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martedì 30 aprile 2019

Molise, il presidente della regione lancia una maledizione al portavoce M5s: “Cancrus!”. “Siamo arrivati all’assurdo”

Cancrus“. Questa la maledizione lanciata dal presidente del Molise Donato Toma (Forza Italia) al consigliere M5s Andrea Greco durante la discussione sul bilancio, nella seduta del consiglio regionale del 29 aprile. Il video dell’episodio è stato postato sulla pagina facebook dello stesso consigliere pentastellato, che ha commentato così: “Oggi in aula è accaduto un episodio davvero spiacevole, fuori da ogni forma di buon senso e di rispetto. In questo video potete ascoltare cosa mi ha detto il presidente Toma e come ho replicato. Solo dopo qualche ora sono riuscito a rispondere, perché ci sono parole che non ti aspetti da nessun essere umano e che non penseresti mai di dire, nemmeno al peggior nemico. Non aggiungo altro perché in questo video, che deve servire solo a capire come sono andate le cose e a evitare strumentalizzazioni, è tutto molto chiaro. Intanto ringrazio tanti di voi che in queste ore mi hanno scritto parole di vicinanza”.

Dopo il siparietto il consigliere del Pd Vittorino Facciolla ha chiesto una sospensione per consentire di chiarire la questione in conferenza dei capigruppo. Toma, a porte chiuse, avrebbe chiesto scusa a Greco parlando di fraintendimento.

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Siri, D’Uva (M5s): “Se Conte decide di non rimuoverlo e non c’è motivo valido, non accettiamo la sua scelta”

Armando Siri? Se Conte decidesse di non rimuovere Siri dal suo ruolo di sottosegretario, vorremmo capire il motivo. Dovrebbe essere una ragione valida. Se si trattasse di qualcos’altro, non l’accetteremmo, perché in quel caso la vedremmo in modo molto diverso da lui”. Così, ai microfoni de “L’Italia s’è desta”, su Radio Cusano Campus, si pronuncia sul caso Siri il capogruppo del M5s alla Camera, Francesco D’Uva.

Il parlamentare pentastellato ribadisce la richiesta dei 5 Stelle: “Abbiamo chiesto che Siri si faccia da parte finché non sarà chiarita la sua posizione. Il colloquio con Conte avverrà quanto prima, a me interessa che sia risolutivo quindi se bisogna aspettare qualche giorno in più va bene purché si arrivi alla risoluzione di questo problema. Noi non siamo la magistratura, qui si tratta di opportunità politica. Se c’è il dubbio che un sottosegretario ha cercato di fare qualcosa per facilitare Arata, che a sua volta era socio di Nicastri, che a sua volta era vicino a Matteo Messina Denaro, per una questione di opportunità politica dovrebbe farsi da parte“.

D’Uva torna sull’eventualità che Siri non venga rimosso da Conte: “Se il motivo fosse il timore di andare allo scontro con la Lega, io dico che noi questo governo l’abbiamo fatto con un alleato che è diverso da noi, abbiamo fatto un contratto di governo apposta. E’ chiaro che abbiamo valori e idee diverse, però su alcune cose dobbiamo trovare la sintesi. Far cadere il governo gialloverde? Intanto, penserei a risolvere il problema. Mi sembra ridicolo che un governo che ha fatto così tante cose debba cadere per un sottosegretario indagato per corruzione. Mi pare veramente eccessivo – continua – Circa la posizione della Lega su Siri, bisognerebbe chiedere alla Lega stessa e in particolare a Salvini perché ci stanno tenendo così tanto a questa linea. Io penso solo a tutte le cose positive che ha fatto questo governo in un anno. Ma un governo del cambiamento non deve avere ombre di alcun tipo, bisogna dare una risposta altrimenti si perde la fiducia degli italiani. Ci dovremmo anche chiedere quale sarebbe l’alternativa a questo governo. Secondo noi, non esiste un’alternativa. Di certo non ci interessa un’alleanza col Pd“.

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lunedì 29 aprile 2019

Siri, Romeo (Lega): “Persona perbene. Fu proposto da M5s come ministro al posto di Savona. Lo disse anche Di Battista”

Armando Siri? Ho piena fiducia in lui, lo conosco ed è una persona assolutamente perbene. Tra l’altro, fu uno dei nomi che il M5s propose come ministro al posto di Savona. Addirittura Di Battista, in una trasmissione (Otto e Mezzo, ndr), propose Siri o Bagnai. Visto che i 5 Stelle sono sempre pronti a fare verifiche su tutto e su tutti, evidentemente pensavano che Siri fosse una persona credibile e di buona fede“. Così, ai microfoni de “L’Italia s’è desta”, si pronuncia sul caso Siri il capogruppo della Lega al Senato, Massimiliano Romeo, che risponde ironicamente al monito espresso ieri dal ministro del Lavoro, Luigi Di Maio: “Siri in panchina? Non togliamogli però la fascia di capitano come ha fatto l’Inter con Icardi. La frase “mettiamolo in panchina”? Sì, ma quanto durerà? Se avessimo una magistratura che svolge le indagini in tempi rapidissimi, allora si potrebbe anche fare una scelta di opportunità politica, non certo una scelta legata alla questione delle indagini. Il problema è che, se la magistratura facesse in fretta, si potrebbero anche fare certi ragionamenti. Ma sappiamo che la giustizia oggi non è così veloce e quindi c’è il reale rischio di compromettere un ruolo importante alla luce di cosa? Di fatti sui giornali, senza però conoscere davvero gli elementi che sono in mano alla procura”.

Romeo sottolinea: “Noi della Lega siamo dell’idea che bisogna stare attenti, perché, se qualsiasi indagine o avviso di garanzia dovesse far dimettere un esponente di governo, allora vorrebbe dire consegnare la politica nelle mani della magistratura. Questa è la scelta di buon senso che la Lega ha sempre espresso. Ci affidiamo a Conte, con la speranza che lui, essendo tra l’altro anche avvocato, comprenda benele esigenze e le forme di garanzia che la Costituzione prevede. Nel momento in cui ci affidiamo a Conte, siamo convinti e sicuri che lui troverà la giusta soluzione, che tenga conto anche delle istanze della Lega, altrimenti non sarebbe quel buon mediatore che noi abbiamo voluto“.

Il senatore leghista aggiunge: “Su Siri non posso davvero né credere, né immaginare che possa aver fatto le cose che sembra siano sostenute dalla procura. Anche i rapporti di cui si dicono con questo imprenditore legato alla mafia o meno… il processo è a Roma, non è a Palermo, quindi, secondo me, nei confronti di Siri non ci sono elementi che possono riguardare quel filone. Semmai si può considerare quella questione legata all’emendamento, che, tuttavia, non è neanche passato. Insomma, stiamo parlando di elementi che ci lasciano molti dubbi. E’ chiaro poi che, se nelle indagini dovessero emergere degli elementi che aggravassero la situazione di Siri, anche per noi sarebbe decisivo. Chi sbaglia poi paga, è evidente”.
Ma puntualizza: “Non si può partire dal presupposto che basta una semplice indagine per fare un passo indietro. Per esempio, la Raggi è stata indagata più volte, ma nessuno della Lega si è mai sognato di chiederne le dimissioni. Poi è chiaro che di fronte a un rinvio a giudizio, a un processo o almeno a una condanna di primo grado, possono esserci degli elementi di opportunità politica per cui è meglio mettersi in panchina, come dice Di Maio“.

Romeo conclude: “Come abbiamo sempre detto, evitiamo polemiche varie e si vada avanti. Ognuno ha la sua idea. L’impostazione della Lega è quella del buon senso, che, guarda caso, è quella che sembra essere premiata dagli elettori, stando ai sondaggi”.

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Avellino, insulti in rete a candidata M5s con il velo: “Aiuto. Leggete il Corano”. La deputata Ascari: “Siamo con lei”

Si è candidata al consiglio comunale ma nel volantino ha inserito una foto in cui porta il velo. Una decisione che ha scatenato le polemiche quella di Nasri Assiya, ventenne laureanda in matematica candidata del Movimento 5 stelle al consiglio comunale di Montoro, in provincia di Avellino. “Le foto con il velo? Ha un significato molto importante per lei e per il suo modo di vivere la fede”, l’ha difesa la deputata del M5s Stefania Ascari. Diverse persone, infatti, hanno attaccato Assiya sui social,  scagliandosi contro l’Islam e contestando il fatto che, in un video, la candidata parla in italiano solo alla fine del discorso.

“Da pentastellato mi rifiuto di avere un’islamista al governo”
La foto della ventenne è stata postata dal candidato sindaco di Montoro Silvia Romano scrivendo: “Nonostante la giovane età, Assiya vuole abbracciare la politica attiva. Spigliata, disinvolta ed energica, vuole partecipare al cambiamento e prendere per mano il suo futuro e quello dei tanti giovani di Montoro, impegnandosi in prima persona affinché Montoro possa correre verso un futuro di sviluppo sociale, economico, culturale e lavorativo”. Ma sotto la foto diversi sono i commenti negativi come: “Aiuto aiuto aiuto leggetevi un libro sul corano…” Molti anche gli elettori 5 stelle che dichiarano di non condividere la scelta: “Da pentastellato mi rifiuto di avere un’islamista al governo di qualsiasi cosa”. Oppure anche: “Addirittura col velo, bravi i 5 Stelle, come il Pd state diventando…a questo punto io non vi voto più”. E poi c’è pure chi critica il video in cui la ragazza parla in italiano solo alla fine: “Perché ti presenti parlando in una lingua diversa dall’italiano? La lingua è il primo strumento di integrazione“.

A difesa della candidata, è sceso subito in campo l’aspirante sindaca Silvia Romano: “A Montoro la comunità musulmana è ben integrata, sono fiera che tra chi ha giudicato negativamente la scelta di Nasri non ci fossero miei compaesani”.  Al fianco della ragazza si è schierata anche la deputata Ascari: “Assiya ha scelto liberamente di indossare l’hijab perché questo ha un significato molto importante per lei e per il suo modo di vivere la fede. Perciò invito tutte le persone che giudicano, che insultano e che vorrebbero spiegare agli altri come si vive ad avere più rispetto, a praticare l’ascolto, magari domandando quando non si comprende qualcosa”.

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Siri, Di Pietro: “Un bancarottiere, non andava messo lì. È colpa anche del M5s. Il problema è politico, non giudiziario”

Caso Siri? Va distinto nettamente il piano politico da quello giudiziario, che a mio avviso è ancora molto fumoso e frastagliato. Ci sono terze persone che parlano di lui, ma finché non si leggono le carte, bisogna stare fermi. Qui, in realtà, il problema non è affatto giudiziario, ma è tutto politico“. Sono le parole pronunciate ai microfoni de “L’Italia s’è desta”, su Radio Cusano Campus, dall’ex magistrato Antonio Di Pietro, che spiega: “Io sono uno dei pochi che può rivendicare la necessità che Siri si dimetta per motivi di opportunità politica, perché io ho applicato questo principio a me stesso. Facevo il ministro sotto il governo Prodi e mi hanno mandato un avviso di garanzia chiaramente ingiusto, tant’è che alla fine, non solo sono stato prosciolto ma sono stati condannati tutti coloro che mi avevano diffamato e calunniato. E mi hanno anche risarcito. Io però mi sono dimesso, perché, essendo io un soggetto pubblico e dovendo il governo pensare al Paese, l’esecutivo non poteva perdere tempo dietro ai miei fatti privati“.

L’ex leader dell’Idv aggiunge: “Io ho sentito la responsabilità di dimettermi e di farmi giudicare dal giudice. Certo, per me era facile, visto che ero innocente. Siri invece ha fatto un’altra scelta e ha detto: ‘Se è vero che una persona è innocente fino a prova contraria, lasciatemi lavorare’. Il problema di fondo è che ora l’Italia sta tutto il giorno a parlare di questa sua vicenda personale che, al di là del dolore personale che può dare all’interessato, non può costringere tutto il Paese a stare appresso a questa ruota che gira. Ci sono tanti problemi da risolvere“.

Monito di Di Pietro al M5s: “Siri non doveva neanche essere messo lì, perché è comunque un bancarottiere. Ma di questo la responsabilità è anche dei 5 Stelle, che hanno chiuso gli occhi e hanno fatto finta di non vedere. C’è una responsabilità penale che sarà accertata dal giudice e ripeto che è tutto confuso, perché qui ci sono terze persone che parlano di Siri. Sul piano penale è tutto da valutare. Sul piano politico, invece, avere rapporti con personaggi legati a un certo ambiente malavitoso implica la necessità di fare dei passi indietro per far lavorare il governo. Poi Siri chiarirà la sua posizione a livello giudiziario”.

L’ex magistrato chiosa: “Io l’ho vissuto sulla mia pelle: lasciare un incarico, sapendo di essere innocente, è una tragedia, dà una sofferenza incredibile. Ma il problema di fondo è: interesse pubblico o interesse del singolo? Io ci ho sofferto molto. Mi sono dovuto dimettere da magistrato e da ministro, perché sono stato accusato ingiustamente. Ma mi sono potuto difendere meglio da libero cittadino. Non sarebbe stato possibile lo stesso, se fossi stato sotto la lente di ingrandimento con la pistola puntata alla tempia, mentre mantenevo quel ruolo pubblico. Dopodiché, c’è una sofferenza immane che non ti ripagherà nessuno. Io sono rimasto magistrato nel cuore e mi amareggia terribilmente non esserlo più. Ma questo è un mio dolore, non posso arrecare questo mio dolore anche alla collettività e tenerla bloccata”.

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Salvini: “Grazie siciliani, voglia di cambiamento”. Stoccata a M5s e su Siri: “Non sono da Paese civile processi sui giornali”

Grazie ai siciliani, perché mi hanno regalato, ci hanno regalato e si sono regalati un’emozione, una voglia di cambiamento, una scelta di coraggio. Solo parlare di una scelta del genere due o tre anni fa sarebbe stata fantascienza. Quindi, vuol dire che quello che stiamo facendo al governo piace da nord a sud“. Così, ai microfoni di “Non stop news”, su Rtl 102.5, il ministro dell’Interno Matteo Salvini commenta i risultati delle elezioni amministrative in Sicilia.

E si esprime anche sulle elezioni spagnole: “Coloro coi quali stiamo ragionando come Lega sono quelli di Vox, che molti definiscono estrema destra, perché questa è l’etichetta scelta dal politicamente corretto. Io invece penso che superino i valori di destra e di sinistra. Entrano per la prima volta in parlamento con 24 deputati. E hanno un’idea diversa di immigrazione, del lavoro, di Europa, dell’ambiente. È un bel voto di cambiamento anche quello spagnolo”.

Stoccata al M5s sulle autonomie regionali: “È oggi che l’Italia è divisa, perchè non ci sono gli stessi servizi per tutti. Oggi in Italia c’e’ una sanità di serie A e una di serie B, il sistema centralizzato non funziona. Dare competenze e poteri ai territori potrebbe migliorare la situazione. Se poi i 5 stelle hanno cambiato idea rispetto a quello che hanno sostenuto lo spieghino agli italiani“.

Inevitabile la menzione del caso Siri, sul quale il vicepresidente del Consiglio è critico nei confronti dei media: “I processi si fanno nei tribunali, non sui giornali, né nelle aule del Parlamento. Figurati se la lotta alla mafia non è in cima alle mie priorità, insieme alla lotta all’immigrazione clandestina. Quindi, non rispondo, perché non faccio il giudice, né l’avvocato. Dico solo che non è da Paese civile ci siano fatti sui giornali che non sono a conoscenza degli indagati e degli avvocati. Vi sembra normale? Dio non voglia, ma è come se uno venisse indagato e lo venisse a sapere a Rtl bevendo il caffè, perché lui non sa nulla, l’avvocato non sa nulla, ma c’è scritto sul giornale”.
“E’ una storia vecchissima, ci riporta dietro a Mani Pulite“, commenta uno dei conduttori, Fulvio Giuliani.

Salvini, infine, assicura: “Io intendo lavorare per 4 anni, non ho alcuna voglia di far saltare tutto perché Tizio o Caio mi insultano e mi minacciano. Lavoriamo sui dossier per contrastare le truffe agli anziani, la riforma della scuola, la riforma fiscale. Ricordo anche il mio impegno a ridurre le accise sulla benzina, a partire dalla eliminazione di quelle più vecchie che risalgono a 40-50 anni fa. Quindi, figurati se ho voglia di far saltare tutto. Io ho la testa dura e non rispondo alle provocazioni quasi quotidiane”

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domenica 28 aprile 2019

Siri, Di Maio: “Se qualcuno pensa che M5s stia zitto su corruzione o inchiesta legata alla mafia, sbaglia”

“Con Salvini in questi mesi abbiamo fatto grandi cose assieme e abbiamo ottenuto grandi risultati. C’è tanto altro da fare. Ma se qualcuno pensa che il M5s stia zitto su temi così importanti come la corruzione o su una inchiesta legata alla mafia, allora ha proprio sbagliato movimento“. Così, a margine della convention del partito polacco Kukiz15 a Varsavia, il vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio risponde a distanza a Matteo Salvini, che in una intervista odierna a La Stampa ha criticato il M5s (“E’ arduo andare avanti così”).

Il ministro del Lavoro aggiunge, con riferimento al caso Siri: “Noi siamo sempre stati intransigenti con noi stessi prima che con gli altri. Se qualcuno sbaglia nel movimento, io lo metto fuori in 30 secondi, come è successo nel caso De Vito. E ho sempre portato avanti l’azione politica del M5s nella convinzione che anche gli altri dovessero fare la stessa cosa. Quindi, non la si prenda sul personale. Anzi, io spero di rivedere il prima possibile la Lega e Salvini e di continuare a lavorare insieme. Ma questo non è un tema personale. E’ un tema del dna del M5s: la lotta alla corruzione e il contrasto alle mafie. Pertanto, in questo momento nessuno si senta offeso sul piano personale”.

Sul caso giudiziario specifico, legato al sottosegretario leghista alle Infrastrutture, Armando Siri, Di Maio ricorda che il dossier è sotto la supervisione del presidente del Consiglio: “Ho fiducia in Conte, nel suo ruolo e nel compito che ha deciso di assumere giustamente. Nei prossimi giorni ci aspettiamo ovviamente delle novità che possano soddisfare una esigenza. Qui il tema non è Siri, perché per me Siri sarà sicuramente innocente. Il tema è la percezione delle istituzioni. Siri per me si deve mettere in panchina e gli facciamo i nostri migliori auguri di risultare innocente. Ma ma fino a quel momento non possiamo accettare che un sottosegretario indagato per un reato così grave resti al suo posto. E lo dico con amicizia alla Lega. Credo che aiuti tutti noi mettere Siri in panchina e aspettare l’esito delle indagini preliminari e il rinvio a giudizio”.

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sabato 27 aprile 2019

Ilva, il video del professore che contesta Di Maio diventa virale. M5s: “Tagliato ad arte, ecco la sua risposta”

“Ministro, mi guardi, il taglio delle emissioni non c’è stato e nessuna tecnologia è stata installata. Fate pubblicità ingannevole”. Tre giorni fa Luigi Di Maio,  insieme a quattro ministri del M5s (Barbara Lezzi, Sergio Costa, Giulia Grillo e Alberto Bonisoli), ha convocato a Taranto il tavolo permanente per il Contratto istituzionale di Sviluppo. Il tavolo, in pratica, sull’ex Ilva e il futuro della città a cui siedono attivisti e associazioni. Tra gli altri, ha preso la parola il professore Alessandro Marescotti di Peacelink, che ha contestato in diretta streaming le dichiarazioni risalenti all’8 settembre scorso del capo politico del Movimento 5 stelle, secondo cui sugli impianti erano già state predisposte le tecnologie in grado, in cinque mesi, di ridurre le emissioni nocive del 20%. “Ho controllato i dati delle centraline Arpa e Ispra: l’inquinamento è aumentato“.

Il video dell’intervento di Marescotti è rimbalzato sui social, dove chi lo ha rilanciato ha sottolineato la “falsa propaganda” del vicepresidente del Consiglio. Il Movimento 5 stelle, tuttavia, ha voluto sottolineare come il ministro del Lavoro e allo Sviluppo economico abbia replicato alle persone presenti in prefettura nella città pugliese: “Non accettiamo che non venga dato atto di ciò che è successo veramente – si legge in una nota -. Alla fine delle parole dei cittadini Luigi ha riposto a tutti, su tutto. Ma qualcuno, invece, ha tagliato ad arte le parti che più gli facevano comodo tralasciando le risposte che Luigi ha dato, perché il Movimento 5 Stelle mai si sarebbe permesso di lasciare cittadini senza risposta in un faccia a faccia. Non è nelle nostre corde e pretendiamo che questo venga riconosciuto, anche da chi non la pensa come noi o dice addirittura di odiarci”.

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Ue, Pizzarotti: “M5s e Lega fanno propaganda puntando alla pancia delle persone”. E critica il reddito di cittadinanza

“La crisi economica in Italia? Siamo un Paese che non fa riforme strutturali. Certamente non risolvono i nostri problemi strutturali quota 100 e il reddito di cittadinanza, che, anzi, vanno a caricare ulteriormente il nostro debito pubblico“. A dirlo, nel corso di Omnibus (La7), è il sindaco di Parma Federico Pizzarotti, alle elezioni europee capolista al nord est per Italia in Comune e +Europa.

Riguardo all’insofferenza crescente degli italiani nei confronti dell’Europa, l’ex M5s sottolinea: “C’è anche una base di propaganda. Da anni sia il M5s, sia la Lega ci dicono: ‘Torniamo alla lira, così la pizza costerà di meno’. E c’è gente che ci crede anche e che dice: ‘Quindi, io avrei molti più soldi se dall’euro passassimo alla lira’. Non capiscono che il mondo è andato da un’altra parte ed è andato avanti. Tutto questo ovviamente fa presa anche su chi crede che il reddito di cittadinanza possa davvero risolvere i problemi del nostro Paese“.

Pizzarotti conclude: “Serve tornare a parlare di Europa anche in modo complesso. Mi si chiede sempre se dobbiamo essere convinti europeisti, anche in un momento in cui l’Europa non va per la maggiore. La mia risposta è: assolutamente sì. Non è che si deve andare verso quello che vorrebbe la pancia delle persone, come fa Salvini. Ma si deve cercare di puntare alla testa e spiegare che, se vogliamo un’Italia più forte, serve avere un’Europa più forte, altrimenti non andiamo da nessuna parte”.

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giovedì 25 aprile 2019

Sondaggi, Lega primo partito in caso di Politiche (31%) ed Europee (33%). Seguono 5 Stelle (23%) e il Pd (22,6%)

Lega ancora primo partito in Italia, ma in calo, mentre il Movimento 5 Stelle è in ripresa di mezzo punto, con il Pd che guadagna ancora qualche punto e rimane poco dietro. Secondo un sondaggio Emg Acqua presentato ad Agorà, se si votasse oggi il partito di Matteo Salvini si attesterebbe al 31,3%, un calo dello 0,8% rispetto alle rilevazioni del 18 aprile effettuate dallo stesso istituto. Il M5s, in salita di mezzo punto, tornerebbe sopra il 23%, con il Pd, terzo partito, che guadagna lo 0,8% e raggiunge il 22,6%. Staccato, segue Forza Italia, che però guadagna 0,7 punti e raggiunge il 10,2%, e Fratelli d’Italia al 5,4.

Il sondaggio, realizzato il 23 aprile su un campione di 1.525 italiani maggiorenni, riporta numeri simili a quelli forniti sempre oggi da Demopolis che, in caso di Politiche, vede la Lega al 31% (-1,5% nell’ultimo mese), il Movimento 5 Stelle al 23,5% e il Pd al 20%, in ascesa dopo le primarie che hanno portato alla nomina di Nicola Zingaretti a nuovo segretario. Tutti gli altri partiti rimarrebbero, invece, sotto la soglia del 10%, con Fi al 9% e Fdi al 4,2%.

La situazione cambia leggermente se i sondaggi vengono effettuati in vista delle elezioni europee. Sempre Demopolis spiega che a influire sarebbe anche “un significativo incremento dell’astensione – dice il direttore Pietro Vento – Se la partecipazione al voto per le Politiche si attesta intorno al 70%, Demopolis stima invece al 62% l’affluenza per le Europee: otto punti in meno destinati a incidere sulle percentuali del consenso ai partiti”. È così che, a meno di un mese dal voto, la Lega salirebbe al 33%, il M5s si attesterebbe al 22% e il Pd al 21%. Distanziati Forza Italia all’8% e Fratelli d’Italia al 5%. Più Europa avrebbe poco più del 3%, mentre sarebbero distanti dalla soglia di sbarramento del 4% le altre forze minori.

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25 aprile, De Luca: “Di Maio commuove ma suo padre è del Msi”. Sfottò su Salvini e Di Battista. E attacca ministro Grillo

Festeggiamo il 25 aprile e e io mi sono commosso quando ho sentito il vicepresidente del Consiglio di Pomigliano dire che loro difendono i valori dei nonni. E’ stato attento, perché il padre è del Movimento Sociale, quindi si è riferito ai nonni“. Sono le parole del presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, intervenuto ieri a un incontro promosso a Napoli dall’associazione Liberi e Forti.

E aggiunge: “Ma c’è uno che deve stare più attento, e cioè Di Battista, perché il padre è fascista e lo rivendica pure. Questi, insomma, sono quelli che hanno deciso di difendere il 25 aprile. Se ne sono accorti da 48 ore, giusto per fare un’altra polemica con Salvini. Non se n’erano accorti un anno fa, né 10 anni fa, quando ridicolizzavano quelli che festeggiavano il 25 aprile. Per 10 anni abbiamo assistito in Italia alla diffusione della sottocultura della violenza, dell’arroganza, dell’oltraggio della dignità delle persone. Hanno calpestato per 10 anni la dignità degli interlocutori – continua – Se prendessimo le dichiarazioni di Grillo negli ultimi 10 anni contro i suoi avversari politici, avremmo i brividi addosso, altro che 25 aprile. Questo si chiama squadrismo. Nella pratica politica dei 5 Stelle nei territori sono presenti elementi di squadrismo. La vita del Consiglio regionale della Campania è segnata da elementi di squadrismo. Ci sono consiglieri dei 5 stelle che hanno aggredito la presidente del Consiglio regionale della Campania, ha avuto una contusione e si è dovuta far medicare all’ospedale”.

De Luca poi ironizza su Matteo Salvini: “Io non ho mai visto un vicepresidente del Consiglio che va girando col pigiama addosso. Non so se qualcuno è in grado di spiegarmelo, forse ha un significato allegorico. Si mette anche il giubbino di pelle di capra. A me sembra semplicemente una mancanza di rispetto per l’interlocutore. Staremmo più comodi tutti quanti col pigiama. Nell’800 almeno i nostri vecchi si mettevano i pantaloni sopra il pigiama, oggi invece si va in giro direttamente col pigiama. Siamo ridotti in queste condizioni”.

E si sofferma sulla comunicazione social dei vicepresidenti del Consiglio: “Ma voi pensate veramente che si possa governare un Paese e cambiare la realtà con i tweet? Questi due giovanotti che stanno al governo fanno il pollaio e il circo equestre. E inondano l’Italia di una ventina di tweet al giorno. Uno degli ultimi tweet di Salvini è di una profondità sconvolgente. Lo ha pubblicato alle 23.30 e diceva: “Stasera broccoli e radicchio”. Questo va ricoverato subito. Mi hanno fatto leggere anche una cosa del Di Battista, sembrava di leggere un versetto della Bibbia. Prima di partire per l’India, si è fatto fare la foto e sembrava il Messia con questo cielo annuvolato da sfondo. Sono cose da manicomio. Qui la riforma più urgente, dopo quella scolastica, è quella della riapertura dei manicomi“.

Staffilata finale contro il ministro della Salute Giulia Grillo, a proposito della sanità campana: “Siamo sulla strada giusta con buona pace della sedicente ministra della Salute. Parla ancora di commissariamento e non ha ancora capito che la domanda a cui deve rispondere è un’altra: oggi qual è il motivo per tenere ancora in piedi del commissariamento della sanità in Campania? Non è De Luca o non De Luca. Qual è il motivo? E allora o parli nel merito oppure stai zitta. E pensa a rispettare chi lavora. E prima o poi la quereliamo per diffamazione. Ci siamo rotti le scatole di sentire le imbecillità di questa signora“.

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Napoli, l’inchiesta lumaca su Gori spa: tutto prescritto. E M5s chiede l’invio degli ispettori dal ministero di Giustizia

Nove anni tra perquisizioni e avvisi di proroga che rivelarono i nomi dei primi cinque indagati, e l’archiviazione per prescrizione di un’inchiesta con 26 indagati su appalti pilotati e assunzioni politico-clientelari in Gori spa, la società pubblico-privata campana che gestisce il servizio idrico nelle province di Napoli e Salerno, controllata dalla multiutility romana Acea. Nove anni che hanno fatto prescrivere persino un’ipotesi di corruzione tra l’ad di Gori dell’epoca, Stefano Tempesta, e un appaltatore di Piano di Sorrento, Pasquale D’Aniello, attuale vicesindaco del piccolo comune della costiera sorrentina. Nove anni riassunti in 17 pagine di richiesta di archiviazione della Procura di Torre Annunziata, accolta dal Gip, che in alcuni passaggi suonano però molto dure. Nove anni sui quali un parlamentare del M5s, Luigi Gallo, invoca l’invio degli ispettori del ministero di Giustizia con un’interrogazione a risposta scritta in commissione Giustizia. Affinché si faccia chiarezza su tempi, modi e cause di una prescrizione con la quale “resteranno impuniti – scrive Gallo – i responsabili della cattiva gestione di uno dei principali operatori nazionali nel settore idrico ed energetico, con ingenti effetti negativi che si ripercuoteranno sui consumatori e sulle finanze dello Stato”.

Il capo degli ispettori del ministero è un ex pm di Torre Annunziata
Per una coincidenza della storia, il capo degli ispettori del ministero di Giustizia si chiama Andrea Nocera, un magistrato in aspettativa che negli anni 90 è stato sostituto procuratore proprio a Torre Annunziata. Ed è sul tavolo di Nocera che sta per approdare il dossier prodotto per rispondere all’interrogazione che prende a sua volta spunto da un articolo uscito a febbraio su Il Fatto Quotidiano che ha rivelato in esclusiva la vicenda. “Ci stiamo lavorando”, dice off the record un tecnico di alto livello del ministero a ilfattoquotidiano.it.

Le assunzioni clientelari e la “compiacenza” di esponenti del Pd
L’interrogazione parte da un deputato Cinque Stelle, Gallo, che nei prossimi giorni ne solleciterà la calendarizzazione e negli ultimi anni ha tessuto una rete di dossier e di iniziative su Gori e contro la privatizzazione dell’acqua, fino a essere sentito come teste dal pm. Il testo arriva a un ministro Cinque Stelle, Alfonso Bonafede. Si chiede in sostanza di riaprire su un altro tavolo una partita ormai morta sul fronte giudiziario ma che ha prodotto scorie ancora vive sul piano politico. Perché nella articolata richiesta di archiviazione del pm Rosa Annunziata, accolta con poche righe di adesione dal Gip Maria Concetta Criscuolo, si racconta la storia di una presunta clientela politica che vide i partiti dell’epoca, tra cui il Pd, seduti al tavolo della grande abbuffata da centinaia di assunzioni in Gori fatte dietro raccomandazione di sindaci, amministratori e politici del territorio campano.

Per capirne il perché, il pm parte spiegando come è composta Gori: per il 51% dai 76 comuni interessati dal servizio idrico e facenti parte dell’ente d’ambito sarnese-vesuviano, e per il 37% dalla Sarnese Vesuviano srl “società veicolo di Acea che in forza dei patti parasociali detiene praticamente il controllo effettivo” di Gori. Il restante 12% era frazionato tra piccole società prima operanti localmente.

Le indagini condotte dalla Guardia di Finanza di Massa Lubrense hanno convinto la Procura a mettere nero su bianco che “le finalità del management inviato da Acea nella gestione della società Gori sono risultate mirate a ottenere in primis delle performance estremamente positive di bilancio (al fine di consolidare lo stesso titolo borsistico di Acea) piuttosto che ad ottimizzare il servizio idrico integrato dell’Ato 3”. Siamo a metà degli anni 2000 e questa politica “speculativa”, che mira all’espansione di Gori-Acea in più territori possibili, non viene contrastata perché chi doveva fare l’arbitro e controllare la correttezza della partita andrà poi a giocare in una delle squadre. Il presidente dell’Ato 3, Alberto Irace, all’epoca “vicino a Bassolino… improvvisamente lasciava la poltrona per accettare l’incarico propostogli di dirigente proprio in Acea”. Negli anni successivi ne diventerà amministratore delegato, dopo aver lavorato in Toscana come Ad di Publiacqua, incarico durante il quale conoscerà Matteo Renzi e ne diventerà amico. “Irace fu compiacente alle finalità egemoniche di Acea”, scrive il pm. Non risulta sia stato indagato.

Il pm: “Gori è riuscita a tessere una rete di favoritismi politici”
Sono gli anni in cui Acea spedisce a Piano di Sorrento, la prima sede legale di Gori, Stefano Tempesta. Sarà Ad della società dal 2002 al 2007. Sono gli anni in cui Gori “è riuscita facilmente a tessere un’intricata rete di ‘favoritismi’ consistiti quindi, per la maggior parte, in assunzioni di persone segnalate dagli stessi politici prima in Gori e, successivamente, in società compiacenti destinatarie di numerosi contratti di appalto”. Così “man mano che venivano acquisiti nuovi territori nella gestione del Servizio Idrico Integrato, il management della società Gori (dirigenti Acea), oltre a quanto disposto dalla Convenzione di gestione circa l’assunzione di tutti coloro che già lavorano presso ditte ed enti operanti nel servizio idrico del territorio, hanno iniziato una massiccia campagna di assunzioni ‘clientelari’ in modo da assicurarsi il beneplacito della politica locale”. Personale però privo di requisiti tecnici adeguati che finirà per gonfiare in maniera abnorme l’organico senza che la collettività ne tragga in cambio un servizio migliore: già 674 assunzioni nel 2007, ben più di quelle programmate, sottolinea il pm. Tanto che a un certo punto Gori, per soddisfare gli appetiti dei politici, dirotterà i loro raccomandati verso società appaltatrici, Acquaservizi ed Rdr.

Gori diventa così un carrozzone i cui costi ricadono sulle bollette dei cittadini. E l’inchiesta, che nasce quasi per caso seguendo i puntini di alcuni esposti anonimi sugli affari di D’Aniello, finisce per affrontarne genesi, gestione complessiva e ricadute sul territorio.

Nel 2010 perquisizioni e avvisi di garanzia. Nel 2019 l’archiviazione per prescrizione
Nel giugno 2010 la Finanza perquisisce alcuni indagati, tra cui D’Aniello. Nell’autunno successivo la Procura notifica cinque avvisi di proroga indagini: Tempesta, D’Aniello, e tre dirigenti di Gori, Pasquale Malavenda, Salvatore Rubbo e Giovanni Paolo Marati, ad di Gori dal 2009 al 2014 e di nuovo ad dal gennaio scorso. “È l’uomo della continuità con la vecchia gestione”, afferma Gallo, “per questo dovrebbe dimettersi”. E lo ribadisce nell’interrogazione. Ma il management della società non dipende dal ministero di Giustizia.

L’indagine raccoglierà una consulenza tecnica sui costi di gestione di Gori e una informativa della Finanza. Durante una perquisizione a Rubbo spuntò un foglio con altri 60 nomi da assumere. Per ognuno erano indicate le future mansioni e le qualifiche. Ma al dunque il lavoro inquirente rallenta, mentre il silenzio inizia ad avvolgere questa storia di cui circolavano solo notizie frammentarie, imprecise, ai limiti della leggenda metropolitana. Tutti sapevano di un’inchiesta e nessuno ne sapeva i contorni. E alla fine arriva la spugna della prescrizione. Su tutto.

L’ipotesi di associazione a delinquere tra dirigenti Acea, politici e imprenditori dei cento appalti Gori monitorati intorno a una torta da 90 milioni di euro viene derubricata dal pm a semplice “malcostume”, una “privatizzazione all’italiana” che ha perseguito “miseri interessi clientelari”. Si attesta la prescrizione di una frode in pubbliche forniture contestata a D’Aniello che secondo il pm “è provata”, ma si è conclusa nel 2009. Prescrizione anche di una ipotesi di corruzione nei rapporti tra Tempesta e D’Aniello, imprenditore di New Electra srl: quest’ultimo gli avrebbe regalato circa 40mila euro di lavori di ristrutturazione della casa dell’ad a Roma negli anni in cui Gori lo beneficiava di 3 milioni di appalti ad affidamento diretto. “Il D’Aniello – afferma il pm – da piccolo imprenditore del settore e titolare di aziende modeste ha ottenuto affidamenti di lavori di importo crescente, tanto da consentire alle sue aziende di acquisire requisiti specifici nel settore di riferimento. Orbene, pur volendo ricondurre tutti i comportamenti nel paradigma della corruzione, deve affermarsi che ad oggi sono prescritti essendo intervenuti nell’arco temporale intercorrente tra il 2005 ed il 2009”. Anche perché sono passati nove anni tra la perquisizione dell’imprenditore-politico e la definizione del procedimento.

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mercoledì 24 aprile 2019

Salva Roma, Giachetti: “Io favorevole. Lega e Berlusconi hanno responsabilità su debito. Raggi? Ha fallito, M5s lo sa”

Salva Roma? Io sono assolutamente favorevole. Non è come dice Salvini, secondo cui ci sarebbe chissà quale favoritismo nei confronti di Roma. Dice una cosa che non sta né in cielo, né in terra. La norma, al contrario, un modo per superare l’anomalia del commissariamento del debito di Roma che fecero proprio nel 2008 la Lega insieme a Berlusconi, accollandosi tutti i debiti di Roma: quasi 15 miliardi di euro “. Sono le parole pronunciate ai microfoni di “Cosa succede in città”, su Radio Cusano Campus, dal deputato Pd Roberto Giachetti sul Salva Roma, la norma del dl crescita contestata da Salvini e della Lega.

Giachetti ribadisce: “Il tema è la rinegoziazione del debito. Non si tratta di salvare Roma, ma di mettere in condizione la capitale di tornare alla normalità. La Lega definisce questa norma “salva Roma”, perché ha una responsabilità storica, nel senso che nel 2008 era al governo quando fu fatto un provvedimento che effettivamente accollava allo Stato i debiti del Comune di Roma. In più, con questa norma non c’è nessun tipo di aggravio ulteriore per gli italiani. E, ripeto, era nel programma elettorale di tanti candidati al Campidoglio. Anzi, la Raggi è arrivata troppo tardi, visto che ci ha messo 3 anni per arrivare a qualcosa che si doveva fare subito”.

Poi torna su Salvini: “Tenta di fare un’operazione simile a quella della Lega nel 2008, cioè cerca di usare questa norma per fare in modo che lo Stato magari si accolli i debiti di qualche Comune a lui vicino. Salvini fa finta di non capire il Salva Roma, ma purtroppo capisce perfettamente di cosa parla e usa strumentalmente questa norma per far finire Roma nel tritacarne delle polemiche tra Lega e M5s e dei loro problemi al governo. Perché Salvini usa proprio il Salva Roma? Gli viene facile perché purtroppo c’è un fatto oggettivo: la sindaca Raggi e la sua maggioranza sono del tutto inadeguate – continua – Sono già finiti i fondi per i mega-investimenti che avevano fatto sulle buche. Cioè la gestione fallimentare di questa sindaca è sotto l’occhio di tutti. Ovviamente Salvini gioca anche sullo scontento dei romani e non parliamo dei rifiuti. Non mi pare che la giunta Raggi stia producendo consenso, né mi pare che si stia meglio a Torino o a Livorno. Non parliamo poi del tema dell’onestà, che lascio a margine”.

E aggiunge: “Ci sono tre metropolitane chiuse nel centro di Roma, nonostante ci siano fondi dati proprio per la manutenzione delle metro. Insomma, la giunta Raggi ha fallito completamente e tralascio tutti gli aspetti giudiziari, che non mi interessano. E penso che, mano a mano, se ne stiano rendendo conto anche i vertici del M5s. Quanta vita ha il governo gialloverde? Resto convinto che il collante del potere sia molto forte. Fanno come i ladri di Livorno: litigano di notte e politicamente agiscono di giorno. In realtà, si coprono l’uno con l’altro. A seconda dell’appuntamento elettorale più vicino, alzano i toni ma alla fine trovano sempre una soluzione”.

Giachetti rincara: “Non si discute di valori, ideali e principi ma semplicemente di interessi per questo o per quell’altro, è un baratto continuo. Al di là della fuffa, che vediamo negli scontri quotidiani e che stanno portando il Paese in ginocchio, così attaccati alle sedie, Lega e M5s non metteranno in discussione il governo nei prossimi mesi. Noi del Pd abbiamo fatto assolutamente bene a non fare alcun accordo di governo col M5s. Al di là della differenza culturale e politica che ci separa dal M5S, abbiamo una classe dirigente che non è in grado di gestire niente. In qualsiasi Dicastero le partite più importanti sono tutte per aria. Nel frattempo, un Paese che noi eravamo riusciti a rimettere in piedi torna ad essere in ginocchio con elementi preoccupanti. L’aumento dell’Iva, per esempio, rischia di stendere la nazione”.

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Toninelli: “Siri indagato? Gli ho tolto deleghe per tutelarlo. Roma? Non percepisco dissesto, anzi complimenti a Raggi”

Armando Siri? Lo dico senza polemica: il ministero delle Infrastrutture gestisce il 40% % di tutti gli investimenti pubblici in Italia, nel 2019 circa 17 miliardi di euro. Secondo voi manteniamo sulle spalle una delega importante di un sottosegretario così importante con un’ombra?“. Così, ai microfoni di Non Stop News, su Rtl 102.5, il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli si pronuncia sul caso del sottosegretario Armando Siri della Lega, indagato per corruzione dalla procura di Roma.

E spiega il motivo per cui ha tolto le deleghe al leghista: “In questo modo gli diamo la possibilità di di dissipare questa ombra senza intaccare l’immagine del governo del cambiamento. E’, insomma, a tutela di Siri che gli ho tolto le deleghe per permettergli di impegnare tutte le sue energie al fine di dimostrare di essere innocente, di tornare velocemente in squadra e di continuare a lavorare”.

Toninelli si rende protagonista di un pepato battibecco con uno dei conduttori della trasmissione radiofonica, Pierluigi Diaco, sulla gestione Raggi della Capitale. “Lei fa un disegno catastrofico di Roma che non corrisponde alla realtà – ribatte il ministro M5s – Roma è una città molto complessa con infinite stratificazioni amministrative che necessitano di una gestione straordinaria. Nel contratto di governo abbiamo inserito una parte per dare poteri speciali che hanno anche altre importanti capitali europee per permettere che fosse amministrata con più facilità e velocità. Ci vuole un pochettino di tempo per mettere a posto questa Roma. Intanto, non abbiamo contratto più debiti e quindi complimenti a Virginia Raggi“.
E aggiunge: “Siccome questo governo durerà 4 anni, quella normetta nel contratto di governo che lega M5S e Lega su Roma ci permette di fare una modifica che consentirà veramente a Roma di non dover chiamare sei livelli diversi di amministrazione per tappare una buca per strada, ma di fare semplicemente una piccola disposizione di giunta”.

Diaco replica: “E’ sotto gli occhi di tutti i romani che questa città, non certo per esclusiva responsabilità di questa amministrazione, non funzioni. Non si può certamente dire che lei viva su Marte“.
“Lei continua a fare una narrazione catastrofica di Roma – ribadisce Toninelli – Che la città abbia problemi è del tutto evidente, ma non capisco questo accanimento“. E rinnova i complimenti alla sindaca Raggi per interventi come lo stop ai “premi a pioggia” in Atac, che “abbiamo salvato mentre i fenomeni di prima volevano privatizzarla”.

Poi puntualizza: “Conoscendo Virginia, io so solo che lei lotta e sta lottando e lotterà fino alla fine del suo mandato per dare dei servizi più efficienti a una città che è stata ereditata con grandi difficoltà. E ciò nonostante, oggi non è nel dissesto e nel disastro in cui era prima. Io stando sempre in giro in questi sei anni a Roma dico che quello che dice lei non l’ho percepito e non lo percepisco. Prima che arrivasse il M5s si facevano le commesse dirette e si ebbe Mafia Capitale. Ora si si fanno le gare e mi pare ci sia una grande differenza. Dobbiamo migliorare, ma un passo per volta lo faremo“.

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martedì 23 aprile 2019

Siri, M5s: “Quattro domande alla Lega: finora si è tirata indietro e minimizzato. Il sottosegretario si dimetta e chiarisca”

“Quattro domande alla Lega sul caso Siri”. Si intitola così il post firmato dal M5s sul Blog delle Stelle, in cui, oltre a tornare a chiedere le dimissioni del sottosegretario Armando Siri, si sottopongono una serie di domande all’alleato di governo. “La politica – si legge sul blog – deve dare il buon esempio. Nessuno può nascondersi dietro la presunzione di innocenza di fronte all’ipotesi di un reato di corruzione. Non può farlo, a maggior ragione, quando nella stessa inchiesta emergono legami con la mafia. Quando un politico viene accusato dalla magistratura di essere un corrotto, deve fare un passo indietro e chiarire. Si può difendere, è un suo diritto, ma deve farlo lontano dalla sua carica. È quel che è accaduto al sottosegretario Armando Siri. E quel che abbiamo chiesto, in virtù della nostra coerenza, è stato che si mettesse in panchina fino al chiarimento definitivo, che rinunciasse al suo incarico nel governo mantenendo comunque il ruolo di senatore”. “Questo principio per il MoVimento 5 Stelle è un pilastro indiscutibile. La Lega invece finora si è tirata indietro. Ha minimizzato, e non ha dato risposte ai cittadini. O, peggio ha cercato di spostare l’attenzione sposando la linea dell’Espresso e attaccando in maniera strumentale Virginia Raggi”.

“Non si può negare una spiegazione ai cittadini. Questo comportamento è figlio di un’era che pensavamo ci fossimo messi alle spalle. Gli italiani hanno il diritto di sapere come vengono gestiti i loro soldi. Hanno il diritto di sapere se chi li governa agisce per un interesse personale o collettivo. Di fronte a questa richiesta un partito non può fare spallucce e tirare dritto. Queste cose le facevano Renzi e Berlusconi, non noi”. “Abbiamo aspettato qualche giorno prima di lanciare questo appello, e ci auguriamo che dalla Lega arrivi un segnale. Abbiamo visto il sottosegretario Siri smentirsi nell’arco di 24 ore. Lo abbiamo visto dire in un primo momento che non si era mai occupato di eolico e di non sapere chi fosse Arata. Il giorno dopo, però, ha cambiato versione, ammettendo di aver presentato degli emendamenti sull’eolico e di conoscere anche Paolo Arata”.

Seguono, dopo una breve ricostruzione dell’intera vicenda, le quattro domande indirizzate alla Lega: “Quali sono i reali rapporti tra Siri, la Lega e Paolo Arata (l’ex parlamentare di Forza Italia, adesso responsabile del programma della Lega per l’ambiente che, secondo l’accusa, sarebbe vicino a Vito Nicastri, imprenditore indicato dai magistrati come ‘finanziatorè della latitanza del boss Matteo Messina Denaro)? – chiede il M5s – Perché il sottosegretario Siri ha presentato più volte delle proposte, sempre bloccate e rispedite al mittente dal MoVimento 5 Stelle, per incentivare l’eolico (materie oggetto di interesse proprio di Paolo Arata)? Per quale fine?”. E ancora, incalza il M5s, “perché Siri si è contraddetto, cambiando versione più volte (quando è uscita la notizia dell’indagine per corruzione ha detto: ‘Non mi sono mai occupato di eolico in vita mia’. Poi ha ammesso di aver presentato una proposta di modifica alla legge sugli incentivi: ‘Me l’ha chiesto una filiera di piccoli produttori’. Infine, al Corriere, ha dichiarato: ‘Arata mi ha fatto una testa così e gli ho detto ‘va bene, mandamelo’)?”.

Infine, nell’ultimo quesito indirizzato alla Lega, il M5s ricorda come il figlio di Arata sia “stato assunto da Giorgetti presso il Dipartimento programmazione economica. Giorgetti sapeva che era figlio di Arata e dei rapporti del padre con Nicastri?” “Il più grande capitale dei cittadini italiani è la reale volontà di cambiamento delle forze al governo. Dare una risposta a queste domande significa dire ai cittadini che in Italia le cose sono cambiate davvero. Il cambiamento non ammette sconti, o scorciatoie. Prima di tutto con se stessi, come il Movimento 5 Stelle ha sempre dimostrato. Andiamo avanti a lavorare, c’è tanto da fare, ma con serietà”, conclude il M5S.

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Siri, fonti M5s: “Spinse per inserire il biometano nel contratto”. Arata-Nicastri “avevano già pronta una società ad hoc”

Non solo la lobby del vento. Fu la Lega a spingere per inserire il “punto sul biometano” nel contratto di governo. “Lo ricordiamo perfettamente, erano Siri e Centinaio a proporlo con insistenza”. La precisazione arriva da fonti del M5s ascoltate dall’Adnkronos: il motivo è l’articolo di Repubblica che racconta gli interessi di Paolo Arata proprio per il biometano. Secondo gli elementi raccolti dalla Dia di Trapani, tra cui alcune intercettazioni, il consigliere per l’energia di Matteo Salvini, indagato con l’accusa di aver corrotto il sottosegretario leghista Armando Siri per inserire un emendamento sull’eolico, aveva già pronta una società ad hoc insieme al suo socio Vito Nicastri, la Solgesta srl, per lucrare anche in questo settore. Perciò, sostiene il quotidiano, Arata è riuscito a condizionare la stesura del contratto di governo, ottenendo proprio l’inserimento di un passaggio sul biometano. Intanto Matteo Salvini da Pinzolo ribadisce la sua posizione: “Siri è innocente fino a prova contraria”. E ammette di aver incontrato Arata “una volta, come docente universitario, perché parlò a un convegno della Lega di energia, di risparmio energetico e di tutela dell’ambiente”.

“Abbiamo letto anche noi oggi con stupore l’articolo di Repubblica“, riferiscono le fonti M5s. Che forniscono un particolare: stando al loro ricordo, sarebbe stato proprio Siri, indagato per corruzione per una ipotizzata tangente di 30mila euro promessa o consegnata da Arata, a volere quel passaggio nel contratto insieme al ministro Gian Marco Centinaio. “Noi accettammo – proseguono le stesse fonti ascoltate dall’Adnkronos – perché in piccoli impianti e ben canalizzati può andare, ma non sappiamo quali fossero i loro reali fini”. Nel contratto di governo gialloverde si legge: ” Verranno inoltre valutate sperimentazioni sul ciclo vita di impianti a biometano valutando i costi, l’inquinamento e i prodotti reflui”.

Secondo Repubblica, le intercettazioni della Dia di Trapani raccontano di “un suggerimento” di Arata. L’ex parlamentare di Fi, poi diventato guru dell’energia per Lega, scrisse il programma elettorale per Salvini premier in vista delle politiche dello scorso anno. Già allora, come ricostruisce il quotidiano, accanto alla spinta per l’eolico c’era anche quella per il biometano: “Oggi, con il biometano ottenuto ecologicamente dalla fermentazione della parte umida dei rifiuti, siamo in grado di produrre energia pulita per alimentare la rete di trasporto pubblico locale”, si leggeva nel programma del Carroccio.

“Piccolo è bello”, era il mantra di Arata durante la campagna elettorale. Quindi il mini-eolico e le piccole centrali di biometano: “Questo modello è già una realtà consolidata negli altri Paesi avanzati d’Europa e del mondo, dove infatti il costo della bolletta è nettamente inferiore al nostro”, diceva. Il consigliere della Lega puntava infine sul fotovoltaico, il terzo settore finito nel suo mirino e in quello di Nicastri, l’uomo accusato di essere uno dei finanziatori della latitanza del boss Matteo Messina Denaro.

Salvini: “Non conosco le frequentazioni di Arata”
“I giudici facciano bene e facciano in fretta. Io il professor Arata, come docente universitario, l’ho incontrato una volta”, dice Salvini in conferenza stampa in Trentino. “Poi non l’ho più incontrato, non ne conosco le frequentazioni, le società, le amicizie, le simpatie e le antipatie. Quindi, se ci sono dei problemi che vengano a galla, non sui giornali ma in un’aula di tribunale“, aggiunge il vicepremier. Che poi risponde a una domanda sul caso Siri: “Finché non c’è una condanna – ribadisce – fino a prova contraria, per me, ogni italiano è innocente. La Raggi è stata sotto inchiesta per due anni e per me era innocente. Se tornerà sotto inchiesta, resterà innocente. Vedremo. Poi io la mafia la combatto. Ho tanti difetti ma non quello di essere amico dei mafiosi”, conclude il ministro dell’Interno.

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sabato 20 aprile 2019

Sondaggi Europee, Lega vola verso il 37%. M5s in calo al 22,3, Pd indietro al 18,7%

La Lega in crescita al 36,9%, il suo record, +1,2% rispetto a due settimane fa. I 5Stelle in calo al 22,3% (-1%) seguiti dal Pd con il 18,7% (-0,3%), Forza Italia con l’8,7% (-1,2%) e Fratelli d’Italia con il 4,6% (+0,6%). +Europa insieme a Italia in comune è al 3%, sotto la soglia di sbarramento fissata al 4. A poco più di un mese dalle Europee del 26 maggio e mentre la tensione tra gli alleati di governo continua a salire di livello, sono questi gli orientamenti di voto degli italiani rilevati da Ipsos per il Corriere della Sera e confrontati con i risultati ottenuti dallo stesso istituto due settimane fa, quando per la prima volta dall’estate scorsa i grillini erano visti in recupero. Il sondaggio firmato da Nando Pagnoncelli è però stato realizzato prima che uscisse la notizia dell’indagine per corruzione che coinvolge il sottosegretario leghista Armando Siri. Il consenso per il governo resta alto, al 52%.

Il Carroccio risulta in testa anche per “fedeltà di voto”: l’87% di quanti l’hanno votato alle politiche del 4 marzo intende confermare la scelta. Alta, spiega Pagnoncelli, anche la fiducia nel leader: 49,9%, secondo solo al premier Conte. E quasi 9 leghisti su 10 sono certi della vittoria del loro partito alle Europee. Il M5s invece si assesta poco sopra il 22% dopo il recupero segnato due settimane fa e secondo l’analisi dei flussi il 52% di chi votò M5s nel 2018 confermerebbe il proprio voto, mentre uno su quattro si asterrebbe e il 18% preferirebbe la Lega.

Il Pd del nuovo segretario Zingaretti risulta in flessione, ma senza forti contraccolpi dall’inchiesta sulla sanità umbra sfociata nelle dimissioni della presidente Catiuscia Marini. Secondo Pagnoncelli i dem hanno particolarmente bisogno di “rimotivare l’unico elettorato, tra le prime quattro forze politiche, rassegnato al successo altrui: infatti solo un elettore su quattro pensa che il Pd si affermerà mentre il 45% pronostica la vittoria della Lega”.

Forza Italia perde ancora terreno a favore del partito di Salvini, che sarebbe votato dal 33% di quanti hanno scelto Fi nel 2018. La fedeltà di voto al partito di Berlusconi cala al 44%. In ogni caso però la maggioranza gli elettori che intendono votare per Forza Italia alle Europee scommette sulla vittoria del proprio partito. Secondo Ipsos, la spiegazione è che la candidatura dell’ex Cavaliere galvanizza l’elettorato devoto, ma fatica ad attrarre nuovi elettori.

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venerdì 19 aprile 2019

Armando Siri indagato, “Federico Arata assunto a Palazzo Chigi da Giorgetti”. M5s: “Salvini sapeva? La Lega chiarisca”

C’è un nuovo capitolo – non giudiziario – nel caso del sottosegretario Armando Siri, indagato per corruzione dai pm di Roma. Riguarda ancora Franco Paolo Arata, ex deputato Fi e ora molto vicino al Carroccio, ritenuto dai pm di Roma il presunto corruttore del leghista. Ebbene il figlio del professore genovese esperto di ambiante “Federico Arata è stato assunto a palazzo Chigi dal sottosegretario Giancarlo Giorgetti“. La notizia, rivelata dal sito del Corriere della Sera, potrebbe dare un’ulteriore scossa ai rapporti già tesi tra Lega e M5s perché crea un altro link tra gli Arata e il Carroccio. Arata, genovese come Siri, (finito nel registro degli indagati per una ipotizzata tangente di 30mila euro promessa o consegnata dall’ex deputato), 68 anni, già presidente del Comitato interparlamentare per lo sviluppo sostenibile, è stato tra i creatori del programma di governo della Lega sull’Ambiente, come annunciava lo stesso segretario leghista in un tweet del luglio 2017. Ma non solo il professore diventato imprenditore è stato a lungo in pole position per la presidenza di Arera, l’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente. Ed è lui che costruisce la tela di rapporti dalla Sicilia fino al cuore del governo secondo gli inquirenti di Palermo. Federico Arata non è indagato, a differenza dell’altro figlio di Arata, Francesco Paolo, sotto inchiesta a Palermo. Il suo contratto è stato firmato con il Dipartimento programmazione economica.

Il M5s: “Se fosse vero saremmo di fronte a un vero e proprio caso”
La reazione dei pentastellati è stata immediata: “Se quanto riportato dal Corriere della Sera corrispondesse al vero circa l’assunzione di Federico Arata, figlio dell’imprenditore -faccendiere Paolo, da parte del sottosegretario Giancarlo Giorgetti a palazzo Chigi, ci troveremmo di fronte a un vero e proprio caso – scrivono in una nota il Movimento 5 Stelle chiedendo spiegazioni a Matteo Salvini –. La domanda che, per una questione di opportunità politica, ci poniamo, è se Salvini fosse a conoscenza di tutto questo. Ci auguriamo e confidiamo che il leader della Lega sappia fornire quanto prima elementi utili a chiarire ogni aspetto. Non solo al M5S, con cui condivide un impegno attraverso il contratto di governo, ma anche ai cittadini”. Il Caroccio ha risposto così di fatto confermando: “Parlamentari e ministri della Lega continuano a lavorare anche in questi giorni di festa. Non rispondono a polemiche e insulti che si sgonfieranno nell’arco di qualche ora. Federico Arata è persona preparata. Alleghiamo curriculum” (leggi l’articolo).

La tela di Arata e i contatti con pezzi delle istituzioni
L’ipotesi dei pm di contatti con altri pezzi delle istituzioni è indicata nel decreto di perquisizione che ieri ha portato gli uomini della polizia giudiziaria a perquisire le tre abitazioni di Arata a Roma, Genova e Castellammare del Golfo, le sue auto e le sedi delle quattro società a lui riconducibili: Etnea srl, Solcara srl, Alqantara srl e Solgesta srl. Vi è uno “stabile accordo”, scrivono il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il sostituto Mario Palazzi, tra Arata e Siri, quest’ultimo “costantemente impegnato, attraverso la sua azione diretta nella qualità di alto rappresentante del governo ed ascoltato membro della maggioranza parlamentare, nel promuovere provvedimenti regolamentari o legislativi che contengano norme ad hoc tese a favorire gli interessi economici dell’Arata, ampliando a suo favore gli incentivi per l’energia elettrica da fonte rinnovabile a cui non ha diritto“. E il “fumus commissi delicti” di questo accordo va rintracciato nelle conversazioni tra Arata e il figlio Francesco, “nelle quale si fa esplicito riferimento alla somma di denaro pattuita”, nei numerosi incontri tra indagati e nella “incessante attività” di Siri per far approvare le norme, “come emerge da ulteriori conversazioni che Arata ha intrattenuto tanto con i suoi familiari e sodali nell’impresa, quando con collaboratori” del sottosegretario e “con altre persone coinvolte (con ruoli istituzionali e non) nella redazione delle stesse”.

Analisi di documenti e file, focus sulle società
L’obiettivo è dunque di rintracciare nelle migliaia di documenti acquisiti o nei file telematici le tracce di questa ipotesi investigativa. Elementi che potrebbero arrivare anche dall’analisi dei bilanci delle società che Arata aveva con Vito Nicastri, l’imprenditore dell’eolico accusato di avere pagato la latitanza di Matteo Messina Denaro, tornato in cella ieri nell’ambito di una nuova indagine della procura di Palermo che lo vede indagato per corruzione. Le indagini dei pm di Roma e Palermo procedono su un doppio binario. Nell’inchiesta siciliana sono indagati anche Francesco Arata jr e un altro figlio, quello di Nicastri: Manlio. Arata, che era a conoscenza dell’indagine a carico di Nicastri per concorso esterno in associazione mafiosa, e che continuava a incontrarlo e parlarci nonostante questi fosse ai domiciliari, intercettato diceva: “Io dal prossimo mese devo pagare quelle vostre di Solcara; devo pagare le mie e ogni mese sono 10, 15.000 euro se mi va bene ma molto preoccupato, perché anche questo mese io alla fin fine tiro 15.000 e; cioè no anzi, ne tiro fuori 25.000, hai capito? 25.000! voi non guadagnate niente; eh ragazzi qui non è una situazione simpatica; qui il cerino in mano ce l’ho io non ce l’ha nessun’altro perché; si che voi avete le vostre tre turbine, però le ho pagate io e sto pagando io gli oneri. Cioè io mi trovo in una situazione che ho due soci; uno è Tamburrino e uno siete voi in cui nessuno dei due mi paga”.

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giovedì 18 aprile 2019

Siri indagato, Toninelli ritira le deleghe. Salvini: “Piena fiducia”. Conte: “Contratto ha codice etico, chiederò chiarimenti”

L’inchiesta per corruzione che coinvolge il sottosegretario leghista Armando Siri spacca la maggioranza. Mentre si consuma lo scontro a distanza tra i due vicepremier sull’opportunità o meno delle dimissioni, Danilo Toninelli, in qualità di ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha disposto il ritiro delle deleghe a Siri. È il primo effetto della “linea intransigente” annunciata da Luigi Di Maio: “Se i fatti sono questi Siri si deve dimettere dal governo”, ha detto il capo politico M5s. Il consigliere economico di Matteo Salvini, nonché ideologo della flat tax, si professa innocente e dice: ” “Non ho fatto niente di male. Non ho ragioni per dimettermi”. Ma per Di Maio “c’è una questione morale se c’è un sottosegretario coinvolto in un’indagine così grave“. Parole che fanno arrabbiare l’altro vicepremier: Salvini oltre a confermare “assolutamente” la “piena fiducia” a Siri che definisce “persona pulita e specchiata“, ricorda agli alleati di non aver “mai chiesto di far dimettere la Raggi o parlamentari dei Cinquestelle quando anch’essi sono stati indagati”. Ma nella questione entra il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che annuncia un incontro a breve con il sottosegretario per chiarire la situazione: “Il Contratto contiene un codice etico, voglio prima di tutto parlare con il diretto interessato”.

 di Lucio Musolino

“Un’inchiesta per corruzione impone in queste ore massima attenzione e cautela“, si legge nella nota del Mit che annuncia il ritiro delle deleghe a Siri. Più o meno lo stesso concetto espresso anche da Di Maio: “Va bene aspettare il terzo grado di giudizio” ma intanto Siri deve lasciare il governo. “Il mio dovere è tutelare l’esecutivo e credo che anche a Salvini convenga tutelare l’immagine della Lega“, incalza il vicepremier M5s. Salvini gli risponde da Lamezia Terme: “Siri non si deve dimettere. C’è solo un’iscrizione nel registro degli indagati e solo se sarà poi condannato dovrà mettersi da parte”. “Lo conosco come persona pulita, specchiata, integra, onesta quindi mi auguro che le indagini siano veloci veloci, rapide rapide per accertare se altri abbiano sbagliato”, dichiara il ministro dell’Interno. “Respingo categoricamente le accuse che mi vengono rivolte. Non ho mai piegato il mio ruolo istituzionale a richieste non corrette. Chiederò di essere ascoltato immediatamente dai magistrati e se qualcuno mi ha accusato di queste condotte ignobili non esiterò a denunciarlo”, annuncia intanto Siri.

Mentre Salvini lo blinda e parla ancora agli alleati: “Dico agli amici dei Cinquestelle: avete difeso la Raggi per due anni sotto inchiesta, ma due pesi e due misure quando c’è di mezzo la vita delle persone non mi piacciono”, conclude il vicepremier. “Salvini dice di non aver mai chiesto le dimissioni per un indagato per corruzione m5s. Non lo ha mai fatto perché siamo immediatamente intervenuti noi con i nostri anticorpi. Ci ha pensato subito il M5s a intervenire. Oggi le chiediamo perché chi dovrebbe intervenire invece non lo fa, è molto semplice”, replica il M5s in una nota. “Qui non è una questione di indagati o meno così come non è una questione di intermittenza. Il punto è il merito, l’accusa mossa di corruzione. E lo dimostra il fatto che il M5S non ha mai chiesto di fare un passo indietro a Garavaglia, ma lo chiede oggi a Siri. Proprio perché sulla corruzione non si scherza. Quando l’assessore Frongia a Roma è stato indagato, nonostante circolasse nelle stesse ore la richiesta di archiviazione, lui si è autosospeso“, sottolinea ancora il M5s.

Il premier Conte, al termine del Consiglio dei ministri tenuto nel pomeriggio a Reggio Calabria, ha voluto chiarire la situazione spiegando quali saranno i prossimi passi da compiere. Premettendo che si sta parlando di un’indagine e non di una richiesta di rinvio a giudizio o, peggio, di una persona imputata per un reato considerato grave come la corruzione, ha voluto precisare che “è anche vero che questo governo ha l’obiettivo di recuperare la fiducia dei cittadini per le istituzioni. Io non esprimo una valutazione, come premier avverto il dovere e la sensibilità di parlare con il diretto interessato, Armando Siri. Chiederò a lui chiarimenti e all’esito di questo confronto valuteremo” tenendo conto che il “contratto prevede che non possono svolgere incarichi ministri e io dico sottosegretari sotto processi per reati gravi come la corruzione”.

di Lucio Musolino

Intanto lo scontro tra i vicepremier si allarga al resto della maggioranza. Il presidente della Commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra (M5s), promuove la linea Di Maio e parla di ipotesi di indagini “inquietanti e gravi” che se confermate, accerterebbero un “filo che lega mafia e palazzi“. La linea dura del vicepremier trova anche l’apprezzamento del senatore Alberto Airola: “La Dia è la Dia, non siamo di fronte a una cosa da poco… La cosa è pesante e giustamente Siri dovrebbe come minimo sospendersi dalle sue funzioni”. Così come anche l’ex deputato M5s Alessandro Di Battista su Facebook spinge per le dimissioni: “Ho sempre sostenuto questo governo, lo sosterrò ancor di più se il sottosegretario Siri si dimetterà il prima possibile. Nessun governo del cambiamento e nessun governo che si sta impegnando nella lotta alla corruzione può tollerare che vi sia un proprio esponente indagato per reati così gravi“.

“La richiesta di dimissioni  da parte del M5s è assurda“, twitta invece il sottosegretario agli Esteri della Lega, Guglielmo Picchi, riassumendo quello che è il sentimento interno al Carroccio. “Stupisce il giustizialismo a intermittenza con il quale vengono valutate le diverse vicende giudiziarie a seconda dell’appartenenza del soggetto indagato a uno schieramento politico”, commenta anche il ministro Giulia Bongiorno.

di Manolo Lanaro

Morra: “Filo che lega mafia e palazzi”
Il presidente dell’Antimafia Morra parla di ipotesi di indagine “inquietanti e gravi“. “Il presunto legame con Vito Nicastri è un’ombra pesante perché Nicastri, agli arresti domiciliari, è l’imprenditore che risulta aver coperto e finanziato la latitanza di Matteo Messina Denaro. È lapalissiano questo filo che lega mafia e palazzi e ribadisco che, se accertato, risulterebbe di una gravità senza precedenti“, sottolinea Morra. Che promuove la linea di Di Maio: “È doveroso che la politica si ponga la questione morale anticipando codici o leggi. La richiesta di dimissioni avanzata da Luigi Di Maio mi trova pienamente concorde. Ora è il momento di lasciar lavorare serenamente la magistratura che deve sentire la vicinanza e il sostengo di tutte le istituzioni e delle forze politiche”, conclude Morra.

La difesa del sottosegretario Siri
Siri è accusato di scambio di favori, utilità e denaro per agevolare aziende considerate vicine all’imprenditore trapanese dell’eolico Vito Nicastri nell’ambito dell’inchiesta nata a Palermo e che poi ha coinvolto la procura di Roma.  Secondo l’accusa, Siri ha ricevuto denaro per modificare una norma e favorire l’erogazione di contributi per le imprese che operano nelle rinnovabili. “Non so assolutamente chi sia questo imprenditore coinvolto, non mi sono mai occupato di energia e non davvero chi sia questa persona, credo che si tratti di un errore di persona”, replica il sottosegretario alle accuse. Siri, che dice di non aver ancora ricevuto l’avviso di garanzia, chiede di “avere al più presto notizie su questa indagine”. “Non so proprio di cosa si tratti”, dice. E aggiunge: “Io sono qua a disposizione e non ho nessun problema. Comunque sono davvero allibito“. E annuncia: “Chiederò di essere sentito, devo leggere queste carte e chiamare un avvocato. Dovrò attrezzarmi e vedere cosa succede”. Siri, come rivelato da L’Espresso, ha patteggiato una pena di un anno e otto mesi per bancarotta fraudolenta per il fallimento della MediaItalia, società che avrebbe lasciato debiti per oltre 1 milione di euro.

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Def, risoluzione Lega-M5S: disinnescare aumenti Iva con spending review. No a patrimoniale, avanti con flat tax

Disinnescare l’aumento dell’Iva, previsto per il 2020, e andare avanti con la flat tax. Nella risoluzione al Documento di economia e finanza 2019 in discussione in questo momento alla Camera, Lega e Movimento 5 Stelle si impegnano ad “adottare misure per il disinnesco delle clausole di salvaguardia fiscali del 2020″. Al contempo, vogliono “continuare il processo di riforma delle imposte sui redditi (“flat tax”) e di generale semplificazione del sistema fiscale, alleviando l’imposizione a carico dei ceti medi”. La conclusione della discussione parlamentare è prevista intorno alle 19, dopodiché inizieranno le dichiarazioni di voto.

Spending review ma nessuna patrimoniale
Il testo della risoluzione di maggioranza impegna il governo a “rispettare i vincoli di finanza pubblica come definiti” dallo stesso Def. Necessaria per trovare le coperture necessarie la spending review. La bozza prevede di “adottare un piano di razionalizzazione, riqualificazione e di revisione della spesa pubblica. In particolare delle amministrazioni pubbliche, degli enti pubblici, nonché delle società controllate direttamente o indirettamente da amministrazioni pubbliche”. Per ora, quindi, nessuna patrimoniale. Al governo si chiede infatti l’impegno a “non prevedere misure di incremento della tassazione sui patrimoni”.

Più fondi per ricercatori, sanità e disabilità
Nel testo, la maggioranza chiede inoltre un incremento di salario adeguato per professori e ricercatori, per il triennio 2019-2021. Inoltre, per arginare la “fuga di cervelli” nella sanità, si prevede un piano di assunzioni e un supporto all’innovazione e alla ricerca sanitaria, “valorizzando la funzione dei centri sanitari di nuova generazione e investendo in politiche di formazione ed inserimento lavorativo delle nuove professionalità”. Previsto anche un rafforzamento delle misure a tutela della non autosufficienza e dei nuclei familiari, in particolare quelli con componenti disabili.

Bloccate le risorse per il trasposto pubblico locale
In attuazione anche il cosiddetto “regionalismo differenziato” e la realizzazione dell’autonomia regionale. In particolare, per quanto riguarda il sistema scolastico nazionale, il documento prevede di definire “livelli essenziali delle prestazioni tali da garantire in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale” il diritto allo studio. Infine, rimangono congelate per ora le risorse da destinare al trasporto pubblico locale, che verranno individuate soltanto più avanti in sede di assestamento al bilancio.

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