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domenica 31 ottobre 2021

M5s, Conte: “Draghi al Quirinale? Non lo escludo, ma se ci fossero le condizioni non vuol dire che si andrà a elezioni anticipate”

Mario Draghi presidente della Repubblica? Per la prima volta il leader del partito di maggioranza relativa in Parlamento non esclude un possibile trasferimento del presidente del consiglio da Palazzo Chigi al Quirinale. Una novità che può infiammare la corsa al Colle quella contenuta nelle dichiarazioni di Giuseppe Conte a Lucia Annunziata. “Non possiamo escludere Draghi al Colle, quindi lavoreremo per trovare il candidato migliore e lui rientra in questa descrizione. Ma al momento è prematuro”, ha detto il leader del Movimento 5 stelle a Mezz’Ora In Più su Rai3.

Fino ad oggi la prospettiva di vedere il premier come successore di Sergio Mattarella è stata esclusa sia da Enrico Letta che da Silvio Berlusconi, ma anche da Matteo Salvini, seppur con toni diversi. Riparandosi dietro a un generico “abbiamo bisogno che Draghi faccia il premier”, i leader di Pd, Forza Italia e Lega hanno cercato di allontanare l’ipotesi del ritorno alle urne, che si concretizzerebbe in caso di elezione di Draghi al Colle. Conte, invece, non la pensa allo stesso modo: “Nella prospettiva di Draghi al Colle, se ci fossero tutte le condizioni, non dobbiamo pensare che solo per questo si vada alle urne. Non abbiamo nessuna fretta di andare a votare…”, dice l’ex premier. Che poi spiega perché non considera le elezioni anticipate come un’opzione valida: “Dobbiamo spingere al 6% di Pil, dobbiamo continuare ad attuare il Pnrr e l’avvio iniziale è fondamentale. In tutto questo, pensare di eleggere un presidente e un attimo dopo andare a votare, chiunque sia, non è nell’ordine delle cose”, ha detto Conte che poi ha aggiunto: ” Debbo essere trasparente: non anteporrò mai il mio tornaconto personale. Ma per esser chiaro, siccome mi attribuiscono la volontà di voler andare a votare, avendo un nuovo corso con nuovi organi, abbiamo bisogno di tempo, quindi non c’è neppure la fretta di andare a votare”.

A tre mesi dalla scadenza del mandato di Sergio Mattarella, dunque, le dichiarazioni di Conte aprono a uno scenario che nelle ultime settimane sembrava tramontato. Incalzato sul tema, l’ex premier dice più volte: “Penso sia ancora presto per giungere a queste conclusioni. Serve una figura di altissima caratura morale, e Draghi rientra in questa descrizione, ma devono realizzarsi varie condizioni”. Che condizioni? “E’ importante che sia tutto fatto non a vantaggio dei singoli partiti ma del paese. Farò di tutto perché il M5s dia questo contributo. E che si avvii a tempo debito, nel confronto trasparente con altre forze politiche”. Anche a costo di fare un compromesso con la destra? “Più che un compromesso con la destra, bisogna avviare un percorso di confronto con tutte le forze politiche anche con le forze centrodestra. Se vogliamo un capo di Stato di ‘alto profilo, dobbiamo fare questo”, risponde Conte. Che poi smentisce dunque una forte opposizione dei 5 stelle a Draghi: “Assolutamente no, mai accreditato questa cosa. non c’è alcun veto da parte nostra. Non è esclusa una candidatura di Draghi, ma vedremo se ci saranno le condizioni”.

Impegnato in un lavoro di rilancio dei 5 stelle, Conte non prende le distanze da quello che fu il candidato simbolo del Movimento al Colle nel 2013: Stefano Rodotà. “Se oggi fosse viva una personalità di questo tipo potrebbe essere oggetto di discussione. Non abbiamo escluso Draghi, ma non è detto. Ciò che non ha senso fare è rinchiudersi in sé stesso come in passato e poi pretendere che tutte le altre forze si confrontino”. Ospite di Annunziata, Conte ha presentato anche i suoi cinque vice che lo affiancheranno nella gestione dei 5 stelle: la vicepresidente del Senato Paola Taverna, il vice capogruppo alla Camera Riccardo Ricciardi, il sottosegretario alla Programmazione economica e agli Investimenti Mario Turco, la viceministra allo Sviluppo economico Alessandra Todde e il deputato Michele Gubitosa. “Ci tengo a sottolinearlo, hanno più esperienza politica di me, sono loro che mi aiuteranno”, è la frase usata dal presidente dei 5 stelle per introdurre i suoi vice.

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sabato 30 ottobre 2021

Di Battista comincia il suo tour da Siena: “L’operazione Draghi è stata fatta per portare avanti interventi di macelleria sociale”

Dice che non è una discesa in campo, ma di sicuro è un’operazione di opposizione – seppur fuori dal Parlamento – al governo di Mario Draghi. Parte da Siena il suo tour in giro per l’Italia di Alessandro Di Battista, l’ex deputato del Movimento 5 stelle ultimamente molto critico con la linea del Movimento. “Fondamentalmente l’operazione sul governo Draghi è stata fatta per portare avanti interventi di macelleria sociale: un pò alla volta, non tutti insieme. E mentre il popolo viene distratto da altre questioni come il green pass”, dice l’ex parlamentare nel corso dell’evento organizzato per parlare del caso Monte dei paschi di Siena.

In realtà ha parlato anche di molto altro. Sul palco insieme al deputato ed ex sottosegretario Alessio Villarosa, Di Battista ha spiegato che dal suo punto di vista “il governo Conte uno, nonostante la Lega, ha fatto misure migliori”. Invece l’attuale esecutivo sta smontando tutte le riforme fatte dai 5 stelle. “Il reddito di cittadinanza – dice – così decisivo durante l’emergenza pandemica, iniziano a smantellarlo, facendo ad esempio in modo che una parte se lo prendano anche le aziende che assumono , ma anche quelle che assumono part time e a tempo determinato”. A questo proposito ha citato anche “il decreto dignità che è stato smantellato così come è stato smantellato il cashback, il Superbonus , la riforma Bonafede e, di fatto, la riforma della riforma Fornero, che quindi ora sta tornando. Tutto torna”. L’ex parlamentare ha aggiunto di essere spaventato “dall’assenza dell’opposizione e la guerra tra poveri. Perchè dov’è l’opposizione? La Meloni stessa ha proposto Draghi come presidente ella Repubblica. Ruolo per cui circolano nomi drammatici. Come quello di Gentiloni“.

Di Battista ha poi spiegato di essere “uscito dal M5s perché io non ho cambiato la linea, i vertici del Movimento l’hanno cambiata e sono convinto che se il M5s avesse tenuto la barra dritta oggi Draghi non sarebbe premier. Fatto sta però che loro hanno preso altre decisioni”. Secondo l’ex parlamentare “il popolo è dilaniato: prima esisteva un contenitore nato dalla genialità di Beppe e Gianroberto. E facile rifarne un altro? Io credo che la cosa più facile sia riavvicinarsi, rincontrarci, il vero tour lo stiamo ancora organizzando e penso che dovremo farlo nelle piazze. Penso che ci sia tanta brava gente che non abbassa la testa e capisce che è in corso la santificazione di chi smantella i diritti sociali ed economici”.

Curiosamente, su alcuni passaggi del suo intervento, Di Battista ha raccolto la condivisione di Mario Monti, non esattamente un politico vicino alle sue posizioni. “Di Battista ha ragione c’è una eccessiva deferenza intellettuale di tutti verso il governo e il suo presidente del consiglio ma la colpa non è del premier ma nostra se riteniamo che debba cessare il dibattito solo in ammirazione di un capo del governo di straordinaria capacità e credibilità”, ha detto l’ex premier a In Onda su La7. “Nel denunciare gli squilibri gravissimi che ci sono Di Battista ha ragione ma credo che abbia torto ad attribuirli semplicisticamente a chi governa in un anno in un certo paese, ma anche io sono sorpreso che nella civiltà del dibattito parlamentare quando ad esempio il segretario del Pd Letta ha ipotizzato interventi sull’imposta di successione gli sia stato detto dal presidente del consiglio che non si può fare”.

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M5s, al Senato si vota il nuovo capogruppo: Castellone sfida l’uscente Licheri. Alla Camera Crippa resta in carica fino a dicembre

Maria Domenica Castellone contro l’uscente Ettore Licheri. È la sfida che si profila per mercoledì 3 novembre quando i senatori del Movimento 5 stelle dovranno votare il nuovo capogruppo di Palazzo Madama. “E’ arrivato il momento di una donna alla guida del direttivo al Senato”, dice Castellone, medico e ricercatrice del Consiglio nazionale delle ricerche, eletta in Parlamento per la prima volta nel 2018 nel collegio uninominale di Giugliano, in Campania. “La mia candidatura è nata proprio perché dal gruppo sono arrivate numerose sollecitazioni per costruire il progetto attorno a una donna. Credo che la parte più bella di questo percorso sia questa”, sostiene la componente della Commissione Igiene e Sanità, già vicecapogruppo durante il mandato di Licheri, che prova a essere riconfermato. “Mi metto in gioco – prosegue la senatrice – per dare forza al nuovo corso di Giuseppe Conte. La squadra che ho presentato è formata da quattro donne su sei componenti: vogliamo mettere al centro le competenze, tema che rappresenta il cardine del nuovo corso avviato da Conte. E’ importante sottolineare che non c’è nessuno scontro con Licheri, non siamo antagonisti. Questo è un sano confronto, un momento di crescita importante”.

E se il mandato di Licheri era ormai scaduto, resterà in carica fino a inizio dicembre invece Davide Crippa, capogruppo alla Camera. Nei giorni scorsi, infatti, Giuseppe Conte aveva chiesto al deputato di anticipare di qualche settimana la scadenza del suo mandato per allinearla a quella del capogruppo al Senato, ma Crippa ha deciso di rimanere in carica. La richiesta, raccontavano fonti interne alle agenzie di stampa, veniva motivata da alcune fonti anche col fatto che l’attuale capogruppo alla Camera non è indicato tra i fedelissimi del leader M5s. E infatti lo stesso Conte era intervenuto per smentire: “Ho chiesto ai direttivi di valutare l’opportunità di anticipare per quanto possibile le procedure di rinnovo dei direttivi, in modo da poter affrontare un appuntamento così importante come l’elezione del Presidente della Repubblica con direttivi pienamente legittimati per tutta la durata della procedura”, aveva detto l’ex presidente del consiglio. Spiegando che “l’elezione dei nuovi capigruppo alla Camera e al Senato è un passaggio fondamentale per garantire l’ottimo lavoro che il Movimento 5 Stelle ha costantemente portato avanti in Parlamento”. Per il cambio della guardia a Montecitorio, però, bisognerà aspettare qualche settimana: i rumors indicano gli ex ministri Alfonso Bonafede e Lucia Azzolina come i nomi in pole position per sostituire Crippa.

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Referendum giustizia, Salvini: “Ai gazebo persone di tutti i partiti, dal Pd a Forza Italia. Non si sono visti solo quelli dei 5 stelle”

“Sono felice perché è ufficiale: ci saranno i referendum sulla giustizia. Grazie a Lega e Partito Radicale gli italiani potranno scegliere una giustizia più giusta” così il segretario della Lega Matteo Salvini al congresso del Partito Radicale a Roma, dove ha puntualizzato: “La cosa bella dei quesiti è che ai gazebo sono arrivate persone di tutti i partiti, dal Pd a Forza Italia. Gli unici che non si sono manifestati sono i 5 stelle. Ma ne faremo a meno”.

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venerdì 29 ottobre 2021

M5s e i presunti fondi dal Venezuela, “indagato il console Gian Carlo Di Martino dalla procura di Milano”

C’è il primo indagato nell’inchiesta della procura di Milano sulla storia dei presunti finanziamenti venezuelani al Movimento 5 Stelle. Come scrive La Repubblica si tratterebbe del console Gian Carlo Di Martino. Gli inquirenti milanesi indagano sull’ipotesi di finanziamento illecito e riciclaggio: 3,5 milioni di euro che sarebbero stati consegnati a Milano a Gianroberto Casaleggio, in una valigetta diplomatica tramite Di Martino e su ordine dell’ex ministro Tareck el Aissami e dell’allora cancelliere Nicolàs Maduro.

A raccontare questo passaggio di denaro – negato da Casaleggio che ha annunciato querela – l’ex capo degli 007 di Chavez. Hugo Carvajal è ricercato dagli Stati Uniti con l’accusa di narcotraffico e appartenenza al crimine organizzato, che per evitare l’estradizione negli States, dopo che tre giudici del tribunale spagnolo dell’Audiencia Nacional hanno dato il loro nulla osta, ha dichiarato che fornirà informazioni sui finanziamenti illeciti del regime venezuelano di Hugo Chavez, prima, e di Nicolas Maduro, poi, nei confronti di diverse formazioni politiche internazionali.

Carvajal venne arrestato in Spagna nell’aprile del 2019 proprio su un mandato di cattura del 2011 emesso da Washington. Dopo che gli Usa ne chiesero l’estradizione al governo di Madrid e dopo che questa venne approvata da un tribunale spagnolo, Carvajal fece perdere le sue tracce. A marzo dello scorso anno, il dipartimento di Stato offrì una ricompensa di 10 milioni di dollari per ottenere informazioni sul suo conto. Il 9 settembre di quest’anno, Carvajal è infine stato arrestato dalla polizia spagnola mente si nascondeva in un appartamento di Madrid. Nella capitale spagnola ha fatto richiesta di asilo politico, ma l’estradizione negli Usa è stata comunque approvata a marzo del 2020.

L’inchiesta milanese è condotta dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e dal pm Cristiana Roveda. Gli inquirenti hanno inviato una richiesta all’autorità giudiziaria spagnola per chiedere di interrogare Carvajal. Il primo obbiettivo è verificare l’autenticità del documento pubblicato dal quotidiano spagnolo Ab e acquisito dalla procura in cui si fa riferimento al presunto passaggio di denaro da Di Martino direttamente a Gianroberto Casaleggio: documento che Carvajal avrebbe ricevuto in quanto capo dei servizi segreti militari nel luglio 2010. Il secondo è pesare il fondamento di questa storia, sempre negata dal figlio Davide Casaleggio che ha già querelato un anno dopo la pubblicazione.

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giovedì 28 ottobre 2021

Bruxelles, Giarrusso deve parlare in inglese ma si blocca: ‘Figuraccia? Ok, non so tradurre il testo all’impronta, ma la vera vittima sono io’

What a shame, che vergogna. L’eurodeputato grillino Dino Giarrusso sembra non parlare una parola d’inglese. Per diradare il dubbio, sapendo che è persona di spirito, ilfattoquotidiano.it lo chiama da un numero anonimo e gli legge tre righe di un celebre sonetto di Shakespeare sulle rose e l’amore, buono per la prima superiore. È vero: Giarrusso non ci capisce granché. Sosterrà poi che la linea era disturbata, ma dirà anche la verità: che l’inglese, in effetti, lui lo “mastica”, ma non abbastanza da improvvisare la traduzione di un testo di 60 secondi, che cita articoli e commi. I curriculum vitae depositati al ministero dell’istruzione (dove fu segretario particolare del ministro Fioramonti) e la candidatura al Parlamento europeo riportano una conoscenza “buona” del parlato e “discreta” dello scritto. Ma chi non ha barato almeno un pochino su questo? Il punto è che Giarrusso dice molto altro ancora, e annuncia pure querele. Sostiene che la polemica che da ieri lo rincorre da Bruxelles per il suo intervento “muto” al Parlamento europeo è una colossale fakenews”, che la vera vittima è lui mentre in difetto è semmai il Parlamento europeo, che “ha impedito a un eurodeputato di intervenire nella propria lingua, diritto previsto dal regolamento, per un suo problema tecnico”. Insomma, tutta un’altra storia che avrebbe a che fare con la disinformazione e col fatto che, avendo in passato “toccato dei potenti” che gliel’han giurata, qualcuno non perde occasione di fargliela pagare. Riavvolgiamo il nastro, con l’aiuto dell’eurodeputato.

Onorevole, scherzi a parte: com’è andata?
Io ero a Bruxelles, c’è la firma in commissione, si può controllare. Sono sempre presente, e quindi ero là. Mia moglie mi dice che sta poco bene e quindi torno a casa sapendo che potevo continuare a seguire la seduta e intervenire da remoto, lo avevo già fatto quando c’era la pandemia ed era obbligatorio.

Una volta a casa che succede?
Sto un po’ con mia moglie e continuo a seguire la seduta con le cuffie e con l’iPhone. Dovevo fare un mio intervento a difesa del prosecco italiano, come i miei colleghi prima di me. Tutti al Parlamento europeo intervengono per 60 secondi perché i tempi sono contingentati. Tutti li scriviamo in italiano, anche perché intervenire parlando la propria lingua è un diritto inalienabile riconosciuto dal Parlamento europeo. Poi gli interpreti lo traducono in simultanea.

Ebbene?
Tre minuti prima del mio intervento mi chiamano dal Parlamento e, in inglese, mi spiegano se posso connettermi non con l’iPhone ma con un altro device, fosse il computer o l’iPad. Io rispondo di no perché li avevo lasciati in Parlamento, dove sarei tornato. Non ce l’avevamo mai detto che l’iPhone poteva creare problemi. Quindi dico che non posso e la tizia mi dice che il mio intervento sarà solo sonoro e non mi si vedrà. E io penso “chissenefrega” se non mi vedono, dirò quel che devo dire e amen.

E fin lì nessun problema, no?
Pochi minuti dopo inizio l’intervento. Avevo avvisato che non potevo usare la telecamera dell’iPhone. Qualcuno in tv, senza informarsi delle cose, mi ha preso in giro per questo, chiedendo perché mai non usassi Zoom o Skype. Bastava informarsi: i parlamentari europei utilizzano un software esclusivo con chiavi di accesso personali per la connessione.

Andiamo avanti
Dico che ho l’iPhone e che per questo non potevo fare consiglio col video, loro mi rispondono che allora devo farlo in inglese. Io non lo parlo benissimo, mi faccio capire e capisco, il francese lo parlo un po’ meglio, anzi quasi come l’italiano in tutta sincerità.

Alt deputato, nei suoi curriculum alla voce “inglese” si dà buono e discreto. Sulla carta è la lingua che parla meglio…
La verità è che io parlo un po’ tutte le lingue ma nessuna bene. Non abbastanza da improvvisare una traduzione simultanea da un testo in italiano all’inglese. Non lo parlo da molto, ma ho pure girato dei film in inglese, parlavo con Bob Hoskins sul set de “Il papa buono” e ci capivamo. Ma un conto è andare a cena, altro è tradurre un intervento tecnico, non sarei e non sono capace. Ora vorrei proprio sapere quali fra i 75 europarlamentari italiani sanno l’inglese meglio di me. Ma ripeto il punto è un altro.

Detto questo, torniamo in aula e alla “figuraccia”.
Scusa quale figuraccia? Qui è stato leso un mio diritto per un problema che non è mio. È successo che gli interpreti, e in effetti c’è una lettera in cui avevano avvertito di questo, si rifiutano di tradurre all’impronta se non c’è il video in simultanea che consente la lettura del labiale. Ed è legittimo, per carità. Ma di questo dovevo essere avvertito.

E dunque ci ha provato…
Sì il mio errore è stato sopravvalutarmi, pensare di essere in grado di tradurre a braccio quel testo. Ma mi sono reso conto dopo due righe che andavo a sbattere su termini tecnici, articoli e commi. Insomma, dopo quello di Renzi volevo evitare lo “shisch” due.

E alla fine ha desistito per non peggiorare la situazione.
No, questo è falso come altre cose che sono state dette e scritte, per le quali querelerò. Per altro dicono che ho rinunciato all’intervento ma non è vero, loro mi hanno tagliato la linea. Tanto è vero che dopo la chiusura da lontano ho rialzato la mano chiedendo di farlo in inglese e non me l’hanno consentito per la seconda volta. Loro sono in difetto due volte.

Cosa doveva mai dire di così difficile?
Nulla di diverso da quel che hanno detto gli altri eurodeputati del Pd, Lega e Fratelli d’Italia in difesa del prodotto italiano. Non cascava il mondo ma era importante mettere a verbale che anche i Cinque Stelle si schieravano ufficialmente . Avevo anche sentito Patuanelli per questo, ma non è stato possibile. Non per colpa mia. Se un parlamentare sbaglia, ruba o altro venga pure linciato, ma non per un caso montato ad arte.

Da chi?
Ancora non lo so, ma è evidente che i media italiani da ieri sera a oggi costruiscono un caso senza che nessuno mi chiamasse. La notizia delirante è la creazione della fake news. Se vuoi sapere perché parlano male di me il motivo io lo so, ma è complesso.

Solo un accenno…
In passato alle Iene ho fatto inchieste che hanno toccato dei potenti che me l’hanno giurata. E non è complottismo, purtroppo lo so. È un problema mio che dura da un po’. Ma è un altro discorso.

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M5s e i presunti fondi dal Venezuela, la Procura di Milano vuole sentire l’ex capo dei servizi di Caracas: si indaga per riciclaggio

La Procura di Milano ha inviato a Madrid un ordine di investigazione europeo per poter sentire Hugo Armando Carvajal, El Pollo, ex capo dell’intelligence venezuelana quando governava Hugo Chavez e all’inizio del governo di Nicolas Maduro. Per evitare l’estradizione negli Stati Uniti, Carvajal in Spagna ha iniziato a fornire dichiarazioni sui finanziamenti illeciti del regime di Caracas: davanti ai giudici spagnoli ha citato partiti di sinistra di vari Paesi, tra cui anche il Movimento 5 stelle. Le sue parole hanno riaperto una vicenda che era già finita al centro di un’inchiesta pubblicata nel giugno 2020 dal quotidiano spagnolo Abc, corredata da un documento attribuito all’intelligence chavista. Davide Casaleggio aveva querelato il media, mentre dopo le parole di Carvajal il figlio di Gianroberto ha ribadito la totale estraneità ai fatti del padre e denunciato l’ex capo degli 007.

Ormai oltre un anno fa, la Procura di Milano aveva appunto aperto un fascicolo sui presunti 3,5 milioni di euro in contanti che nel 2010 dal Venezuela sarebbero arrivati al fondatore Gianroberto Casaleggio. Si indaga per finanziamento illecito e riciclaggio. La Stampa riporta che gli inquirenti hanno già ascoltato il giornalista spagnolo che firmò l’inchiesta, ma ora vogliono sentire anche El Pollo. Tra il cronista e l’ex capo degli 007 che si trova attualmente in Spagna ci sarebbero stati anche dei contatti: da qui l’ordine di investigazione europeo dei pm milanesi, al quale la Spagna non ha ancora risposto.

Le dichiarazioni di Carvajal al giudice spagnolo Manuel García-Castellón sono contenute in una lettera pubblicata dal sito Okdiario. I togati spagnoli però stanno analizzando la sua versione, anche tenendo conto della posizione giudiziaria del presunto testimone che, ricavandosi un ruolo chiave in un’inchiesta sui finanziamenti di Caracas alle forze politiche straniere, tra cui una spagnola, potrebbe almeno rimandare la sua estradizione negli Stati Uniti. Nel suo racconto l’ex uomo dei servizi di Chavez si è soffermato anche sui presunti rapporti con il M5s, sostenendo di conoscere perfettamente il caso e indicando in Gianroberto Casaleggio, fondatore del Movimento insieme a Beppe Grillo e creatore della piattaforma Rousseau, l’anello di congiunzione tra la formazione e il governo venezuelano. E ha confermato la cifra di 3,5 milioni di euro già fatta circolare da Abc.

Secondo quanto aveva riportato il quotidiano spagnolo, la vicenda risalirebbe al 2010, un anno dopo la nascita del M5s. In base al documento classificato dai servizi segreti, l’attuale presidente Nicolas Maduro, allora ministro degli Esteri di Chavez, avrebbe spedito una valigetta con 3,5 milioni di euro al consolato con sede nel centralissimo corso Europa e in particolare al console venezuelano a Milano Gian Carlo Di Martino. Soldi consegnati, secondo Abc, dal console Gian Carlo Di Martino a Casaleggio, scomparso nel 2016. Il console aveva smentito tutto: “Non è mai successo, è tutto falso quello che è stato scritto”.

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mercoledì 27 ottobre 2021

Rodotà era per l’acqua pubblica: ora serve un presidente della Repubblica per i beni comuni

Nel 2013, per la prima volta in Italia, si presentò alle elezioni politiche nazionali un movimento di cittadini che si aggregò e concretizzò grazie alla forza istrionica di Beppe Grillo, megafono di rottura nella politica italiana e all’utilizzo massivo di alcuni nuovi strumenti digitali di e-democracy, sviluppati e organizzati da Gianroberto Casaleggio.

Programma e candidature in Parlamento si formarono attraverso l’utilizzo di una piattaforma di voto online e con lo stesso meccanismo si decise di individuare il nome del futuro Presidente della Repubblica. Il voto online dei cittadini scelse il costituzionalista Stefano Rodotà e ciò scatenò una mobilitazione di piazza molto intensa a sostegno del grande professore e giurista che aveva presieduto la famosa “Commissione Rodotà”. Era il 2007 quando il Ministero della Giustizia decise di istituire la Commissione sui Beni Pubblici, presieduta da Rodotà, per elaborare uno schema di legge delega per la modifica delle norme del codice civile in materia di beni pubblici.

Il tema della commissione era scivoloso perché bisognava realizzare un lavoro propedeutico alla privatizzazione di alcuni gruppi di cespiti pubblici (immobili e crediti) ma anche valutare che le dismissioni, con eventuale vendita e riaffitto dei beni, fossero fatte nell’interesse della collettività con uno sguardo a medio e a lungo termine – dopo un’epoca in cui in tutto il mondo si erano svenduti i beni di famiglia del Paese, con rari vantaggi della collettività e una clamorosa perdita di competenze, spesso per finanziare spesa corrente, spesso per regalarli a imprenditori amici, piuttosto che per vera visione strategica.

Un momento storico che ha fatto la ricchezza della classe dirigente imprenditoriale apicale, non sempre meritevole di capacità, del nostro Paese. I nostri padri hanno costruito l’Italia con le loro tasse, i loro soldi, lavorando duramente con un solo stipendio a famiglia e permettendo ai figli di diplomarsi o laurearsi. Quelle tasse hanno costruito autostrade, telefonia fissa, la rete di rame, acquedotti e oggi tutto questo è stato sottratto alla collettività per finire nelle mani di poche persone che ne raccolgono i benefici.

La crescita continua della ricchezza degli uomini e delle società più ricche del pianeta dimostra che colossi e multinazionali hanno tutta la forza e l’intenzione di chiedere e conquistare sempre più ricchezza e influenza. I deboli, figli o nipoti di quei padri che pagavano le tasse per ricostruire l’Italia, sono in stato di povertà, senza un lavoro, sottopagati anche per le condizioni dell’ecosistema in cui sono vissuti, e tutti noi, con l’impegno civile e la politica, dovremmo fare di tutto per cambiare le condizioni distruttive di questi ecosistemi che li schiacciano nella povertà.

Quando parliamo di beni comuni non stiamo parlando solo di immobili ma anche di frequenze, beni finanziari e immateriali (marchi, brevetti, opere dell’ingegno, informazioni pubbliche). È evidente che in una società così concepita, che ha condotto fino a oggi un modello di sfruttamento orientato al profitto, si stanno esaurendo o compromettendo beni vitali come l’acqua, che pur non potendo seguire la logica del prodotto da vendere sul mercato continua purtroppo a rispondere a quelle logiche.

La soluzione non sarà l’efficientamento (che pure è urgente) o la tecnologia (che può essere utile), ma finché chiunque consumerà l’acqua che vuole, purché paghi, e finché le aziende guadagneranno in funzione dei litri d’acqua venduti, siamo in un circolo vizioso mortale.

Il costituzionalista Stefano Rodotà fu promotore ed estensore dei quesiti referendari per l’acqua pubblica che ebbero nel 2011 uno straordinario successo di popolo, di democrazia e partecipazione, ma l’opposizione del Partito Democratico e del centrosinistra ad eleggerlo Presidente della Repubblica ha sicuramente tarpato un percorso di rinnovamento della politica di cui il M5S si era fatto portavoce. La storia tuttavia ci obbliga a tornare su quello stesso percorso interrotto e l’occasione potrebbe essere ancora una volta l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica.

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Di Maio: “Mi dicevano che sono gay, ma non mi sono offeso”. Poi parte il botta e risposta con Gruber

Botta e risposta serrato a “Otto e mezzo” (La7) tra il ministro degli Affari Esteri Luigi Di Maio e la conduttrice della trasmissione, Lilli Gruber, su un passaggio del nuovo libro dell’ex leader del M5s, “Un amore chiamato politica”, nel quale spiega che è stato definito omosessuale per discredito politico durante la campagna elettorale del 2018. “Ma nel 2021 – chiede la giornalista – lei pensa veramente che sia un discredito essere gay? C’è una ‘excusatio non petita’. Perché ha sentito il bisogno di chiarire?”. Di Maio risponde sorridendo: “Prendo la sua domanda come provocatoria. Io nel libro prima di tutto ho scritto che non mi sono offeso quando mi hanno dato dell’omosessuale. Ma era semplicemente una notizia non vera, perché io sono eterosessuale e felicemente fidanzato”. “Ma dice che hanno usato questa cosa per attaccarla?”, ripete Lilli Gruber. “Certo – replica Di Maio – L’hanno utilizzata nella campagna elettorale del 2018 diversi personaggi della politica e del giornalismo”.

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Movimento 5 stelle, tanta acqua è passata sotto i ponti (e troppe poltrone sono state scaldate)

di Carmelo Sant’Angelo

Un versetto del Deuteronomio recita: “Cercherete di vendervi come schiavi ai vostri nemici, ma nessuno vorrà comprarvi”. Sembra l’epilogo del Movimento 5 stelle, che si è venduto, senza condizioni, ai codini della Restaurazione. Nessuno li vuole più “comprare”: metà dei loro elettori gli ha voltato le spalle e gli alleati di governo dileggiano quotidianamente i pentastellati al solo scopo di umiliarli. La loro presenza nell’Esecutivo è incisiva come la figura di Ivanov, “un uomo superfluo”, secondo la definizione dello stesso Cechov.

A risollevare le sorti del Movimento è stato chiamato, a furor di popolo grillino, l’ex premier Conte che, al momento riempie le piazze ma non le urne. Ma sarà in grado il neo Presidente di recuperare una fetta dell’astensionismo? Sono tempi difficili, tempi in cui “il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati”, secondo le profetiche parole di Antonio Gramsci. Succede, pertanto, che i reazionari scendano in piazza vestiti da rivoluzionari e i rivoluzionari siedano nella stanza dei bottoni con le parrucche dei conservatori.

L’interregno si caratterizza per il venir meno del dualismo tra politica e mercato, la finanza si è appropriata delle leve del potere. Draghi è disceso tra noi e si è fatto premier. Condivisibile, pertanto, la prospettiva di Gramsci, secondo cui la crisi che configura l’interregno è una “crisi di autorità” in cui la “classe dominante”, sebbene abbia perso il consenso, mantiene il potere non già nonostante la crisi, bensì in virtù di essa. La crisi è, dunque, funzionale alla sopravvivenza del vecchio ordine. Con la formula “c’è la crisi, non c’è alternativa” viene legittimato un “governo dei mediocri”, che fa rimpiangere persino il pentapartito della Prima Repubblica. Almeno i democristiani conoscevano la Costituzione e sapevano frenare gli appetiti dei “prenditori” nostrani!

Se, dunque, la crisi è la condizione costitutiva dell’interregno, allora, come suggeriva Gramsci, a nulla serve cercare di riportare in vita ciò che è moribondo, perché il perpetuarsi del “vecchio” impedisce al “nuovo” di nascere. Sulla base di questa premessa, oltre che anacronistico, sarebbe illusorio pensare di poter riportare il Movimento alle sue origini. Tanta acqua è passata sotto i ponti e troppe poltrone sono state scaldate. Che il Movimento dovesse cambiare pelle l’aveva, da subito, intuito anche Giuseppe Conte. Il problema è che si è fermato alla semantica della comunicazione, peggiorando, a mio avviso, la situazione. Lo stile paludato di Conte, il suo modo di esprimersi attento, prudente, sibillino, doroteo ha, infatti, trasmesso ai suoi elettori la sensazione che il Movimento si sia barricato dentro il Palazzo. Serpeggia tra gli attivisti la convinzione che tutto ruoti intorno alla recondita finalità di salvare le scrivanie ministeriali di alcuni maggiorenti.

Conte appare, pertanto, alla base grillina come l’Edgar Degas della politica italiana, un maestro del pastello. Servirebbe, invece, un vaccino contro il virus veltroniano del “ma anche”, che ha contagiato l’ex premier. L’unico vaccino attualmente disponibile è il “moderna-Raggi”. Le parole della ex sindaca, la sera della sua sconfitta, potrebbero essere il manifesto per il nuovo Movimento: “Il mio cuore e il mio pensiero va agli ultimi, alle periferie. È stato un risultato importante che dà voce a tantissime persone che hanno creduto in me e nel lavoro che abbiamo fatto per ripristinare un’etica nella politica, riportare il rispetto della legalità nell’uso dei soldi pubblici, dare lavoro in modo pulito a ditte che prima non potevano lavorare (…)”.

Occorre sedare l’eterna rissa tra i penultimi contro gli ultimi, su cui lucra la destra, e mettere al centro i diritti sociali e la meritocrazia: salario, orario di lavoro, condizioni di vita dignitose, sicurezze. C’è un ceto medio che stenta a sopravvivere e che, oltre a non avere voce, ha perso anche la speranza nel futuro.

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Di Maio su caduta del Conte Uno: “Salvini? Inaffidabile. Non si prese neanche le sue responsabilità”. Scontro con Gruber e Giannini

Governo Conte Uno? Come ho scritto nel mio libro ‘Un amore chiamato politica’, Salvini fino all’ultimo momento diceva che il governo sarebbe durato 5 anni, ma poi arrivò una telefonata in cui disse: ‘No, i miei non mi consentono di andare avanti’. Non si prese neanche le sue responsabilità. Quanto ad affidabilità, non è stato esattamente il massimo”. Sono le parole pronunciate a “Otto e mezzo” (La7) dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che si rende protagonista di un fitto botta e risposta sia con la conduttrice Lilli Gruber, sia col direttore de La Stampa Massimo Giannini.


La prima querelle tra Di Maio e Gruber si scatena quando la giornalista chiede all’ex leader del M5s se è di centrosinistra. Il ministro risponde: “Io mi riconosco nei valori che riguardano l’ambientalismo, l’ecologismo, i temi che ho affrontato da ministro del Lavoro“.
Mi dica sì o no“, incalza la conduttrice.
Quando Di Maio ribadisce il suo scetticismo sulla categorizzazione di centrosinistra e di centrodestra, Gruber non ci sta: “Sì, sì. Fa parte della Realpolitik”.
Di Maio ripete che si riconosce pienamente nei valori della collocazione attuale del M5s: “Sono i valori legati al sociale, alle persone più deboli, ma anche alle imprese”.

Lilli Gruber gli ricorda che prima il M5s era alleato alle destre. Le fa eco Giannini, che ricorda la definizione di “partito di Bibbiano” attribuita al Pd.
Di Maio ribatte al direttore de La Stampa: “Mi meraviglia che lei si stia rivolgendo a me come a una persona che non ha riconosciuto che in questi anni sono stati commessi degli errori. Più volte ho detto che alcune questioni sono state affrontate da noi con atteggiamento sbagliato. Ma se per questo dobbiamo essere condannati per sempre ed essere trattati come quelli che sbagliano sempre, allora le dico che in questi anni, al di là del consenso, le leggi che abbiamo portato a casa sono leggi di cui io sono orgoglioso”.
Ma quale ‘per sempre’, lei ha appena 35 anni, Di Maio“, insorge Gruber.

La polemica si rinfocola quando Giannini fa notare a Di Maio che la perdita di consensi è imputabile al fatto che ‘con troppa disinvoltura si archiviano stagioni del passato e se ne aprono di nuove’.
Di Maio obietta: “Ma lei misura le stagioni coi governi che cambiano? È un sistema oggettivamente instabile e anche un po’ malato quello che cambia tre governi in tre anni e mezzo. Le stagioni non si possono misurare con le crisi politiche”.
Adesso è colpa del sistema“, commenta sarcasticamente la conduttrice.

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martedì 26 ottobre 2021

Regione Lombardia, tre auto di consiglieri M5s danneggiate con un trapano. La risposta del Palazzo: ‘Vadano al lavoro in metro, più sicuro’

Nel giro di una settimana, tre auto danneggiate con un trapano mentre erano parcheggiate nel garage “custodito” del Consiglio regionale della Lombardia. Episodi non casuali che sembrano quasi intimidatori: le tre automobili appartengono a due consiglieri regionali M5s. Una è della presidente della commissione regionale antimafia, Monica Forte. Le altre due appartengono a Marco Fumagalli, uno dei consiglieri pentastellati più attivi nel denunciare il malaffare.

L’auto della Forte è stata presa di mira il pomeriggio del 13 ottobre. Le due auto di Fumagalli il 20 e il 21 dello stesso mese. Una mano probabilmente comune, dato che per rigare le fiancate delle tre vetture è stato utilizzato lo stesso oggetto: una punta di trapano ritrovata da Fumagalli accanto all’auto e consegnata ai Carabinieri presso i quali ha sporto denuncia. Secondo i militari si tratta di episodi “inquietanti”, sui quali sono partite immediatamente le indagini.

Non è altrettanto preoccupato invece Mauro Fabrizio Fasano, Segretario generale del Consiglio regionale lombardo, il quale, una volta avvertito dell’accaduto, si è limitato a suggerire a Fumagalli di “andare al lavoro in metropolitana, perché più sicuro”. Del resto, secondo Fasano, non ci sarebbe alcun problema di sicurezza per gli eletti, dato non è possibile legare i vandalismi all’attività politica svolta dai due consiglieri grillini.

Resta però il fatto che il parcheggio dove sono avvenuti gli atti vandalici è ad uso esclusivo dei consiglieri regionali e dei dipendenti del Pirellone e che la sorveglianza è responsabilità della Regione, tanto che viene svolta dal personale di sicurezza del Pirellone. Altro aspetto inquietante è che l’autore degli atti vandalici fosse a conoscenza del fatto che il sistema di telecamere interne riprende solo le scale del parcheggio e non i piani sotterranei. E ha potuto agire indisturbato. Un vulnus che l’assessore regionale alla Sicurezza, Riccardo De Corato (un fautore della videosorveglianza totale) si è impegnato a sanare al più presto.

Comprensibile quindi l’arrabbiatura di Fumagalli: “Al di là dell’increscioso episodio, è inaccettabile che la risposta avuta dal Palazzo sia ‘deve venire in metropolitana perché non possiamo garantire la sicurezza alla sua autovettura’. Cosa che già detta a un normale cittadino è un’idiozia, ma detta ad un consigliere regionale la cui auto è pertinenza del proprio ufficio e che riceve l’atto vandalico nel luogo istituzionale in spregio alla libertà di pensiero e di movimento costituzionalmente garantita, lo ritengo assolutamente intollerabile”.

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No Green pass, il consigliere regionale 5 stelle Luigi Piccirillo ha messo per protesta la sua scrivania fuori dal Pirellone di Milano

Da consigliere regionale del Movimento 5 Stelle e dipendente del Comune di Milano, ha spostato la sua scrivania dal Pirellone al marciapiede per protestare contro il green pass. Luigi Piccirillo dal 26 ottobre lavora sotto un gazebo in piazza Duca d’Aosta, davanti alla Stazione Centrale. I pentastellati lombardi però prendono le distanze dalla sua attività, “espressione di iniziative personali – hanno spiegato in una nota – i cui contenuti sono stati celati e pertanto non condivisi con il gruppo regionale”.

“Da sempre molto sensibile alle tematiche che riguardano l’ambiente, l’energia rinnovabile, gli animali e il sociale” recita la sua biografia sul sito di Regione Lombardia. Classe 1982, Piccirillo è diplomato odontotecnico. Nel 2004 si è occupato di customer care per la Smartsat di Cormano – azienda di antifurti satellitari -, mentre dal dal 2006 è impiegato comunale, nel settore Gestione del personale.

No pass convinto, da mesi è contrario alla linea “pragmatica” dei 5 stelle, ha spiegato al Corriere della sera. “Chiedo l’abolizione del green pass in Lombardia, visto che il 90% dei cittadini ha già la seconda dose – afferma – La mia azione di protesta è contro l’uso politico della carta verde per sfavorire i lavoratori e le fasce di popolazione più povere e in difficoltà: questa situazione sta causando notevoli disagi sociali ed economici”. Entrato lunedì al Pirellone con il tampone, sulla sua immunizzazione invece preferisce non esprimersi: “Questa è un’informazione riservata. Comunque querelo chiunque mi definisca no vax, non ho mai esposto contrarietà al vaccino. Tutt’altro è avere dei dubbi“. Le sue posizioni “si collocano al di fuori della linea decisa di comune accordo dal gruppo – hanno ribattuto invece i suoi colleghi – La tutela della salute, dell’istruzione in presenza e del lavoro non possono lasciare spazio ad ambiguità politiche e convinzioni personali”.

Su Facebook e Twitter dice di ispirarsi a Falcone e Borsellino. Su Instagram Piccirillo ha pochi follower, compensati però dai 1.220 iscritti sul suo canale Youtube, su cui l’ultimo video pubblicato è il documentario RaiInventori di malattie“. “Motivato e spinto a dare un costante contributo in favore della comunità – racconta ancora sul sito della sul sito della Regione – Credo infatti che ogni persona abbia un impatto ambientale, un ruolo sociale ed un dovere civico individuale che si riflettono direttamente sulla vita di tutti”. Proprio questa convinzione lo ha spinto a sposare dalla sua elezione nel 2018 diverse battaglie, alcune meno condivisibili di altre. Da membro della Commissione Sanità e politiche sociali, ha presentato per esempio un’interrogazione sulle vaccinazioni pediatriche: chiedeva quali fossero “gli elementi che ci dimostrino l’effettiva innocuità di queste sostanze se introdotte nel corpo di un bambino” e sosteneva che “l’immunità di gregge si può raggiungere con mezzi naturali piuttosto che con quelli artificiali“. Alla scorsa settimana risale una nuova domanda di informazioni e documentazione sulle reazioni avverse al vaccino anti-Covid, ma anche il supporto alla campagna referendaria per l’abolizione della caccia.

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Un Posto al Sole, il caso della fiction di Rai Tre all’attenzione di Mario Draghi: ecco perché

Lo scorso 21 ottobre “Un posto al sole” ha spento venticinque candeline ma il daily drama in onda su Rai3 è da giorni al centro della scena mediatica per un possibile e discusso cambio di collocazione. La serie che si avvicina alle seimila puntate ogni sera ottiene circa il 7% di share con un pubblico fedelissimo di 1.6 milioni di telespettatori. Appuntamento alle 20.45 ma secondo il sito Dagospia quello slot potrebbe presto essere occupato da un nuovo talk show condotto da Lucia Annunziata, l’ennesimo nella fascia dell’access prime time.

Ipotesi non ufficiale ma nemmeno mai smentita: che fine farà la soap girata e ambientata a Napoli? Diversi i rumors che accenno allo spostamento alle 18.30 al passaggio in access su Rai2 fino all’ipotesi pomeriggio di Rai1. “Una follia, un suicidio”, ha tuonato Giovanni Minoli, ex direttore di Rai3 ed ispiratore della serie tv. Argomento caldo che passa da Palazzo Palladini a Palazzo Montecitorio e non solo: si arriva fino a Mario Draghi. Il deputato grillino Luigi Iovino ha presentato un’interrogazione anche al presidente del Consiglio per salvare la soap girata a Napoli, i cui ascolti potrebbero essere intaccati dallo spostamento nel palinsesto del canale diretto da Franco Di Mare.

Proprio su questo punto Iovino scrive che “Un posto al sole rischia di subire un’inevitabile crisi di ascolti a seguito della decisione di spostare l’orario di messa in onda delle 20.45, per fare spazio all’ennesimo talk politico” sottolineando che si tratta di “una delle produzioni di maggiore successo realizzata dalla storica sede Rai di Napoli, oltre che la più longeva della nostra tv di Stato”.

“Un posto al sole è un appuntamento di riferimento per tantissime famiglie italiane e siccome la Rai non è un’azienda privata, non può non tener conto del gradimento di tantissimi spettatori fidelizzati alla fiction, né si può rischiare di minare una produzione che da oltre un quarto di secolo rappresenta uno zoccolo duro nel palinsesto di Rai3, per sostituirla con un talk il cui gradimento non è affatto scontato“, ha aggiunto il parlamentare del Movimento 5 Stelle.

“Un’eventuale crisi della fiction rischierebbe di assestare un colpo fatale agli studi Rai di viale Marconi, senza dimenticare quanto, in termini di immagine, ‘Un posto al sole’ impatti da anni positivamente sull’indotto locale, rilanciando il ‘prodotto Napoli’ in termini di attrattività turistica. Elementi di cui il consiglio di amministrazione della Rai non può assolutamente non tenerne conto“, ha concluso Iovino. Cosa risponderà Draghi? L’argomento dovrebbe finire in cda con molta probabilità domani 27 ottobre, l’ipotesi agita buona parte dell’azienda e i fan promettono battaglia sui social.

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lunedì 25 ottobre 2021

Sondaggi, il Pd ora scavalca la Lega e tallona Fratelli d’Italia. Dopo i ballottaggi cresce l’alleanza giallorossa, cala il centrodestra

Il Pd scavalca la Lega e si avvicina a Fratelli d’Italia, da cui è distante ormai soltanto un punto. Nella settimana dopo i ballottaggi crescono – seppur di poco – i partiti dell’alleanza giallorossa, cala in modo speculare il centrodestra. Sono i numeri del nuovo sondaggio di Swg per il Tg La7 di Enrico Mentana: se si votasse domani – dice la rilevazione condotta su una platea di 1.200 elettori – il primo partito sarebbe ancora quello di Giorgia Meloni, ma con il 20,7%, in calo di quattro decimi dal 21,1% di lunedì 18 ottobre. La grossa novità, però – come già anticipato da Ipsos per il Corriere della Sera – è al secondo posto, dove si trova non più la Lega ma il Partito democratico: la forza guidata da Enrico Letta cresce di mezzo punto e arriva al 19,7% dal 19,2%, mentre il Carroccio perde due decimi e scende dal 19,4% al 19,2%, diventando terzo. Quarta piazza per il Movimento cinque stelle (+0,2%): dal 16,4% al 16,6%.

Al quinto posto, staccata di quasi dieci punti, c’è Forza Italia (6,8%, -0,2%) seguita da Azione (4,1%, + 0,2%), Mdp-Articolo 1 (2,5%, -0,4%), Sinistra italiana (2,4%, +0,2%), Italia viva (2,0%, 0,1%), Più Europa (1,9%, +0,3%) e i Verdi (1,9%, +0,1%). Nel complesso tutte le altre liste raccolgono il 2,2% (in calo di 0,2 punti), mentre il totale degli intervistati che non si esprimono rimane al 41%. Al momento la coalizione giallorossa raccoglierebbe quindi il 43,1% dei consensi (considerando anche Articolo 1, Sinistra Italiana e i Verdi), mentre il centrodestra unito con Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia si assesterebbe al 46,4%. Residuale lo spazio dei partiti di centro, con Azione, Italia viva e Più Europa che nell’insieme otterrebbero l’8%.

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sabato 23 ottobre 2021

Sondaggi, Pd e Letta hanno sorpassato Lega e Salvini. Conte perde 8 punti eppure resta il leader di partito col gradimento più alto

Avrà anche parecchi “tormenti” come titola il Corriere della Sera e di certo è cronaca di tutti i giornali la moltiplicazione di borbottii dentro i gruppi parlamentari dei 5 Stelle. Ma secondo lo stesso Corriere il leader politico più gradito ad oggi è l’ex presidente del Consiglio e attuale capo del Movimento Giuseppe Conte, sia pure in calo rispetto a questa estate. Il dato emerge dal sondaggio Ipsos che viene pubblicato mensilmente dal quotidiano Rcs. L’altro elemento rilevante è che, sia pure di poco, il Partito democratico sarebbe il primo partito. E quasi con un paradosso perché sembra una gara a vinciperdi: frenano tutt’e quattro le principali forze politiche (Pd, Lega, Fratelli d’Italia, M5s) ma da questa corsa all’indietro, appunto, emerge al momento il primato dei democratici. Infine, resta molto alto il gradimento per il presidente del Consiglio Mario Draghi, anche se in calo.

La forza (si fa per dire) dei partiti
Secondo l’istituto diretto da Nando Pagnoncelli il Pd ad oggi potrebbe contare sul 20,7 per cento dei consensi, in lieve calo dello 0,2 (quasi irrilevante) rispetto all’ultima rilevazione di ottobre. I democratici in questi tre mesi hanno sorpassato la Lega che registra la frenata più evidente tra i partiti maggiori (-1,1) e passa dal 21,1 al 20 netto. Rallenta anche Fratelli d’Italia, dopo la grande scalata del primo semestre dell’anno (contraddistinto dalla scelta dell’opposizione quasi solitaria alla mega-maggioranza del governo Draghi): il partito di Giorgia Meloni ad oggi è comunque al 18,8 (contro il 19 del 22 luglio, ultimo precedente di Ipsos). Scala di una marcia anche il M5s che torna sotto la soglia del 17 per cento registrato alle Europee di due anni fa. Si può dire che “l’effetto Conte” può fino a un certo punto: è al 16,5 (-0,6 rispetto a 3 mesi fa).

Sotto la linea del 10 per cento c’è Forza Italia anche se in ripresa (un trend registrato anche da altri istituti di sondaggio a dire la verità). E’ all’8 per cento, contro il 7 di luglio. I berlusconiani allungano su tutto il resto del gruppo di inseguitori che secondo Ipsos sono tutti al 2 per cento, chi in calo e chi in crescita: Azione (in calo), Italia Viva ed Europa Verde (in crescita) e Sinistra Italiana +Europa (stabili entrambi). Fa più fatica Articolo 1 (che comunque non agisce in modo autonomo né alle elezioni né al governo), fermo all’1,2.

Coalizioni più vicine (anche senza Azione e Italia Viva)
Tutto questo produce una situazione che un po’ traspare dai risultati delle amministrative: il centrodestra è più forte, ma non imbattibile. Secondo i calcoli dello stesso Nando Pagnoncelli, illustrati nel suo commento a corredo dei dati, la coalizione Fdi-Lega-Fi sarebbe al 46,8 per cento, in lieve flessione dello 0,7, mentre l’alleanza di centrosinistra e M5s (escluse Azione e Italia Viva) sarebbe al 44,4, in aumento di un punto. Insomma: il risultato finale sarebbe tutto da capire.

Più indecisi, nonostante le Comunali
Pagnoncelli sottolinea anche la “forte crescita dell’area grigia, rappresentata da indecisi e astensionisti”. Attualmente si tratta del 40,9 per cento di chi ha risposto al sondaggio, in aumento del 3,1 rispetto a questa estate. Un dato curioso visto che (in teoria) la campagna elettorale delle Comunali avrebbe dovuto chiarire le idee e invece ha avuto il risultato di confonderle, evidentemente.

Conte cala parecchio, eppure resta primo
Il gradimento di Conte cala di 8 punti in 3 mesi che è frutto di tante cose: le difficoltà del M5s, il pantano che ha preceduto la sua presa della direzione del Movimento, il duello con Grillo, una linea che non sempre è stata marcata e poi il fatto che non ha più un profilo istituzionale che gli conferiva un ruolo più super partes (specie in un momento difficile come la pandemia) e che è diventato leader di una parte, i 5 Stelle. Eppure è ancora in testa tra i capi partito: al 43, 6 punti davanti alla presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni (stabile dopo 3 mesi). Altra illusione ottica – dovuta all’impegno sulla lotta al virus – è quella del ministro della Salute Roberto Speranza: il partito che rappresenta è praticamente ultimo, ma lui è ancora il terzo leader più gradito, sia pure in discesa al 34 (contro il 37 di luglio).

I successi elettorali del Pd spingono il segretario Enrico Letta, anche se non moltissimo: è al 32 e supera Matteo Salvini (in calo di un punto). Riemerge anche Silvio Berlusconi, appaiato al 30 per cento con Salvini dopo un rialzo dal 27. La performance elettorale di Roma ha fatto bene a Carlo Calenda che rispetto a luglio incrementa il suo indice di gradimento personale di 3 punti, dal 25 al 28. Seguono poi il leader di Cambiamo Giovanni Toti al 27, Emma Bonino di +Europa al 25, il segretario di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni al 19, Maurizio Lupi di Noi con l’Italia al 18 e il co-portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli al 17.

Chiude la classifica, come ormai spesso accade, l’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi, al 14, anche se in crescita di due punti.

Gradimento per governo e Draghi in calo, ma ancora alto
Il logorìo consueto dell’attività di governo fanno pagare qualche prezzo in termini di popolarità sia all’esecutivo sia al presidente del Consiglio Mario Draghi. Bisogna dire però che entrambi registrano ancora indici di gradimento ben superiori alla metà degli intervistati: 60 per cento per il governo, 63 per Draghi. Entrambi in calo, come si diceva: -5 per l’esecutivo, -7 per il capo del governo.

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venerdì 22 ottobre 2021

M5s, ecco la nuova segreteria di Conte. Il leader: “Il confronto con il Pd continui, ma non siamo accessori. La fiducia a Draghi non è in bianco”

Il nuovo Movimento 5 stelle di Giuseppe Conte fa un altro passo. Il presidente M5s, davanti all’assemblea congiunta dei parlamentari, ha annunciato i cinque vicepresidenti che formeranno la sua segreteria: Paola Taverna (vicepresidente vicaria), Alessandra Todde, Mario Turco, Riccardo Ricciardi e Michele Gubitosa. Un annuncio che tra i 5 stelle era atteso da settimane, che permette al Movimento di strutturarsi ulteriormente e di farlo in una fase che si preannuncia molto delicata: prima dell’elezione del presidente della Repubblica e verso le prossime elezioni politiche. L’annuncio delle nomine da parte di Conte è stato anticipato da un discorso dai toni duri sul risultato “deludente” alle elezioni amministrative: una vera propria autocritica che ha messo sotto accusa i vari malumori fatti trapelare con “agenzia di stampa” con metodi che Conte non ha esitato definire da “vecchia politica”. “Non possiamo assolverci, dobbiamo incassare questa lezione e decidere ciò che vogliamo fare, ciò che vogliamo essere e ciò che non vogliamo essere”, ha detto l’ex premier.

Ha poi rinnovato la fiducia al Partito democratico: “Siamo disponibili a continuare il confronto col Pd”. Poi però l’ex presidente del Consiglio ha puntualizzato: “Nessuno pensi che la nostra spinta innovatrice possa spegnersi o accomodarsi in una funzione ancillare o accessoria a chicchessia”. E, a proposito del sostegno al governo Draghi, ha rimarcato: “Non è un assegno in bianco. Pretendiamo chiarezza su una rassicurazione fatta dal presidente del Consiglio in Consiglio dei ministri, che il cashback ripartirà nel 2022 dopo una sospensione” e “se qualcuno nei partiti di maggioranza vuole fermare l’innovazione e strizzare l’occhio agli evasori non avrà da noi il tappeto rosso”. Il Movimento, ha sottolineato, è “generoso, il sostegno a Draghi comporta un costo politico che stiamo pagando responsabilmente e coscientemente, abbiamo preso un impegno con gli italiani, non con Draghi, per prima cosa con gli Italiani – è stato il suo ragionamento – Fin in quando l’azione di governo perseguirà questi due obiettivi”, ovvero mettere in protezione i cittadini e il Pnrr, “il nostro sostegno sarà leale e non ci interessano le variazioni del consenso, se l’obiettivo è far ripartire l’Italia e farla correre.

Di certo questo non è un sostegno che nasce cieco e non muore cieco”. Allo stesso tempo ha anche rivolto un messaggio chiaro a chi, segretario dem Enrico Letta in testa, continua a proporre un nuovo Ulivo che vada dai 5 stelle a Renzi e Calenda. Rivolgendosi proprio al leader di Azione ha detto: “Forse non ti sei accorto che nessuno di noi si è mai dichiarato disponibile ad averti come alleato“. Mentre parlando del leader di Italia viva, lo ha liquidato come “il caso limite di chi, saltellando da una comparsata tv e un rinascimento arabo” deve “accontentarsi delle percentuali dei sondaggi che stabilmente lo accreditano un punto sopra lo zero”. Quindi, per metterlo in chiaro: “Il Movimento 5 stelle non si alleerà mai con Azione di Carlo Calenda né con Italia Viva di Matteo Renzi“.

La squadra di vice – La prima notizia è chi rimane fuori dalla segreteria: la nomina era molto ambita, soprattutto da parte di chi non può aspirare a breve a nuove cariche. Non ci sono infatti né Chiara Appendino, né l’ex ministra Lucia Azzolina. La scelta del leader M5s è caduta su nomi di strettissima fiducia. Intanto la vice vicaria, che prende il posto di Conte in caso di sua assenza, è la 52enne Paola Taverna: senatrice e vicepresidente di Palazzo Madama, esponente M5s della prima ora e molto vicina ai vertici, da Beppe Grillo a Giuseppe Conte. Tra i nominati anche il 53enne Mario Turco, senatore pugliese del M5s ed ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio durante il governo Conte 2: è noto da tempo per essere una delle figure rimaste più vicine all’ex premier. Poi Alessandra Todde, 52 anni, viceministra dello Sviluppo economico ed ex sottosegretaria al Mise durante il governo giallorosso; Riccardo Ricciardi, 39enne deputato e vicecapogruppo, è considerato molto vicino a Roberto Fico; Michele Gubitosa, 42 anni, deputato eletto all’uninominale ad Avellino e negli ultimi tempi molto vicino al presidente Conte. L’ex reggente Vito Crimi sarà invece il nuovo responsabile dei dati personali del Movimento 5 stelle.

L’autocritica dopo le Comunali “deludenti” – Il discorso di Conte si è aperto con l’autoanalisi sulle elezioni amministrative: “Non possiamo assolverci, dobbiamo incassare questa lezione e decidere ciò che vogliamo fare, ciò che vogliamo essere e ciò che non vogliamo essere”, ha detto. “Al ballottaggio abbiamo vinto 12 partite sulle 18 in gara, in cui eravamo protagonisti o da soli o con altre forze politiche. Abbiamo riconfermato quattro sindaci M5S e fra pochi giorni ci saranno i ballottaggi in Sicilia”. Ma oltre le vittorie, secondo Conte, bisogna ripartire dalle tante sconfitte: “Questa tornata elettorale è stata segnata dal mancato rinnovo, da parte dei cittadini, della fiducia che in passato ci aveva consentito di amministrare città importanti come Roma e Torino. A Raggi e Appendino va il nostro ringraziamento per l’impegno riposto nel superare i tanti ostacoli che hanno dovuto affrontare”. E in questa fase, serve secondo Conte una maggiore condivisione delle responsabilità: “No alla caccia ai singoli a cui addossare il marchio dei colpevoli. Serve una grande assunzione di responsabilità collettiva”. In generale “io ci ho messo la faccia. I numeri sono testimonianze di sfiducia, segnali che non abbiamo avuto la capacità di dialogare” con i territori. Offrire “progetti percepiti come utili dagli stessi cittadini. Dobbiamo impegnarci con passione, partendo dai bisogni delle realtà territoriali”. Quindi ha aggiunto: “Non è il tempo delle lamentele del piangerci addosso, dobbiamo essere i primi a credere nella ripartenza del movimento. Noi siamo il Movimento, non abbiamo bisogno di scimmiottare i modi della vecchia politica, che vi da tanti anni l’avete combattute”. Conte ha anche rivendicato di aver girato città per città, anche là dove il Movimento è andato molto male: “Prendo su di me onore e onori e sono orgoglioso di rappresentare questa comunità. Ma anche a voi, uno per uno, chiedo di avere spalle larghe e di sobbarcarvi il peso di questa ripartenza. Molti ci vogliono vedere divisi, hanno intrapreso una danza sperando nella nostra frammentazione o dissolvimento. A costoro dobbiamo rispondere con voce ferma: rimarrete delusi”. Secondo Conte serve un ritorno alle origini: “Dobbiamo tornare sui territori, guardare negli occhi i cittadini, stabilire con loro un dialogo stretto, continuo, sincero. Questo moto deve riguardare tutti noi, possiamo e dobbiamo fare di più. Ognuno deve fare la sua parte, in modo da restituire al Movimento la sua originaria vocazione, quella brillantemente intuita da Beppe Grillo, poi corroborata dall’intervento di Gianroberto Casaleggio“.

A proposito di ritorno alle origini, Conte ha anche chiesto prudenza sulle proteste dei portuali di Trieste. “No vax e ni vax. In passato abbiamo intercettato questi voti, poi la nostra scelta di seguire la via della scienza ha fatto sì che molti compagni di viaggio ci abbiano lasciato, ma ora abbiamo fatto chiarezza. Questo non cambia la nostra capacità di ascolto delle voci fuori dal coro, di protesta, se pacifiche e non violente. Noi non esultiamo per gli idranti di Trieste”, ha proseguito l’ex premier, “il nostro motto deve essere: meno passi nei palazzi, più orecchie sul terreno per ascoltare”.

Il messaggio a Calenda e Renzi – Molto importante e molto attesa era anche la presa di posizione sugli annunci di nuovo Ulivo che sono arrivati in questi giorni dal fronte del Partito democratico: l’offerta è concreta e lo stesso Letta l’ha rilanciata più volte dopo il risultato delle amministrative. Ma Conte ha voluto mettere in chiaro, davanti ai suoi, che il M5s non si alleerà né con Calenda né con Renzi: “Leggo che il leader di Azione non ci vuole come alleati – perché ridete? – ripete questo mantra per convincere se stesso che è giusto così, ma noi lo solleviamo dal dilemma e gli diciamo: non ti sforzare, forse non ti sei accorto che nessuno di noi si è mai dichiarato disponibile ad averti come alleato. Il Movimento 5 stelle non si alleerà mai con Azione di Carlo Calenda né con Italia Viva di Matteo Renzi. Il leader di Azione non ci vuole come suo alleato: non capisco perché continui a ripetere ossessivamente questo mantra, lo fa per convincere se stesso che sia giusto così. Ma noi lo solleviamo da questi dilemmi: gli diciamo non ti sforzare, non ti sei accorto che nessuno di noi si è mai dichiarato disponibile ad averti come alleato”. Una chiusura che per Conte vale anche per Renzi, tanto che non ha risparmiato attacchi e critiche per il responsabile della caduta del governo giallorosso: “C’è anche il caso limite di chi saltellando da una comparsata tv e un rinascimento arabo per chiedere l’abolizione di una misura contro la povertà, non ha neppure avuto il coraggio di presentarsi col suo simbolo accontentandosi delle percentuali dei sondaggi che stabilmente li accreditano un punto sopra lo zero. Persone che mentre noi eravamo impegnati nella sfida più dura della pandemia a marzo 2020, mentre tutti copiavano le nostre misure, andavano alla Cnn per dire non fate come l’Italia. Noi non abbiamo nulla a che vedere con persone che accecate dall’egolatria e dall’odio politico sono andati in tv a parlare male del nostro paese”.

Le prossime tappe per il M5s – Per i 5 stelle ora si aprono mesi complessi, con la prima sfida dell’elezione del presidente della Repubblica. Anche per questo Conte ha spinto perché il direttivo della Camera sia rinnovato il prima possibile e così, nonostante le resistenze degli ultimi tempi, pare che succederà. “Nei giorni scorsi abbiamo avuto un confronto” col direttivo, ha detto in apertura del discorso Conte, “avevo chiesto la cortesia di indicarmi i tempi per quanto riguarda i prossimi rinnovi dei direttivi. Al Senato era già in scadenza, qui alla Camera c’è una scadenza che veniva a coincidere con la procedura di elezione del Presidente della Repubblica. Avevo chiesto, per ragioni di esclusiva funzionalità, che questa scadenza potesse essere anticipata per quanto necessario, quindi il direttivo della Camera ci è venuto incontro e di questo dobbiamo ringraziarli”.

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Conte ai parlamentari M5s: “Dovremmo fare autocritica, invece c’è chi lascia filtrare notizie distorte. Non scimmiottiamo vecchia politica”

“I nostri principi sono più chiari che mai. E voglio essere chiaro con voi, non è questo il tempo delle lamentele, dobbiamo essere i primi a credere nella ripartenza del Movimento”. Così Giuseppe Conte intervenendo all’assemblea dei parlamentari del Movimento 5 stelle. Il leader del Movimento parlando a deputati e senatori ha aggiunto: “Nel territorio abbiamo raccolto cifre che dovrebbero indurci al silenzio, all’autocritica. Invece vedo trasparire manifestazioni di insofferenza, spinte individualistiche. Vedo qualcuno che ancora si balocca, lasciando filtrare alle agenzie qualche distorta informazione illudendosi che questo sia il modo più giusto e forse astuto per fare politica – ha concluso – ma noi siamo il Movimento non abbiamo bisogno di scimmiottare i modi della vecchia politica”.

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Giuseppe Conte interviene all’assemblea congiunta dei parlamentari del Movimento 5 stelle: segui la diretta tv

Il presidente del Movimento 5 stelle, Giuseppe Conte, interviene all’assemblea congiunta dei gruppi parlamentari del Movimento 5 stelle. La diretta tv.

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giovedì 21 ottobre 2021

M5s, la richiesta di cambiare capogruppo (con un mese e mezzo d’anticipo) agita i deputati. Conte: “Riinnovo in vista del voto per il Colle”

La richiesta di eleggere, con alcune settimane di anticipo, i nuovi vertici del gruppo alla Camera scatena un mezzo terremoto interno al Movimento 5 stelle. E infatti Giuseppe Conte deve intervenire direttamente per spiegare di aver effettivamente chiesto “ai direttivi di valutare l’opportunità di anticipare per quanto possibile le procedure di rinnovo dei direttivi, in modo da poter affrontare un appuntamento così importante come l’elezione del Presidente della Repubblica con direttivi pienamente legittimati per tutta la durata della procedura”. Ma si tratta di una situazione, specifica l’ex premier, che “è chiara e lineare, a differenza di alcune ricostruzioni false e fuorvianti”.

Il caos si è scatenato quando a Davide Crippa, attuale capogruppo alla Camera, è stato chiesto di anticipare la scadenza del suo mandato per allinearla a quella del capogruppo al Senato, che terminerà a fine mese. Il mandato di Crippa scade invece a metà dicembre. La richiesta, raccontavano fonti interne alle agenzie di stampa, era stata avanzata a Crippa per favorire la formazione della nuova “segreteria” di Conte, che – secondo l’agenzia Adnkronos, domani annuncerà ai gruppi 5 Stelle, riuniti in assemblea dalle ore 19, i cinque vice che lo affiancheranno alla guida del Movimento 5 Stelle. La richiesta di dimissioni anticipate, però, veniva motivata da alcune fonti anche col fatto che l’attuale capogruppo alla Camera non è indicato tra i fedelissimi del leader M5s. E’ per questo motivo che l’ex presidente del consiglio è intervenuto direttamente per smentire: “La richiesta di rinnovo dei direttivi M5s di Camera e Senato non nasce, come maliziosamente rappresentato, dalla sfiducia rispetto ai direttivi uscenti, che anzi hanno sin qui svolto un ottimo lavoro ma dall’esigenza di garantire piena funzionalità operativa nell’interesse del Movimento”, dice l’ex premier, sottolineando di aver “fatto appello al senso di responsabilità del direttivo”.

Ma perché allora Conte ha chiesto a Crippa un passo indietro con circa un mese e mezzo di anticipo rispetto alla naturale scadenza del mandato? “Ho chiesto ai direttivi di valutare l’opportunità di anticipare per quanto possibile le procedure di rinnovo dei direttivi, in modo da poter affrontare un appuntamento così importante come l’elezione del Presidente della Repubblica con direttivi pienamente legittimati per tutta la durata della procedura”, ripete l’ex presidente del consiglio. Spiegando che “l’elezione dei nuovi capigruppo alla Camera e al Senato è un passaggio fondamentale per garantire l’ottimo lavoro che il Movimento 5 Stelle ha costantemente portato avanti in Parlamento. Mentre a Palazzo Madama Ettore Licheri concluderà il suo mandato a fine mese, alla Camera il direttivo guidato da Crippa verrà a scadere proprio durante la procedura di elezione del Presidente della Repubblica“. Conte cerca di gettare acqua sul fuoco: “Chiedo a tutti di evitare strumentalizzazioni che possano esacerbare gli animi, forse a beneficio di qualche singolo ma non di certo del Movimento 5 Stelle. Quello che interessa per noi non sono caselle e posizioni di potere ma le scelte migliori che possano portarci a centrare gli obiettivi del Movimento. Tutti siano concentrati su questo”.

A Montecitorio, però, non sembra profilarsi un passo indietro di Crippa. I retroscena raccontano di una tesissima riunione del direttivo M5S alla Camera andata in scena martedì sera a Montecitorio. I parlamentari più vicini a Conte pressano il capogruppo per un passo indietro, ma c’è anche chi non prende una posizione: in fondo la scadenza naturale sarà prima della fine dell’anno. Crippa, al momento, non sempra intenzionato a cedere. Neanche dopo le dichiarazioni di Conte, l’attuale capogruppo è disponibile a dimettersi. E dunque la situazione d’impasse ai vertici dei 5 stelle sembra destinata a durare.

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mercoledì 20 ottobre 2021

Venezuela, l’ex capo degli 007 di Chavez: da Caracas soldi anche al M5s. Casaleggio: “Falso, querelo”. Meloni: “Conte prenda le distanze”

È una testimonianza che ha già scatenato ripercussioni politiche anche in Italia quella di Hugo El Pollo Carvajal, ex capo dell’intelligence venezuelana ricercato dagli Stati Uniti con l’accusa di narcotraffico e appartenenza al crimine organizzato, che per evitare l’estradizione negli States, dopo che tre giudici del tribunale spagnolo dell’Audiencia Nacional hanno dato il loro nulla osta, ha dichiarato che fornirà informazioni sui finanziamenti illeciti del regime venezuelano di Hugo Chavez, prima, e di Nicolas Maduro, poi, nei confronti di diverse formazioni politiche internazionali. E al fianco di Néstor Kirchner in Argentina, Evo Morales in Bolivia, Lula Da Silva in Brasile, Fernando Lugo in Paraguay, Ollanta Humala in Perù, Zelaya in Honduras, Gustavo Petro in Colombia e Podemos in Spagna spunta anche, e di nuovo, il Movimento 5 Stelle. Versione, la sua, simile a quella rilanciata dalla Abc spagnola più di un anno fa e per la quale Davide Casaleggio aveva querelato il media. Adesso il figlio di Gianroberto Casaleggio ribadisce la totale estraneità ai fatti del padre e promette nuove azioni giudiziarie. Mentre la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, si rivolge al capo politico pentastellato, Giuseppe Conte, chiedendogli di “fare chiarezza”.

Le dichiarazioni di Carvajal al giudice spagnolo Manuel García-Castellón sono contenute in una lettera pubblicata dal sito Okdiario. “Il governo venezuelano ha finanziato illegalmente movimenti politici di sinistra nel mondo per almeno 15 anni “, ha scritto, sostenendo che il flusso di denaro continuerebbe ancora oggi. Versione che i togati dovranno analizzare bene anche tenendo conto della posizione giudiziaria del presunto testimone che, ricavandosi un ruolo chiave in un’inchiesta sui finanziamenti di Caracas alle forze politiche straniere, tra cui una spagnola, potrebbe almeno rimandare la sua estradizione negli Stati Uniti.

Nel suo racconto l’ex uomo dei servizi di Chavez ha detto che “mentre ero direttore dell’intelligence militare e del controspionaggio in Venezuela, ho ricevuto un gran numero di rapporti che indicavano che si stava verificando questo finanziamento internazionale”. Ed è poi passato a fare un elenco di tutti i partiti che, a suo dire, hanno ricevuto i soldi da Caracas: “Tutti questi sono stati descritti come destinatari di denaro inviato dal governo venezuelano “, afferma. L’ex capo dell’intelligence sostiene anche che “attualmente, il finanziamento illegale dei movimenti di sinistra in tutto il mondo continua ad essere una pratica comune del governo di Nicolás Maduro, che lo aveva reso parte della sua politica estera quando era ministro degli Esteri del Venezuela”.

Carvajal si sofferma in particolare proprio sui presunti rapporti con il M5s, sostenendo di conoscere perfettamente il caso e indicando in Gianroberto Casaleggio, ispiratore del Movimento insieme a Beppe Grillo, l’anello di congiunzione tra la formazione e il governo venezuelano. E ha confermato la cifra di 3,5 milioni di euro già fatta circolare da Abc: “Un altro esempio dei tanti movimenti comunisti nel mondo finanziati da Maduro e di cui ho ricevuto una dettagliata relazione, è quello relativo al Movimento 5 Stelle per mano di Gianroberto Casaleggio – ha detto – che è stato segnalato dall’Addetto Militare del Venezuela in Italia dove si è saputo che è stata inviata una valigia con 3,5 milioni di euro in contanti“. La persona incaricata di inviare i soldi a Casaleggio, secondo Carvajal, era l’allora ministro dell’Interno, Tareck el-Aissami. L’invio di denaro sarebbe stato “approvato e autorizzato dall’allora ministro degli Esteri Nicolás Maduro” e la somma sarebbe “stata portata in quel Paese attraverso una borsa diplomatica“.

Tareck el-Aissami, ora ministro delle Industrie e della Produzione Nazionale del governo Maduro, è uno dei pezzi grossi del potere chavista. Per la Casa Bianca, è la chiave di volta delle operazioni di narcotraffico che alimentano il flusso di denaro illegale al chavismo e gli Usa offrono 10 milioni di dollari per la sua cattura. Secondo un file segreto compilato da agenti venezuelani e consultato dal New York Times, el-Aissami e i suoi parenti “hanno aiutato militanti di Hezbollah a infiltrarsi nel Paese, hanno fatto affari con un narcotrafficante e hanno custodito 140 tonnellate di sostanze chimiche che si ritiene venissero usate per la produzione di cocaina“.

Carvajal venne arrestato in Spagna nell’aprile del 2019 proprio su un mandato di cattura del 2011 emesso da Washington. Dopo che gli Usa ne chiesero l’estradizione al governo di Madrid e dopo che questa venne approvata da un tribunale spagnolo, Carvajal fece perdere le sue tracce. A marzo dello scorso anno, il dipartimento di Stato offrì una ricompensa di 10 milioni di dollari per ottenere informazioni sul suo conto. Il 9 settembre di quest’anno, Carvajal è infine stato arrestato dalla polizia spagnola mente si nascondeva in un appartamento di Madrid.

Sulla vicenda è subito intervenuta Giorgia Meloni che si è rivolta direttamente a Giuseppe Conte chiedendo di “fare chiarezza” sui presunti legami di cui parla El Pollo: “Apprendiamo che l’ex capo dell’intelligence militare di Chàvez, Hugo Carvajal, avrebbe confermato alla giustizia spagnola il finanziamento ai partiti amici del regime venezuelano in giro per il mondo – ha dichiarato – Tra questi ci sarebbe anche il M5S. Una notizia diffusa in passato dal quotidiano spagnolo Abc, che aveva parlato di una valigetta con 3,5 milioni di euro in contanti inviata da Nicolas Maduro, allora ministro degli Esteri di Chàvez e oggi presidente del Venezuela, e fatta arrivare a Gianroberto Casaleggio. Fratelli d’Italia chiede ufficialmente al M5S e al suo presidente Giuseppe Conte di chiarire queste notizie e di prendere politicamente le distanze dalla dittatura comunista di Caracas che sta affamando il suo popolo e ha costretto milioni di persone a scappare dalla loro Patria”.

In risposta alle accuse è intervenuto Davide Casaleggio: “Mio padre non ha mai preso denaro dal governo del Venezuela – ha ribadito – Già lo scorso anno si è dimostrato che il documento portato come prova era stato contraffatto con Photoshop. Mio padre ha fatto politica sempre con spirito francescano, non ricevendo mai alcun tipo di stipendio pubblico o di partito o ricompense economiche. Ribadisco, come fatto già in passato, che si tratta di notizie false e sono profondamente indignato da come siano usate in modo strumentale per calunniare una persona che non c’è più. Qualche giorno fa è partito il processo contro il quotidiano spagnolo Abc che ho querelato così come saranno oggetto di querela, anche oggi, tutti gli altri organi di stampa che continuano a rilanciare questa calunnia”.

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