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martedì 27 ottobre 2020

M5s, Ettore Licheri è il nuovo capogruppo al Senato. Alla Camera Rina De Lorenzo annuncia il passaggio dal Movimento a Leu

Ettore Licheri è stato scelto come nuovo capogruppo M5S al Senato al posto di Gianluca Perilli, che ricopriva il ruolo dall’ottobre 2019. Licheri, avvocato di Sassari, è stato per anni sostituto procuratore federale della Figc e componente del pool investigativo di Stefano Palazzi. Intanto il Movimento ha perso altri due parlamentari: alla Camera se ne va Rina De Lorenzo che passa a Leu, dopo aver denunciato nelle scorse settimane di essere finita nella “gogna” di Rousseau con la “scusa” delle mancate restituzioni (che invece sostiene, dati alla mano, di aver fatto) ma in realtà per aver sostenuto le ragioni del No al referendum costituzionale.

Al Senato invece lascia il gruppo pentastellato Tiziana Drago, che lo aveva annunciato da tempo. “Il M5S mi ha scelta per il mio impegno civile nell’Associazione Nazionale Famiglie Numerose, nel Forum delle associazioni familiari e per la mia attenzione rivolta al mondo dell’istruzione e del sociale. Attenzione che purtroppo è stata tradita rispetto alle tante proposte avanzate”, spiega in una nota. Con la sua fuoriuscita i senatori che hanno lasciato il gruppo al Senato arrivano a quota 16, anche se il suo abbandono non dovrebbe influire molto sui numeri, pur risicati, della maggioranza perché ultimamente Drago, come l’altra fuoriuscita Marinella Pacifico, ha evitato di partecipare al voto.

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lunedì 26 ottobre 2020

Covid, la senatrice M5s Susy Matrisciano è positiva: “Ho febbre e dolori forti, sono in isolamento a casa”

La senatrice del MoVimento 5 Stelle Susy Matrisciano è risultata positiva al Covid-19. A dare la notizia è stata lei stessa con un post su Facebook. Ha riferito di aver avuto sintomi lievi e ha detto di essere in isolamento nella sua abitazione. “Questo maledetto virus non ha risparmiato neanche me”, ha scritto. “Ho avuto la febbre e forti dolori in tutto il corpo”. Ha deciso di rendere pubblica l’informazione “per trasparenza e correttezza, anche in ragione del ruolo che rivesto da parlamentare del Movimento 5 stelle e da presidente della commissione Lavoro del Senato“.

Non appena ha accusato i primi sintomi, a scopo preventivo, la senatrice si è messa in isolamento volontario e ha effettuato il tampone. Domenica sera l’esito del test, positivo. “Spero che anche la mia testimonianza possa contribuire a sensibilizzare i cittadini sull’importanza delle misure di prevenzione e precauzione”, scrive nel post. La parlamentare ha rivolto un appello alla massima attenzione, sottolineando come l’aumento dei contagi in tutta Italia debba “indurre a un maggiore senso di responsabilità collettiva, perché la situazione è seria e il virus circola”.

Per questo bisogna proteggersi e proteggere “le persone che amate”. Matrisciano raccomanda ai cittadini di indossare la mascherina, mantenere le distanze, lavare spesso le mani e ridurre le occasioni di incontro a quelle necessarie. “Tutti piccoli ma grandi gesti che possono fare la differenza“, scrive la parlamentare. “Io, intanto, continuo a lavorare in isolamento, perché chi si ferma è perduto. E poi lo devo a quanti hanno creduto e credono in questa straordinaria comunità di cittadini-portavoce, che è il MoVimento 5 Stelle”, ha concluso Matrisciano.

Solo dieci giorni fa, alla Camera si era alzato il livello di preoccupazione per l’elevato numero di positivi (tra cui tre capigruppo). E anche per questo il presidente Roberto Fico ha avviato una discussione interna per permettere il voto a distanza per chi è in quarantena. Inoltre venerdì scorso si è deciso che saranno fatti test rapidi per i deputati prima dell’inizio lavori parlamentari. I test, volontari ma fortemente raccomandati, saranno a disposizione dei deputati il lunedì e martedì e serviranno a fare un punto sullo screening sanitario in particolare su quei deputati che, il lunedì rientrano dai propri collegi a Roma. “Si tratta di una ulteriore opportunità per preservare la piena funzionalità della Camera”, aveva dichiarato il questore M5s Francesco D’Uva. “È molto utile per intercettare rapidamente i positivi e bloccare tempestivamente i contagi. Ci sono provvedimenti importanti da approvare, prima tra tutti la legge di Bilancio. Il Parlamento deve essere operativo”. Al momento misure simili non risultano per Palazzo Madama.

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giovedì 22 ottobre 2020

M5s, Casaleggio su La7: “Io e Grillo ci sentiamo, sono andato a trovarlo e sta benissimo. Limite due mandati? È uno dei nostri valori fondanti”

Io e Beppe Grillo ci sentiamo, proprio in questo weekend sono andato a trovarlo e lui sta benissimo. Ci sentiamo con tutti. I giornali raccontano retroscena che faccio fatica a capire, ma magari sono basati su fatti di cui vengono a conoscenza. Io e Grillo non abbiamo parlato di Stati generali del M5s, ma di tante altre cose”. Così a “Omnibus” (La7) il presidente dell’associazione Rousseau, Davide Casaleggio, si pronuncia sui suoi rapporti personali con Beppe Grillo.

Riguardo alla nascita di una segreteria collegiale nel M5s al posto della figura del capo politico, Casaleggio osserva: “Ogni volta che sento parlare di ‘segreteria’, si evoca una struttura partitica a cui ovviamente sono contrario. Un organo collegiale oggi già esiste: si chiama ‘team del futuro’, ha 200 persone e 18 persone che coordinano le varie aree. E’ stato battezzato all’inizio di quest’anno da Luigi Di Maio, e poi confermato da Vito Crimi. Devo capire in che modo si vuole evolvere questo organo collegiale già esistente. Peraltro il M5s probabilmente è la forza politica con la maggiore collegialità nelle decisioni che oggi porta avanti. Bisogna capire cosa si vuole costruire e qual è la differenza con quello che abbiamo già oggi. Mi dispiacerebbe se si finisse con una sostituzione dell’assemblea degli iscritti“.

Netta l’opinione di Casaleggio sul terzo mandato: “Penso che il tema della partecipazione civica per un tempo limitato sia uno dei valori fondanti del M5s. Ma credo che sia un principio condiviso dalla maggior parte delle persone all’interno del M5s e degli stessi eletti del Movimento. Chi decide tra Rousseau e il capo politico del M5s cosa mettere in votazione online? E’ sempre stato il capo politico o, in alcuni casi, il comitato di garanzia”.

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Casaleggio su La7: “Rousseau e il M5s? Alcuni parlamentari e Crimi hanno chiesto di riconfigurare il rapporto, io sono disponibile”

“Ci sono tanti progetti che Rousseau sta portando avanti per supportare l’azione di iscritti e di eletti del M5s. Ultimamente abbiamo anche lanciato la app per cellulari Rousseau X, che permette ai cittadini di interagire, informarsi, votare per le scelte importanti del M5s”. Sono le parole del presidente di Rousseau, Davide Casaleggio, intervistato in esclusiva nella trasmissione “Omnibus” (La7).

“L’applicazione – spiega – è una delle richieste che da tanto tempo abbiamo avuto da parte degli iscritti che volevano partecipare direttamente dal cellulare. E’ stata portata avanti da Rousseau che si sta finanziando negli ultimi due anni con il contributo di 300 euro da parte dei parlamentari. In realtà, nei 15 anni di vita di questa iniziativa, anche prima dell’associazione Rousseau, noi abbiamo sempre trovato modi di finanziamento che fossero alternativi al finanziamento pubblico”.

Casaleggio, infine, risponde sui rapporti tra M5s e Rousseau e sugli Stati Generali: “E’ vero che ci sono state molte richieste da parte di alcuni parlamentari di riconfigurare questo rapporto. Questa richiesta è arrivata anche dal capo politico Vito Crimi. Io ho sempre dato la mia disponibilità a venire incontro a qualunque esigenza emergesse. Poi mi sembra che in questo momento – conclude – ci sia una volontà di fare questi Stati Generali o di fare questo voto del prossimo capo politico. Penso che questo abbia frenato le attività che erano state messe in piedi. Circa gli Stati Generali, stiamo dando supporto in tutte le cose che ci vengono richieste, per esempio oggi stiamo inviando mail agli iscritti per i vari eventi che sono stati organizzati a livello territoriale”.

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mercoledì 21 ottobre 2020

Coprifuoco in Lombardia, Gori sulla ‘frenata’ di Salvini: “Fontana mantenga la posizione, c’è salute in ballo”. M5s: “Inaccettabile ingerenza”

Matteo Salvini mette il freno ad Attilio Fontana sul coprifuoco in Lombardia e la politica si ribella, dopo che il provvedimento era stato annunciato, chiesto al governo e aveva ottenuto il via libera da parte del ministero della Salute. Ma il leader della Lega è scettico, ritiene la misura “strampalata”, e così martedì sera ha ‘convocato’ il presidente della Regione per farsi spiegare sulla base di cosa la ‘sua’ Lombardia chiuderà tutti i giorni alle 23 per riaprire alle 5. Una “ingerenza” vera e propria per il M5s lombardo. Stesso concetto espresso anche dal sindaco di Bergamo, Giorgio Gori: “Fontana mantenga la posizione – dice – E spero non siano delle scelte di un partito a modificare la decisione”.

Il primo cittadino della città più colpita dal Covid durante la prima ondata – che venerdì durante il summit con scienziati e Regione, come svelato da Il Fatto Quotidiano, era il più favorevole a una serrata dura – riguardo al provvedimento spiega: “Io penso che arriverà per la mattina di oggi, così ci aveva promesso il presidente Fontana. Del resto il Comitato Scientifico della Regione era stato molto chiaro nei giorni scorsi, dicendo che nei prossimi 15 giorni avremo in Lombardia 600 persone in terapia intensiva e 4000 persone ricoverate per Covid che sono numeri confrontabili con la prima parte di marzo quindi la situazione è preoccupante e quindi secondo me serve coraggio in questo momento”.

Poi torna sulla riunione di martedì sera, annunciata dallo stesso Salvini: “Ho letto che il presidente Fontana è stato preso per le orecchie dal segretario della Lega Salvini, il quale si sarebbe arrabbiato per questa decisione della Regione Lombardia che contraddice le sue precedenti posizioni, io spero che Fontana mantenga la posizione che ha condiviso con tutti i sindaci”, puntualizza ai microfoni di Rtl 102.5. “Secondo me è un valore che in questa fase le istituzioni si parlino e condividano le decisioni, e spero non siano delle scelte di un partito a modificarle perché stiamo parlando della salute dei cittadini”.

Durissimo anche il gruppo consiliare M5s del Pirellone: “I cittadini, gli imprenditori e i lavoratori lombardi sono bloccati, in attesa che la Lega finisca di fare i propri comodi. L’ingerenza di Salvini nelle scelte che la Giunta ha preso al termine di un percorso condiviso con opposizioni, sindaci e scienziati sono inaccettabili”, attacca il capogruppo Massimo De Rosa. “Il leader della Lega, a quanto pare, conferma di essere l’unico a non aver ancora capito nulla, della difficile situazione in cui si trova il Paese, in particolare la Lombardia”, aggiunge. Fontana – dice ancora De Rosa – “faccia ciò per cui è stato eletto: governi e rispetti le decisioni prese, per il bene della Lombardia” perché “perdere tempo ora, altro non fa se non acuire i rischi di un nuovo lockdown”.

A prescindere dalla decisione finale, la convocazione di Salvini, come fatto notare anche dall’ex presidente del Consiglio regionale Davide Boni, crea un caso dentro la Lega: “Attendiamo le decisioni del presidente Fontana – conclude il capogruppo M5s in Regione – Certo è che se le richieste di Salvini venissero, giustamente liquidate come un inutile perdita di tempo, il leader della Lega perderebbe ogni credibilità all’interno del proprio partito. Di contro, se ad essere esautorate fossero le scelte del governatore, Fontana risulterebbe essere una marionetta nelle mani di Salvini e alla Lombardia, in questo momento, serve un governatore non un burattino”.

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martedì 20 ottobre 2020

Stati Generali M5s, l’incontro nazionale sarà a distanza. Posticipato al 14 e 15 novembre

L’incontro nazionale che chiuderà gli Stati Generali del Movimento 5 stelle si terrà a distanza. Dopo le voci dei giorni scorsi, ora è arrivata la conferma dal parte del capo politico Vito Crimi con un post sul Blog delle Stelle: “La pandemia che stiamo attraversando richiede assunzione di responsabilità da parte di noi tutti e assoluto rispetto delle norme igienico sanitarie e delle restrizioni. Gli Stati Generali del Movimento 5 Stelle sono un momento di confronto ormai non rinviabile, ma in ottemperanza alle disposizioni assunte del governo, l’incontro nazionale non potrà che essere svolto a distanza“. L’incontro, che inizialmente avrebbe dovuto svolgersi il 7 e l’8 novembre a Roma, è stato quindi posticipato di sette giorni: “Per poter predisporre la modalità telematica che consenta ai tavoli di lavoro di potersi confrontare approfonditamente, la due giorni di chiusura dovrà essere rinviata di una settimana e pertanto si svolgerà nelle date del 14 e 15 novembre“, ha spiegato sempre Crimi.

Tra i primi a commentare la scelta i due capigruppo M5s alla Camera e al Senato. “La scelta di rinviare gli Stati generali di pochi giorni – dice da Montecitorio Davide Crippa – per poterli svolgere, in sicurezza, rispettando le norme disposte dall’esecutivo, attraverso la modalità telematica, è una scelta di buon senso e responsabile”. Poi aggiunge: “In un momento nel quale ai cittadini sono chiesti dei sacrifici e di osservare le regole, ognuno deve fare la sua parte”. “Incontrarci in questo modo non è una novità per una forza politica innovativa come la nostra”, conclude Crippa. Parla di scelta “giusta e responsabile” anche Gianluca Perilli: “Il quadro epidemiologico italiano e lo sforzo che stiamo compiendo per contenere il contagio impongono alcuni sacrifici a tutti, seppure contenuti. Non sarà questo piccolo accorgimento logistico a ridurre l’importanza di questo momento di confronto, analisi e rilancio del M5s. Adesso dedichiamoci all’elaborazione di buone idee e nuove proposte per l’Italia”, spiega il capogruppo M5s al Senato.

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Nasce l’intergruppo parlamentare Mes subito: 40 adesioni da Pd, Iv, Fi e c’è anche Trizzino (M5s). “Ma mi adeguerò a decisioni di Conte”

Dopo la giornata di tensioni nella maggioranza seguita alle dichiarazioni di Giuseppe Conte sul Mes e la promessa di un “tavolo politico” che riguarderà anche il prestito per la sanità, nasce in Parlamento l’intergruppo Camera-Senato “Mes subito”. E tra i 40 parlamentari che hanno aderito finora c’è anche Giorgio Trizzino, medico chirurgo e deputato del Movimento 5 Stelle, che da mesi sostiene la necessità di chiedere quel finanziamento. Trizzino ad Affaritaliani.it spiega: “La mia adesione serve come sprone per ragionare, in particolare sui tempi perché non possiamo aspettare che i fondi arrivino a metà del 2021. Ma mi adeguerò alla linea del presidente del Consiglio. Se riterrà che non è necessario ricorrere a questi fondi certamente seguirò la linea. In caso contrario mi adeguerò alle sue decisioni”.

Mercoledì 21 ottobre si terrà la prima riunione. Il gruppo è nato su iniziativa dei deputati di Italia Viva Camillo D’Alessandro, vice presidente commissione lavoro, e Vito De Filippo, della commissione sanità. Le adesioni arrivano da tutti i gruppi politici presenti in Parlamento, tranne Lega, Fratelli d’Italia e Leu. Per il Pd c’è tra gli altri il vice segretario Andrea Orlando con diversi parlamentari. Tra le adesioni di Italia Viva c’è quella di Matteo Renzi. Per Forza Italia compaiono Renato Brunetta, Daniela Ruffino, Franco Dal Mas. Dal gruppo misto Maurizio Lupi, Riccardo Magi e alcuni fuoriusciti pentastellati. “Nel corso di questi anni il carattere universalistico della sanità italiana si è fortemente indebolito producendo venti modelli sanitari tra loro diversi. La cosa che non convince nella risposta di Conte, a mio avviso, è proprio questa”, dice Orlando. “È difficile rimodulare le distorsioni del sistema sanitario nazionale senza una leva finanziaria. Non basta dire abbiamo fatto un piano. Il Mes è uno strumento pensato per questo e va valutato senza pregiudizi ideologici. Se non si ritiene praticabile questa strada o se ne preferiscono altre bisogna dire quali sono”.

Nella richiesta di adesione, arrivata nelle mail dei deputati e senatori, si legge : “Il riacuirsi del contagio, accompagnato dalla proroga dello stato di emergenza, impongono la necessità di utilizzare tutte le risorse disponibile a favore del sistema sanitario nazionale, a partire dal Mes, senza rinvii. Per tali ragioni ti chiediamo di voler aderire all’intergruppo parlamentare “Mes subito”, nell’ottica della funzione centrale del Parlamento che attivi ogni iniziativa utile per scongiurare il rischio della perdita di fondi irripetibili per la sanità italiana. Lo dobbiamo ai nostri operatori sanitari, lo dobbiamo ai nostri cittadini, lo dobbiamo ai tanti studenti e specializzandi in medicina, lo dobbiamo ai nostri ricercatori”, scrivono i parlamentari.

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Rubato zaino con pc e documenti al senatore Di Nicola. M5s: “Brutto atto d’intimidazione”. Indaga la polizia

Gli hanno rubato lo zaino con un lavoro che viene definito “molto professionale“. È quello che è successo a Primo Di Nicola, esperto giornalista d’inchiesta, eletto al Senato dal Movimento 5 stelle e vicepresidente della Commissione di Vigilanza Rai. A dare notizia di quello che viene considerato come “un brutto, bruttissimo atto di intimidazione” è il M5s. “Con un lavoro molto professionale è stato derubato di uno zaino contenente tra le altre cose molti documenti ai quali stava lavorando e il suo computer”, è quanto si legge in un post sul Blog delle Stelle.

“Questi atti vili e vergognosi – continua il post – qualificano chi li compie. Tutti devono sapere però che questi gesti non piegheranno in alcun modo la nostra azione, non fermeranno in alcun modo il lavoro che sta portando avanti Primo Di Nicola. Tutto ciò che facciamo guarda agli interessi dei cittadini. Le indagini faranno il loro corso. Noi, insieme a Primo, continueremo a lavorare”. Sulla vicenda indaga la polizia. Di Nicola, storica firma del settimanale l’Espresso, ha scritto anche per ilfattoquotidiano.it ed ha diretto il quotidiano Il Centro. Nel 2018 è stato eletto a Palazzo Madama dal Movimento 5 stelle.

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Covid, scontro Toninelli – Borgonovo su La7: “In Lombardia siamo messi male”. “Lei mi fa ridere. Fa il consigliere di Bergamo o il senatore?”

Bagarre a “L’aria che tira” (La7) tra il senatore del M5s Danilo Toninelli e il vicedirettore de La Verità Francesco Borgonovo sulla gestione leghista della pandemia in Lombardia.
Toninelli esprime preoccupazione, elencando le falle della giunta Fontana: “Qui c’è la stessa preoccupazione di marzo, con la differenza che allora tutto era imprevedibile. Oggi, a distanza di tanti mesi, noi cittadini lombardi avremmo voluto una medicina territoriale più forte e invece non c’è. Lo dico senza alcuna vena polemica: il coprifuoco è stato chiesto dalla parte politica che governa la Lombardia perché siamo messi male“.

E aggiunge: “Siamo messi male non solo per il numero di contagi, ma perché ci sono pochi letti di terapia intensiva, nonostante i ventilatori polmonari siano stati inviati, ma non sono stati attivati. Abbiamo solo 46 Usca per le assistenze domiciliari dei malati di covid e dovevano essere 200. Ci sono stati 17.080 decessi, più o meno la metà dei morti in tutta Italia. E la Lombardia non ha metà della popolazione che abbiamo in Italia. La medicina territoriale lombarda non è quella del Veneto. E ricordo che nei mesi scorsi la Regione Lombardia ha assegnato dei premi ai manager sanitari che tornavano a fare ambulatorio. E’ una follia politica“.

Borgonovo stigmatizza l’eccessivo allarmismo del dibattito: “State descrivendo una situazione da guerra batteriologica che invece non c’è. La gente va in giro normalmente, quindi stiamo calmi. Mi fa ridere Toninelli, come se il suo partito non fosse al governo. Ma cosa sta dicendo? Avete scaricato tutto sulle Regioni e sui Comuni. Lei, scusi, cosa fa? Il consigliere comunale a Bergamo o sta nella maggioranza di governo? – continua – Quando c’è la Lombardia di mezzo, siete tutti bravi ad attaccare. Quando invece il segretario del Pd è venuto qui a prendersi il covid e diceva che bisognava tornare in strada, siete stati tutti molto gentili. Quando le cose vanno bene, per voi è merito di Conte; appena le cose si fanno negative, è colpa della Lombardia, della Lega, di Fontana“.

“Si è ribaltato il mondo – ribatte Toninelli – Abbiamo giornalisti, seppure di area di centrodestra, che attaccano i politici, quando si solito il contrario. La sanità, come dice la Costituzione, è di competenza regionale. La Lombardia ha dato 10 miliardi alla sanità privata che non ha fatto quello che doveva fare e che certamente non ha fatto quello che ha realizzato la sanità pubblica, già debolissima per scelte politiche folli. Io da cittadino lombardo dico una cosa: non vedo un ravvedimento, né un ‘mea culpa’ su quello che non è stato fatto“.

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Lombardia, a porte chiuse le sedute della commissione d’inchiesta Covid: Lega, FI e FdI bocciano proposta Pd. I dem: “Hanno paura”

Sedute segrete. Ciò che politici, amministratori, medici e tecnici diranno per comporre quel puzzle che la commissione d’inchiesta Covid in Lombardia ha il compito di consegnare alla cittadinanza resterà nelle 19 paia d’orecchie dei consiglieri regionali. Solo loro sapranno cosa emergerà, di volta in volta, nelle sessioni che si riuniranno ogni lunedì, al Pirellone, da qui ai prossimi 12 mesi. Ai tanti lombardi (e italiani) che chiedevano – e chiedono ancora – di fare chiarezza su come le istituzioni abbiano gestito la pandemia da coronavirus alla fine dello scorso inverno e per tutta la primavera rimarrà soltanto la relazione finale. Relazione che risentirà, necessariamente, dei – tanti o pochi che siano – punti di caduti sui quali, per forza di cose, maggioranza e opposizione si troveranno a trattare.

Ieri la commissione ha infatti bocciato un emendamento del Pd (firmato dai consiglieri Jacopo Scandella e Carmela Rozza), sostenuto dal Movimento 5 stelle, con cui si chiedeva che le sedute fossero pubbliche, con la possibilità di decidere quali secretare. Il centrodestra, però, ha ritenuto la proposta inutile e, così, l’ha affossata. Sul piatto resterebbe la possibilità, da parte dei commissari, di decidere attraverso votazione, in accordo con l’ufficio di presidenza, di aprire in via straordinaria le porte di una specifica seduta. “La sensazione tuttavia è che questo non accadrà mai – commentano dal Partito democratico – la maggioranza, fin dall’inizio, ha avuto paura di dare il via ai lavori. Alla lunga è stata costretta a far partire la commissione, ma la verità è che non vogliono che si faccia i conti con gli errori commessi a livello regionale. Non vogliono che ci sia la piena trasparenza”.

Sul tema, intervistato da IlFattoQuotidiano.it, era intervenuto la scorsa settimana anche il presidente della commissione d’inchiesta, il dem Gian Antonio Girelli: “Ho un ruolo super partes. Spero solo che si trovi punto d’incontro tra le due posizioni”, aveva detto. L’impressione, tuttavia, è che Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia faranno valere il loro peso numerico. “L’emergenza ha messo in luce tutte quelle cose che, in Lombardia, non andavano bene – continuano dal Pd – è evidente che ci sia imbarazzo: la maggioranza è frastornata e la giunta guidata da Attilio Fontana non è mai stata così debole”. “Abbiamo sostenuto la posizione del Partito democratico – dice Gregorio Mammì del Movimento 5 stelle – perché riteniamo che tutto ciò che riguarda gli atti amministrativi possa essere reso pubblico. È chiaro, al contempo, che quando parliamo di audizioni delicate debba essere garantita la riservatezza degli auditi. La nostra proposta è quella di rendere pubblico almeno il dibattito politico”. Nella prossima seduta, quella di lunedì 26 ottobre, la commissione d’inchiesta entrerà nel merito dei lavori e, come primo ambito, affronterà quello delle competenze istituzionali.

Twitter: @albmarzocchi

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lunedì 19 ottobre 2020

M5s, Crimi: “Stati generali sono ‘stop and go’ per andare avanti più uniti e forti di prima”

“Il M5s è un unicum non solo nel panorama politico italiano, ma anche in Europa e nel mondo. È un Movimento che è riuscito a convogliare il percorso movimentista di persone che hanno voluto dare un forte segnale di discontinuità e che sono entrati nelle istituzioni cercando di mantenere quell’anima movimentista”. Queste le parole del capo politico del M5s, Vito Crimi, intervenendo in videocollegamento alla presentazione di una ricerca in Senato sulla ‘Cultura politica del Movimento 5 stelle dopo il coronavirus’. “La più grande sfida che abbiamo davanti – prosegue- è come conciliare l’essere nelle istituzioni con quell’intensa forza di cambiamento che abbiamo all’interno. Questo percorso porta sempre a interrogarsi e a evolversi, a non stare fermi su proprie posizioni nei confronti delle istituzioni e dei cittadini. Il cambiamento in questi anni si è percepito, abbiamo anche un po’ contaminato le altre forze politiche”. Per Crimi “gli Stati generali saranno un momento di riflessione, analisi, verifica, un passaggio di grande maturità”, “uno ‘stop and go’, ma per andare avanti più forti di prima. Conto che da questi stati generali usciamo uniti”.

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Roma, l’astensione del M5s sulle delibere di iniziative popolari è una mossa vigliacca

“La democrazia rappresentativa si sta destrutturando e stanno emergendo nuove forme di partecipazione popolare dal basso in tutto il mondo, anche per la difesa dei servizi pubblici locali. Devono essere i cittadini e le comunità locali a governare le città”, scriveva nel 2013 l’allora consigliera comunale Virginia Raggi nel blog sul sito di Beppe Grillo.

Ma in questi anni di governo romano, che fine ha fatto la democrazia diretta? Che valore ha avuto la sovranità popolare? Infine: quale “modello di democrazia” si andato affermando? Quella dell’uno vale uno?

L’abbiamo pienamente compreso la settimana passata quando, dopo anni di attesa, si sono finalmente discusse nell’Assemblea Capitolina sei delibere di iniziative popolari sottoscritte da un totale di 63.000 cittadini romani e riguardanti temi attuali e caldissimi per la città di Roma: dal superamento dei campi rom alla gestione dei rifiuti, dalla gestione dei beni comuni all’inclusione scolastica di alunni con disabilità. Delibere frutto di un duro lavoro dei proponenti sia in termini di analisi del problema, che di stesura del testo, che di raccolta firme nelle piazze e nelle strade della Capitale.

Calendarizzate finalmente nell’Assemblea Capitolina, ogni consigliere comunale ha avuto in Aula la possibilità di votare a favore, contro o astenersi. L’astensione, in questo caso, ha un valore di forte ambiguità perché, in termini di conteggio, vale come voto negativo pur non esponendo il consigliere ad un voto esplicitamente contrario.

Vediamo gli esiti:

1. Proposta 117/2015: “Piano di intervento ed indirizzi per il superamento progressivo e la chiusura degli insediamenti formali per rom presenti nella città di Roma in attuazione della strategia nazionale d’inclusione di Rom, sinti e camminanti”. Questa delibera era stata presentata nel 2014 anche dal Movimento 5 Stelle romano (con la firma della consigliera comunale Virginia Raggi) che non era però riuscito a raccogliere le firme necessarie.
Firme raccolte nelle piazze: 6.000
Esito del voto in Aula: 12 favorevoli, 4 contrari, 25 astenuti, tutti del Movimento 5 Stelle.
Delibera bocciata.

2. Proposta 93/2018: “Regolamento sulla collaborazione tra cittadini ed amministrazione per la cura, la rigenerazione e la gestione in forma condivisa di beni comuni urbani”. Questa delibera era stata firmata anche dagli allora consiglieri comunali romani del Movimento 5 Stelle, Virginia Raggi compresa.
Firme raccolte nelle piazze: 15.000
Esito del voto in Aula: 20 favorevoli, 29 astenuti, tutti del Movimento 5 Stelle.
Delibera bocciata.

3. Proposta 76/2019: “Progetto di armonizzazione ed integrazione degli interventi (pubblici e privati) insistenti nel perimetro del Piano di assetto per la riqualificazione dell’area della stazione Tiburtina e aree contigue”.
Firme raccolte nelle piazze: 8.000
Esito del voto in Aula: 12 favorevoli, 22 astenuti, tutti del Movimento 5 Stelle.
Delibera bocciata.

4. Proposta 86/2019: “Linee di indirizzo volte ad avviare la riforma strutturale dei servizi per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità”.
Firme raccolte nelle piazze: 12.000
Esito del voto in Aula: 12 favorevoli, 25 astenuti, tutti del Movimento 5 Stelle.
Delibera bocciata.

5. Proposta 100/2019: “Atti di indirizzo per la chiusura del ciclo dei rifiuti a Roma attraverso l’aumento della capacità industriali di Ama spa”.
Firme raccolte nelle piazze: 7.000
Esito del voto in Aula: 8 favorevoli, 25 astenuti, tutti del Movimento 5 Stelle.
Delibera bocciata.

6. Proposta 104/2019: “Norme per la gestione del ciclo di rifiuti urbani di Roma capitale, il conferimento di funzioni di controllo ai Municipi”.
Firme raccolte nelle piazze: 15.000
Esito del voto in Aula: 20 favorevoli, 20 astenuti, tutti del Movimento 5 Stelle.
Delibera bocciata.

Dovevano aprire il Palazzo come una scatoletta di tonno. Ma nella scatoletta ci si sono chiusi loro. E, insieme a loro, la vigliacca astensione di chi, davanti ai cittadini, non ha neanche il coraggio della scelta.

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domenica 18 ottobre 2020

“Se fai approvare questa legge, ti pianto una pallottola in testa”: minacce di morte via social al deputato 5 stelle Chiazzese, che denuncia

“Se fai approvare questa legge del divieto delle automobili dal 2035, ti pianto una pallottola in testa” e poi una valanga di insulti e bestemmie. È il messaggio vocale che ha ricevuto via social Giuseppe Chiazzese, deputato del Movimento 5 stelle dopo aver proposto come ordine del giorno, approvato pochi giorni fa alla Camera, il divieto dal 2035 della commercializzazione di auto benzina e diesel con emissioni al di sopra dei 50 grammi al chilometro di anidride carbonica. Ma Chiazzese non ha lasciato correre e ha sporto denuncia: “Il signor X potrà essere anche uno dei tanti leoni da tastiera, ma non potendo escludere che il soggetto possa realmente arrecarmi dei danni e volendo cautelare al massimo la mia famiglia, non posso esimermi dal presentare denuncia alla polizia giudiziaria dopo aver ricevuto tanto di messaggio vocale. In questi mesi ho ricevuto diverse volte pesanti offese, ma essere minacciato di morte tra bestemmie e insulti per l’approvazione di un ordine del giorno alla Camera non posso tollerarlo. Mi auguro che denunciare questi episodi possa anche servire ad evitare che si ripetano e che i social vengano usati da persone che usano toni e termini consoni ad un confronto civile”, scrive con un post su Facebook.

“Se fai approvare questa legge del divieto delle automobili dal 2035, ti pianto una pallottola in testa” e poi una…

Gepostet von Giuseppe Chiazzese am Samstag, 17. Oktober 2020

Da parte del Movimento 5 stelle un messaggio di solidarietà al collega, che le deputate e i deputati hanno riportato durante la commissione Attività Produttive: “È intollerabile che si arrivi a minacce e parole di una violenza inaudita perché in dissenso con un’iniziativa politica. Bene ha fatto Giuseppe Chiazzese a denunciare l’accaduto all’autorità giudiziaria: dev’essere chiaro che anche sui social il dissenso deve mantenersi sempre nell’alveo del confronto civile e chi trascende dev’essere sanzionato adeguatamente”. Mentre su Facebook, il deputato M5s Davide Crippa scrive: “Tutta la mia vicinanza e solidarietà al collega Giuseppe Chiazzese per le gravi e vergognose minacce subite. Tutto il Movimento è al suo fianco e sappiamo che non si lascerà intimidire, proseguendo il suo lavoro nell’esclusivo interesse della collettività”.

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venerdì 16 ottobre 2020

Di Maio ad Accordi&Disaccordi: “La cassa passi da Rousseau al M5s. Di Battista? Contento sia tornato, ma attacchi fanno male”

“Agli attivisti e ai territori non arriva un euro. La cassa deve gestirla il Movimento, dando una parte delle risorse alle piattaforme informatiche e l’altra ai territori“. Dopo il terremoto ai vertici del Movimento 5 stelle avvenuto nelle scorse settimane, il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, entra a gamba tesa nel dibattito interno ai pentastellati su chi debba controllare le risorse e la piattaforma Rousseau. Lo fa a sorpresa durante la registrazione di Accordi&Disaccordi, il talk condotto da Andrea Scanzi e Luca Sommi in onda alle 22.45 sul canale Nove (Discovery), ribadendo la necessità che Davide Casaleggio ceda la gestione dei fondi una volta per tutte.

Una posizione ben lontana da quella di Alessandro Di Battista, secondo cui Rousseau “va rafforzata per continuare a diffondere ed esercitare la democrazia diretta e permettere agli iscritti di esercitare la giusta pressione sui portavoce”. Di Maio in realtà si è detto “contento” del fatto che “Alessandro sia tornato a esprimere questo dinamismo”. Poi ammette: “Gli attacchi al Movimento mi fanno male“, anche se “i rapporti personali non devono essere toccati da quelli politici”. L’ex capo politico M5s cerca quindi di mediare tra le diverse anime del Movimento, senza gettare ulteriore benzina sul fuoco. Fa lo stesso anche con il figlio del fondatore, nonostante le loro opinioni siano ormai molto distanti: “Io di Davide Casaleggio continuo a fidarmi: è una persona su cui metto la mano sul fuoco. L’impianto di democrazia diretta resta essenziale“.

Nel corso dell’intervista con Sommi e Scanzi, il capo della Farnesina dedica un pensiero anche alla sindaca di Roma, in vista delle elezioni del 2021. “Virginia Raggi ha il pieno sostegno del Movimento, ma al momento abbiamo bisogno di un grande confronto sui temi, non sulle persone. Le convergenze si costruiscono sui temi”, ha sottolineato, non escludendo l’ipotesi che anche sulla Capitale si riesca a trovare un’intesa con il Pd. Un punto su cui però avverte: “Non ho mai parlato di alleanza strutturale, ma neanche Nicola Zingaretti lo ha fatto”. Lo dimostra il fatto che in Parlamento “nessuno sta lavorando a una legge elettorale per le alleanze organiche, tutt’altro, stiamo lavorando a una legge proporzionale. Questo vuol dire che noi fondiamo il nostro operato sui programmi. È chiaro che da Salvini il Movimento non tornerà mai: è una questione di fiducia”.

Il ministro degli Esteri passa poi a commentare gli ultimi dati sui nuovi contagi, sopra quota 10mila nelle ultime 24 ore. “Dopo questa soglia drammatica dei 10mila contagi tutti quanti devono realizzare la delicatezza del momento in cui è l’Italia: serve unità nazionale, che non vale solo per la coalizione di governo, vale anche in Parlamento con le opposizioni“. A suo parere, infatti, “abbiamo reagito con prontezza a marzo, quando eravamo il primo Paese dell’Occidente a entrare nella pandemia. Oggi abbiamo le conoscenze, l’esperienza e gli strumenti per reagire con ancora più prontezza”. L’obiettivo è quello di evitare un altro lockdown: “Sono dell’idea che vadano anticipate delle mosse perché dobbiamo scongiurare il lockdown generalizzato“, spiega. “Le attività da lasciare aperte sono le scuole e l’impianto produttivo”. Gli italiani, conclude, devono capire che serve un ultimo sforzo. “La verità è che questo potrebbe essere l’ultimo miglio: per fine anno arriveranno in Italia le prime dosi del vaccino. Da gennaio inizieremo le vaccinazioni”, annuncia. “Abbiamo firmato un accordo con diversi Paesi europei per 250 milioni di dosi. Potremo cominciare a respirare e sarà un segnale di fiducia anche per i mercati mondiali”.

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Di Nicola (M5s): “Nel giornalismo c’è emergenza democratica, editori impuri non interessati al prodotto. Menefreghismo dal Parlamento”

“Nel sistema dell’informazione c’è un’emergenza democratica: la quasi totalità degli editori dei giornali e tv italiane sono in mano ad imprenditori che non sono interessati ai prodotti editoriali e i giornali sono spesso una semplice articolazione di condizionamento politico e spesso di ricatto politico. Perché, come disse una volta uno di loro, in Italia se non ti fai un giornale non puoi fare l’imprenditore”. Così il senatore del Movimento 5 stelle Primo Di Nicola, vicepresidente della Commissione di Vigilanza Rai, durante una conferenza stampa a sostegno dei giornalisti del Gruppo editoriale Riffeser (Qn, Quotidiano.net, Resto del Carlino, Nazione e il Giorno). I cronisti hanno lanciato un appello per rimettere mano alla legge 416, che disciplina il ricorso ai finanziamenti pubblici per il risanamento delle imprese editoriali, supportato sia dal senatore M5s che dal deputato di Leu, Stefano Fassina, che ha sottolineato: “Non è possibile che lo Stato e le Regioni elargiscano aiuti molto consistenti, senza pretendere dagli editori piani vincolanti di rilancio per il quale hanno ottenuto i finanziamenti”.

“Se uno fa l’editore in modo accessorio, mentre fa guadagni con altre attività, è chiaro che non è interessato al prodotto giornalistico. E con gli schiavi in redazione è del tutto evidente che i piani di rilancio non arrivano”, ha aggiunto Di Nicola, che ha affrontato anche il problema della “schiavitù” tra i collaboratori dei quotidiani che spesso devono realizzare “anche 5 articoli al giorno per arrivare a 20 euro”. E sulla sua proposta contro le liti temerarie ha aggiunto: “Vi racconto anche qui del menefreghismo e della trascuratezza con cui la classe politica, e anche questo Parlamento, continua a seguire i problemi del giornalismo…appena arrivato ho proposto il provvedimento. Era stato calendarizzato il 16 gennaio scorso e misteriosamente – ma nemmeno troppo – scalendarizzato. E oggi, dopo aver perso dieci mesi, è stato ricalendarizzato ma con alcuni condizionamenti. Anche questo è un problema di libertà di stampa”.

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giovedì 15 ottobre 2020

“Non aggredì i deputati del Movimento 5 stelle”: assolto l’ex parlamentare Dambruoso

Stefano Dambruoso non aggredì Loredana Lupo in Parlamento. Lo ha deciso il giudice del Tribunale di Roma che giudicato non colpevole l’ex parlamentare di Scelta civica e questore anziano della Camera, accusato di aggressione ai danni dell’allora deputata dei 5 stelle. Dambruoso venne denunciato dal Movimento 5 Stelle con l’accusa di aver dato una gomitata in pieno volto a Lupo a Montecitorio. Sei anni dopo è stato assolto.

I fatti risalgono al 29-30 gennaio del 2014: la bagarre che scoppiò nelle commissioni, all’indomani del voto sul decreto Imu-Bankitalia. A originare il caos fu la protesta dei deputati grillini a causa dell’interruzione del dibattito – la “ghigliottina“, come fu chiamata – deciso dall’allora presidente della Camera Laura Boldrini di fronte al persistere dell’ostruzionismo. Così, mentre i parlamentari 5 stelle si riversavano sui banchi del governo, Dambruoso colpiù con il gomito in pieno volto alla deputata M5s, Loredana Lupo. Per questo motivo, insieme a tanti altri deputati, fu sanzionato con 15 giorni di sospensione dagli incarichi, il massimo della pena, registrando anche il record (non invidiabile) di primo questore della Camera sottoposto a sanzioni.

Nel 2014, subito dopo la rissa, il vice capogruppo del M5s, Giuseppe Brescia, dichiarò: “Abbiamo chiesto le dimissioni e lo denunceremo”. Mentre Dambruoso si difese: “Escludo assolutamente lo schiaffo” ma, ammise “c’è stato un contatto fisico per bloccare un’aggressione alla presidente Boldrini”. “Ho visto tre persone avventarsi verso di lei e ho cercato di dare una mano, ho fatto opera di blocco ma non c’è stato nessuno schiaffo. Solo un contatto fisico”. Secondo l’allora questore il loro “diritto politico a protestare è sconfinato in una forte violenza e c’è stato in aula molto più che solo spintoni. Sono stato letteralmente aggredito. Hanno cercato di raggiungere la Boldrini e per evitare ciò, con gli assistenti, sono state bloccate, con la sola nostra presenza fisica, più persone”. Oggi a dare ragione all’ex parlamentare è stato anche il Tribunale di Roma. Subito dopo la sentenza l’ex questore ha scritto in un comunicato per dare notizia della sua assoluzione.

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sabato 10 ottobre 2020

Ddl Zan, Milano in piazza contro l’omotransfobia: “Basta scuse”. Il deputato dem: “Salvini e Meloni ritirino le pregiudiziali di costituzionalità”

“Non ci sono più scuse, o sei a favore della legge contro l’omotransfobia o sei complice”. È questo il grido delle centinaia di persone che questo pomeriggio sono scese in piazza della Scala a Milano per chiedere l’approvazione rapida del Ddl Zan. Un provvedimento atteso da oltre venticinque anni e che dovrebbe sbarcare in aula il 20 ottobre e che dovrà affrontare i tentativi di ostruzionismo delle opposizioni: “L’appello a Salvini e alla Meloni è che ritirino le pregiudiziali di costituzionalità – spiega il deputato Dem Alessandro Zan, relatore della proposta – perché usando queste pregiudiziali vogliono affossare la legge continuando a discriminare”.

Ma gli ostacoli sembrano arrivare anche da alcuni pezzi di maggioranza come spiega la senatrice M5S Alessandra Maiorino: “È spiacevole constatare che talvolta pezzi di maggioranza hanno richiesto rassicurazioni in merito alla libertà di parola”. Un’accusa che viene respinta al mittente dalla piazza di Milano: “Vergogna, quale libertà state tutelando – attacca dal palco la vice presidente della regione Emilia-Romagna Elly Schlein – non si chiama libertà ma discriminazione”.

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venerdì 9 ottobre 2020

Ho votato M5s per il suo ambientalismo, ma ora quei temi sono finiti in quarta fila

di Lucia Borroni

Credo che molti, come me, avessero deciso di dare fiducia e voto ai 5S perché si vedeva in loro l’unico partito ambientalista italiano. Vabbè, in Germania avranno i Grüne, ma noi ci difendiamo, si pensava. Sono piccoli, ma cresceranno.

E’ invece seguita una lunga serie di scelte discutibili, leader e ministri imbarazzanti, e pian pianino la componente ambientalista pare uscita dall’orizzonte del Movimento. Certo, Sergio Costa è uno dei migliori ministri dell’Ambiente che io ricordi, ma le tematiche ambientali sono state da tempo relegate in terza/quarta fila. Al loro posto, sotto i riflettori, ecco gli affannosi inseguimenti di ideologie di altri (la sicurezza!) o veri e propri momenti di isterismo (parlateci di Bibbiano!).

Senza contare i continui tentennamenti politici, inspiegabili per l’elettore medio: mi alleo a Roma ma non in Puglia però a Genova sì. C’è da stupirsi che il tracollo non sia stato ancora più rovinoso.

E poi sono arrivati gli orsi. Gli orsi trentini, che il governatore di quella Provincia autonoma vuole abbattere o imprigionare in spazi ridottissimi, che è forse peggio. E un numero sempre crescente di italiani si è sentito chiamato in causa, si è scoperto coinvolto ad un livello emotivo inaspettato. L’onda d’urto sui social è diventata sempre più possente, straborda dalla rete, molte associazioni ambientaliste presentano denunce e così fanno anche alcuni politici locali.

Due donne, nello spirito più puro della non violenza, hanno iniziato un digiuno che intendono concludere quando gli orsi imprigionati in quel di Trento saranno restituiti alle loro montagne. Il ministro Costa manda un’ispezione dei Carabinieri del Cites, e questi accertano le condizioni di maltrattamento degli orsi. Sui social fervono discussioni, l’indignazione trabocca ma diventa anche sempre più informata e consapevole.

Agli italiani gli orsi interessano. Ci interessa la natura selvaggia e amiamo gli animali, ci sta a cuore il paesaggio difeso dalla Costituzione, non vogliamo che si faccia scempio degli alberi delle nostre città, ci preoccupa tutta la plastica che stiamo producendo e buttando. Noi italiani, molti di noi, siamo ambientalisti. Ma chi raccoglie il nostro voto? C’è qualche speranza che i 5S tornino a proporsi a chi ambisce ad un’Italia più pulita e più verde?

Il blog Sostenitore ospita i post scritti dai lettori che hanno deciso di contribuire alla crescita de ilfattoquotidiano.it, sottoscrivendo l’abbonamento Sostenitore e diventando membri del Fatto social club. Tra i post inviati Peter Gomez e la redazione selezioneranno quelli ritenuti più interessanti. Questo blog nasce da un’idea dei lettori, continuate a renderlo il vostro spazio. Se vuoi partecipare sottoscrivi un abbonamento volontario. Potrai così anche seguire in diretta streaming la riunione di redazione, mandandoci in tempo reale suggerimenti, notizie e idee, sceglierai le inchieste che verranno realizzate dai nostri giornalisti e avrai accesso all’intero archivio cartaceo.

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giovedì 8 ottobre 2020

M5S, gli Stati generali sono l’ultima occasione per evitare una scissione rovinosa per tutti

Il M5S ha celebrato nel modo peggiore e più avvilente per iscritti, sostenitori e “semplici” elettori il suo undicesimo compleanno. L’immagine che il Movimento ha dato di sé in questa manciata di giorni che va dall’election day all’anniversario del 4 ottobre non solo è stata la negazione assoluta dell’obiettivo “percorso di successo” conseguito oltre ogni aspettativa e previsione, la definizione è di Mario Sechi un improbabile grillino, ma la materializzazione di un irrefrenabile cupio dissolvi forse già oltre il punto di non ritorno.

In tutta la polemica in atto, non da ieri, tra movimentisti e governativi il garante si è limitato ad intervenire indirettamente con un messaggio altamente evocativo e più eloquente di quanto potrebbe apparentemente sembrare. Anzi ha fatto parlare due protagonisti, testimoni ed interpreti autentici del pensiero politico-filosofico da cui è nato il M5S: Gianroberto Casaleggio e Dario Fo coautori del libro Il Grillo canta sempre al tramonto. E ha riportato testualmente le parole di Casaleggio Senior: Noi abbiamo scelto appositamente San Francesco per la creazione del movimento. Politica senza soldi. Rispetto degli animali e dell’ambiente. Siamo i pazzi della democrazia, forse molti non ci capiscono proprio per questo e continuano a chiedersi chi c’è dietro.

Dal 2013 anno, anno di pubblicazione di quel dialogo a tre voci fra sensibilità diversissime ma animate dalla comune determinazione di cambiare dalle fondamenta le regole della politica per trasformarla da arte del potere a sistema di partecipazione attiva e consapevole di cittadinanza sono passati molti anni ma soprattutto proprio grazie a quei “pazzi della democrazia” si sono realizzati obiettivi impensabili e insperati.

Il M5S dopo il successo elettorale nel 2018, nonostante il “Rosatellum” concepito per sfavorirlo, si è trovato ad essere il primo partito ma senza i numeri per governare da solo e conseguentemente ha dovuto assumere responsabilità di governo prima con la Lega sulla base di un contratto poi con il Pd in forza di un’alleanza su singoli punti: un passaggio con inevitabili ripercussioni in termini di coesione interna e di “riassestamento” con gli elettori.

L’esplosione della conflittualità interna palese da troppo tempo e lasciata dilagare nonostante i richiami formali di tanti big contro i giochi di Palazzo e le spinte scissioniste, con l’invito mai concretizzato a “parlarsi” lanciato dalle pagine del Fatto anche da Paola Taverna lo scorso 31 luglio, ha toccato in questi giorni un apice senza precedenti e non lascia al momento intravvedere facili margini di ricomposizione. Il duello a distanza tra il Collegio dei garanti e un discreto numero di parlamentari da una parte e l’associazione Rousseau dall’altra rende perfettamente la natura e l’entità dello scontro.

I primi hanno liquidato come “non autorizzato” l’intervento sul Blog delle Stelle di Davide Casaleggio in quanto “privo di ruoli”. Una grave censura riguardo “la titolarità” da cui trapela l’insofferenza di una parte degli eletti per il richiamo fatto non a caso nella ricorrenza del 4 ottobre dal figlio del cofondatore alle istanze originali del Movimento e per la la condanna del partitismo non solo come struttura ma come forma mentis. Tanto più che Davide Casaleggio ha precisato che qualora la trasformazione in partito fosse formalizzata verrebbe meno il supporto della piattaforma Rousseau. E nella replica ufficiale dell’associazione si ricorda che secondo le regole il Blog delle Stelle è il blog ufficiale del M5S quanto di Rousseau pertanto il presidente dell’associazione non deve chiedere autorizzazioni a nessuno per esprimere il suo pensiero sul Blog.

Nelle ultime ore il reggente Vito Crimi ha dato ufficialmente il via agli Stati generali attesi ed annunciati da tempo che si svolgeranno in un clima quanto meno incandescente, ma stando alle sue rassicurazioni sembra almeno scongiurato il rischio di battaglie giudiziarie sull’uso del simbolo che portano ad esiti già scritti, basti pensare a quanto avvenne, pur con tutti i distinguo del caso, per l’Idv di Di Pietro.

Nell’intervista al Fatto Crimi ha anche cercato di ridimensionare la portata della censura nei confronti di Davide Casaleggio derubricando l’accusa di intervento “non autorizzato” a “precisazione che quell’intervento era stato fatto come presidente dell’associazione Rousseau”. Ma soprattutto ha garantito che “a decidere contenuto e direzione degli Stati Generali non saranno le figure apicali del M5S ma un processo partecipativo dal basso” e che il documento votato dall’ assemblea del 7 e 8 novembre, “non deliberante”, verrà sottoposto poco dopo al giudizio degli iscritti sulla piattaforma Rousseau. E dunque anche sulla scelta tra un capo politico o un organo collegiale, che dovrà comunque prevedere un primus inter pares, l’ultima parola sarà degli iscritti.

Se al momento il percorso delineato dal reggente scongiura un immediato strappo insanabile e garantisce la condizione fondamentale dell’ultima parola agli iscritti, è chiaro che le cause della lacerazione in atto rimangono sul tappeto e dovrebbe essere chiaro a tutti nella frammentata galassia Cinque Stelle che a questo punto una scissione non sarebbe indolore per nessuno. Non solo per intendersi per i puristi o gli “oltranzisti”, a secondo dei punti di vista, che sbatterebbero la porta.

I governativi che rivendicano la bontà dell’alleanza con il Pd ed i risultati incassati, per esempio l’adozione in commissione del testo base di una legge sul conflitto di interessi (ancora lontana dall’essere approvata) dovrebbero essere più cauti nell’evocare uno strappo liberatorio da Casaleggio perché “le nostre esigenze sono cambiate” come ha dichiarato Francesco Silvestri deputato M5S al primo mandato.

E soprattutto gli eletti non dovrebbero dare, come avviene già da troppo tempo, l’impressione di crescente insofferenza verso il voto degli iscritti. Pretendere la “obbligatorietà” di alleanze strutturali, sentire sempre più come limite da cui liberarsi il giudizio finale degli iscritti, fare ironia sulla piattaforma perché viene hackerata, essere allergici alle restituzioni a cui si erano impegnati è obiettivamente venir meno alle ragioni per cui il M5S è nato e ha tuttora ragione di esistere.

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martedì 6 ottobre 2020

“Su conflitto di interessi e lobby Pd diverso dalla Lega. Patto coi dem? Chance per loro e un mezzo per noi: senza alleanze quante leggi M5s ci sarebbero ora?”

“L’alleanza col Pd è un mezzo per portare a casa i nostri dossier”. Mentre “quando eravamo all’opposizione non è mai passato niente del Movimento 5 stelle“. Francesco Silvestri è deputato M5s al primo mandato, attivista storico di Roma, ex capogruppo e primo firmatario della legge sul lobbismo che a novembre arriverà per la prima volta in Aula dopo 30 anni. Ieri era in commissione Affari costituzionali quando è stato adottato il testo base per la legge da sempre considerata “impossibile” da approvare: quella sul conflitto di interessi. E’ successo grazie all‘asse con Pd e Leu (Italia viva si è astenuta) ed è successo in uno dei momenti più caotici e difficili per il M5s. “Non vedo ostacoli che impediscano a conflitto di interessi e ddl lobby di vedere la luce in questa legislatura”, dice a ilfattoquotidiano.it. Ma non si poteva fare prima con la Lega? “Non ha la stessa sensibilità del Pd su questi temi”. 48 ore dopo i ballottaggi e le vittorie dei candidati giallorossi in cinque Comuni, con il Movimento diviso tra Luigi Di Maio che invoca “il modello coalizione” e Alessandro Di Battista che lo definisce “la morte nera“, Silvestri parla dell’alleanza come un “mezzo per il M5s” e una “chance per il Pd”: “Se il 33% lo avessimo parcheggiato all’opposizione, oggi quante leggi avremmo fatto?”, dice. Agli Stati generali certo si discuterà del “senso dell’alleanza” (e non esclude un tavolo con i dem per Roma). Ma anche dei rapporti sempre più tesi con Davide Casaleggio: “Sono cambiate le nostre esigenze”. E se ne dovrà tenerne conto. Anche a costo di uno strappo? “Se le differenze restano insormontabili, quella è la soluzione”.

Perché dovremmo credere che questa volta sul conflitto di interessi si fa sul serio?
Il nostro obiettivo non è far perdere tempo alla prima commissione, ma portare avanti uno dei tanti dossier da sempre, volutamente, non affrontato dalla politica. E vogliamo farlo con la stessa forza del reddito di cittadinanza, dell’anticorruzione e del taglio dei parlamentari.

Fondamentale sarà la tenuta dell’asse col Pd.
Il Pd ha un’occasione perché vicino non ha più Alfano, ma il Movimento 5 stelle. Se lo vorrà, come credo, il conflitto di interessi vedrà la luce. L’Europa ha detto che il percorso fatto è buono: sia con anticorruzione che con il whistleblowing, due riforme M5s. Mancano le leggi su conflitto di interessi e lobby per avere un quadro ottimale. Sono due riforme slegate nei contenuti, ma fondamentali con i 209 miliardi (del Recovery fund ndr) in arrivo.

La legge sul conflitto di interessi era nel contratto di governo gialloverde: non fece un passo.
C’è una differenza di sensibilità importante fra la Lega e il Partito democratico sui due temi. Per questo non vedo nessun ostacolo che impedisca alla legge sul conflitto di interessi e a quella sulle lobby di vedere la luce in questa legislatura. Vedremo il percorso nel merito in commissione e in Aula, ma se la maggioranza non le porterà a termine, sarà solo colpa della maggioranza. E se ne dovrà assumere la responsabilità.

Ce lo può dire: differenze di sensibilità significa che la Lega non voleva quella legge?
Sì possiamo dirlo. Appartenendo culturalmente a una coalizione per la quale le leggi sul conflitto di interessi e le lobby sono i nemici principali, di certo non era particolarmente sensibile al tema. E’ stato difficilissimo proprio il lavoro di interlocuzione su questi argomenti, anche se erano nel contratto di governo.

Italia viva si è astenuta. Farà guerra al governo anche su questo fronte?
Italia viva rimane sempre border line in queste situazioni. Prima vogliono vedere le modifiche che saranno fatte al testo, ma non c’è un diniego ideologico. E’ un’occasione anche per loro.

Dialogo, intese: ci sta dicendo che siete pronti per parlare di accordi strutturali? Per Di Maio alle amministrative ha vinto il “modello coalizione”.
Se l’alleanza è il mezzo e non il fine, quello che dice Luigi ha assolutamente senso. Votare il M5s oggi, vuol dire consegnare a una forza libera, giovane, i dossier che la politica non ha mai affrontato. Vale nelle città come al governo. Il punto è: se il 33 per cento lo avessimo parcheggiato all’opposizione, quante leggi avremmo fatto? E’ la domanda da farsi. Tu vuoi dire alle persone che cambierai la loro vita o lo vuoi fare? Vuoi urlare che la giustizia, l’ambiente e le politiche abitative possono essere migliori o vuoi farlo?

Di Battista però ha detto che l’alleanza con il Pd è “la morte nera”.
Stabilire a tavolino che un’alleanza è la morte, per me è un segno di debolezza. Stai dicendo prima che sei incapace di far passare i tuoi temi. Ora stiamo lavorando su tante cose importanti: la pandemia, il conflitto di interessi, la riforma fiscale. Non sono temi da morte nera e se riuscirai ad ottenere risultati, le persone te lo riconosceranno. Altrimenti significa che sarai stato schiacciato da un’alleanza e avrà avuto ragione lui.

Ha detto anche che chi parla di alleanze sta pensando alla sua poltrona.
E’ il suo punto di vista. Io lavoro 24 ore al giorno dal lunedì alla domenica e non per la poltrona.

E pure che si sente solo nelle battaglie, mentre il M5s “va da un’altra parte”.
Se si sente solo, in mezzo a noi è il benvenuto. Di Battista è un valore importante. E’ stato un parlamentare, sa come funziona qui dentro: lo sa da persona che ha vissuto all’opposizione e sa benissimo che all’opposizione non è mai passato nulla del Movimento 5 stelle.

Dall’opposizione al governo il Movimento è cambiato molto?
Fortunatamente. Lo abbiamo chiesto per 5 anni di avere una prova di governo.Di Battista insieme a Di Maio ha detto in tanti salotti televisivi che se non fossimo arrivati al 40% avremmo messo sul tavolo i temi e li avremmo portati avanti con chi c’era. Sicuramente è un sistema più complesso, ma dà tante soddisfazioni fare una legge come il reddito di cittadinanza e poi andare sui territori e incontrare chi l’ha ricevuto. C’è un gusto migliore rispetto al dirlo per 5 anni.

Nel M5s c’è chi teme che il Pd vi “cannibalizzi”. E che l’alleanza vi condanni a sparire.
Non dipende dall’alleanza, ma dalla forza con cui tu sai imprimere la tua identità e la sai trasmettere. Probabilmente se al 33% ci fossimo chiusi nuovamente, avremmo avuto gli stessi risultati. Siamo cresciuti perché siamo riusciti a interpretare un malessere delle persone e lo abbiamo portato nelle stanze del potere. Oggi l’alleanza può essere il mezzo per affermare la nostra identità in modo ancora più forte, perché riusciamo a portare a casa dossier mai portati a termine. E questo è la cosa più identitaria del mondo.

E i rapporti col Pd come sono?
C’è un buon clima. Si riesce a lavorare. Per me il Pd è un finto problema. Quello che le persone recepiscono del M5s, dipende dal M5s.

Però in molti casi, nelle coalizioni, non siete più la forte trainante.
Dobbiamo dare dei messaggi meno contrastanti sul tema della coalizione. Agli Stati Generali si discuterà anche il senso di un’alleanza. E una volta finiti avremo una linea chiara.

Ecco, gli Stati generali. E’ stato un lento logoramento, perché non convocarli prima?
C’è stata una pandemia di mezzo. Per me gli Stati generali si fanno, non si raccontano. Il modo più leale di affrontarli è dare risposte a prescindere da quali saranno. E usare meno la stampa per parlare fra di noi.

E’ il primo congresso del Movimento 5 stelle?
E’ il primo momento di riorganizzazione dopo 10 anni. Delle cose cambieranno sicuramente.

Si parlerà di coalizioni. Si parlerà anche di Roma e del dialogo col Pd?
Assolutamente. Noi siamo profondamente convinti che il Movimento 5 stelle e Virginia Raggi abbiano lavorato bene in condizioni tremende, sia mediatiche che organizzative. Abbiamo tenuto la schiena dritta.

Ma la candidatura della Raggi è intoccabile?
E’ una discussione prematura. Personalmente penso che possa fare bene anche al secondo mandato. Anticipare troppo i ragionamenti su Roma fa solo male al dialogo che poi le due forze avranno sicuramente.

A proposito di discussioni premature. Il viceministro Cancelleri ha parlato di accordi con una lista Conte per le prossime elezioni. E’ quello il piano?
L’unico che può dare una risposta è Conte, si parla del suo nome e della sua credibilità. Tirarlo per la giacchetta ora è, anche qui, un po’ prematuro. Dovrebbe essere lui a fare dei passi se li vorrà fare, posto che la sua attenzione ora è su come investire 209 miliardi.

Per il Movimento sono giorni difficili: uno scontro così forte con Davide Casaleggio sarebbe stato impensabile qualche anno fa.
Mentirei se negassi il nervosismo che c’è tra le due parti. E’ evidente. Dopo 10 anni sono cambiate le esigenze: Rousseau ha delle esigenze, i 5 stelle ne hanno delle altre. Se si riuscirà a farle collimare credo si possa e si debba andare avanti, altrimenti ognuno farà le sue scelte.

La piattaforma deve essere gestita dal Movimento?
Le funzioni che servono al Movimento deve deciderle il Movimento. Ovviamente anche ascoltando il punto di vista delle persone che sono all’interno di Rousseau, che sono esperte. Ma le funzioni che servono alla democrazia del Movimento, allo sviluppo e alla sua organizzazione sicuramente devono essere in capo al Movimento 5 stelle.

E questo anche a costo che le strade di Casaleggio e del Movimento si dividano?
Mi auguro di no. Ma non posso farci nulla. Posto che non me lo auguro, se le differenze diventano insormontabili quella sarà la soluzione.

Casaleggio ha minacciato di togliere il supporto al M5s se diventa un partito. Lo è già?
Quello che differenzia il M5s da un partito, non è la parola, ma avere le mani libere per tenere la schiena dritta su temi come il conflitto di interessi. Il dibattito deve essere sui temi e su quanto il Movimento è disposto a battersi. Sento dire che l’organizzazione fa diventare un movimento un partito. L’organizzazione serve a organizzarsi, niente di più.

C’è un altra regola che vi differenzia dagli altri partiti: il limite dei due mandati.
Credo che sia una regola molto importante e che vada mantenuta. Ovviamente impone un ricambio continuo di persone di spessore e l’organizzazione sui territori è fondamentale. I due mandati sono giusti, ma il M5s si deve impegnare a valorizzare di più i suoi enti locali per fare sì che il ricambio sia di qualità.

Ma tra i parlamentari ce ne sono molti che vogliono il terzo mandato?
Meno male, stessimo in un movimento con un pensiero unico mi preoccuperei. Poi sono le motivazioni che fanno decidere gli iscritti. Che sono l’unico organo che può sciogliere veramente i nodi.

Dagli Stati generali uscirà un capo o tanti?
Io sono per la leadership collegiale. La leadership monocratica ha messo in difficoltà persone come Di Maio e Crimi: il lavoro è enorme. Più un’organizzazione è strutturata e più riesci a farla funzionare. Il Movimento è troppo grande per essere governato da un organo monocratico.

Di quante persone parliamo?
Le figure non vanno create prima del ragionamento su quali incarichi serviranno. Prima l’organizzazione, poi i ruoli.

Tornerà anche Di Maio?
Sono scelte personali. Che sia Di Battista, Di Maio, o qualsiasi altra persona. Ci sarà un percorso che partirà dalle assemblee provinciali. Non dobbiamo essere autoreferenziali, dobbiamo ascoltare cosa i territori hanno da dire.

Finalmente vi siete ricordati dei territori?
Io vivo questa difficoltà. Però una forza che è cresciuta così velocemente, che è stata chiamata a gestire crolli di ponti, riforme strutturali del paese, pandemie, qualche strascico organizzativo dietro se lo porta. Gli Stati generali servono anche a questo.

E’ una fase così cruciale per voi e Beppe Grillo tace. Non vi manca?
Beppe entra nei momenti che lui reputa. Le sue tempistiche da artista e politico le ha deciso sempre lui, non c’è riuscito Gianroberto Casaleggio a educarlo (ride ndr), non ci riuscirà il M5s.

Grillo e Casaleggio sono invitati agli Stati generali?
Non credo che ci sia una persona che non sia invitata a questi livelli. Chiunque ha qualcosa di intelligente da dire è invitato. Beppe ha sempre avuto parole di enorme innovazione per il Movimento.

L'articolo “Su conflitto di interessi e lobby Pd diverso dalla Lega. Patto coi dem? Chance per loro e un mezzo per noi: senza alleanze quante leggi M5s ci sarebbero ora?” proviene da Il Fatto Quotidiano.



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Conflitto d’interessi, primo ok al testo base di M5s e Pd. I renziani non votano. Dagli imprenditori alle toghe in politica: cosa c’è nella legge

Primo passo per una nuova legge sul conflitto d’interessi ma sulla strada della maggioranza spunta subito un ostacolo: Italia viva. La commissione Affari costituzionali della Camera ha approvato il testo base della norma, che è il risultato della somma di due proposte: quella dell’esponente Pd Emanuele Fiano e quella della 5 stelle Anna Macina. La riforma, dunque, è la sintesi delle bozze di legge delle principali forze che sostengono l’esecutivo di Giuseppe Conte: in commissione è stata votata dal Pd, dal M5s, da Leu e dai deputati del gruppo misto. Contraria l’opposizione, con il capogruppo della Lega Igor Iezzi che definisce la proposta di legge “allucinante“. Simile, ma meno colorita, la posizione di Italia viva: i renziani, come spesso capita, votano in maniera difforme dalla maggioranza e questa volta si astengono. Il motivo? Lo spiega il capogruppo di Iv, Marco Di Maio: “Quello approvato è un testo che ha una impostazione che non possiamo condividere, partendo dal presupposto che chi si candida a ricoprire una carica pubblica provenendo da una libera professione o comunque da un lavoro autonomo, lo faccia per tutelare qualche specifico interesse”. Il renziano spiega subito che il suo partito, per sostenere la legge in aula, si aspetta modifiche corpose: “Confidiamo che questo non sia il reale intento della maggioranza e se il provvedimento proseguirà il suo iter, ci impegneremo per modificarlo radicalmente perseguendo i veri conflitti di interessi che un testo così impostato nemmeno lambisce”.

L’astensione dei renziani, l’obiettivo del M5s: “Norma in vigore da luglio 2021” – Il 5 stelle Giuseppe Brescia, presidente della commissione e relatore della norma si dice pronto “a discutere su come migliorare il testo, ma serve un impegno chiaro per far entrare in vigore questa legge dal 1 luglio 2021. Lavorare per una politica libera da influenze e condizionamenti privati deve essere un obiettivo comune”. Brescia risponde ai renziani e spiega che con la nuova legge”chi vuole fare politica nell’esclusivo interesse dei cittadini non ha nulla da temere da questo testo che non penalizza certamente gli imprenditori onesti. Vogliamo introdurre meccanismi e criteri rigorosi per le incompatibilità dei membri di governo, rafforzando il potere dell’Antitrust rispetto al sistema attuale, palesemente inefficace. Nel mio lavoro di sintesi sono partito dalle proposte a prima firma Macina (M5s) e a prima firma Fiano (Pd), quest’ultima sottoscritta anche dal collega Di Maio di Italia Viva”. Nonostante tutti i renziani guidati proprio da Di Maio oggi hanno preferito non votare la norma. E rilanciano: “Si tratta di un un testo diverso e che poco ha a che vedere da quello che ha proposto, che invece ha un impianto chiaramente lontano dalle libertà e dai diritti stabiliti dalla Costituzione“. Sullo sfondo, insomma, spuntano già gli immancabili aut aut che puntano ad alleggerire la riforma in vista dell’approdo in aula.

Le incompatibilità generali per professionisti e dipendenti – Ma cosa prevede la nuova legge contro il conflitti d’interesse di così estremo tanto che Italia viva la considera irricevibile? La norma, composta da 22 articoli, spiega al secondo articolo che sussiste il “conflitto di interessi in tutti i casi in cui il titolare di una delle cariche indicate all’articolo 2 (membri del parlamento, del governo, delle giunte e dei consigli regionali e provinciali e i presidenti delle Autorità) sia portatore di un interesse privato idoneo a compromettere l’imparzialità necessaria all’adempimento degli specifici compiti a cui il titolare della carica è preposto o ad alterare le regole di mercato relative alla libera concorrenza”. Quindi all’articolo 5 indica tra i casi di incombatibilità generali per chi ha una carica di governo nazionale che sono “qualsiasi carica, ufficio o funzione, comunque denominata, ovvero l’esercizio di compiti di gestione in enti di diritto pubblico, anche economici, imprese e società pubbliche o private, organismi di diritto pubblico, consorzi, in enti senza fini di lucro sottoposti a vigilanza e a controllo da parte del governo statale ovvero del governo regionale o locale, ad eccezione di quelli ricoperti in ragione della funzione di governo svolta”. Rappresentano conflitto d’interesse anche “l’esercizio di attività professionale o di lavoro autonomo, di qualsiasi natura, anche se gratuita, in forma associata o societaria, di consulenza o arbitrale, svolta in favore di soggetti pubblici o privati”. Incombatibilità che sussiste anche quando “le cariche, le attività, le funzioni sono svolte o ricoperte all’estero”. Quindi chi viene nominato premier, ministro o sottosegretario “entro venti giorni dall’assunzione della carica” deve “rinunciare agli incarichi e alle funzioni”. Gli iscritti ad albi o elenchi professionali sono “sospesi di diritto per tutta la durata della carica” mentre i dipendenti pubblici e privati “sono collocati in aspettativa“.

Legge anti lobby e antitrust – Sul fronte delle incompatibilità patrimoniali vengono indigate “la proprietà, il possesso o la disponibilità, da parte del titolare della carica, del coniuge o dei parenti entro il secondo grado, ovvero di persone stabilmente conviventi, anche per interposta persona o attraverso società fiduciarie, di partecipazioni superiori al 2 per cento del capitale sociale di un’impresa che: svolga la propria attività in regime di autorizzazione o concessione rilasciata dallo Stato, dalle regioni o dagli enti locali; sia titolare di diritti esclusivi o che operi in regime di monopolio; operi nei settori della difesa, del credito, dell’energia, delle comunicazioni, dell’editoria, della raccolta pubblicitaria o delle opere pubbliche o svolga altra attività di interesse nazionale”. Che vuol dire? Che chiunque possegga – anche attraverso i familiari il 2 percento di una società che lavora con il pubblico, nella pubblicità, nel settore mediatico o energetico, deve “spogliarsi” del suo patrimonio affidandolo a una società fiduciaria che all’interno abbia un rappresentante dello Stato. Dunque con una legge simile Silvio Berlusconi non sarebbe mai stato premier, come oggi qualsiasi incarico di governo sarebbe precluso anche a Urbano Cairo, editore di Rcs e del Corriere della Sera e patron de La7. Ma c’è incompatibilità anche quando si ravvisa “una palese concentrazione di interessi patrimoniali e finanziari del titolare della carica di governo nazionale nel medesimo settore di mercato tale da interferire con l’imparzialità necessaria all’adempimento degli specifici compiti a cui il titolare della carica è preposto o da alterare le regole di mercato relative alla libera concorrenza”. Tradotto: il conflitto d’interesse c’è anche quando un aspirante ministro abbia interessi rilevanti in uno stesso ambito. Va sottolineato che i titolari di cariche di governo non possono, nell’anno successivo alla cessazione dal loro ufficio, “svolgere attività di impresa né assumere incarichi citati negli articoli precedenti”. È una legge anti lobbisti: un ex ministro non potrà presentarsi al dicastero da lui guidato come rappresentante di un gruppo di pressione.

Norme sui direttori di giornali e quelle sulle toghe in politica – Sul fronte dei conflitti di potere, invece la legge vieta l’elezione alla Camera per chi nei trecento giorni precedenti abbia ricoperto l’incarico di governatore, assessore delle regioni e delle province autonome. Stesso principio vale per i presidenti delle province, i sindaci e gli assessori dei comuni e delle città metropolitane, i capi e i vice capi di gabinetto dei Ministri, i capi, i vice capi e i responsabili delle direzioni e degli uffici centrali della Polizia di Stato, prefetti e i viceprefetti; gli ufficiali generali e ammiragli delle Forze armate dello Stato. In caso di scioglimento anticipato delle Camere, i 300 giorni sono ridotti a 60. Dentro alla riforma anche due novità: una definisce come non eleggibili alla Camera “i direttori e i vicedirettori di testate giornalistiche nazionali se hanno esercitato l’incarico nei sei mesi antecedenti alla data di accettazione della candidatura”. Il periodo di sei mesi viene ridotto a sessanta giorni nel caso di scioglimento anticipato del Parlamento. I magistrati, invece, non sono eleggibili nella zona in cui hanno lavorato nei due anni precedenti alla candidatura. Poi se si candidano e non vengono eletti non possono esercitare per cinque anni nella zona in cui sono stati candidati e “non possono ricoprire le funzioni di giudice per le indagini preliminari e dell’udienza preliminare o di pubblico ministero o incarichi direttivi o semidirettivi”. Se vengono eletti alla scadenza del mandato non possono rientrare “nei ruoli organici della magistratura ordinaria o speciale di appartenenza al magistrato ma sono collocati nei ruoli amministrativi della propria o di altra amministrazione, conservando il proprio trattamento economico”. Insomma una vera e propria stretta alle porte girevoli tra magistratura e politica.

Le sanzioni per chi viola la legge – Chi sarà a controllare su eventuali profili di incompatibilità? L’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che potrà svolgere indagini potrà applicare sanzioni amministrative tra i 10 e i 100mila euro in caso di violazioni nelle dichiarazioni. Altre sanzioni sono previste per le aziende che abbiano avuto un vantaggio “anche non patrimoniale” grazie alla violazione della legge sul conflitto d’interesse da parte del titolare di una carica di governo: si applica una sanzione amministrativa pecuniaria non inferiore al doppio e non superiore al quadruplo del vantaggio effettivamente conseguito. Nel caso si tratti di una impresa che lavora in regime di concessione dello Stato, l’Autorità può disporre la decadenza dell’atto di concessione. All’Anticorruzione, invece, viene affidata la gestione dei casi di incompatibilità patrimoniale. Nei casi dei grossi imprenditori chiamati a far parte dell’esecutivo, infatti, si prevede la possibilità che gli interessati conferiscano “tutte le attività indicate nella decisione dell’Autorità ad un’unica società fiduciaria“. A questo proposito si prevede “la nomina di uno o più esperti, persone fisiche o giuridiche, scelte dal mandante nell’ambito di una lista predisposta” dalla stessa Anac. Per tutte queste manzioni la norma prevede per le due Authority l’assunzione di cinquanta nuovi dipendenti, per una spesa calcolata in 4,8 milioni di euro nel 2023. Dentro alla norma anche la delega al governo per una riforma che rafforzi “il livello di prevenzione e di contrasto dei conflitti di interessi nelle pubbliche amministrazioni”. Leggi da varare entro tre mesi dall’approvazione della legge del Pd e dei 5 stelle sul conflitto d’interesse in politica: sulla carta dovrebbe avvenire nel luglio delll’anno prossimo. Renziani permettendo.

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Primo passo per una nuova legge sul conflitto d’interessi ma sulla strada della maggioranza spunta subito un ostacolo: Italia viva. La commissione Affari costituzionali della Camera ha approvato il testo base della norma, che è il risultato della somma di due proposte: quella dell’esponente Pd Emanuele Fiano e quella della 5 stelle Anna Macina. La nuova norma, dunque, è la sintesi delle proposte avanzate dalle principali forze che sostengono l’esecutivo di Giuseppe Conte: in commissione è stata votata dal Pd, dal M5s, da Leu e dai deputati del gruppo misto. Contraria l’opposizione, con il capogruppo della Lega Igor Iezzi che definisce la proposta di legge “allucinante“. Simile, ma meno colorita, la posizione di Italia viva: i renziani, come spesso capita, votano in maniera difforme dalla maggioranza e questa volta si astengono. Il motivo? Lo spiega il capogruppo di Iv, Marco Di Maio: “Quello approvato è un testo che ha una impostazione che non possiamo condividere, partendo dal presupposto che chi si candida a ricoprire una carica pubblica provenendo da una libera professione o comunque da un lavoro autonomo, lo faccia per tutelare qualche specifico interesse”. Il renziano spiega subito che il suo partito, per sostenere la legge in aula, si aspetta modifiche corpose: “Confidiamo che questo non sia il reale intento della maggioranza e se il provvedimento proseguirà il suo iter, ci impegneremo per modificarlo radicalmente perseguendo i veri conflitti di interessi che un testo così impostato nemmeno lambisce”.

L’astensione dei renziani, l’obiettivo del M5s: “Norma in vigore da luglio 2021” – Il 5 stelle Giuseppe Brescia, presidente della commissione e relatore della norma si dice pronto “a discutere su come migliorare il testo, ma serve un impegno chiaro per far entrare in vigore questa legge dal 1 luglio 2021. Lavorare per una politica libera da influenze e condizionamenti privati deve essere un obiettivo comune”. Brescia risponde ai renziani e spiega che con la nuova legge”chi vuole fare politica nell’esclusivo interesse dei cittadini non ha nulla da temere da questo testo che non penalizza certamente gli imprenditori onesti. Vogliamo introdurre meccanismi e criteri rigorosi per le incompatibilità dei membri di governo, rafforzando il potere dell’Antitrust rispetto al sistema attuale, palesemente inefficace. Nel mio lavoro di sintesi sono partito dalle proposte a prima firma Macina (M5s) e a prima firma Fiano (Pd), quest’ultima sottoscritta anche dal collega Di Maio di Italia Viva”. Nonostante tutti i renziani guidati proprio da Di Maio oggi hanno preferito non votare la norma. E rilanciano: “Si tratta di un un testo diverso e che poco ha a che vedere da quello che ha proposto, che invece ha un impianto chiaramente lontano dalle libertà e dai diritti stabiliti dalla Costituzione“. Sullo sfondo, insomma, spuntano già gli immancabili aut aut che puntano ad alleggerire la riforma in vista dell’approdo in aula.

Le incompatibilità generali per professionisti e dipendenti – Ma cosa prevede la nuova legge contro il conflitti d’interesse di così estremo tanto che Italia viva la considera irricevibile? La norma, composta da 22 articoli, spiega al secondo articolo che sussiste il “conflitto di interessi in tutti i casi in cui il titolare di una delle cariche indicate all’articolo 2 (membri del parlamento, del governo, delle giunte e dei consigli regionali e provinciali e i presidenti delle Autorità) sia portatore di un interesse privato idoneo a compromettere l’imparzialità necessaria all’adempimento degli specifici compiti a cui il titolare della carica è preposto o ad alterare le regole di mercato relative alla libera concorrenza”. Quindi all’articolo 5 indica tra i casi di incombatibilità generali per chi ha una carica di governo nazionale che sono “qualsiasi carica, ufficio o funzione, comunque denominata, ovvero l’esercizio di compiti di gestione in enti di diritto pubblico, anche economici, imprese e società pubbliche o private, organismi di diritto pubblico, consorzi, in enti senza fini di lucro sottoposti a vigilanza e a controllo da parte del governo statale ovvero del governo regionale o locale, ad eccezione di quelli ricoperti in ragione della funzione di governo svolta”. Rappresentano conflitto d’interesse anche “l’esercizio di attività professionale o di lavoro autonomo, di qualsiasi natura, anche se gratuita, in forma associata o societaria, di consulenza o arbitrale, svolta in favore di soggetti pubblici o privati”. Incombatibilità che sussiste anche quando “le cariche, le attività, le funzioni sono svolte o ricoperte all’estero”. Quindi chi viene nominato premier, ministro o sottosegretario “entro venti giorni dall’assunzione della carica” deve “rinunciare agli incarichi e alle funzioni”. Gli iscritti ad albi o elenchi professionali sono “sospesi di diritto per tutta la durata della carica” mentre i dipendenti pubblici e privati “sono collocati in aspettativa“.

Legge anti lobby e antitrust – Sul fronte delle incompatibilità patrimoniali vengono indigate “la proprietà, il possesso o la disponibilità, da parte del titolare della carica, del coniuge o dei parenti entro il secondo grado, ovvero di persone stabilmente conviventi, anche per interposta persona o attraverso società fiduciarie, di partecipazioni superiori al 2 per cento del capitale sociale di un’impresa che: svolga la propria attività in regime di autorizzazione o concessione rilasciata dallo Stato, dalle regioni o dagli enti locali; sia titolare di diritti esclusivi o che operi in regime di monopolio; operi nei settori della difesa, del credito, dell’energia, delle comunicazioni, dell’editoria, della raccolta pubblicitaria o delle opere pubbliche o svolga altra attività di interesse nazionale”. Che vuol dire? Che chiunque possegga – anche attraverso i familiari il 2 percento di una società che lavora con il pubblico, nella pubblicità, nel settore mediatico o energetico, deve “spogliarsi” del suo patrimonio affidandolo a una società fiduciaria che all’interno abbia un rappresentante dello Stato. Dunque con una legge simile Silvio Berlusconi non sarebbe mai stato premier, come oggi qualsiasi incarico di governo sarebbe precluso anche a Urbano Cairo, editore di Rcs e del Corriere della Sera e patron de La7. Ma c’è incompatibilità anche quando si ravvisa “una palese concentrazione di interessi patrimoniali e finanziari del titolare della carica di governo nazionale nel medesimo settore di mercato tale da interferire con l’imparzialità necessaria all’adempimento degli specifici compiti a cui il titolare della carica è preposto o da alterare le regole di mercato relative alla libera concorrenza”. Tradotto: il conflitto d’interesse c’è anche quando un aspirante ministro abbia interessi rilevanti in uno stesso ambito. Va sottolineato che i titolari di cariche di governo non possono, nell’anno successivo alla cessazione dal loro ufficio, “svolgere attività di impresa né assumere incarichi citati negli articoli precedenti”. È una legge anti lobbisti: un ex ministro non potrà presentarsi al dicastero da lui guidato come rappresentante di un gruppo di pressione.

Norme sui direttori di giornali e quelle sulle toghe in politica – Sul fronte dei conflitti di potere, invece la legge vieta l’elezione alla Camera per chi nei trecento giorni precedenti abbia ricoperto l’incarico di governatore, assessore delle regioni e delle province autonome. Stesso principio vale per i presidenti delle province, i sindaci e gli assessori dei comuni e delle città metropolitane, i capi e i vice capi di gabinetto dei Ministri, i capi, i vice capi e i responsabili delle direzioni e degli uffici centrali della Polizia di Stato, prefetti e i viceprefetti; gli ufficiali generali e ammiragli delle Forze armate dello Stato. In caso di scioglimento anticipato delle Camere, i 300 giorni sono ridotti a 60. Dentro alla riforma anche due novità: una definisce come non eleggibili alla Camera “i direttori e i vicedirettori di testate giornalistiche nazionali se hanno esercitato l’incarico nei sei mesi antecedenti alla data di accettazione della candidatura”. Il periodo di sei mesi viene ridotto a sessanta giorni nel caso di scioglimento anticipato del Parlamento. I magistrati, invece, non sono eleggibili nella zona in cui hanno lavorato nei due anni precedenti alla candidatura. Poi se si candidano e non vengono eletti non possono esercitare per cinque anni nella zona in cui sono stati candidati e “non possono ricoprire le funzioni di giudice per le indagini preliminari e dell’udienza preliminare o di pubblico ministero o incarichi direttivi o semidirettivi”. Se vengono eletti alla scadenza del mandato non possono rientrare “nei ruoli organici della magistratura ordinaria o speciale di appartenenza al magistrato ma sono collocati nei ruoli amministrativi della propria o di altra amministrazione, conservando il proprio trattamento economico”. Insomma una vera e propria stretta alle porte girevoli tra magistratura e politica.

Le sanzioni per chi viola la legge – Chi sarà a controllare su eventuali profili di incompatibilità? L’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che potrà svolgere indagini potrà applicare sanzioni amministrative tra i 10 e i 100mila euro in caso di violazioni nelle dichiarazioni. Altre sanzioni sono previste per le aziende che abbiano avuto un vantaggio “anche non patrimoniale” grazie alla violazione della legge sul conflitto d’interesse da parte del titolare di una carica di governo: si applica una sanzione amministrativa pecuniaria non inferiore al doppio e non superiore al quadruplo del vantaggio effettivamente conseguito. Nel caso si tratti di una impresa che lavora in regime di concessione dello Stato, l’Autorità può disporre la decadenza dell’atto di concessione. All’Anticorruzione, invece, viene affidata la gestione dei casi di incompatibilità patrimoniale. Nei casi dei grossi imprenditori chiamati a far parte dell’esecutivo, infatti, si prevede la possibilità che gli interessati conferiscano “tutte le attività indicate nella decisione dell’Autorità ad un’unica società fiduciaria“. A questo proposito si prevede “la nomina di uno o più esperti, persone fisiche o giuridiche, scelte dal mandante nell’ambito di una lista predisposta” dalla stessa Anac. Per tutte queste manzioni la norma prevede per le due Authority l’assunzione di cinquanta nuovi dipendenti, per una spesa calcolata in 4,8 milioni di euro nel 2023. Dentro alla norma anche la delega al governo per una riforma che rafforzi “il livello di prevenzione e di contrasto dei conflitti di interessi nelle pubbliche amministrazioni”. Leggi da varare entro tre mesi dall’approvazione della legge del Pd e dei 5 stelle sul conflitto d’interesse in politica: sulla carta dovrebbe avvenire nel luglio delll’anno prossimo. Renziani permettendo.

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