, su Radio Cusano Campus, il sottosegretario M5s alle Finanze, Alessio Villarosa, commenta ironicamente il rapporto di forza tra i due vicepresidenti del Consiglio.

Il politico si esprime anche sull’esito delle elezioni regionali in Basilicata: “Per me è un grande risultato, io avevo pronosticato un 16&, forse perché mi sono fatto coinvolgere dalla narrativa che sento in giro. A leggere i giornali sembra che il M5s abbia la peste, ogni cosa che fa è sbagliata. A me sembra di lavorare giornalmente bene, dalla mattina alla sera”.

Villarosa si sofferma poi sulla sentenza del Tribunale dell’Ue, che ha annullato la decisione della Commissione di Bruxelles, secondo cui un intervento di sostegno di un consorzio di diritto privato a favore di uno dei suoi membri costituiva un “aiuto concesso da uno Stato”. La sentenza si riferisce all’aiuto del Fondo interbancario di tutela dei depositi, che nel 2014 aveva deciso di coprire il deficit patrimoniale di Banca Tercas e di concedergli determinate garanzie. Tali misure erano state approvate dalla Banca d’Italia, ma la Commissione Ue le aveva bollate come aiuto di Stato, decisione che ha avuto un impatto considerevole sulle modalità con cui sono stati portati a termine i salvataggi bancari successivi.
“Stiamo raccogliendo le carte” – afferma il sottosegretario – “me ne sto occupando io in prima persona, perché il punto fondamentale di tutte le crisi bancarie di questi anni parte proprio da quella decisione dell’esecutivo Ue su Tercas. Noi come M5s siamo stati tra i primi a dire che quel Fondo si poteva utilizzare, che i soldi privati sono delle banche e che non si trattava di aiuto di Stato”.

Villarosa rivela anche che da giorni sollecita il ministro Giovanni Tria affinché firmi il primo decreto attuativo del Fondo indennizzo risparmiatori, previsto dalla manovra per i risparmiatori truffati delle banche andate in crisi dal 2015 al 2017: “Ogni giorno mando un messaggio o una mail al ministro, chiedendogli di firmare immediatamente il decreto. Se potessi, lo firmerei io, ma ovviamente non posso. Tria ha un rispetto anche legittimo per la Commissione Ue, visto che non ha sollevato nessun tipo di problema sul nostro conto, però ha chiesto informazioni. Tria, vista la delicatezza del tema, ha voluto attendere la conclusione delle interlocuzioni con la Ue, che sono state chiuse definitivamente venerdì scorso. Arrivati a questo punto – chiosa – io sinceramente non so cosa stia aspettando Tria. Capisco che è in Cina, ma non c’è bisogno di essere fisicamente a Roma per firmare il decreto. Anche oggi manderò il mio solito messaggino per pregarlo di firmare il prima possibile. Non so più cosa fare. I risparmiatori mi scrivono giornalmente e li capisco”

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lunedì 25 marzo 2019

Basilicata, Feltri: “Ma chi se ne frega, mica è la Cina. Calo del M5s? Non ne sono addolorato. Anzi, sono euforico”

Elezioni Basilicata? Sulla prima pagina odierna di Libero ne abbiamo scritto poco perché la domenica chiudiamo alle 8 di sera. Ma poi chi se ne frega, è la Basilicata. Non è la Cina“. Così a L’Aria che Tira (La7) il direttore editoriale di Libero, Vittorio Feltri, risponde alla conduttrice Myrta Merlino, che gli chiede la ragione dello scarso approfondimento del suo giornale sulle regionali lucane.

Feltri aggiunge: “Sì, questo risultato elettorale è importante ed è coerente con quello che è successo nelle altre regioni, ma era comunque un esito atteso. Che il M5s si stia sgretolando non è una novità della Basilicata, basta dare un’occhiata a tutti i sondaggi. E si capisce che quel movimento, non avendo agito in modo brillantissimo, è in calo, in perdita. E speriamo…“.
Il giornalista quindi si interrompe per un attimo e continua: “Di questo calo del M5s non sono particolarmente addolorato. Anzi, quasi quasi sono euforico. Quindi, va benissimo così“.

Feltri poi spiega: “Penso che Salvini stia ancora col M5s, perché non ha alternative al momento. E’ chiaro che, se dopo le Europee si confermerà questa tendenza della Lega, se il M5s calerà e se il centrodestra complessivamente otterrà un risultato decente, allora si potranno cambiare le alleanze e il governo. Oggi questo non si può fare. Quindi, fa benissimo Salvini a rimanere dov’è, visto che sta guadagnando voti a badilate. Tutti lo avevano criticato, io compreso, perché era sceso al Sud nella speranza di convincere i meridionali a votarlo – continua – Questa mi sembrava una impresa velleitaria e invece ce l’ha fatta, perché le conseguenze più negative dell’immigrazione le ha patite il Sud. Ed è normale che il Sud reagisca dando un appoggio a Salvini. Se invece il M5s dappertutto coerentemente sta perdendo voti, ci sarà pure un motivo”.

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M5s, Di Stefano: “Bus dirottato? Togliamo cittadinanza a Sy e diamola ai ragazzi. Ius Soli non c’entra, è premiato merito”

L’autobus dirottato a San Donato Milanese? Toglierei la cittadinanza all’attentatore Ousseynou Sy e la darei ai due ragazzini che hanno salvato i compagni. Ciò non ha niente a che fare con lo Ius Soli. Anzi, è il contrario, perché in questo caso viene solo premiato il merito“. Sono le parole pronunciate ai microfoni di 24 Mattino, su Radio24, dal sottosegretario agli Affari Esteri, Manlio Di Stefano, che aggiunge: “E’ normale che siano molto esposti mediaticamente, è normale a quell’età voler stare al centro dell’attenzione, lo capisco e credo sia importante dare degli esempi positivi come questo, è chiaro che prima tornano alla loro vita normale meglio è per loro a questa età”.

Il politico del M5s si sofferma sullo Ius Soli: “Il tema non c’è, perché non è nel contratto di governo e soprattutto perché, parlando in modo molto chiaro, non ci sarebbero i numeri in Parlamento per portarlo avanti. Basta pensare che il Pd non volle portare lo Ius Soli da solo, quando era al governo, perché non aveva i numeri col centrodestra. Sarebbe quasi un argomento da circo e irrealistico. Di conseguenza, sarebbe poco serio e poco rispettoso promettere a queste persone cose che non si possono fare, numeri alla mano”.

Di Stefano, infine, si esprime sull’annuncio della premier romena Viorica Dancila di voler trasferire l’ambasciata della Romania da Tel Aviv a Gerusalemme:E’ un errore gravissimo. La Romania è presidente di turno della Ue agire in modo totalmente unilaterale è un messaggio negativo per il ruolo che sta svolgendo. L’Ue ha sempre avuto una posizione dialogante e moderata nella questione israelo-palestinese. Riconoscere Gerusalemme, come hanno fatto anche gli Stati Uniti, capitale di Israele significa mandare in fumo 70 anni di lavoro delle Nazioni Unite e della Ue stessa dove abbiamo sempre avuto posizioni comuni. E poi – chiosa – la Romania fa parte delle Nazioni Unite, dove la posizione è stata sempre molto chiara. Quindi, la Romania sta smentendo una sua posizione consolidata”.

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M5s, Paragone: “Dobbiamo tornare ad essere cazzuti”. E attacca la Lega: “Partito di sistema, noi per fortuna no”

Gianluigi Paragone interviene su facebook dopo il voto in Basilicata: “è vero siamo il primo partito, abbiamo sconfitto il Pd, va bene tutto. però per vincere il M5s deve tornare ad essere cazzuto. Sulle banche, sull’ambiente dobbiamo tornare a prendere decisioni importanti. Sulla Tap le cose non vanno come avevamo detto in campagna elettorale” e sulla Lega: “E’ il partito più di sistema che c’è oggi nel governo, noi per fortuna no. Ecco perchè dobbiamo tornare a essere potenti in questa fase di slancio”

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domenica 24 marzo 2019

Elezioni Basilicata, Bardi: ‘La vittoria è un momento importante per quadro politico nazionale’. Mattia (5s): ‘Risultati positivi’

Un “momento importante per il quadro politico nazionale” lo chiama Vito Bardi nella notte che lo incorona come il primo governatore di centrodestra in Basilicata dopo 24 anni di governo del centrosinistra. Il generale della Guardia di finanza in pensione, scelto da Silvio Berlusconi come candidato della coalizione con Lega e Fratelli d’Italia, spiega la netta affermazione con oltre il 42% delle preferenze come la necessità di un “cambiamento” per la regione, la terza conquistata dal centrodestra unito dopo Abruzzo e Sardegna. “I lucani hanno risposto presente – dice – Abbiamo scritto la storia”.

Il primo pensiero va ai tre leader nazionale: “Chiamerò Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni per una grande festa”, annuncia. Poi spiega che nella sua agenda “al primo posto ci sarà il lavoro” perché “i giovani di questa regione dovranno trovare le opportunità in questa terra” e promette che la Basilicata “tornerà ad essere una regione con la centralità che merita nel panorama nazionale”. Infine la promessa: “Il mio mandato sarà improntato sulla trasparenza, legalità e meritocrazia“.

Il primo degli sconfitti, il candidato del centrosinistra Carlo Trerotola, si limita ad augurarsi che i big del Partito Democratico “siano presenti sul territorio anche dopo il voto” ma non commenta il k.o. senz’appello della sua coalizione, composta da sette liste. Mentre il pentastellato Antonio Mattia si augura che Bardi “lavori per i lucani e non per Berlusconi” e sottolinea come la vittoria del centrodestra sia frutto anche della campagna elettorale di Salvini: “Ha portato qui i suoi slogan, la propaganda paga”. La “guardia” dei pentastellati, aggiunge, sarà “alta, perché questo è il peggior centrodestra di sempre”.

Mattia dice “deluso” perché il Movimento “aveva un programma, lo abbiamo discusso e mostrato”. Ma “una lista contro due coalizioni con cinque e sette liste”, lascia intendere, non può funzionare. Il risultato, anche se segna un marcato dimezzamento del 44% raccolto alle politiche nel 2018, resta a suo avviso “comunque positivo” perché “nel 2013 come lista eravamo sotto il 10%”.

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Elezioni Basilicata, prima proiezione Rai: Bardi (centrodestra) al 41,4. Trerotola (centrosinistra) al 33,9%. M5s arretra al 20

È iniziato lo spoglio delle Regionali in Basilicata. Si è votato fino alle 23 per scegliere il nuovo governatore che andrà a prendere il posto di Marcello Pittella, l’ex presidente del Pd travolto a luglio scorso dallo scandalo giudiziario sulla sanità. Secondo le prime proiezioni di Noto per la Rai (copertura campione del 7%) il candidato del centrodestra Vito Bardi è in testa con ampio margine (41,4%) su Carlo Trerotola che guida la coalizione di centrosinistra al 33,9%. Arretrano i Cinque Stelle che si assesterebbero al 20% alle Politiche 2018, quando raccolsero il 44% dei consensi. Valerio Tramutoli, candidato della sinistra, è accreditato del 4,7%. Molta prudenza ma evidente soddisfazione si respira nel quartier generale di Bardi dopo le prime notizie sulle linee di tendenza del voto. Se le linee di tendenza dovessero essere confermate, il centrodestra tornerebbe alla guida della Basilicata dopo oltre vent’anni di governo del centrosinistra.

L’affluenza – Il dato definitivo dell’affluenza è del 53,58%, come comunicato dal Viminale. Si tratta di un dato in netto aumento rispetto alle precedenti consultazioni del novembre 2013 quando l’affluenza è stata del 47,6%: esattamente cinque punti in più. Un dato per il quale viene espressa grande soddisfazione da parte di tutti i contendenti alla poltrona di governatore.

Gli sfidanti – Per la successione di Pittella sono in corsa Carlo Trerotola, per il centrosinistra, sostenuto da sette liste (Avanti Basilicata; Comunità democratiche; Basilicata Prima Riscatto; Progressisti Basilicata; Verdi – Realtà Italia; lista Trerotola- Centro democratico – Progetto popolare; Psi); Vito Bardi, candidato del centrodestra, che ha cinque liste a supporto (Basilicata positiva Bardi Presidente; Lega Salvini Basilicata; Forza Italia; Fratelli d’Italia; Idea-Per un’altra Basilicata); Antonio Mattia, il candidato portavoce del Movimento 5 stelle; Valerio Tramutoli che si presenta con “Basilicata possibile”.

CRONACA ORA PER ORA

00.04 – Prime proiezioni Noto (campione al 7%): Bardi al 41,4%

23.58 – Affluenza definitiva: 53,58%
L’affluenza definitiva, 131 comuni su 131, è del 53,58% in netto aumento rispetto al 47.60% registrato alle Regionali del 2013.

23.39 – Trerotola (candidato csx): “Se ha vinto Bardi, gli faccio complimenti”
“Se ha vinto Bardi mi congratulo con lui”: così Carlo Trerotola, candidato del centrosinistra, ha risposto ai giornalisti che, a Potenza, gli dicevano che i dati tendenziali danno per vincitore delle regionali in Basilicata il suo rivale di centrodestra, Vito Bardi. “Non so che altro dire – ha aggiunto Trerotola – è stata una bella esperienza”. Alla domanda se resterà in politica, Trerotola ha risposto: “Farò opposizione, lo devo ai cittadini, non è che posso dire ‘ho perso, vi salutò”.

23.27 – Affluenza definitiva (dati parziali)
Alle 23 si è attestata al 47,28% l’affluenza ai seggi per le elezioni regionali in Basilicata, secondo i dati comunicati sul sito del Viminale che riguardano 74 comuni su 131. Si tratta di un dato in linea rispetto alle precedenti consultazioni del novembre 2013 quando l’affluenza è stata del 47,60%. Ma in quell’occasione si votava in due giorni: domenica e lunedì. Nella provincia di Potenza la quota di votanti alle 19 è stata del 44,68%. Più alta in quella di Matera (52,08%).

23.15 – Linee di tendenza Rai: centrodestra avanti
Secondo le linee di tendenza, anticipate da Rai2, il candidato in testa nella corsa alla presidenza della Regione Basilicata è Vito Bardi, in lizza per il centrodestra. Bardi, che sta aspettando i risultati con la sua famiglia, ha espresso “soddisfazione” pur con tutte le cautele del caso.

23.12 – De Filippo: “Unici a parlare di temi locali”
“Il centrosinistra durante la campagna elettorale ha parlato dei temi della Basilicata. Il centrodestra e gli esponenti di governo venuti qui li hanno o trascurati o valutati con estrema superficialità”. Lo ha detto il parlamentare del Partito democratico ed ex sottosegretario Vito De Filippo, parlando con i giornalisti nel comitato elettorale del candidato del centrosinistra alla presidenza della Regione Basilicata Carlo Trerotola.

23.07 – Da Bardi (centrodestra) “soddisfazione”
Molta prudenza ma evidente soddisfazione nel quartier generale di Vito Bardi, candidato governatore della Basilicata per il centrodestra, dopo le prime notizie sulle linee di tendenza del voto, rese note da Raidue. Bardi sta aspettando i risultati con la famiglia.

23 – Urne chiuse in Basilicata. Inizia lo spoglio

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sabato 23 marzo 2019

Movimento 5 Stelle, che cosa resta dei meetup: “Noi, i gilet gialli di 14 anni fa”. Su Fq Millennium in edicola

Non è paura. E nemmeno senso d’impotenza, quello figuriamoci l’hanno provato decine di volte. Forse è solo rabbia. Alessandra lascia la riunione degli attivisti del Movimento 5 stelle di Milano, quello che un tempo era lo storico Meetup numero 1 in Italia, e si stringe nel cappotto. È venerdì sera ed è quasi mezzanotte. I compagni escono dalla sala cercando di nascondere gli occhi persi sotto le sciarpe. Lei sfodera grandi sorrisi. «Siamo un po’ nel momento in cui si cambia la pelle», dice sottovoce. In testa scorrono gli ultimi mesi: il governo con la Lega e il decreto Sicurezza. Il reddito di cittadinanza, finalmente. Poi la sconfitta in Abruzzo e il voto per salvare Salvini dal processo. «Il cambiamento strutturale», continua, «è naturale. Ma è anche un po’ doloroso».

Così inizia l’inchiesta di Martina Castigliani (realizzata prima dell’arresto di Marcello De Vito a Roma) su quel che resta dei meetup, i nuclei originari che hanno dato vita al Movimento 5 Stelle, pubblicata sul numero attualmente in edicola di Fq MillenniuM, dedicato in larga parte a inchieste e approfondimenti sul MoVimento alle prese con la difficoltà di governare e di far digerire l’alleanza con Salvini. Nel numero, intitolato “Stelle o meteore?“, si possono leggere fra l’altro un reportage dalla Puglia tradita sul fronte Ilva e No Tap, un resoconto de modello Sicilia dove i 5 Stelle sono “usciti dal blog” e l’eurodeputato Ignazio Corrao ha visitato in quattro mesi tutti e 390 i Comuni dell’Isola; una lunga intervista a Davide Casaleggio (qui un estratto), diversi retroscena sulla leadership del Movimento e sulla silenziosa ascesa – addirittura con un possibile orizzonte al Quirinale – del presidente del consiglio Giuseppe Conte; il racconto dei tormenti di Beppe Grillo, sempre più distaccato dalla sua creatura, è un’intervista a Paolo Flores d’Arcais, un tempo attratto dal Movimento, oggi suo irriducibile avversario.

«Eccoci», dice Marialaura de Franceschi, 70 anni e organizzatrice di sfilate per bambini, candidata sicura in Parlamento tolta in extremis dalle liste per un presunto conto in Svizzera, «siamo i gilet gialli di 14 anni fa. Solo che noi rifiutiamo e rifiuteremo sempre la violenza». Asli Haddas, 40 anni ed ex tecnica informatica, nata a Milano da mamma eritrea e papà italo-etiope, tira fuori un raccoglitore: escono volantini, testi di raccolte firme e manifesti. Il primo recita “Onorevoli Wanted” ed è la schedatura dei parlamentari con la fedina penale sporca: era il 2005 e spicca Cesare Previti, ma pure i leghisti Mario Borghezio e Roberto Maroni. Bruno Misculin, informatico di 58 anni che milita dal 2006 e gli altri li ha visti arrivare tutti, ha portato il computer e mostra le foto. C’è per esempio quella del raduno nazionale dei Meetup a Ostia (2007). «Lo riconoscete?». Punta il dito su un ragazzotto in quarta fila: magrissimo, le spalle spioventi e un maglioncino nero da prima comunione. «Ma è Luigi!», gridano i compagni curvi sullo schermo. Quella foto di Di Maio tra i primi attivisti è la prova che non mentono: sono partiti tutti insieme.

L’idea dei raduni nazionali e dei Meetup regge solo finché il M5s è cosa di pochi. Nel 2015 con un post ufficiale sul blog, è Roberto Fico, popolarissimo nella base, a sancirne la fine. «Erano difficili da controllare e gestire», dicono gli attivisti. Che però aspettano ancora l’alternativa: «È stata chiusa la pagina online, ma ci vediamo come prima». È la prima rottura tra la base e il palazzo.

Saranno anche attaccati visceralmente al Movimento, ma sono nati come cani da guardia del potere e le debolezze di oggi le hanno ben chiare in testa. Intanto l’assenza di Beppe Grillo. «Lui era il visionario», continua Bruno, «quello che ci ha parlato prima di tutti di temi che poi sarebbero stati centrali anni dopo. Senza Beppe e Gianroberto sono cambiate le teste. Si è concentrati solo sul governo e tutte le altre spinte dal basso spariscono».

Il riferimento è a quella che per lui è la più grande delusione: «È grave avere una piattaforma di voto online per prendere decisioni e non usarla. La partecipazione dal basso così è limitata. È una forma di debolezza, hanno paura della base». Claudio Rovelli, 44 anni e un lavoro per una ditta che fa defibrillatori, è ancora più diretto: «In merito all’alleanza di governo, perché non ci hanno chiesto se volevamo andare con altri partiti che non fossero la Lega (il voto online è stato solo per ratificare o meno il contratto di governo prestabilito, ndr)?». Per lui quello che è successo è un peccato originale: «Gridavamo onestà nelle piazze e ora siamo al governo con una forza politica che ha fatto sparire 49 milioni di euro?». Nemmeno da citare, per Claudio, il voto dalla base contro il processo a Salvini: «Non me lo sarei mai aspettato. Ora per me diventa difficile rimanere».

L’inchiesta completa su Fq Millennium di marzo attualmente in edicola

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Comunali Pesaro, M5s contro M5s per il candidato-sindaco: “Mancanza di trasparenza”, “No, nessuna anomalia”

C’è chi chiede le “Comunarie immediate”, denunciando “mancanza di trasparenza nella scelta del candidato sindaco da parte dello staff nazionale” e chi si difende dicendo che “non c’è alcuna anomalia”. Rischia di diventare un caso nazionale quello che sta accadendo all’interno del Movimento 5 Stelle di Pesaro. Al centro le amministrative del 26 maggio, in concomitanza con le elezioni europee, in cui i cittadini saranno chiamati a scegliere proprio tra il candidato dei 5 stelle, il primo cittadino uscente, Matteo Ricci, che cinque anni fa si è affermato con il 60 per cento dei voti, e il candidato del centrodestra Nicola Baiocchi. Un ennesimo terremoto che spacca il gruppo, appena risollevato dopo il caso “Rimborsopoli” che ha travolto uno dei maggiori rappresentanti a livello locale e nazionale, il deputato Andrea Cecconi, oggi nel gruppo misto.

Tutto comincia dalla decisione, dopo numerose riunioni per cercare di trovare un nome condiviso, di presentare due nomi allo staff nazionale del Movimento, quello di Mirko Ballerini, storico militante, fondatore del sedicesimo meetup in Italia, e quello di Francesca Frenquellucci, da due anni consigliera comunale. Due liste da caricare sulla piattaforma Rousseau e da mettere al vaglio, appunto, dei vertici. Ad oggi però una sola delle due, quella cioè guidata dalla Frenquellucci, è stata certificata, come lei stessa ha dichiarato, mentre l’altra, quella di Ballerini, risulta, secondo lo stesso attivista, “ancora in verifica”.

Una “decisione dall’alto”, secondo gli esclusi dalla corsa alla giunta pesarese che hanno così denunciato le “numerose anomalie” dell’iter di scelta, chiedendo spiegazioni agli stessi vertici del Movimento, ai probiviri e a Enrica Sabatini, del comitato elettorale del Movimento, ma senza ricevere risposte. “La Sabatini, non direttamente a noi, sembra abbia risposto che ‘stanno rivalutando la situazione’, ma in generale abbiamo ricevuto solo silenzi. Neanche la nostra rappresentante in parlamento, Patrizia Terzoni, ci ha risposto direttamente, ma tramite altri ci ha fatto sapere che secondo loro la Frenquellucci era stata votata internamente al gruppo. Ma la votazione non c’è mai stata”, spiega a ilfattoquotidiano.it Edda Bassi, ex consigliera comunale e candidata nella lista Ballerini. Le “carte in regola” per la certificazione, secondo quelli che ormai sono considerati i dissidenti di Pesaro, “c’erano tutte”. “Ci avevano chiesto di iscriverci per primi sulla piattaforma, così avremmo avuto più chance di essere scelti. E invece niente – prosegue la Bassi – Poi a gennaio abbiamo scoperto la seconda anomalia. Il 19 ci è arrivata una mail dallo staff nazionale in cui ci veniva chiesto di caricare su Youtube il video di presentazione della lista, ma di renderlo visibile solo tramite link. Invece ci siamo accorti che l’altra candidata lo aveva già fatto e caricato, visibile come pubblico, già dal 22 dicembre”.

Ma a far scattare Bassi e Ballerini, sostenitori dei primi V-Day di Beppe Grillo, è stata soprattutto la mancata spiegazione dell’esclusione che, tra l’altro, “online non è stata ancora resa definitiva”. “Quando carichi una lista sulla piattaforma per essere esclusa deve risultare ‘non certificata’, mentre la nostra è ancora ‘in verifica‘”, ribadisce la Bassi. “Non abbiamo capito né il motivo dell’esclusione né il metodo scelto”, le fa eco Ballerini che sottolinea di “essere stato ignorato”, denunciando l’assenza di “regole interne al Movimento” che non permette di “radicarsi sul territorio”. “Io penso che lo staff abbia chiesto ai parlamentari del territorio quale fosse la situazione e loro abbiano risposto che era stata votata la Frenquellucci, ma questo non è mai successo – chiosa Ballerini – Quella di luglio (durante una delle assemblee del gruppo locale, ndr) non era una votazione ma un sondaggio sulle preferenze. In quell’occasione la mia avversaria ha ricevuto 30 voti, ma è stato messo a verbale che si trattava di una ‘ricerca della rosa di nomi’ non di una votazione vera e propria. Poi il 14 ottobre, dopo la messa a disposizione della piattaforma Open comuni, ha deciso di autocandidarsi”. Insomma una “scelta guidata” dello staff nazionale, secondo gli attivisti, che la Frenquellucci avrebbe operato tramite alcuni rappresentanti che siedono in parlamento. “Alla riunione era presente in particolare la senatrice Rossella Acoto e lei stessa ha smentito, senza ragione, le nostre parole apparse in diversi articoli locali”, chiosa la Bassi che chiede “trasparenza” e una “rivalutazione delle candidature tramite le comunarie”.

Per l’effettiva candidata sindaco, Francesca Frenquellucci, raggiunta da ilFattoquotidiano.it “le anomalie non esistono”. “In varie assemblee gli attivisti hanno espresso la loro preferenza, ma non è questo il punto. Abbiamo sempre detto, anche in accordo con lo stesso Ballerini, che chiunque fosse stato certificato avrebbe sostenuto l’altra lista. La polemica mi sembra quindi infondata”, spiega la consigliera che smentisce anche di aver mai pubblicato un video di presentazione prima della richiesta ufficiale da parte dello staff nazionale. “Ho ricevuto anche io l’email che mi chiedeva la clip il 19 gennaio e il 4 marzo mi è arrivata la certificazione. Non ho saputo niente fino a quella data”, commenta la candidata, sottolineando che i dissidi dovrebbero stare fuori dal Movimento e che internamente bisognerebbe continuare a restare uniti “portando avanti gli argomenti cari ai cittadini”.

Una vicenda locale che rischia di assumere i contorni di un altro caso nazionale. Secondo i due rappresentanti locali sostenitori della denuncia, infatti, Pesaro non sarebbe l’unico gruppo del Movimento a evidenziare l’assenza di trasparenza nella scelta del candidato sindaco. Oltre alla città marchigiana, anche attivisti di Nettuno, Firenze e Palermo, secondo Edda Bassi, avrebbero rilevato le stesse anomalie. “Dopo il ‘caso Cecconi’ abbiamo fatto tanto per risollevare l’immagine, superando di quasi 5 punti percentuali il centrosinistra alle politiche del 4 marzo. Riteniamo di dover avere un’attenzione in più”, conclude la Bassi. Nonostante il buon risultato raggiunto alla scorsa votazione dal M5s, però, Ricci al momento sembra essere ancora il favorito. Forte di una fedeltà al centrosinistra che nella città va avanti dal 1946.

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venerdì 22 marzo 2019

Sondaggi, Lega e 5 Stelle in calo. Cresce il Pd: la distanza col Movimento da 1 a tre punti

I partiti di governo calano nelle intenzioni di voto, mentre cresce il Pd guidato dal neosegretario Nicola Zingaretti, che si posiziona da uno a tre punti di distacco dal Movimento 5 Stelle. È questa la tendenza rilevata da quattro sondaggi: Euromedia e Piepoli (trasmessi a Porta a porta), Emg (ad Agorà) e Index Research (Piazza Pulita). Guardando ai principali partiti, la Lega è data in calo di 1,5 punti da Euromedia e da Piepoli (-0,5), stabile al 34,6 per Index e in crescita dello 0,3 da Emg. Sul fronte del centrodestra è data in crescita da tutti Forza Italia, con una forbice dal +0,1 allo 0,5%. Salgono invece i consensi per il Partito democratico, che tutti danno in aumento tra l’1,2 fino al 2,1%. Una crescita che accorcia la distanza dal Movimento 5 Stelle, che scende dallo 0,4 al 2%. Nelle intenzioni di voto, quindi, la Lega è data dal 31 al 34,6%, Forza Italia dal 9,1 all’11,5, il Pd dal 19 al 20,7 e i 5 Stelle dal 19,8 al 23,8%.

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