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venerdì 29 aprile 2022

Termovalorizzatore a Roma, Silvestri (M5S) scrive a Draghi: “Incenerire i rifiuti è contro gli obiettivi del Pnrr, il governo ci ripensi”

Pubblichiamo, in anteprima, la lettera inviata al Presidente del Consiglio Mario Draghi dal deputato M5S Francesco Silvestri in merito al progetto del sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, di realizzare un termovalorizzatore per lo smaltimento dei rifiuti nella Capitale.

Illustre Presidente del Consiglio dei Ministri,

In qualità di membro del tavolo istituzionale per gli interventi e per le opere necessarie allo svolgimento del Giubileo della Chiesa cattolica previsto per l’anno 2025, ho il dovere di stigmatizzare la spiacevole notizia secondo cui sarebbe in redazione un Decreto Legge – di prossima emanazione – contenente una disposizione concernente la gestione dei rifiuti di Roma Capitale nell’ambito degli interventi funzionali al Giubileo dell’anno 2025, con particolare riferimento alla individuazione di un Commissario straordinario titolato, tra l’altro, alla predisposizione di progetti per nuovi impianti destinati alla gestione di rifiuti, anche pericolosi.

Alla luce delle recenti dichiarazioni del Sindaco di Roma Capitale, Roberto Gualtieri, circa la possibilità di realizzare un impianto di incenerimento di rifiuti a Roma entro il Giubileo, evidenzio che la disposizione si porrebbe in palese contrasto con l’indirizzo politico del Governo, dal momento che la tutela ambientale è una delle priorità del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) nell’ambito della gestione attenta e sostenibile del ciclo dei rifiuti in coerenza con la Strategia nazionale per l’economia circolare.

Le Linee guida comunitarie per l’applicazione del principio “Do No Significant Harm” (DNSH) agli interventi dei Piani nazionali di attuazione del Piano Next Generation EU citano esplicitamente l’incremento dell’incenerimento dei rifiuti tra le attività che arrecano un danno significativo all’economia circolare.

Un provvedimento come quello in oggetto configurerebbe una lesione costituzionale della potestà legislativa in ambito regionale. Inoltre, una gestione dei rifiuti non coincidente con la gerarchia europea, che dà massima priorità a prevenzione e riciclo, contrasta con la recentissima legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1, che ha introdotto non solo il principio fondamentale della tutela dell’ambiente, delle biodiversità e degli ecosistemi nella nostra Carta costituzionale, ma anche la previsione per cui l’iniziativa economica deve essere esercitata in modo da non arrecare danni all’ambiente e alla salute.

Oltretutto, come noto, il Tavolo istituzionale per gli interventi e per le opere necessarie allo svolgimento del Giubileo della Chiesa cattolica previsto per l’anno 2025, istituito dall’art. 1, commi 645-646, della Legge 30 dicembre 2020, n.178 (Legge di Bilancio 2021) non ha mai esaminato né valutato l’intervento normativo in questione.

Dunque, Illustre Presidente del Consiglio, in quanto membro del Tavolo suddetto, Le chiedo formalmente di procedere, con somma urgenza, alla sua convocazione, al fine di una valutazione approfondita della norma in questione e, segnatamente, della sua compatibilità ambientale, economica e sociale con gli interventi e le opere da realizzare per l’evento giubilare. Auspico inoltre che, nelle more della convocazione del Tavolo, la disposizione in questione venga espunta dall’esame del Consiglio dei ministri, al fine di una più proficua ed efficace analisi della questione.

Con i sensi della mia considerazione,

Dep. Francesco Silvestri

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“Conte ha incontrato Orsini per candidarlo”: il “retroscena” compare anche su Repubblica. L’ex premier: “Falsità, non ci ho mai parlato”

“Non scriviamo falsità. Non ho mai incontrato, né parlato, né espresso valutazioni sul professor Orsini e non ho mai discusso una sua candidatura”. Così Giuseppe Conte si è trovato costretto – ancora una volta – a smentire più o meno fantasiose ricostruzioni di stampa su presunti ammiccamenti a sfondo elettorale del M5S verso l’accademico della Luiss. Giovedì è stata Repubblica a dare per certo un incontro tra i due, sostenendo che l’ex premier (incoraggiato da una non meglio precisata “persona che conosce bene entrambi”) abbia invitato il docente a un appuntamento riservato “per confrontarsi sul conflitto in Ucraina”, in cui gli avrebbe “chiesto consigli” e manifestato apprezzamento per il suo “pensiero laterale“. Per poi sondare una disponibilità a candidarsi con il Movimento alle prossime politiche, “proposta che Orsini non avrebbe respinto, anzi”. E serve a poco che l’avvocato, a margine di un convegno organizzato dalla Uil, abbia detto di non conoscere nemmeno il professore di sociologia del terrorismo: “Conte sull’invasione dell’Ucraina si confronta con Di Maio o preferisce chiedere consiglio a Orsini? Giusto per sapere, chiedo per un amico…”, scrive beffardo su Twitter il presidente della Commissione Affari europei del Senato, il dem Dario Stefano.

Le voci di un abboccamento peraltro erano già state rispedite indietro dallo stesso Orsini: “Io non ho smentito questa bufala gigantesca perché ho voluto prendere in giro i miei detrattori e calunniatori. Mi sono fatto grandi risate in famiglia in questi giorni. È una bufala che non sta né in cielo né in terra”, ha detto domenica sera a Non è l’Arena su La7. “Il Movimento 5 Stelle non mi ha mai contattato, mai avuto contatti nella mia vita. Tutte le persone a me più care mi hanno consigliato di smentire, perché era una mossa per screditarmi e suggerire il secondo fine di entrare in Parlamento. Non ho smentito perché mi sono divertito troppo”, ha spiegato il professore, precisando peraltro di aver votato nel corso della sua vita prevalentemente per il Pd.

Qualche giorno prima un retroscena molto simile era stato costruito dal Foglio, che basandosi su un singolo virgolettato attribuito a “parlamentari grillini sdraiati sui divanetti” – “La cosa non ci stupirebbe” -, titolava: “Dalla tv al Parlamento: nel M5S si parla di candidare Orsini alle politiche”. “L’attrazione di un pezzo di mondo grillino che conta verso Orsini c’è, eccome. E cresce giorno dopo giorno”, scriveva il quotidiano per accreditare la ricostruzione, assicurando che “i parlamentari del Movimento ne discutono garruli” e “Conte svicola con chi gli fa battute piene di giusta curiosità”. E affidandosi, per corroborare la tesi, non a un grillino ma al senatore Pd Andrea Marcucci: “Orsini, con i suoi giudizi strampalati, è ormai diventato un protagonista del circo mediatico. Ritengo plausibile che qualcuno provi a candidarlo”. Anche in questo caso Conte si era premurato di smentire tutto, ma senza successo: “L’ipotesi, al di là delle smentite di rito, inizia a camminare nel Palazzo”. E tanto basta.

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martedì 26 aprile 2022

Guerra Russia-Ucraina, Conte: “M5s si oppone all’invio di aiuti militari. Chiesto a Draghi e Guerini di riferire in Parlamento”

“Il M5s si oppone all’invio di aiuti militari e a controffensive che esulino dal perimetro del legittimo esercizio del diritto di difesa di cui all’articolo 51 della Carta dei diritti dell’uomo”. Così il leader M5s Giuseppe Conte al termine del Consiglio nazionale del Movimento che ha deliberato la decisione. Sottolineando che è stato anche chiesto “a Draghi e al ministro Guerini di riferire in Parlamento in modo che ci sia piena condivisione sull’indirizzo politico e piena possibilità di conoscere gli interventi programmatici del governo “.

Secondo Conte la decisione del M5s “non spacca assolutamente la maggioranza” perché “il nostro è un contributo e inoltre nessuno ci ha mai detto che l’Italia vuole spingere per un’escalation militare”.

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Nuove armi all’Ucraina, Conte: “No del M5S ad aiuti militari fuori dal diritto di difesa sancito dalla Carta Onu. Il governo riferisca in Aula”

“Il M5S si oppone all’invio di aiuti militari e a controffensive che esulino dal perimetro del legittimo esercizio del diritto di difesa di cui all’articolo 51 della Carta dell’Onu“. Lo ha detto Giuseppe Conte al termine del Consiglio Nazionale del Movimento, tenuto a Roma per discutere della posizione da tenere in Parlamento in vista dell’arrivo di un nuovo decreto sull’invio di armi in Ucraina. L’organismo – che riunisce tra gli altri i vicepresidenti, i capigruppo di Camera e Senato, i ministri 5s e referenti dei comitati – si è riunito in tarda mattinata nella sede di via di Campo Marzio a Roma. “Prederemo una posizione e poi la condivideremo con il governo”, aveva dichiarato l’ex premier poco prima del vertice. E ora annuncia di voler chiedere al premier Mario Draghi e al ministro della Difesa Lorenzo Guerini “di riferire in Parlamento in modo che ci sia piena condivisione dell’indirizzo politico e possibilità di conoscere gli interventi programmatici del governo”. La disposizione dello Statuto delle Nazioni Unite citata da Conte tutela “il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva, nel caso che abbia luogo un attacco armato contro un Membro delle Nazioni Unite, fintantoché il Consiglio di Sicurezza non abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionale.

Nella nota diffusa dal Movimento si legge che il Consiglio Nazionale ha deliberato all’unanimità “di confermare la piena e risoluta condanna dell’aggressione militare condotta dalla Russia contro l’Ucraina, perché contraria ai più elementari principi di diritto internazionale, non provocata e non giustificata; di esprimere profonda indignazione per i ripetuti attacchi arrecati dalle forze militari russe alla popolazione e alle infrastrutture civili che contrastano con il diritto internazionale umanitario e configurano crimini di guerra; di confermare la necessità di mantenere un incisivo piano di sanzioni per dissuadere la Russia dal proseguire nell’invasione e, se del caso, di incrementare il livello sanzionatorio con misure ancora più severe”. Ma anche, per l’appunto, “di opporsi all’invio di aiuti militari e di controffensive che possano travalicare le esigenze legate all’esercizio del diritto legittima difesa sancito dall’art. 51 della Carta delle Nazioni Unite, che rimane obiettivo primario e ragione giustificativa della reazione in corso e “di ritenere che l’Italia debba promuovere tutti gli sforzi necessari, in sede europea, euro-atlantica e internazionale, affinché sia contrastato il rischio di un’ulteriore escalation militare e sia invece favorito il rilancio delle negoziazioni diplomatiche, in modo che il conflitto attuale non deflagri in uno scontro militare di proporzioni sempre più vaste e incontrollabili, ma venga risolto attraverso una soluzione politica, giusta, equilibrata, duratura e pienamente in linea con i principi di diritto internazionale”.

Poche ore prima il garante Beppe Grillo, che la settimana scorsa ha stretto un accordo coi vertici M5s per tornare a occuparsi della comunicazione, sul suo blog aveva pubblicato un post pacifista dal titolo: “La guerra non è più una scelta“. Il fondatore del Movimento ha portato l’esempio delle scelte prese dal Costa Rica, riportando uno stralcio tratto dal libro “Salva la terra o tutti giù per terra” di James Bruges. “Nel 1948 José Figueres, presidente del Costa Rica smantellò l’esercito”, si legge. “I fondi per la difesa furono assegnati all’istruzione e alla sanità. Le banche, le assicurazioni, tutti i servizi di pubblica utilità e le ferrovie furono statalizzati. Furono introdotti una tassa sulla ricchezza e un sistema di sicurezza sociale“. Ma, continua, “non fu un cammino semplice. Gli Stati Uniti cercarono di cacciare Figueres nel 1950 e tentarono per due volte di assassinarlo. Una disputa vecchia di cent’anni col Nicaragua per lo sfruttamento del fiume San Juan s’infiammò nel 1998, ma fu sedata dopo due anni di pazienti negoziati senza ricorrere alle armi. E, cosa significativa, il Costa Rica è l’unico Stato della regione a non essere stato invaso o usato come base dagli Stati Uniti. Ora il Paese è democratico, relativamente ricco e regolarmente nelle prime 50 posizioni dell’Indice di Sviluppo Umano delle Nazioni Unite”. Quindi il libro conclude citando le parole dell’ex presidente, secondo cui “i costaricani hanno coltivato uno spirito di civiltà, antitetico alla militarizzazione e alla violenza, capace di trovare soluzioni pacifiche ai conflitti e rispettose dei diritti altrui. In assenza di armi per mezzo delle quali imporre un’idea, l’unica arma che resta è la ragione. Oggi le persone come me sono pienamente convinte del fatto che uno Stato che organizza un esercito diventa aguzzino di se stesso“.

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domenica 24 aprile 2022

Il M5s espelle Petrocelli per il tweet che celebra la Liberazione con la Z “russa”. Conte: “Vergognoso, il 25 aprile è ricorrenza seria”

Il senatore Vito Petrocelli sarà espulso dal Movimento 5 Stelle. A comunicarlo è il presidente Giuseppe Conte. Il motivo è il tweet che Petrocelli, presidente della commissione Esteri di Palazzo Madama, aveva scritto nel pomeriggio: “Per domani buona festa della LiberaZione“, con la zeta maiuscola che poteva apparire come un refuso, ma è apparso soprattutto come un chiaro riferimento alla lettera diventata simbolo delle truppe russe che hanno scatenato la guerra per invadere l’Ucraina. Molti utenti hanno risposto al tweet con commenti indignati, tra l’altro scrivendo di aver segnalato il post al gestore della piattaforma. “Stiamo completando la procedura di espulsione – scrive Conte – Il suo ultimo tweet è semplicemente vergognoso. Il 25 aprile è una ricorrenza seria. Certe provocazioni sono inqualificabili”. La posizione di Petrocelli è stata subito “isolata” nel M5s: “Sinceramente non ho più parole – dice la vicepresidente del Senato Paola Taverna – Quella tua Z offende chi lotta oggi e chi ha lottato ieri. Quella Z offende la libertà, offende i valori su cui si fonda la nostra democrazia, offende chi è morto per la libertà, anche per la tua. Offende te, senatore della Repubblica nata dalla Resistenza”.

Petrocelli – che nella scorsa legislatura del M5s è stato anche capogruppo – alcune settimane fa aveva votato contro la mozione bipartisan con la quale il Parlamento (M5s compreso) aveva deciso l’invio di aiuti (anche militari) all’Ucraina. In quel caso i 5 Stelle non avevano preso nessun provvedimento parlando di un voto di coscienza. A marzo aveva dichiarato: “Fuori da questo governo interventista, vuole fare dell’Italia un paese co-belligerante”. Nei giorni scorsi Petrocelli – che non ha mai voluto lasciare il posto da presidente di commissione che peraltro non è sfiduciabile – ha infine twittato: “Chiedo scusa per ogni volta che ho votato la fiducia al governo Draghi. La disciplina di partito, che ho sempre seguito, è andata a sbattere contro le scelte di guerra. Non parteciperò più al voto di qualsiasi legge finché ci sarà questa maggioranza”.

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Elezioni Francia, politologo Lazar: “Macron? Forse vincerà ma il Paese sarà molto diviso, con un odio trasversale nei suoi confronti”

Quale Francia emergerà da questo voto se verrà rieletto stasera Macron? Sarà una Francia molto divisa, con una estrema destra molto diffusa, un tasso di astensionismo enorme, una grandissima diffidenza verso la politica e un odio trasversale nei confronti di Macron da parte della sinistra, dell’estrema destra e di tanti ceti popolari. C’è un grande rischio per Macron, anche con la sua vittoria: potrebbe pensare che ha vinto, mentre, secondo me, in realtà non ha convinto. E questo è un grande problema per lui, perché dovrà convincere i francesi e cercare di riunire questo Paese molto fratturato. “. Sono le parole pronunciate ai microfoni della trasmissione “Il caffè della domenica”, su Radio24, dal politologo francese Marc Lazar, docente della Luiss e dell’Istituto di studi politici di Parigi, Sciences Po, a proposito del voto che oggi riguarderà 15 milioni di francesi.

Lazar descrive la complicata situazione politica e sociale in Francia: “Dai sondaggi sappiamo che quasi un elettore su due di Jean-Luc Mélenchon non andrà a votare o voterà scheda bianca, quindi il 18% dei voti degli elettori del partito di sinistra La France Insoumise dovrebbe andare per la Le Pen e il resto per Macron. La guerra Russia-Ucraina non ha avuto alcuna influenza, se non all’inizio, quando ha causato il declino molto rapido del candidato di estrema destra Eric Zemmour, talmente legato a Putin che è davvero crollato. Ma successivamente i francesi non si sono interessati alla guerra al punto da esserne influenzati nel voto. La motivazione principale del voto francese è la situazione sociale. È stata indubbiamente una campagna elettorale non entusiasmante e priva di grande passione, tanto che quasi l’80% dei francesi non voleva scegliere tra Macron e Le Pen. Tuttavia, è sbagliato accusare i due candidati di non aver presentato un progetto”.

Il politologo spiega: “Marine Le Pen ha un progetto molto chiaro di società, di politica, di economia e lo ha presentato in questa campagna molto intensa: si è presentata con un volto normale, ma c’è da dire che in Francia l’estrema destra ha un aspetto umano. Anche se dice che non vuole uscire dall’Europa, in realtà vuole uscire dalla Ue, vuole cambiare le istituzioni politiche francesi, vuole separare i francesi e gli stranieri, vuole rimettere in discussione tutti i principali elementi della cultura politica francese. Dal canto suo – continua – Macron è entrato tardi nella campagna elettorale: quando ha cominciato a vedere il pericolo della Le Pen, ha cercato di difendere il suo bilancio governativo, ha ammesso l’esistenza dei problemi in Francia e soprattutto ha insistito sulla preoccupazione sociale francese e sull’ecologia. La verità è che ci sono sicuramente due progetti di Paese nel programma di Le Pen e di Macron, ma anche due rigetti che oggi si confrontano nel voto francese: il rigetto di Le Pen e il rigetto di Macron“.

Lazar, infine, individua alcune analogie tra lo stato attuale della politica in Francia e in Italia: “Ovviamente c’è una enorme differenza tra i due Paesi per la legge elettorale e per il fatto che noi eleggiamo un presidente della Repubblica con poteri enormi, mentre in Italia c’è un sistema parlamentare. Ci sono però cose abbastanza simili, come ad esempio un’estrema destra forte, ma divisa. Fratelli d’Italia, infatti, non ha sostenuto Marine Le Pen, la stessa Giorgia Meloni ha detto che non si riconosce in lei. Salvini, invece, ha subito sostenuto fortemente la Le Pen. Anche in Italia – conclude – c’è il problema di costituire una forza di centro che riunisca Pd, alcuni raggruppamenti, una parte di Forza Italia, con una linea direttrice: l’Europa. Anche questa è la grande lezione del voto francese: chi è con l’Europa e chi è contro l’Europa. In più, in Italia, c’è il grosso problema di sapere che fine farà il M5s: farà un’alleanza col Pd o cercherà di correre da solo? In questo caso forse c’è una certa somiglianza con La France Insoumise di Mélenchon, anche se ci sono molte differenze“.

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venerdì 22 aprile 2022

M5s, accordo con Beppe Grillo per fargli gestire la comunicazione. Malumori interni per il compenso, tra i 200 e i 300mila euro

Ideazione di campagne, promozione di strategie digitali, produzione video, organizzazione eventi, produzione di materiali audiovisivi per attività didattica della Scuola di formazione interna, campagne elettorali e varie iniziative politiche. Tradotto: curare tutta la comunicazione del Movimento 5 Stelle. Chi se ne occuperà? Il fondatore (e attuale garante) del Movimento 5 Stelle, ovvero Beppe Grillo. Che oggi, stando a una nota del M5s, ha raggiunto un accordo con i vertici. Tra gli obiettivi, si legge, c’è “anche la promozione delle attività del Movimento all’estero attraverso la partecipazione a convegni, giornate di studio, incontri con personalità scientifiche e istituzionali”. Stando alle indiscrezioni riportate dalle agenzie di stampa, l’intesa ha provocato non pochi malumori all’interno dei pentastellati, specie per il compenso pattuito con il garante. Stando a quanto riportato dalla stampa si tratta di un contratto dal valore di circa 200mila euro, cifra che non trova conferme tra i parlamentari, che invece parlano di un cachet vicino ai 300mila euro. “È arrivato davvero il momento che non restituiamo più” si lamenta con l’Ansa chi non condivide l’operazione.

L’accordo, tra l’altro, è arrivato al termine della due giorni romana di Beppe Grillo, in cui il fondatore ha lavorato nel suo quartier generale capitolino con vista sui Fori. L’ex comico ha dribblato i cronisti prima di ripartire a bordo di un auto a noleggio e non ha risposto alle domande sul conflitto in Ucraina e sull’invio di armi a Kiev da parte dell’Italia. Argomenti probabilmente affrontati con il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, unico a fargli visita oggi, che si è trattenuto circa un’ora e mezza all’hotel Forum. “Ho trovato un Beppe in gran forma, che guarda al futuro, e sono contento che sia sempre presente nel Movimento“, ha detto il titolare della Farnesina, evidentemente soddisfatto di un ritorno del garante in un ruolo centrale nel nuovo corso M5S, in particolare sui temi da portare avanti e sulla comunicazione. Ruolo che sarà sancito dal contratto firmato dal leader Giuseppe Conte con lo stesso Grillo, che torna a essere una voce del Movimento e a rilanciare le sue proposte: il blog del comico genovese varrà infatti remunerato per ospitare i post del Movimento e amplificarne la diffusione.

Inoltre, proprio per assicurarsi una maggiore centralità nella comunicazione, il fondatore avrebbe chiesto l’assunzione da parte del Movimento di una delle sue più strette collaboratrici, Nina Monti, come viene confermato da fonti pentastellate. Tornando ai temi, con Grillo “principalmente abbiamo parlato dell’effetto di questa guerra sull’economia globale e in particolare sull’economia delle famiglie e imprese italiane“, ha raccontato Di Maio lasciando il Forum. Il garante M5S avrebbe molto apprezzato la battaglia che l’Italia sta facendo in Europa per fissare un limite al prezzo del gas e avrebbe invitato il ministro a portarla avanti. “Come Governo continueremo a sostenere il tetto massimo al prezzo del gas che aiuterà molte famiglie e imprese a pagare meno le bollette energetiche”, ha assicurato il titolare della Farnesina, ma “questo può avvenire solo a livello europeo: serve un tetto europeo al prezzo del gas” e “continueremo a portare avanti questa proposta in vista del consiglio europeo di maggio”, con l’obiettivo di “calmierare gli effetti di un’economia che è già un’economia di guerra“. Sul conflitto e sul tema dell’invio di armi all’Ucraina, divisivo nella comunità 5 Stelle, Grillo ha preferito invece non esporsi. Anche se su questi ed altri temi, come quello dell’energia e dell’ambiente, il comico tornerà presto a esprimersi, hanno assicurato altre fonti, che non hanno escluso un suo ritorno nella capitale a stretto giro, per dare una mano a Conte al nuovo corso del Movimento in vista delle elezioni amministrative.

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giovedì 21 aprile 2022

Beppe Grillo a Roma vede i vertici M5s: si valuta partnership (a pagamento) con il blog per la comunicazione 5 stelle

Un coinvolgimento maggiore di Beppe Grillo nella divulgazione delle idee del Movimento e quindi una vera e propria partnership (a pagamento) con il blog. C’è anche questo tema al centro degli incontri che il fondatore e garante del Movimento sta avendo con i vertici 5 stelle. La retribuzione per la collaborazione, scrive l’Adnkronos, è ancora in via di definizione.

Secondo quanto riferito dall’agenzia Ansa infatti, al centro della discussione ci sono stati vari temi: dalla politica nazionale, comprese le posizioni sul conflitto in Ucraina, alla questione energetica. Ma soprattutto si è discusso della comunicazione del M5s: il tema è centrale per orientarsi nella bussola delle relazioni tra il vecchio e il nuovo Movimento. Se si arrivasse a una intesa in questo campo sarebbe un segnale rilevante non solo in termini di compattezza del gruppo, ma anche per dare maggiore visibilità alle posizioni M5s. Senza tralasciare, si fa notare in ambienti 5 stelle, la questione economica: un’intesa sarebbe conveniente per rilanciare entrambi i blog, quello del Movimento e quello di Grillo: non manca però chi, tra i parlamentari, teme che i costi dell’integrazione possano ricadere sulle loro spalle. Nelle ultime ore sarebbe stato lo stesso Garante del Movimento ad avere qualche ripensamento: sempre più staccato dal mondo della politica, Grillo sarebbe dubbioso sull’opportunità di tornare ad esporsi come voce del Movimento.

Grillo è arrivato a Roma la sera del 20 aprile e ha visto come prima cosa Roberto Fico e Giuseppe Conte. Oggi 21 aprile, il garante ha incontrato per la colazione il capodelegazione del M5s al governo, il ministro Stefano Patuanelli, e l’ex Guardasigilli Alfonso Bonafede. Presente anche il vicepresidente Michele Gubitosa. Prima di pranzo ha invece ricevuto i capigruppo di Camera e Senato Mariolina Castellone e Davide Crippa. Poi ha visto la deputata M5s e presidente della Commissione banche Carla Ruocco.

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Blitz di Grillo a Roma, Conte dopo la cena: “È arrivato a sorpresa? Mi aveva avvisato”. Poi il garante vede anche Bonafede e Patuanelli

Abbiamo cenato, ci siamo rilassati“. Ha risposto così Giuseppe Conte, ieri sera, ai cronisti che fuori dall’hotel Forum di Roma, dopo l’incontro con Beppe Grillo, gli chiedono se abbia parlato del Movimento col fondatore. “Niente politica”, ha aggiunto Conte. Stamattina invece è stato il turno di Stefano Patuanelli e di Alfonso Bonafede. “Abbiamo fatto una bella chiacchierata”, ha detto l’ex ministro della Giustizia, “abbiamo parlato del M5s e del momento che stiamo vivendo. Se la comunicazione tornerà in mano a lui? Ci siamo limitati a fare colazione insieme”.

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sabato 16 aprile 2022

M5S, gli attivisti di Napoli impugnano anche le nuove votazioni su statuto e leadership Conte: contestata ancora l’esclusione dei nuovi iscritti

Lo avevano annunciato e lo hanno fatto davvero. A quanto scrive Repubblica, gli attivisti dissidenti di Napoli hanno impugnato anche gli esiti delle due assemblee convocate dal Movimento 5 Stelle a marzo per confermare – rispettivamente – il nuovo statuto e la leadership di Giuseppe Conte dopo l’ordinanza che aveva sospeso in via cautelare le delibere di agosto. Il nuovo ricorso è firmato non più da tre ma da otto persone, assistite ancora una volta dall’avvocato Lorenzo Borrè, e contesta la stessa violazione del precedente: il fatto che gli iscritti da meno di sei mesi siano stati esclusi dall’assemblea in assenza di un valido “regolamento adottato dal Comitato di garanzia su proposta del Comitato direttivo”, come prescriveva il vecchio statuto. L’atto di citazione è stato spedito venerdì sera e sarà notificato a Conte tra lunedì e martedì: il foro prescelto è sempre quello napoletano, già contestato dai legali del Movimento che sostengono invece la competenza di Roma.

Dopo il terremoto giudiziario, la dirigenza M5S aveva scelto di riconvocare l’assemblea invalidata escludendo ancora una volta gli iscritti di meno di sei mesi. Lo aveva fatto sulla base di quello che – a suo parere – era un regolamento valido ed efficace, cioè uno scambio di mail dell’8 novembre 2018 tra Luigi Di Maio (allora capo politico, l’organo antecedente al Comitato direttivo) e Vito Crimi (allora presidente del Comitato di garanzia) in cui il primo proponeva di limitare il voto agli iscritti da più tempo e il secondo dava il proprio ok. Gli attivisti “ribelli” però hanno contestato fin dall’inizio la validità delll’atto: “Due mail non fanno un regolamento“, è il mantra dell’avvocato Borrè. Se un giudice darà loro ragione – mentre ancora si attende la decisione di merito sulla “vecchia” causa – anche le nuove delibere rischiano di essere invalidate, trascinando il M5S in un calvario giudiziario senza una fine prevedibile.

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giovedì 14 aprile 2022

M5s, Conte a La7: “Ora amministrative, poi chiariremo tema dei due mandati”. E ribadisce: “Pd? Per dialogare serve rispetto reciproco”

“Regola del doppio mandato? Adesso ci sono le elezioni amministrative, tutti coloro che si fregiano di appartenere al M5S devono lavorare per questo obiettivo. Un attimo dopo in modo trasparente affronteremo questo passaggio, che sicuramente va chiarito”. Così Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 stelle, ospite de ‘L’aria che tira’ su La7.

Rispondendo poi a una domanda sull’alleanza con il Partito democratico, l’ex premier ha sottolineato: “Dipende dalla capacità di dialogo delle parti e dal reciproco rispetto”. “Non abbiamo firmato nulla – ha spiegato – Stiamo coltivando un dialogo che da parte mia è molto leale, Letta è una persona che rispetto molto, molto leale anche lui, però vedo che nel suo partito” la posizione del M5S sulle spese militari “è stata attaccata e offesa con un linguaggio volgare, non da qualche iscritto ma da esponenti del movimento Pd. Questo io non lo tollererò più”. “Quindi se vogliamo dialogare dobbiamo farlo sulla base del reciproco rispetto e pari dignità“, ha concluso.

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mercoledì 13 aprile 2022

Def, Conte a Draghi: “Scostamento di bilancio non più rinviabile, situazione drammatica per le famiglie italiane”

“Parliamo di scostamento di bilancio da settimane, per noi è necessario e a questo punto non più rinviabile“. Il presidente del M5s, Giuseppe Conte, nel corso di un punto stampa ribadisce la richiesta al presidente del Consiglio, Mario Draghi. “Ho convocato con urgenza il Comitato economico e quello delle politiche del lavoro del M5s. Siamo stati in riunione perché la situazione è drammatica: l’ho detto anche a Draghi e a Sergio Mattarella. Abbiamo famiglie che ormai non pagano più le bollette, a febbraio erano il 15% ma stanno crescendo ancora di più – spiega Conte – chi oggi guadagna mediamente 1.500 euro al mese vede evaporare il proprio potere d’acquisto per 100 euro al mese a causa del carovita. C’è una perdita di potere acquisto molto seria per le famiglie e dobbiamo intervenire subito: sui consumi azzerando l’Iva sui beni di largo consumo, come pane, latte, carne, pasta, e riducendola per le bollette di gas e luce”.

Per quanto riguarda il Csm “il M5s sta responsabilmente dando il proprio contributo per condurre in porto la riforma. È un atto di responsabilità lavorare tutti ma vedo che Italia viva si oppone. Non vorrei che qualcuno volesse andare a votare al rinnovo del Csm con le vecchie norme. Siamo disponibili a un giusto compromesso anche sulle regole elettorali. Vogliamo una distinzione chiara e netta fra politica e magistratura, no alle porte girevoli”.

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lunedì 11 aprile 2022

Roma, dai Municipi alla Regione ecco la corsa ad aderire a FdI in vista del voto: emorragia dalla Lega, dal M5S arriva la sorella di De Vito

Da qualche giorno, in Consiglio regionale del Lazio, è iniziata la corsa ad aderire a Fratelli d’Italia. “FdI confida di aumentare i seggi in Parlamento, e promette la possibilità di inserirsi anche alla Camera o al Senato, quindi molti accettano il passaggio”, racconta una fonte di centrodestra. Le new entry provengono soprattutto dalle file della Lega, ma lunedì ha annunciato il passaggio al partito di Giorgia Meloni anche una consigliera del Movimento 5 Stelle, Francesca De Vito, sorella del più noto Marcello (l’ex presidente del Consiglio comunale di Roma che aveva aderito a Forza Italia dopo l’espulsione dal Movimento). L’addio più piccato è stato quello della consigliera leghista Laura Corrotti: “Sono io che sbatto la porta e me ne vado a testa alta”, ha detto. “Me ne vado augurando a chi dirige questo partito di capire che in una comunità occorre valorizzare ogni risorsa invece di contrastarla. I risultati delle mancanze sono sotto gli occhi di tutti”.

Un messaggio, quello della consigliera, chiaramente rivolto ai vertici locali della Lega: a confermare i malumori, d’altra parte, sono più fonti interne al partito, che criticano “la gestione di Durigon“, ex sottosegretario all’Economia (si è dimesso dopo aver proposto di intitolare un parco di Latina al fratello di Mussolini) e da anni coordinatore leghista del Lazio. Numeri alla mano, alle regionali del 2018 il partito aveva ottenuto circa l’8%, alle europee del 2019 il 30%, alle amministrative di Roma dello scorso ottobre ha sfiorato a malapena il 6%. “Durigon non è stato in grado di tenere insieme consiglieri e militanti, eletti e non eletti: altrimenti forse avremmo frenato l’emorragia di consensi almeno a livello locale”, racconta la stessa fonte. Non è un caso quindi che le fughe dalla Lega a FdI riguardino in particolare i territori: nel Municipio XV ha salutato Riccardo Corsetto (già coordinatore territoriale del partito di Matteo Salvini), nel IV ha detto addio il fu candidato presidente del centrodestra, Roberto Santoro. Stesso copione per Roberto Bevilacqua, eletto con la Lega nel Municipio III. Dal canto loro i leghisti sono riusciti a strappare a FdI l’ex sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, consigliere regionale e proiettato verso una candidatura in Parlamento.

A favorire la transumanza dalla Lega a FdI c’è da un lato il calo del partito di Salvini nei sondaggi, dall’altro la ricerca – per le prossime regionali – di un candidato con un po’ di appeal elettorale che inevitabilmente, all’interno del centrodestra, penalizzerebbe chi si candida nelle forze più deboli della coalizione. Sul punto, a quanto apprende ilfattoquotidiano.it, FdI, Lega e Forza Italia stanno vagliando una figura civica, cercando però di evitare un “Michetti bis” e il risultato disastroso delle comunali: sono state già esplorate le opzioni di Guido Crosetto – che avrebbe rifiutato – e del capogruppo di FdI alla Camera Francesco Lollobrigida, ipotesi non del tutto tramontata, alla quale però si preferirebbe un non politico. Le interlocuzioni sono in corso ma l’auspicio di eletti e militanti del centrodestra è che “Meloni, Salvini e Tajani trovino presto un accordo, non si può arrivare tardi come su Roma”.

Anche perchè il centrosinistra sta già scaldando i motori e ha annunciato che per scegliere il candidato presidente si terranno le primarie: tra i nomi circolano quello del vicepresidente e assessore al Bilancio, Daniele Leodori, e quello dell’assessore alla Sanità Alessio D’Amato. I rumors però, descrivono D’Amato come già in rotta di collisione con il Pd – a cui non si è mai iscritto – e ostile all’idea di sottoporsi al voto ai gazebo. Avrebbe però anche l’appoggio del leader di Azione, Carlo Calenda, che lo ha pubblicamente sostenuto: non è escluso quindi che possa decidere di correre da solo con un’altra coalizione. Sembra invce tramontato l’accordo con cui Zingaretti si assicurò il sostegno del Movimento 5 Stelle, lo scorso anno, per tenere in piedi la maggioranza in Regione. A oggi però, non potendo imporre la scelta di un candidato, il M5s regionale sembra orientato ad affiancare il centrosinistra in coalizione con una propria lista: anche per questo è iniziata la fuga di coloro che si sentono più rappresentati da valori di destra, come Francesca De Vito.

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Mobilità sostenibile, Giorgetti: “Non solo auto elettriche in futuro. Faremmo lo stesso errore del gas russo”

“Scegliere l’elettrico senza ‘se’ e senza ‘ma’ sarebbe fare lo stesso errore che si è fatto qualche anno fa scegliendo il gas russo”. Lo ha detto il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, intervenendo in collegamento alla seconda giornata della Scuola politica della Lega a Milano: “La Germania è stata l’unico Paese insieme all’Italia a non sottoscrivere il documento della Cop26 di Glasgow. Io non accettavo che il futuro dell’automotive in Europa debba essere solo elettrico. Noi difendiamo il principio della neutralità tecnologica. Magari in futuro l’auto andrà a idrogeno, magari a biocarburanti”, ha detto Giorgetti, spiegando che legarsi alla solo tecnologia delle auto elettriche significherebbe “affidarsi senza se senza ma una tecnologia totalmente in mano ai cinesi che controllano l’80% delle materie prime necessarie a produrre l’auto elettrica”.

Parole che, però, non trovano il favore del Movimento 5 Stelle: “Il Dpcm promosso dal Ministro Giorgetti che prevede 3 mila euro di sconto per l’acquisto di un’auto elettrica (+ 2 mila in caso di rottamazione della vecchia auto), è un chiaro segnale della mancanza di un piano ben definito in favore della mobilità sostenibile”, ha detto il vicepresidente della commissione Attività produttive alla Camera, Andrea Giarrizzo: “Bastano infatti poche considerazioni per arrivare alla conclusione che, ad oggi, continua ad essere più conveniente l’acquisto di un’auto a benzina o a diesel. Innanzitutto perché continuano ad esserci incentivi nella fascia di emissioni 61-135 g/km; in secondo luogo, perché il contributo per l’acquisto di auto elettriche è diminuito drasticamente, dal momento che fino all’anno scorso, in caso di rottamazione, era previsto un bonus fino a 10 mila euro; parliamo quindi della metà”.

Giova ricordare, nondimeno, che se l’acquisto di un’auto termica risulta ancora più conveniente rispetto a quello di un’elettrica è perché quest’ultima ha prezzi molto più alti (fino al 50%), dovuti ad esempio all’elevato costo del pacco batterie. Pertanto, gli incentivi – che sono ben più sostanziosi nel caso di acquisto dei modelli a corrente – non influiscono sul differenziale di prezzo fra veicoli termici ed elettrici. E sarà così anche per gli anni a venire secondo le stime dei costruttori stessi.

Il principio della neutralità tecnologica, poi, oltre che costituzionale, aprirebbe la porta a soluzioni – vedi carburanti sintetici o idrogeno verde – che potrebbero renderei motori tradizionali puliti tanto quanto quelli a corrente. Giova ricordare, poi, che sono oltre 11.340.000 (28,5% del totale) le vetture circolanti con classe di emissioni Euro 3 o inferiore, con circa 3.580.000 addirittura Euro 0 (9%). Anche considerando l’età media, quasi quattro auto su dieci (37%) hanno 15 anni o più. Sostituirle con vetture termiche con emissioni comprese fra 61-135 g/km contribuirebbe in maniera sostanziale alla decarbonizzazione del parco circolante, rendendo la transizione ecologica più sostenibile per gli utenti e per l’industria stessa, specie alla luce delle vicissitudini dell’ultimo biennio.

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sabato 9 aprile 2022

Regionali Sicilia, M5s si spacca sull’apertura al centro. Cancelleri guarda all’ex governatore Lombardo, Sunseri frena: “Nessun margine”

“Non è il segreto di Fatima. Avevo già parlato di Raffaele Lombardo e lo avevo perfino incontrato per un caffè, in modo del tutto trasparente e noto, già due settimane fa”, chiarisce subito Giancarlo Cancelleri, sottosegretario alle Infrastrutture. Sentito da Ilfattoquotidiano.it dopo una dichiarazione – una netta apertura all’ex presidente della Regione Sicilia processato e assolto nel secondo processo d’Appello con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa – che ha scatenato immediate reazioni, anche all’interno del suo gruppo. Succede proprio mentre esplode la polemica perché il candidato del centrosinistra a sindaco di Palermo, Franco Miceli, ha incontrato venerdì il renziano Davide Faraone. Così che nella coalizione giallorossa si aprono fratture, proprio mentre sembrava compatta a dispetto degli avversari.

Ma andiamo con ordine. Intanto le dichiarazioni di Cancelleri che hanno dato fuoco alle polveri: “Mentre il centrodestra litiga, noi stiamo cercando di allargare a forze di centro – ha detto a LaPresse – Quali sono le forze di centro a cui pensiamo? Ci sarebbero gli autonomisti di Raffaele Lombardo”. Lombardo sì, ma non l’altro ex presidente: “Vorrei allargare alle forze di centro, ma non a Cuffaro, credo che non possa avere un percorso in comune con noi. L’ho sempre escluso e continuerò ad escluderlo“.

Queste le dichiarazioni di Cancelleri che hanno provocato l’immediata reazione di Dino Giarrusso: “Copione già visto – ha detto l’europarlamentare siciliano del M5s – Come al solito qualcuno si alza e dice che stiamo facendo questo o quello senza averne discusso con nessuno”. Ancora più trachant Luigi Sunseri, consigliere regionale per il M5s e papabile candidato del Movimento alle Regionali: “Non ci sono margini di dialogo con Lombardo”, afferma Sunseri. Che continua: “Lui e i suoi sono strutturali e organici al governo Musumeci e non intendiamo averci nulla a che fare. In Sicilia ci conosciamo tutti e li conosciamo tutti. È possibile immaginare un cambio di direzione di questa maledetta terra, finita in un baratro, con queste persone nei posti chiave? No. La Sicilia ha bisogno di discontinuità. E non possiamo garantirgliela con chi ha governato (male) e sta continuando a governare (male) la nostra regione”.

Una netta presa di distanza dal suo compagno di partito – ma entrambi sono in lizza per la stessa candidatura, la presidenza della Regione – che spinge Cancelleri a chiarire: “È ovvio che anch’io condivido quello che ha detto Sunseri. Un ragionamento verso il centro è un percorso che ritengo si stia facendo e si debba fare, ma attenzione, il mio non è un invito a Lombardo che ora deve rispondere sì o no. E non è un’apertura a chi sta con Musumeci fino alle elezioni e poi si sveglia il mattino dopo e cambia alleanze. Ritengo tuttavia doveroso un ragionamento sul fatto che in Sicilia ci sono delle spaccature nel centrodestra molto forti, che c’è un centro con molti elettori e pochi contenitori e il dialogo con chi può sposare la nostra visione per l’Isola può e deve essere aperto. Posto che io, tengo a chiarirlo, dico questo già da anni e ho già parlato di Lombardo”.

Uno sguardo ai centristi, dunque, già lanciato da tempo, sottolinea Cancelleri, ma l’ex presidente della Regione non era stato sempre menzionato: “Prima c’era un processo a suo carico. Poi è stato assolto”, ricorda il sottosegretario grillino. Un allargamento della coalizione, dunque. Nonostante in vista della Amministrative palermitane, qualche mese fa, la coalizione di centrosinistra avesse definito il perimetro, in modo chiaro e senza annessioni né al centro né a destra.

Perimetro però forse già messo in discussione dallo stesso candidato del centrosinistra per Palermo, Franco Miceli, che venerdì ha incontrato il renziano Davide Faraone, anche lui candidato sindaco. Miceli da un lato, l’apertura di Cancelleri dall’altro. Pd e M5s sembrano andare nella stessa direzione: il centro. Non però senza gravi mal di pancia interni, sia da un lato che dall’altro. L’incontro con Faraone non è piaciuto alla base del Pd e ha scatenato gli strali dell’attuale sindaco, Leoluca Orlando, al punto che l’incontro col renziano rischia di diventare un vero e proprio punto di scontro per l’alleanza giallorossa. A questo si aggiunge l’apertura a Lombardo che ha raggelato i Cinquestelle, proprio quando è scoppiato il dissenso nei confronti di Cancelleri tra i grillini siciliani a causa delle nomine dei referenti locali che, secondo indiscrezioni, sono tutte a favore di persone vicine al sottosegretario grillino.

Di sicuro c’è che la partita delle Regionali è ghiotta e le spaccature nel centrodestra accendono le speranze del centrosinistra in una terra che è sempre stata feudo della parte avversa, o perlomeno solo di una parte del centrosinistra: “Bisogna decidere se c’è la possibilità di allargare un perimetro a forze che possono raccontare una stessa idea di Sicilia, con programmi chiari”, insiste Cancelleri che nel frattempo mira alla terza candidatura alla presidenza della Sicilia. Anche se nega: “È ancora presto, ancora non sappiamo se la coalizione è composta da Tizio o da Caio. L’importante sarà trovare la migliore sintesi tra le parti”. E incassa una vittoria sui dissidenti: pare certa, infatti, la nomina di Di Paola a referente. La conferma si avrà lunedì ma i rumors lo danno ormai per sicuro.

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Sottosegretario Mulè (Forza Italia): “Lavorare perché il prossimo capo Nato sia italiano. Battaglia M5s su armi? Ci ha screditato”

A margine del convegno di Forza Italia, il sottosegretario al ministero della Difesa Giorgio Mulè torna sul tema dell’aumento delle spese militari, oggetto nei giorni scorsi di tensioni all’interno dell’esecutivo. “La battaglia del Movimento 5 stelle ha fatto perdere credibilità al Paese perché esternamente è parso che l’Italia venisse meno a un impegno preso in ambito internazionale”. Secondo Mulè “la posizione di segretario generale della Nato è una posizione a cui l’Italia può ambire” dal momento che “il prossimo futuro della Nato riguarderà i paesi del sud del Mediterraneo”

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venerdì 8 aprile 2022

Riforma Csm, vertice decisivo tra Cartabia e la maggioranza. Ma Ferri strappa: “Accordo al ribasso, sul sorteggio Iv va avanti da sola”

“L’accordo è al ribasso, le mediazioni trovate peggiorano il testo, è giusto che Italia Viva porti avanti le proprie proposte in Commissione ed in Aula per far riflettere, in modo costruttivo, la maggioranza”. È lo strappo di Cosimo Maria Ferri, il magistrato/deputato – ex leader della corrente di Magistratura indipendente – che rappresenta Italia Viva al tavolo sulla riforma del Csm e della legge sull’ordinamento giudiziario, varata dal Consiglio dei ministri a febbraio e al momento ferma in Commissione Giustizia alla Camera, dove si cerca di trovare un accordo sugli emendamenti in vista dell’approdo del testo in Aula fissato al 19 aprile. “Una riforma che premia il peso delle correnti e mette in difficoltà chi vuole rimanere fuori dal sistema. La legge elettorale (un maggioritario binominale con correttivo proporzionale, ndr) blinda chi ha il sostegno delle correnti e lascia soli i candidati autonomi. La ministra è stata cortese nell’ascolto, ma non disponibile nella sostanza e ha chiaramente fatto capire di voler andare avanti senza Italia Viva, ne prendiamo atto”, attacca Ferri, annunciando che i renziani metteranno al voto i propri emendamenti.

Nonostante sia sotto procedimento disciplinare per essersi accordato sulle nomine – da parlamentare in carica – con l’ex ras delle correnti Luca Palamara, il magistrato è stato delegato da Matteo Renzi a gestire la pratica al posto dei responsabili Giustizia di Iv di Camera e Senato, Lucia Annibali e Giuseppe Cucca. E fin dall’inizio si è scontrato con la ministra Marta Cartabia sul sorteggio temperato per l’elezione dei membri togati del Csm, che renziani e Lega (ma anche Forza Italia e Azione) vogliono a tutti i costi e invece la Guardasigilli considera incostituzionale. “Se lei è contraria, ce ne faremo una ragione”, aveva detto Ferri a Cartabia in un incontro delle scorse settimane, dichiarandosi indisponibile a ritirare gli emendamenti sul sorteggio, che con il voto compatto di Iv e centrodestra potrebbero passare in Commissione. L’ultima ipotesi emersa è quella di sorteggiare – invece che i candidati – i collegi elettorali accorpando più regioni (e non più distretti di Corte d’Appello, come ipotizzato in un primo momento), in modo da garantire comunque una quota di imprevedibilità nel voto. Italia Viva e Lega hanno anche rifiutato di prendere l’impegno a concentrare le modifiche alla Camera, in modo da garantire l’approvazione conforme in Senato.

Quella di venerdì dovrebbe essere la riunione decisiva tra le tante tenute tra la ministra e i capigruppo di maggioranza in Commissione. Nella conferenza stampa di mercoledì il premier Mario Draghi ha ribadito di non voler porre la fiducia sul testo, chiedendo collaborazione alle forze politiche. Un punto d’incontro però finora si è trovato solo sul tema delle “porte girevoli” tra politica e giustizia: viene estesa anche ai magistrati amministrativi e contabili la norma che impedisce il rientro nelle funzioni dopo aver assunto incarichi elettivi o di governo nazionale o locale. L’intesa è vicina anche sugli emendamenti che vorrebbero introdurre una “separazione delle funzioni” di fatto imponendo limiti strettissimi ai passaggi da giudice a pm: il testo prevede un massimo di due cambiamenti di funzioni nell’arco di una carriera, Forza Italia e Lega vorrebbero abolire del tutto la facoltà. L’ipotesi a cui si lavora è quella di un solo passaggio, che per FI dovrebbe essere svolto entro dieci anni dall’inizio della carriera, mentre il M5S non vorrebbe limiti temporali.

Infine, il tema delle sanzioni disciplinari per i pm che non rispettano la direttiva sulla “presunzione d’innocenza“, parlando con i giornalisti o convocando – a parere del ministro della Giustizia – troppe conferenze stampa in assenza di “interesse pubblico”: l’emendamento che le aboliva, sottoscritto dal capogruppo dem Alfredo Bazoli, verrà ritirato da Bazoli stesso in cambio del ritiro di un’altra proposta a firma di Enrico Costa (Pd) che avrebbe voluto introdurre la responsabilità civile diretta dei magistrati. Al fatto.it, peraltro, Bazoli aveva anticipato di essere pronto a rinunciare al proprio emendamento (che era stato sottoscritto anche dal Movimento 5 Stelle e su cui c’era l’ok della ministra), nonostante il Csm, nel suo parere sulla riforma, avesse lanciato l’allarme sul fatto che con la nuova norma si rischiasse “da un lato di impedire qualsiasi comunicazione o informazione sui procedimenti penali, non solo quelli in corso ma anche quelli già definiti, e dall’altro si attribuisce al titolare dell’azione disciplinare (cioè il ministro, ndr) un potere di controllo e condizionamento amplissimo sui procuratori della Repubblica e su tutti i magistrati del pubblico ministero”.

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Patuanelli difende Draghi: “Frase sui condizionatori? Non ha sbagliato. Forse ha semplificato ma ci sta in conferenza stampa”

Draghi ha sbagliato con la sua battuta sui condizionatori? No, forse c’è stato un eccesso di semplificazione, che comunque ci sta in una fase comunicativa come una conferenza stampa. Ma voglio cogliere l’aspetto positivo delle dichiarazioni del presidente Draghi: la necessità di un efficientamento energetico e di una riduzione dei consumi. E proprio per questa ragione il superbonus 110% è un valore assoluto di questa legislatura, perché va proprio in quella direzione”. Sono le parole pronunciate ai microfoni di “24 Mattino” (Radio24) dal ministro delle Politiche Agricole, Stefano Patuanelli, che aggiunge: “Per usare di meno i condizionatori in estate e soprattutto meno riscaldamento in inverno, la strada maestra è isolare gli edifici e renderli energeticamente migliori. E quindi credo che sia il riconoscimento di una misura della mia forza politica”.

Il ministro del M5s elogia il presidente del Consiglio: “Draghi ha sempre grande rispetto per tutte le forze politiche e tiene sempre in considerazione le loro istanze. Non ho assolutamente percezione di aumenti di tensione né nel rapporto tra il presidente Conte e il presidente del Consiglio, né tantomeno nel rapporto all’interno del governo, tra la delegazione del Movimento con il presidente Draghi. Ci si parla francamente. Credo che quando si dicono le cose alla luce del sole, sia il modo giusto per affrontarle. Se si nascondono le posizioni, le idee e anche i problemi, questi ultimi non si possono risolvere”.

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mercoledì 6 aprile 2022

Def, Draghi: “Pronti a intervenire per aiutare famiglie e imprese”. Ma Conte: “5 miliardi sono pochi, serve lo scostamento di bilancio”

“Siamo molto consapevoli del disagio sociale, soprattutto per chi teme l’impatto dell’inflazione, e siamo pronti a intervenire. Consumatori e imprese vedono oggi un futuro meno positivo. Faremo tutto ciò che è necessario per aiutare famiglie e imprese all’interno della cornice europea. La disponibilità del governo c’è ed è totale”. Il premier Mario Draghi mostra il volto rassicurante presentando in conferenza stampa il Documento di economia e finanza (Def), che definisce il quadro delle previsioni economiche e di finanza pubblica per il prossimo triennio. Un appuntamento atteso soprattutto in relazione agli interventi previsti per contenere il caro-bollette e materie prime dovuto agli strascichi della guerra in Ucraina: “È chiaro che la guerra ha causato un peggioramento delle prospettive di crescita. In particolare pesano l’aumento dei prezzi dell’energia e altri beni, ma anche la fiducia dei consumatori che è diminuita”, esordisce Draghi. “È fondamentale – aggiunge – il messaggio che il governo e in generale la maggioranza devono dare in termini di fiducia. La capacità di esprimere l’indirizzo di politica e di economia ci deve portare ad affemare la governabilità, che si esprime con decisione e unità di intenti, che è quello chevogliono vedere i cittadini: fra la riaffermazione dei vari partiti e l’unità di intenti sono sicuro che i cittadini scelgono la seconda”, dichiara in un messaggio rivolto alla coalizione di governo.

Ma a manifestare scetticismo è subito il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte: “Le scelte del Def sono condivisibili, ma le risorse sul fronte degli interventi per famiglie, lavoratori e imprese non sono sufficienti: è evidente che i cinque miliardi messi in campo non possono rappresentare una risposta adeguata alle enormi sfide che abbiamo di fronte. Per questo continuiamo a credere che una misura come lo scostamento di bilancio sia in prospettiva inevitabile per difendere la nostra economia e tutelare il potere di acquisto dei cittadini”, scrive in un post su Facebook, criticando implicitamente la posizione del premier che ha sempre negato la possibilità di uno scostamento. Conte si dichiara però soddisfatto che il Def non faccia “riferimento a incrementi delle spese militari: non sono la priorità del Paese in questo momento. Lo abbiamo sostenuto con forza, è un bene per il Paese che la nostra indicazione sia stata accolta”. Secondo l’ex premier, “per recuperare risorse all’altezza delle emergenze economiche e sociali è necessario anche aumentare almeno al 25% la tassazione sugli extraprofitti di chi in questo periodo ha messo a segno guadagni straordinari proprio grazie ai rincari” dei costi dell’energia: una mossa che poche ore prima il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani aveva negato di voler mettere in campo.

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Il vero campo largo è quello in cui si sta perdendo la democrazia repubblicana

di Paolo Bagnoli

Dopo tanto argomentare di campi larghi e di intese strategiche tra il Pd e i 5Stelle, talora con l’indicazione di Giuseppe Conte quale novello Romano Prodi alla guida di un’intesa vincente alle prossime elezioni, le chiacchiere si sono dimostrate per quello sono, ossia blaterare politicistico per il semplice motivo che due formazioni senza identità non possono dar vita a una coalizione con un profilo di una qualche affidabile credibilità.

Il Pd è un partito – il termine è improprio, ma tanto per capirci – che riesce a stare insieme come una barca capace di navigare solo dentro il porto. Nello specifico quello del governo e che vede, con terrore esistenziale, la prospettiva di dovere essere sospinta dalle urne in mare aperto priva com’è di ogni bussola di orientamento e di una classe politica all’altezza del proprio compito. Il Movimento 5Stelle vive una indecorosa decadenza stretto tra la propria nullità di merito politico e il risentimento di Giuseppe Conte che, per il fatto di essere stato due volte presidente del consiglio, continua a considerare il non esserlo più alla stregua di un affronto personale.

Che una realtà come i 5Stelle non sia se non quanto rimane di un sogno sbagliato e che gruppi parlamentari agitati e confusi, fatti da gente che con la politica e le istituzioni non hanno niente da spartire dopo essere passati disinvoltamente da una posizione all’altra – solo di Roberto Fico si continua a dire che è un “ortodosso” senza capire di cosa, il che è al di là di ogni possibile ridicolaggine – abbiano come leader un personaggio tanto negato alla politica quanto vocato al potere quale Giuseppe Conte delinea bene la condizione in cui si trovano. Conte, che passerà alla storia se non altro per aver fatto sbiancare, in fatto di trasformismo, il povero Agostino Depretis, la dice lunga e bene su cosa a oggi siano ridotti i 5 Stelle, ma, di riflesso da uno specchio capovolto, anche a cosa siano ridotti i democratici che, per recuperare un minimo, solo un minimo di credibilità, dovrebbero liberare le loro sorti dal grillismo con buona pace di Goffredo Bettini, raffinato pensatore del nullismo strategico.

Conte si fa forte – e vai avanti tu che a me vien da ridere! – di essere stato riconfermato alla testa del Movimento con un’alta percentuale di consensi; di buona grazia, era l’unico candidato e ha votato la metà degli iscritti. Così, per avere peso in una formazione in piena disgregazione, fa la voce grossa, si agita, va da Draghi per suonargliele quattro e ne esce avendone prese otto; sogna la crisi di governo, ma se così fosse non riuscirebbe a spodestare Draghi da Palazzo Chigi e, sicuramente, spaccherebbe quello che resta di coloro che volevano aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno! Conte, dal terreno della politica cui l’aveva messo Bettini prevedendo un campo largo, sta transitando in quello della farsa, ma con ciò rende più difficile, complicato e confuso il quadro politico e la vita del governo il quale, oggettivamente, batte il passo e l’iniziale spinta propulsiva rappresentata da Mario Draghi sembra essersi assai affievolita.

Povero Draghi, cui in ogni modo dobbiamo essere grati per cercare di salvare il salvabile di un Paese che si sfarina progressivamente, essendosi trovato a lavorare, tra l’altro, in un commissariamento del governo con due partiti che erano anche filo Putin, come la Lega e i 5Stelle. Lo notiamo, così, a mo’ di companatico.

Via via che i mesi corrono la situazione politica si attorciglia sempre più su se stessa. Solo il riferimento all’Europa sembra essere la chiave per ogni via d’uscita. E poi c’è la guerra. Così sia, ma le scappatoie da “tre soldi per dozzina”, direbbe il Giusti, alla fine emergono. Ed emergeranno. Europa Europa, va bene. Ci domandiamo, tuttavia, se i soldi per il Pnrr sono stati dati per ripianare i debiti dei Comuni e costruire nuovi stadi di calcio oppure per altro. Al momento nessuno dice nulla; il vero campo largo è quello nel quale si sta perdendo la democrazia repubblicana.

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martedì 5 aprile 2022

Armi esenti dall’Iva, la Commissione Finanze del Senato approva parere “non ostativo” allo schema di decreto. I 5 stelle si astengono

La Commissione Finanze del Senato ha approvato un parerenon ostativo” allo schema di decreto legislativo, varato dal governo in attuazione di una direttiva europea del 2019, che prevede l’esenzione dell’Iva e dalle accise a favore di chi fornisce beni e servizi militari a un Paese membro dell’Unione coinvolto in uno “sforzo di difesa” nel quadro della Politica di sicurezza e difesa comune. Un provvedimento accolto da parecchie perplessità all’interno della stessa maggioranza, non solo tra le file del Movimento 5 Stelle – che aveva già annunciato l’astensione – ma anche tra esponenti di Forza Italia e della Lega, come risulta leggendo i resoconti delle ultime sedute. Tanto che il parere, arrivato in Commissione come “positivo” è stato riformulato in “non ostativo” proprio per tener conto delle osservazioni emerse durante la discussione, conferma il presidente Luciano D’Alfonso. Alla fine il documento è stato approvato con 12 voti favorevoli (Pd, Lega, FI, FdI, Azione e Autonomie), cinque astenuti (i senatori M5S) e la contrarietà di Elio Lannutti del Misto.

Prima del voto i pentastellati sono intervenuti chiedendo al governo chiarimenti che secondo loro non sono arrivati. “Siamo e saremo favorevoli alla costruzione di una difesa comune europea. Riteniamo però inconcepibile un’esenzione Iva sulla compravendita di armi, per giunta all’esito di un provvedimento non sufficientemente approfondito e in assenza di tutti i chiarimenti che avevamo richiesto. Per questo il Movimento 5 stelle oggi si è astenuto”, dichiarano in una nota Emiliano Fenu, Laura Bottici, Primo Di Nicola, Steni Di Piazza e Mario Turco. “Abbiamo chiesto delucidazioni sulle finalità del provvedimento, sull’esistenza di un legame con un piano di spesa per la difesa comune europea, su eventuali elenchi di armi e attività a cui si dovrebbe riferire l’agevolazione, sui rischi di mancato gettito per le casse dello Stato. Su nessuno di questi punti è arrivato il benché minimo chiarimento da parte del relatore e del Governo. Da qui la decisione di astenerci. Non può sfuggire a nessuno il contesto storico che stiamo vivendo e le priorità rese urgenti dalle difficoltà economiche”.

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domenica 3 aprile 2022

M5s, Todde: “Accuse di Casaleggio? Pretestuose, le rimando al mittente. Nostro no al Tap nel 2014? Quasi tutta la Puglia era contraria”

“Le argomentazioni di Davide Casaleggio sono davvero totalmente pretestuose. Le rimando al mittente. Il M5s ha chiarito il suo posizionamento in merito all’invio delle armi all’Ucraina e non ha mai detto di non sostenere il Paese. Abbiamo votato con convinzione il decreto Ucraina, ma come M5s abbiamo semplicemente detto che in una situazione economica critica come quella attuale stanziare 15 miliardi in due anni non ci sembra una priorità per il Paese“. Così, ai microfoni della trasmissione “Il caffè della domenica”, su Radio24, Alessandra Todde, vicepresidente del M5s e viceministra dello Sviluppo Economico, risponde alle taglienti accuse pronunciate ieri da Davide Casaleggio all’indirizzo del Movimento guidato da Giuseppe Conte.

Circa l’alleanza col Pd, Todde assicura che è assolutamente solida, ma puntualizzando una condizione: “C’è un lavoro per costruire un nostro posizionamento in campo progressista e per portare avanti temi comuni. Il rapporto tra Letta e Conte è stretto, confrontarsi non significa mettere in discussione le radici dell’alleanza. L’importante è che questo avvenga con riconoscimento e soprattutto con rispetto reciproco“.

La vice-titolare del Mise respinge poi le accuse da più parti lanciate contro il M5s per il suo vecchio no al Tap, il gasdotto che porta gas dall’Azerbaijan all’Europa: “Il M5s dovrebbe fare un ‘mea culpa’ per il no al Tap? Penso che le analisi ex post, fatte in condizioni completamente diverse da quelle che c’erano quando sono state condotte certe battaglie, siano complicate da discutere anche in termini di razionali. Ricordo che quando c’è stata la discussione sul Tap, negli anni in cui sono state date le autorizzazioni alle infrastrutture, era contraria al Tap quasi tutta la Puglia, a partire dal governatore Emiliano, che non è certo del M5s. La Puglia, peraltro – continua – non è un territorio come gli altri, ma ha una sensibilità ambientale particolarmente importante: è una regione che ha pagato in maniera molto forte il problema ambientale, come per il caso Ilva. In più, in quegli anni il gas era a buon mercato. Ci accusano di essere filorussi per quella nostra posizione contro il Tap? Questi discorsi, secondo me, lasciano un po’ il tempo che trovano, anche perché dal 2014 al 2021 le forniture di gas russo all’Italia sono state raddoppiate e il M5s è al governo dal 2018“.

Todde chiosa: ” La cosa importante che dobbiamo fare è differenziare le nostre fonti di approvvigionamento, valorizzando quello che può arrivare da altri Paesi, tenendo sempre presente che noi siamo comunque dipendenti da queste forniture. Quindi, la strada migliore da percorrere è, appunto, fare in modo che la nostra dipendenza diminuisca sempre di più, diversificando le fonti, il che ovviamente non serve per controllare il prezzo. Altra cosa importante – conclude – è aumentare in modo sostanziale e immediato la quota delle rinnovabili. In questo momento stiamo trattando con l’Algeria e con l’Azerbaijan. Stiamo pensando anche al cosiddetto Lng (gas naturale liquefatto, ndr) da rigassificare e proveniente da Paesi diversi, come il Qatar, l’Egitto, il Congo e il Mozambico”.

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sabato 2 aprile 2022

Casaleggio: “Mio padre sarebbe dispiaciuto nel vedere il M5s oggi. Spese militari? Sorpreso che gli iscritti non siano stati consultati”

Penso che sarebbe dispiaciuto“. Così Davide Casaleggio, presidente dell’Associazione Gianroberto Casaleggio, ha risposto ai giornalisti che gli hanno chiesto cosa penserebbe suo padre vedendo oggi il Movimento 5 stelle. Davide Casaleggio ha parlato a margine dell’apertura dei lavori di ‘Sum#06 – Capire il Futuro’, la sesta edizione della rassegna promossa dall’Associazione a Milano. Sull’aumento delle spese militari, ha detto di essere “dispiaciuto che il Movimento non ha avuto nessun confronto con gli iscritti, nel programma che avevamo stilato nel 2017 e 2018 la questione era abbastanza chiara su questo”.

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venerdì 1 aprile 2022

Simone Uggetti, assoluzione annullata: il silenzio di chi ne fece un martire della gogna e dei pm. Lui fomenta i politici contro la giustizia: “Passate all’azione”

Adesso non parla più nessuno. La sentenza che ha annullato con rinvio l’assoluzione di Simone Uggetti è stata accolta da un deserto arido di lanci d’agenzia. Tacciono soprattutto i tantissimi che dopo l’assoluzione in appello lo fecero diventare un simbolo, una vittima inerme dei pm politicizzati e martire della gogna mediatica andata in scena a seguito dell’arresto del 2016 per turbativa d’asta per aver truccato il bando per l’affidamento della gestione di due piscine comunali (a cui seguì una condanna in primo grado a dieci mesi nel 2018). Una ricostruzione alimentata dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che si sentì in dovere di fare pubblica ammenda per aver chiesto – da capo politico del Movimento – le dimissioni del sindaco dopo l’arresto: “Le modalità con cui lo abbiamo fatto, anche alla luce dell’assoluzione di questi giorni, appaiono adesso grottesche e disdicevoli“, scriveva in una lettera al direttore del Foglio. “Anche io contribuii ad alzare i toni e a esacerbare il clima“, si scusava, condannando “l’utilizzo della gogna come strumento di campagna elettorale” e “l’imbarbarimento del dibattito associato ai temi giudiziari come “atteggiamento mediatico e pubblico che ha contagiato molte forze politiche in quegli anni”. Ora tra quelli che tacciono ci sono anche i maggiori esponenti del Movimento 5 Stelle, che pure, in quei giorni, vennero accusati di giacobinismo da tutto l’arco delle forze parlamentari.

Era fine maggio 2021. Quando le motivazioni dell’assoluzione arrivarono, ben sei mesi più tardi, sorpresero per il loro percorso logico: la Corte d’Appello di Milano non contestava che il sindaco avesse predisposto il bando di gara in “collaborazione” con Cristiano Marini, avvocato e consigliere della Sporting Lodi, la società che poi vinse l’appalto. Ma sosteneva che i colloqui intercettati tra i due fossero un”interlocuzione del tutto fisiologica”, rientrante in un “margine discrezionale di intervento riconosciuto dalla legge per l’esercizio di poteri di indirizzo” e priva di “una incidenza indebita e collusiva sul bando di gara”. Determinante per l’assoluzione era stata “una interpretazione costituzionalmente orientata e conforme al principio di offensività“, secondo cui “la turbativa d’asta non ricorre in presenza di qualsiasi disordine relativo alla tranquillità della gara”, che in quel caso era indicutibile, ma è “necessaria una lesione, anche potenziale, agli scopi economici della Pubblica amministrazione”. In quel caso, invece – secondo il collegio – la Sporting Lodi “possedeva tutte le caratteristiche per realizzare la miglior gestione possibile delle piscine scoperte. Dunque, la soluzione era satisfattiva degli interessi economici e dell’interesse pubblico ad ottenere il miglior servizio possibile a beneficio dei cittadini del territorio lodigiano”, anche se il bando era stato formato in modo irregolare.

La tesi, oggettivamente ardita, non ha retto al vaglio della Cassazione che ha annullato la sentenza (probabilmente considerandola viziata da errore di diritto, come aveva già sostenuto sul Fatto il giudice Antonio Esposito) e ordinato un nuovo processo d’appello, che si terrà di fronte a un’altra sezione della Corte milanese. È utile allora andare a recuperare le dichiarazioni di quei giorni di maggio, che col senno di poi sembrano il frutto di uno strisciante delirio collettivo. Dopo il mea culpa di Di Maio si era aperta – anche all’interno del M5S – una specie di gara a salire sul carro di Uggetti, con l’ex sottosegretario Stefano Buffagni che addirittura proponeva di candidarlo alla Camera insieme al Pd nel collegio vacante di Siena (poi riservato a Enrico Letta). Mentre tutti gli altri partiti infierivano approfittando dell’assist: “Il M5S dovrebbe vergognarsi per come ha massacrato la nostra immagine” (Matteo Renzi), “Il tempo è galantuomo, ma certi personaggi sicuramente non lo sono. Qualcuno oggi dovrebbe chiedere scusa a Uggetti” (Ettore Rosato), “Solidarietà a Uggetti, più tutela giuridica per tutti i sindaci” (Matteo Salvini), “Nessuno gli ridarà indietro questi anni” (Letta).

Oggi, invece, tutti in silenzio stampa. E sembra averlo notato lo stesso Uggetti, che in un video pubblicato su Facebook chiede “a chi ha responsabilità politiche, non solo di darmi una pacca sulle spalle ma di passare all’azione. Da cittadino a me pare un accanimento senza senso. Ho anche la spiacevole sensazione di essere utilizzato come ingranaggio impotente in un meccanismo che vede partecipi una lotta di potere all’interno della magistratura e un conflitto, anche questo di potere, irrisolto, tra giustizia e politica”, denuncia. Oltre alla sua, l’unica dichiarazione in agenzia è quella dell’ex ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli: “Vi ricordate l’ex sindaco di Lodi, Simone Uggetti? Mi massacrarono, come al solito, a reti unificate perché rimasi sulla mia posizione dopo la sua assoluzione in appello. Ebbene la Cassazione ha appena annullato questa sentenza. Tutto da rifare. A questo punto domando a coloro che vomitarono veleno su di me cosa ne pensano e se, oggi, un po’ di vergogna la provano”. Chissà se qualcuno risponderà.

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