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mercoledì 30 novembre 2022

Lombardia, Violi (M5s): “Mi ha telefonato il segretario Pd regionale. Quando saranno pronti vedremo le disponibilità”

Tra Pd e Movimento 5 stelle in Lombardia c’è stato un primo contatto in vista delle prossime elezioni Regionali. A rivelarlo, a pochi giorni dalla conferenza stampa di Giuseppe Conte e dei suoi che ha lasciato aperta la porta, è stato il coordinatore lombardo M5s Dario Violi: “Ho ricevuto una chiamata ieri dal segretario regionale Pd Peluffo”, ha detto a margine della seduta del Consiglio regionale, “adesso aspetto di capire. So che scendeva a Roma, credo che incontrerà Enrico Letta e i dirigenti, adesso cerchiamo di capire. Intanto le altre forze di coalizione si sono fatte sentire e hanno poi intenzione di venire a vedere i progetti che abbiamo messo in campo venerdì”.

Quindi “noi iniziamo a muoverci, visto che non c’è tempo da perdere – ha spiegato – quando saranno pronti anche loro vedremo i loro orientamenti e le loro disponibilità”.
Violi ha fatto sapere che al momento non è in programma un incontro tra i rappresentanti locali del Movimento e il candidato del centrosinistra alle regionali lombarde Pierfrancesco Majorino: “Per me gli interlocutori sono le forze politiche, con quelle, se ci stanno, ci sediamo – ha proseguito – Majorino è il candidato di quella coalizione senza di noi. Con noi cambia la partita, se ne esisterà una”. Solo venerdì 25 novembre scorso, Conte e gli esponenti M5s lombardi hanno incontrato la stampa e lasciato intendere che sul nome scelto dal Pd non c’è una chiusura a priori. Quindi, a differenza della partita del Lazio, qualche margine di trattativa è ancora possibile.

Sempre Violi, parlando con i giornalisti, ha anche commentato il ‘segnale politico’ che ha voluto lanciare al suo partito il consigliere regionale di +Europa, Michele Usuelli, che ieri si è seduto tra i banchi del M5s in segno di dissenso nei confronti del suo partito che non vuole l’accordo con il Movimento: “Io sono un autonomista convinto, non solo a livello istituzionale ma a livello di autonomia territoriale delle forze politiche e fa piacere, indipendentemente da quello che il partito rappresenti, che uno rivendichi la possibilità di gestire a livello territoriale accordi e visioni e che non sia Roma a decidere per i territori“.

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lunedì 28 novembre 2022

M5S, Pd e pure Calenda: tutti d’accordo sul “sì” al salario minimo. Ma ognuno ha una ricetta diversa per arrivarci (e rivendica la propria legge)

Durante la ‘contromanovra’ presentata da Carlo Calenda in Senato, il leader di Azione-Italia Viva ha rilanciato la proposta comune di salario minimo da fare assieme al Partito Democratico e Movimento 5 Stelle. Anche se l’ex dem non ha mancato di sottolineare le difficoltà nei rapporti tra opposizioni. “Io continuo a dire vediamo insieme la ‘contromanovra’ e Letta dice ‘no io scendo in piazza’; sul caro-bollette lavoriamo insieme e dal Pd non ti rispondono, non si sa con chi parlare. Col Partito Democratico, che non si sa qual sia il suo posizionamento, possiamo collaborare sui temi: come sul salario minimo”.

Interrogato su come strutturare la proposta, Calenda risponde: “Gli aggiornamenti dei 9 euro devono essere fatti attraverso un comitato di esperti che valuti il salario giusto – spiega al Fattoquotidiano.it il leader di Azione che nei mesi scorsi aveva detto che fissare salario per legge rischiava di essere un rischio mortale – e poi viene fatta una legge”. Freddezza e perplessità in casa Pd rispetto alla proposta Calenda. “Già è un fatto positivo che proponga e non aggredisca, vedremo…” è il commento di Matteo Orfini, che spiega che serve un lavoro unitario tra i partiti di opposizione, perché “a volte abbiamo la sensazione che altre forze facciano più opposizione al Pd che al governo Meloni”. “L’unica cosa che è difficile da capire è se Calenda domani mattina ridirà la stessa cosa” commenta con ironia Francesco Boccia. Evidentemente pesano le scorie, legate alle ultime elezioni nazionali e le trattative tra i partiti in vista delle prossime tornate elettorali regionali. L’ex ministro del Lavoro, Andrea Orlando, sottolinea: “C’è una proposta di legge a mia firma già depositata in Parlamento il primo giorno di legislatura e ho depositato anche una mozione. Il Pd è determinato a battersi per questo obiettivo”.

Difficile dire se una proposta unitaria delle opposizioni possa diventare concreta visto che contestualmente il ‘Terzo Polo’ propone l’abolizione del Reddito di Cittadinanza in favore di un Reddito di Inclusione esteso. È quindi possibile un dialogo con il Movimento 5 Stelle? “Noi abbiamo proposto il salario minimo a 9 euro, quindi se Calenda vuole il salario minimo che appoggi la nostra proposta” afferma Alessandra Todde, vicepresidente e deputata pentastellata. E Francesco Silvestri aggiunge: “Calenda? Buongiorno. Convergiamo tutti sulla proposta di legge già presentata dal presidente Conte, inoltre abbiamo già depositato due mozioni per impegnare il governo sia alla Camera che al Senato per il salario minimo. Portiamo avanti questo che non serve al Movimento 5 Stelle ma al Paese” conclude il capogruppo 5 Stelle alla Camera.

Insomma, tre partiti, tre proposte diverse per raggiungere lo stesso obiettivo. Ma Orlando auspica: “Si possono avere avere idee diverse su tutto ed avere un punto in comune. Questo – conclude – sarebbe a beneficio dei lavoratori”.

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sabato 26 novembre 2022

Regionali, Pd & Co. verso un nuovo disastro. Che fare? Tornino sui loro passi

E’ noto come la destra italiana di Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi sia pessima, come si premurano ogni giorno di dimostrarci con le loro strampalate esternazioni, testimonianza sconvolgente di una rara mistura di analfabetismo intellettuale e pensiero reazionario di stampo parafascista (si veda da ultimo le dichiarazioni di Giuseppe Valditara sulla necessità di umiliare i giovani, peraltro già abbondantemente da anni umiliati da un sistema capitalistico tra i peggiori del mondo conosciuto) e ancora di più coi loro sciagurati provvedimenti, dalla punizione dei poveri, destinati a essere liquidati come carico residuale (copyright Matteo Piantedosi) alla premiazione di evasori fiscali, corrotti e delinquenti vari, purché in colletto bianco. Tutto può quindi dirsi di male e peggio di questa orripilante congrega di politici di lungo corso che solo lo stomaco a prova di bomba dell’elettorato italiano consente di stare ancora per così dire sulla cresta dell’onda, tranne che non siano fortunati e parecchio.

Fortunatissimi, anzi, e la loro più grande fortuna ha un nome e un cognome. Si chiama Enrico Letta, il cui “pensiero” autolesionistico, degno del barone Leopold von Sacher-Masoch, ma senza ovviamente alcuna implicazione erotica, ha contagiato a fondo il Pd, sempre più Partito dei Depressi, che si avvia a prendere l’ennesima batosta in occasione delle prossime elezioni regionali, previste fra pochi mesi in Lazio, Lombardia Friuli-Venezia Giulia, Molise e Provincia autonoma di Trento.

La relativa cronaca è sconfortante, ma talmente paradossale da apparire l’invenzione di un genio insuperabile del male o della risata amara. Nel Lazio pare che i piddini si siano rassegnati a perseguire ad ogni costo l’alleanza funesta coi guastatori Carlo Calenda e Matteo Renzi rifiutando, a priori, ogni possibilità di convergenza coi Cinque Stelle che, anche solo da un punto di vista meramente aritmetico, costituisce l’unica speranza di non cedere alla pessima destra anche la regione della Capitale. Aprire il dibattito con Giuseppe Conte, infatti, come avvertito da Massimiliano Smeriglio nella sua intervista al Fatto di qualche tempo fa, sarebbe per il Pd necessario, ma nella piena consapevolezza che aprire un tale dibattito, come aggiunge Smeriglio, significa affrontare alcuni nodi di contenuto, posti dallo stesso Conte.

E qui cominciano i dolori, se è vero che su tali nodi gli uomini di panza piddini, per ragioni solo in parte note, non sembrano disposti a retrocedere di un solo millimetro, a cominciare dal famigerato inceneritore voluto ad ogni costo da Roberto Gualteri che fu a suo tempo il principale pretesto per la rottura con Conte che spianò alla signora Meloni la strada del governo e del potere. Smeriglio fa quindi bene a incitare tutti a tornare sui loro passi e a ritrovare la via dell’alleanza e potrebbe essere probabilmente lui stesso un ottimo candidato alla presidenza della Regione Lazio, cui ha già dato molto. Ma ci sono forti dubbi che la frenesia autodistruttiva da cui sono posseduti demoniacamente i maggiorenti piddini cessi in tempo e modo tale da consentire una svolta di questo genere, anche perché essa comporterebbe la necessità di capovolgere scelte e modi di pensare che hanno caratterizzato il partito da ben prima che il nefasto Letta gli appioppasse il colpo di grazia.

Lombardia, ancora peggio, se possibile. Qui infatti, il deus ex machina destinato a quanto pare a distruggere ogni possibilità di vittoria dell’alternativa al governo di Fontana & C. – che ha fatto della regione più ricca d’Italia, quella nella quale si è registrato il maggior numero di decessi per Covid (43.509), pari a poco meno di un quarto di quelli verificatisi su scala nazionale e di molto superiore al Brasile per vittime per abitanti – si chiama Letizia Moratti. Quest’ultima, indispettita per essere stata trascurata da Salvini & C. si è rivolta a Calenda e al Pd, suscitando immediatamente l’entusiasmo del primo e dei peggiori settori del secondo. Anche banalmente sul terreno elettorale si tratterebbe, come rivelano i sondaggi, di una scelta perdente, mentre ottime chances spetterebbero a un’alleanza tra Pd e Cinque Stelle.

Si tratta quindi di un altro disastro annunciato le cui motivazioni profonde risiedono nella morte cerebrale del Pd divenuto terra di conquista e razzia per organismi parassitari di vario genere e del tutto incapace di procedere a una rielaborazione profonda delle proprie scelte, mettendo al centro, i valori della pace e del lavoro, come pure quelli del pubblico e del collettivo. Ma qualcuno dovrà pure farsi carico di questa iniziativa e le prossime elezioni regionali potrebbero costituire un’occasione in questo senso. Nonostante e alla faccia della pessima destra e dell’altrettanto pessimo Pd, succube nientemeno che di Calenda e Renzi.

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Regionalismo differenziato: giusto distinguere il diritto alla salute in base al territorio?

Le notizie sul regionalismo differenziato sono tre:

1. Il ministro Roberto Calderoli ha presentato ufficialmente una bozza di proposta sul regionalismo differenziato;

2. L’intenzione del governo Meloni è negoziare la proposta con la Lega per avere in cambio l’appoggio sulla partita del presidenzialismo;

3. L’ordine di scuderia è usando tutta la malafede possibile, fare ogni cosa, per far digerire soprattutto alle regioni del sud un rospo del tutto indigeribile che è quello di accettare la diseguaglianza non come eccezione, ma come regola. Cioè di accettare la morte dell’art 32.

Bene quindi ha fatto il Movimento 5 Stelle (onorevole Caso) ad esprimere in aula alla Camera, durante il question time di ieri, tutta la sua circospezione, tutta la sua diffidenza, ma soprattutto tutta la riprovazione del movimento che rappresenta. A me pare che oggi il M5s sul regionalismo differenziato sia l’unica forza politica credibile. Il Pd alla vigilia di un congresso costituente candida come segretario del partito Stefano Bonaccini, colui che proprio sulla proposta Calderoli ha dichiarato il suo appoggio politico.

L’end point finale di questa proposta Calderoli, anche se non esplicitato, è uno solo: differenziare il diritto alla salute in proporzione al reddito prodotto localmente in una regione. L’end point finale implicito è quello che si chiama federalismo fiscale. Si tratta di stabilire una proporzionalità diretta fra le imposte riscosse da un certo ente territoriale (comuni, province, città metropolitane e regioni) e le imposte effettivamente utilizzate dall’ente stesso. Cioè è il recupero di quello che si chiama “residuo fiscale”.

Tanto per capirci di cosa stiamo parlando, si sappia che la Cgia di Mestre ha quantificato nel 2015 di oltre 100 miliardi di euro il residuo fiscale delle regioni del nord Italia. Quindi lo scopo politico di fondo della bozza Calderoli, ripeto scopo non esplicitato ma fortemente sottointeso, è controriformare l’attuale sistema fiscale che è alla base del finanziamento del servizio sanitario pubblico (dl 18 febbraio 2000, n. 56 Disposizioni in materia di federalismo fiscale, a norma dell’articolo 10 della legge 13 maggio 1999, n. 133.) per permettere alle regioni ricche di autofinanziarsi la propria sanità regionale e con ciò guadagnandosi il diritto di “secedere” dai vincoli di solidarietà di un sistema nazionale.

La proposta di Calderoli in sé è quasi apparentemente inoffensiva:

1. Demanda la questione fiscale ad accordi tra le regioni e il governo centrale;

2. Non chiarisce le modalità in base alle quali il nuovo regionalismo sarà finanziato;

3. Afferma che “fino a quando” non saranno definiti i Lep (livelli essenziali di prestazioni) titolo articolo 117 secondo comma, lettera m, il sistema di finanziamento resterà quello vecchio che si basa sulla spesa storica.

“Fino a quando” sembra prefigurare una prima fase e una seconda fase. Nella prima fase non cambia niente; nella seconda fase, cosa dice la proposta Calderoli? Nulla. Si può fare una controriforma del genere al buio?

Ma vediamo di fare un po’ di luce.

Il compito della definizione dei Lep spetta esclusivamente allo Stato, ma la loro realizzazione compete alle regioni. I Lep si riferiscono in generale ai diritti, ma devono essere tradotti in prestazioni. Essi vanno tradotti prima in risorse, cioè quelle che servono per realizzare i servizi. Di questo, la proposta Calderoli non parla perché i Lep potranno avere integrale attuazione solo (articolo 119 della Costituzione) quando si mette in atto il cosiddetto “federalismo fiscale”. Eccola la fregatura per avere un regionalismo differenziato: bisogna prima cambiare l’attuale sistema fiscale e solo dopo sarà possibile definire i Lep e quindi sancire le reali prestazioni da dare ai cittadini?

Siccome le prestazioni saranno proporzionali al reddito prodotto nella propria regione e siccome i redditi regionali sono diversi da regione a regione, il diritto alla salute sarà diverso per ogni regione. Quindi non avremo più un Sistema sanitario nazionale (Ssn), ma avremo una costellazione di servizi regionali autarchici. Come è noto, la logica con la quale si muove il federalismo fiscale e la proposta di regionalismo differenziato non è quella solidaristica dell’attuale Ssn, quindi non è la logica dell’equità (tutti cittadini sono uguali davanti alla malattia), ma della sussidiarietà, in ragione della quale la regione si può sostituire alla Stato, in particolare se lo stato non è in grado di compiere gli atti di sua competenza.

Ma se gli atti di competenza sono i Lea e lo Stato non è in grado di garantirli, è naturale che in un regime di federalismo fiscale sarà la regione che deciderà effettivamente e concretamente i Lep. Quindi, tutti i cittadini di una regione saranno uguali davanti alla malattia, ma i cittadini delle altre regioni no. Ogni regione sarà autarchica, non autonoma e deciderà non più in base ai diritti, cioè all’art. 32, ma in base al proprio reddito.

In futuro la solidarietà diventerà carità, quella concessa con un non meglio definito fondo di perequazione. La malafede è che tutto questo è sussunto, ma non esplicitato. Può un governo uccidere i diritti costituzionali senza un serio confronto con il parlamento? Può davanti alla malattia un governo decidere di curare i propri cittadini rinunciando a regole e a criteri di universalità e di solidarietà?

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venerdì 25 novembre 2022

Regionali Lombardia, Conte: “Moratti? Non possiamo mischiare le squadre. Non si battono le forze di destra con candidati di centrodestra”

“Per raggiungere una proposta seria e solida, ma soprattutto utile, non possiamo mischiare le squadre e correre dietro la candidatura di Letizia Moratti. Non mi piace parlare di singoli candidati ma non si battono le forza di destra o di centrodestra con candidati di centrodestra“. A dirlo è Giuseppe Conte, intervenendo in streaming durante una conferenza stampa organizzata al Pirellone dai consiglieri regionali del Movimento 5 stelle per parlare delle prossime elezioni regionali in Lombardia.

“Rispetto tutti i candidati però è chiaro che abbiamo un’altra prospettiva politica, abbracciamo un’altra visione. Vogliamo interpreti che sappiano partire convintamente da sensibilità ben riconosciute su quei temi che per noi sono qualificanti”, ha spiegato Conte, sottolineando, mandando una frecciata a Carlo Calenda e Matteo Renzi, che queste proposte “si costruiscono indicando personalità politiche adeguate” e non “prelevando personalità politiche da altri schieramenti dopo averne contrastato le politiche e le scelte per anni”. Per il Movimento 5 stelle, ha concluso prima di parlare di Pierfrancesco Majorino, “i programmi, gli impegni con i cittadini, non vengono in un secondo momento, non sono una variabile dipendente, sono dei punti fermi qualificanti per la chiarezza e la linearità della nostra proposta politica”.

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Lombardia, Conte: “Se il Pd vuole sedersi al tavolo ci siamo. Majorino? Vicino a noi, ma prima i temi”. Lui: “Dal M5s buon approccio”

Una conferenza stampa insieme al gruppo lombardo del Movimento 5 stelle per illustrare la strategia per le prossime Regionali. E soprattutto, mandare segnali al Partito democratico. Giuseppe Conte, a poco più di due settimane dall’aut aut ai dem sul Lazio che ha portato allo strappo definitivo, si è presentato davanti ai giornalisti con i suoi e ha parlato delle condizioni per trattare la ricostruzione dell’alleanza al Nord. “Se il Pd vuole dimostrare di aver fatto tesoro di errori passati noi ci siamo, se si vuole sedere al tavolo di confronto, noi siamo disponibili, qui come altrove, ma dobbiamo farlo con criterio e metodo”. Frasi che è ancora presto interpretare, ma che evocano quella tiepida apertura che l’ex premier aveva lasciato intendere alla presentazione del libro di Goffredo Bettini per Paper First: “Se prevarrà la sua linea, sarà facile ritrovarsi”, aveva detto. Il Movimento 5 stelle ha preparato una “proposta seria e solida a misura dei cittadini della Lombardia”, ha dichiarato oggi. Ma ci ha anche tenuto a sottolineare che i pentastellati sono pronti “a confrontarsi con le altre forze politiche e sociali“, senza “compromessi al ribasso”. “Non intendiamo negoziare i nostri valori e principi. Il nostro atteggiamento non cambia”, ha detto. “Vengono prima i programmi e poi discuteremo i candidati che potranno esserne migliori interpreti.

Il problema è che i dem, dopo il caos e i dubbi sul caso Letizia Moratti, hanno deciso di lanciare la candidatura di Pierfrancesco Majorino. Che è anche uno dei pochi nomi sui quali i 5 stelle potrebbero aprire un dialogo: “È un candidato del Pd”, ha detto Conte rispondendo a una domanda dei giornalisti in sala, “non vogliamo discutere su “Majorino sì, Majorino no”. Me ne ha parlato molto bene una persona molto vicina ai temi che stanno a noi a cuore, quindi nulla da dire sulla persona, ma il M5s non accetta di discutere di candidati né vuole anticipare e accettare di decidere l’interprete migliore prima di aver definito qual è il programma migliore. Non siamo disponibili, con tutto il rispetto per le scelte fatte da altre forze politiche, ma non siamo la succursale di nessuno”. Quindi “nulla da dire sulla persona, ma il M5s non accetta di discutere di candidati decidendo l’interprete prima di aver definito qual è il programma migliore“. Insomma, “non siamo la succursale di nessuno né vogliamo bollinare scelte prese autonomamente da altri”. E ancora: “Il nostro atteggiamento non cambia, è sempre lo stesso, lineare e coerente: vengono prima i programmi, prima le priorità politiche e poi discuteremo sui candidati che potranno esserne i migliori interpreti”.

Un’apertura che dal canto suo il candidato democratico è veloce a cogliere. “Dal M5s viene un buon contributo sul piano dei contenuti e una giusta volontà di confrontarsi sui temi prima che sulle persone. Mi pare, sinceramente, un buon approccio“, dice. “Per quel che ci riguarda”, aggiunge, “sabato 3 dicembre presenteremo il cuore della nostra proposta per il futuro della Lombardia. Nel centrosinistra ci confronteremo sulle migliori strategie e scelte per dare alla Regione un governo diverso da quello palesemente inadeguato di Fontana”. Plaude alle parole di Conte anche l’ala sinistra della potenziale coalizione: “Un’ottima notizia. Spero che si colga questa occasione, Majorino è un ottimo candidato, ci sono margini per trovare convergenze di carattere programmatico”, dice il leader di Sinistra italiana Nicola Fratoianni a Metropolis su Repubblica tv. E il segretario regionale Paolo Matteucci conferma: “Siamo disponibili come Sinistra italiana a confrontarci nel merito con le proposte programmatiche presentate oggi dal M5s. Ci sembra che ci sia coerenza con quanto discusso insieme fino al luglio scorso. Importante l’apertura di Conte nell’apprezzamento della figura di Majorino, abbiamo sempre pensato che lui potesse essere un interlocutore riconosciuto anche dai M5s e crediamo che questo percorso di confronto possa produrre un allargamento della coalizione democratica e progressista nell’interesse di tutti i cittadini lombardi”.

In conferenza stampa, il leader 5 stelle ha anche parlato della candidata presidente sostenuta da Azione-Italia viva: “Non possiamo mischiare le squadre e magari correre dietro la candidatura di Letizia Moratti. A me non piace parlare di singole persone e singoli candidati”, ha detto. “Però è chiaro che non si battono le forze di centrodestra, di destra, con candidati di centrodestra. Rispetto tutti i candidati però è chiaro che noi abbiamo un’altra prospettiva politica abbracciamo un’altra visione. Vogliamo interpreti che sappiano partire convintamente da sensibilità ben riconosciute su temi che per noi sono qualificanti”. A proposito di sanità in Lombardia “alcuni mesi fa i consiglieri regionali del Movimento 5 stelle hanno detto con forza queste cose nella sede dove lavorano abitualmente per i cittadini, nel Consiglio regionale con il risultato che sono stati espulsi. E’ stata una ferita che ora è giunto il momento di rimarginare. La parola ultima spetta ai cittadini che decideranno se il Movimento 5 stelle, con le altre forze politiche con cui presenteremo questo progetto, meritano di essere espulsi, oppure se forse non meritano di essere rimandati a casa coloro che hanno decretato l’espulsione dall’aula e hanno la grande responsabilità della gestione della sanità della Lombardia. Ecco forse questo cartellino rosso è il caso di mostrarlo a chi ha gestito in maniera non efficace ed efficiente in regione la sanità, a tacer di altre questioni“.

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mercoledì 23 novembre 2022

Ucraina, il Parlamento Ue: “La Russia è uno Stato sponsor del terrorismo”. M5s si astiene, tre Pd votano contro. E Mosca risponde

L’astensione del M5s, tre deputati del Pd e l’indipendente Francesca Donato che votano contro. La risoluzione del Parlamento europeo che definisce la Russia come uno “Stato sponsor del terrorismo”, approvata dall’Eurocamera, non ha raccolto pieni consensi nelle rappresentanze italiane a Bruxelles. L’intera delegazione del Movimento ha optato per l’astensione, mentre Pietro Bartolo, Andrea Cozzolino e Massimiliano Smeriglio – tutti dem iscritti a S&D – hanno deciso di votare contro, come anche Donato, eletta con la Lega.

La risoluzione, adottata con 494 voti favorevoli, 58 contrari e 44 astensioni, sottolinea che gli attacchi e le atrocità intenzionali delle forze russe, la distruzione delle infrastrutture civili e altre gravi violazioni del diritto internazionale e umanitario sono atti di terrore e crimini di guerra. Il testo è passato a larga maggioranza dopo il sì ad alcuni emendamenti alla risoluzione.

Nel testo il Parlamento invita l’Unione Europea a creare un quadro giuridico adeguato per riconoscere gli stati indicati come sponsor del terrorismo istituendo quindi misure nei confronti di Mosca che comportino serie restrizioni nelle relazioni dell’Ue con la Russia. Immediata la risposta del Cremlino: “Propongo di riconoscere il Parlamento europeo come sponsor dell’idiozia”, ha scritto su Telegram la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, dopo il via libera dell’aula.

Gli eurodeputati invitano inoltre il Consiglio ad aggiungere anche l’organizzazione paramilitare “gruppo Wagner” ed il 141esimo Reggimento speciale motorizzato noto anche come “Kadyroviti” nell’elenco dei soggetti terroristici dell’Ue. Data l’escalation di atti di terrore del Cremlino contro il popolo ucraino, i Paesi Ue sono esortati a ultimare rapidamente il lavoro del Consiglio sul nono pacchetto di sanzioni contro Mosca. Inoltre, i Paesi Ue dovrebbero prevenire, indagare e perseguire qualsiasi tentativo di aggirare le sanzioni in vigore e, insieme alla Commissione, prendere in considerazione eventuali misure contro i Paesi che cercano di aiutare la Russia ad eludere le misure.

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lunedì 21 novembre 2022

Sondaggi, Emg: salgono FdI, 5 stelle e Lega, scendono Pd, Renzi-Calenda e Forza Italia. In calo il gradimento di Meloni, cresce Salvini

Crescono Fratelli d’Italia, Movimento 5 stelle e Lega, scendono Pd, Azione-Italia viva e Forza Italia. L’ultimo sondaggio di Emg-Acqua per la trasmissione Agorà su Rai 3 disegna un trend positivo per tre delle quattro forze del centrodestra, con il partito di Giorgia Meloni che dal 7 al 14 novembre sale dal 28% al 28,4% (+0,4%) e quello di Matteo Salvini dall’8,6% all’8,9% (+0,3%). Un +0,1% si registra anche per Noi Moderati (dall’1,1% all’1,2%). Segno meno invece per Forza Italia, che perde due decimali e scende sotto quota 7% (6,9%).

Tra i partiti di opposizione in Parlamento guadagna consensi solo il Movimento di Giuseppe Conte (+0,2%, dal 17,5% al 17,7%), che stacca di un punto tondo il Pd, sceso dal 16,9% al 16,7% (-0,2%). Calo di quattro decimali per il cartello centrista di Renzi e Calenda (dall’8,1% al 7,7%), di tre decimali per Sinistra italiana-Europa verde (dal 3,9% al 3,6%), di due decimali per +Europa (dal 2,7% al 2,5%). Unione popolare di De Magistris sale all’1,7% (+0,1%). Secondo l’istituto di Fabrizio Masia, il leader che gode di maggiore fiducia nell’elettorato è ancora l’ex premier Mario Draghi (55%, +1%), mentre scende di ben tre punti in una settimana il gradimento di Meloni (dal 51% al 48%) e specularmente sale quello di Salvini (dal 26% al 29%).

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sabato 19 novembre 2022

Calenda: “Il Pd? Che si decida se con noi o con i 5 stelle, penso andranno con loro. Il Lombardia scelta strana, arriveranno terzi”

“Che si decidano, se sono con noi o con i 5 Stelle. In questo momento non sono in grado di dare una guida, penso che andranno con i 5 Stelle, così non possono andare avanti”, le parole di Carlo Calenda parlando del Pd a margine dell’Assemblea Nazionale di Azione a Napoli. In un altro passaggio, dedicato alle regionali, ha detto: “Il Lazio mi pare chiuso, sulla Lombardia il Pd ha fatto una scelta strana, ha candidato una persona molto vicina al Movimento 5 Stelle e arriveranno terzi”.

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Manovra, Conte: “Viaggio in prima classe per evasori e corrotti, precipizio sociale per i poveri. Ecco l’Italia che ha in mente Meloni”

“Viaggio in prima classe per evasori e corrotti, un tuffo senza paracadute nel precipizio sociale ed economico per lavoratori e famiglie povere. È l’Italia che ha in mente Giorgia Meloni“. Su Twitter Giuseppe Conte si scaglia contro la legge di bilancio pronta al varo da parte del governo, che conterrà – tra le altre cosel’innalzamento del tetto al contante a cinquemila euro, un condono per le cartelle esattoriali fino a tremila euro e una restrizione dei requisiti per accedere al reddito di cittadinanza. “Un Paese che volta le spalle alle difficoltà di lavoratori e famiglie, taglia il Reddito di cittadinanza a donne e uomini over 50 e 60 che faticano a trovare un impiego e a persone che già lavorano, ma chiedono il Rdc per integrare stipendi da fame. Altro che divano“, attacca l’ex premier, annunciando “un’opposizione fortissima in tutte le sedi, nelle istituzioni e nel Paese”.

“La finanziaria che sta facendo il governo non mi piace assolutamente. Stanno facendo vari passi indietro“, aveva detto già venerdì sera a Piazzapulita su La7. “Non mi piacciono i segnali che arrivano. Stavamo incentivando i pagamenti digitali e invece il messaggio è “evasori e corrotti state tranquilli. Tra condono fiscale e innalzamento della soglia del contante, avrete la pacchia“. Quando Meloni disse “la pacchia è finita”, di sicuro non pensava agli evasori e corrotti per i quali la pacchia è iniziata…” , attaccava. Promette battaglia anche il vice di Conte alla guida dei 5s, il senatore Mario Turco: “Cercheremo in tutti i modi di cambiare una manovra che si annuncia timida, senza coraggio, senza visione e senza investimenti, con cui il centrodestra si è già arreso a consegnare il Paese alla recessione”.

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venerdì 18 novembre 2022

Regionali Lombardia, Majorino: “Moratti inaccettabile per il Pd, ora ce la giochiamo con Fontana. M5s? Non li demonizzo né li inseguo”

“Siamo di fronte a una rappresentazione della nostra debolezza che non corrisponde alla realtà delle cose. Sono convinto che con le nostre proposte ce la si giochi“. Parola di Pierfrancesco Majorino, fresco candidato di ciò che resta della coalizione – ristretta – del centrosinistra, alla guida della Regione Lombardia. L’eurodeputato, 49 anni, milanese, ex assessore al Welfare prima con Giuliano Pisapia e poi con Beppe Sala (il primo cittadino ha lavorato molto affinché si convergesse sul suo nome), è il volto che piace alla sinistra del Pd. Tanto che sulla sua candidatura c’era già il benestare, fuori dal partito, di Sinistra italiana e Verdi (tiepidi, per non dire freddi, dalle parti di +Europa). Ed è anche colui che da mesi va dicendo che i dem e – in quella che sembra un’altra epoca politica – il cosiddetto “campo progressista”, avevano bisogno di un candidato unitario. Per partire, città per città, provincia per provincia, a farsi conoscere, in una sorta di lunga campagna elettorale, con l’obiettivo di battere il centrodestra e Attilio Fontana. Ma la caduta del governo Draghi, prima, e la rottura alle Politiche tra Pd e 5 stelle hanno complicato le cose. E infatti i dem arrivano solo ora col nome del proprio candidato. Majorino, appunto.

Il cosiddetto Terzo Polo sostiene Letizia Moratti. Più Europa ha già detto che resta con voi solo a patto che non ci sia il M5s. Lei però è sempre stato per il dialogo coi 5 stelle. Proverà a convincere le due forze politiche ad allargare il campo?

Il mio atteggiamento è quello di non demonizzare e allo stesso tempo di non inseguire i 5 stelle. So che è in corso un confronto, tra di loro, e che verso i primi di dicembre presenteranno una serie di proposte programmatiche. Noi, intanto, andiamo avanti. Siamo sicuri di poter vincere.

Siete sicuri, nonostante il centrodestra compatto, con FdI, Lega e Forza Italia che sostengono il presidente uscente?

Sono convinto che la rappresentazione che si sta facendo in questi giorni del centrosinistra non corrisponda alla realtà. Ce la giochiamo con la nostra forza e le nostre proposte.

C’è chi nel suo partito ha spinto per appoggiare la candidatura di Letizia Moratti.

Il centrodestra in questi anni si è retto su alcune figure, tra queste c’è proprio l’ex sindaca di Milano. La sua storia nel centrodestra è freschissima, ha smesso di stare con Salvini e Meloni solo quando le hanno sbattuto la porta in faccia. La sua non è un’operazione sincera, e credo che la sincerità sia un aspetto fondamentale.

Impossibile una sorta di ticket, quindi, come ha ipotizzato qualcuno? Moratti, dalle pagine del Corriere della Sera, stamattina, ha provato ad aprire al Partito democratico.

Trovo che l’idea sia semplicemente surreale. Se il Pd l’avesse sostenuta, avremmo perso migliaia di elettori, sarebbe nata una candidatura alternativa a sinistra e si sarebbe realizzato lo scenario peggiore, ovvero essere sconfitti da Fontana sostenendo, contemporaneamente, Moratti.

Perché molti organi di stampa e persone della società civile continuano a spingere per un’alleanza con Moratti, secondo lei?

Sicuramente il caos che abbiamo generato noi ha contribuito a far crescere questo tipo di ipotesi. Per lungo tempo non si è capito bene che cosa volessimo fare. Rispetto chi è intervenuto ma, ovviamente, non ne condivido la posizione.

Perché avete perso così tanto tempo?

I motivi possono essere molteplici. Ora le mie energie sono rivolte a ottenere la vittoria.

Il Pd resiste nelle città capoluogo di provincia, però la Lombardia è fatta anche (e soprattutto) di altro. Come farete a convincere gli elettori che vivono fuori dalle città a votarvi?

Consumandosi le suole e parlando con le persone giorno e notte.

Twitter: @albmarzocchi
Mail: a.marzocchi@ilfattoquotidiano.it

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Di Maio inviato speciale dell’Unione europea nel Golfo persico: avrà immunità diplomatica e super stipendio, ecco quanto guadagnerà

Dodicimila euro netti al mese, con tassazione agevolata Ue e copertura di tutte le spese, compreso ovviamente lo staff. E poi, status di diplomatico con relativo passaporto e immunità. È questo il trattamento previsto per l’incarico che andrà a ricoprire Luigi Di Maio: l’ex ministro degli Esteri, infatti, sarà nominato inviato speciale dell’Unione europea nel Golfo Persico. Lo sostiene il Corriere della Sera, che spiega come per formalizzare l’incarico manchi solo la nomina ufficiale che arriverà col via libera di Josep Borrell, Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue.

L’uomo del gas in Medio Oriente – Una nomina scontata secondo il quotidiano di via Solferino. E’ stato, infatti, proprio l’ottimo rapporto che si è venuto a creare tra Borrell e Di Maio, nel periodo in cui l’ex capo politico dei 5 stelle era ministro degli Esteri, a giocare un ruolo fondamentale per la scelta del candidato più adeguato al nuovo incarico. Ed è stato sempre Borrell, come racconta il Corriere, a voler creare il nuovo ruolo d’inviato speciale dell’Ue nel Golfo Persico, dopo il crollo delle forniture energetiche dalla Russia e la necessità per l’Europa di volgere lo sguardo verso il Medio Oriente. L’ex ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico, già vicepremier e parlamentare per due legislature, dovrà in pratica trattare il prezzo di petrolio e gas nel Golfo persico.

Il nome di Di Maio proposto da Roma – Ma come si è arrivati al nome di Di Maio, reduce dalla fallimentare esperienza elettorale di Impegno civico, la lista creata dopo la scissione dai 5 stelle? Secondo fonti europee citate dall’agenzia Ap, quando si decide di mandare un rappresentante speciale Ue per una regione “l’Alto Rappresentante Ue per la politica estera indirizza una lettera al Comitato politico e di sicurezza (in cui ci sono ambasciatori degli Stati membri) invitando gli Stati membri a presentare candidati idonei da presentare“. “In pratica – spiegano le stesse fonti – l’Alto rappresentante ha il diritto di iniziativa nel proporre al Consiglio la nomina di una persona come rappresentante speciale dell’Ue con un mandato” la cui durata è variabile ed è definita per l’incarico in questione. “La pratica consolidata – continuano – è quella di avere discussioni preliminari con gli Stati membri nel Comitato politico e di sicurezza nel contesto del nuovo ruolo di rappresentante speciale. Qui, tra l’altro, si tratta anche di una nuova posizione”. Quindi l’eventuale candidatura a inviato speciale Ue dell’ex ministro degli Esteri è stata proposta dal governo italiano. Resta da capire se questa proposta è stata fatta prima o dopo le elezioni, col governo di Mario Draghi ancora in carica (seppur dimissionario) o già pronto a essere sostituito da quello di Giorgia Meloni, dopo l’esito del voto?

Gasparri: “Bloccare la nomina” – Una ricostruzione che ha fatto infuriare Maurizio Gasparri di Forza Italia, che ha chiesto all’esecutivo di bloccare la nomina. “Nella nota attribuita a fonti Ue sull’eventuale incarico di Di Maio come inviato speciale si rileva che le proposte provengono dai governi. Mi auguro che il governo Meloni chiarisca che non può essere certamente in questa fase, con un nuovo governo, Di Maio ad essere designato dall’Italia, non avendo i requisiti, le caratteristiche e soprattutto la preparazione per un incarico così delicato. Se la designazione è stata fatta dal governo precedente, cioè sarebbe stata una sorta di auto candidatura visto il ruolo che lo stesso Di Maio ricopriva, basta dire che non è più condivisa dal governo attuale e in ogni caso questa vicenda va conclusa. C’è un governo nuovo in carica che ha tutto il diritto di modificare eventuali designazioni del governo precedente”.

L’ok dei tecnici Ue – Una protesta, quella di Gasparri, che arriva forse fuori tempo massimo, visto che per la nomina di Di Maio manca ormai solo il via libera di Borrell. Giovedì erano stati i tecnici Ue a scrivere che “sulla base delle prestazioni” fornite “dai candidati si raccomanda di nominare il sig. Luigi Di Maio”. La raccomandazione è arrivata dopo una serie stringente di interviste e colloqui volti a stabilire le qualità dei singoli candidati. Di Maio è stato preferito al cipriota Markos Kyprianou, l’ex inviato dell’Onu in Libia, lo slovacco Jan Kubis, e l’ex ministro degli Esteri greco e commissario europeo all’Immigrazione Dimitris Avramopoulos.

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giovedì 17 novembre 2022

Reddito cittadinanza, Mangialavori (Fi) mette in dubbio i dati Inps. “Mia percezione da calabrese è diversa”. La replica di Ferrara (M5s) su La7

Botta e risposta a “Tagadà” (La7) tra l’europarlamentare del M5s, Laura Ferrara, e Giuseppe Mangialavori, deputato e coordinatore regionale di Forza Italia in Calabria. Il tema della discussione è il reddito di cittadinanza, sul quale Ferrara menziona i dati forniti dal presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, in una intervista al Fatto Quotidiano: mediamente nell’ultimo triennio, il 65% dei percettori sono anziani, disabili e minori. Il 20% sono lavoratori poveri a cui viene integrato il reddito.
La conduttrice Tiziana Panella chiede a Mangialavori se quest’ultima categoria di persone continuerà a ricevere il reddito di cittadinanza. Piccata la risposta del deputato: “Cosa vuol dire ‘lavoratori poveri’? Mi spieghi, mi specifichi meglio questa categoria”.

Ferrara ripete la sua spiegazione: “Sono persone che, pur lavorando, hanno uno stipendio che non consente loro di vivere dignitosamente e di arrivare a fine mese. Quindi, non sono persone che, così come vuole la narrativa della destra italiana, restano a casa sul divano”.
Mangialavori ribatte: “Praticamente secondo l’onorevole Ferrara, quasi il 90% deve prendere il reddito di cittadinanza e solo il 10% dei percettori sono abili al lavoro. Lei è stata eletta, se non sbaglio, in Calabria. Beh, io la invito a frequentare molto di più i paesi del Sud. Non so dove lei ha reperito questi dati, ma sono assolutamente distanti da quella che è la realtà che io percepisco da calabrese in Calabria“.
L’europarlamentare sorride e replica: “Al di là della sua percezione, io non parlo di sentimenti miei, ma di dati forniti dal presidente dell’Inps Pasquale Tridico”.

“Ci sarebbe molto da dire su questi dati”, afferma Mangialavori.
“Se lei ha altri dati ufficiali per poter controbattere, li mostri – risponde Ferrara – Però mi pare che finora abbia controbattuto con le sue percezioni“.
“Le percezioni sono di una persona che vive nel mondo – ribadisce Mangialavori – e non vive nel mondo del web”.
“Sì, sicuramente”, chiosa ironicamente Ferrara.

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“I partiti dimostrino il loro impegno per la pace”. Mozione del Movimento 5 Stelle in Aula il prossimo 29 novembre

Il Movimento 5 Stelle ha depositato oggi una mozione a prima firma Giuseppe Conte che chiede ancora una volta al Governo di venire in Aula per illustrare al Parlamento e discutere con tutte le forze politiche la strategia da perseguire nel conflitto Russia-Ucraina, al fine di promuovere iniziative che vedano il nostro Paese farsi interprete e protagonista di una nuova fase negoziale per fermare l’escalation militare. La Conferenza dei capigruppo, annuncia il Movimento 5 Stelle, “ha accolto la nostra richiesta, calendarizzando per martedì 29 novembre la discussione della mozione”.

“Bene che ci sia finalmente una data e che il Parlamento, luogo di confronto e discussione per antonomasia, sia chiamato a pronunciarsi su un tema così sfidante vista la fase che viviamo”, ha commentato Giuseppe Conte, aggiungendo che “sarà un’occasione per tutte le forze politiche di dimostrare il proprio reale sforzo a favore di un vero percorso negoziale e di pace”.

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mercoledì 16 novembre 2022

Regionali Lazio, Conte: “Pd e Terzo Polo candidano D’Amato? Per loro i programmi sono secondari, auguri”

“Non mi faccia fare dichiarazioni per strada”. Giuseppe Conte intercettato da ilFattoQuotidfiano.it prova a evitare il tema delle prossime elezioni regionali nel Lazio. “La nostra posizione è stata molto chiara. Abbiamo posto dei temi e abbiamo chiesto alle forze se ci stanno” afferma il presidente M5s. Ma poi rispetto alla candidatura di Alessio D’Amato, sostenuto da Terzo Polo e Partito democratico, risponde: “Va bene, loro scelgono prima il candidato e i programmi sono secondari, auguri”. E alla domanda se a questo punto il Movimento 5 stelle andrà da solo o tenterà altri accordi (con Sinistra Verdi?, ndr) l’ex presidente del Consiglio non risponde.

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Regionali Lazio, Pd ufficializza D’Amato: “Al lavoro per allargare coalizione”. Boccia: “Non c’è l’ombra di Calenda, mai detto no a temi Conte”

La direzione del Lazio dà il via libera ad Alessio D’Amato, assessore uscente alla Sanità della giunta Zingaretti e sostenuto anche dal Terzo polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi, come candidato alla presidenza della Regione per il Partito democratico. L’ipotesi di “primarie” verrà discussa nel tavolo con gli alleati, anche se non sembra sfondare: “Le primarie? Non ci sottraiamo se verranno chieste, è la nostra genesi, se questo serve a contribuire ad allargare il perimetro della coalizione”, ha spiegato lo stesso D’Amato, al termine della direzione dem del Lazio, alla quale si sono presentati in 34 su 50 (con il solo voto contrario di Marco Miccoli, a cui ieri – nel corso di un evento – l’assessora del M5s, Roberta Lombardi, aveva chiesto di favorire la partecipazione del M5s alle primarie scegliendo un candidato condiviso con l’area della sinistra progressista, ndr).
Resta però soprattutto il nodo del Terzo Polo, che rischia di spaccare la coalizione, di fronte ai dubbi di Si e Verdi. “L’ombra di Calenda su D’Amato? Non c’è l’ombra di nessuno – ribatte invece il responsabile Enti Locali, Francesco Boccia -, c’è il Pd che dà un’indicazione molto chiara e da domani Alessio D’Amato lavorerà ad allargare ancora il più possibile la coalizione. Domani ci sarà il tavolo del centrosinistra che potrà prendere qualsiasi decisione sulle modalità di allargamento”, ha spiegato. E ancora: “Ambigua alleanza con Calenda alle Regionali? ”Abbiamo fatto alleanze anche con mondi civici che venivano anche da aree più lontane rispetto a noi. Amministriamo città anche con loro. Ma non vorrei che passasse l’idea che il Pd non esiste più. Non è mai stato detto no a Conte sui temi che aveva posto, anche perché quelli sono i temi su cui abbiamo lavorato molto bene con Nicola Zingaretti in Regione. Noi abbiamo governato, e governato bene, cambiando la storia della sanità del Lazio, e oggi chi si tira indietro rischia, dopo aver portato Meloni a Palazzo Chigi, di consegnare alla destra anche la Regione Lazio“.
Lo stesso segretario regionale Bruno Astorre ha poi rivendicato: “Nelle proposte programmatiche del Partito democratico sono comprese sostanzialmente tutte le proposte che ha fatto Giuseppe Conte: dalla mobilità sostenibile al lavoro, alla sanità, alla transizione energetica. Naturalmente l’unico punto che non c’è e che non ci potrebbe mai essere in un programma regionale è la questione del ciclo dei rifiuti di Roma, che attiene al sindaco di Roma, non è da programma regionale e su questo il Pd sostiene Roberto Gualtieri”, ha concluso.

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martedì 15 novembre 2022

Calenda su La7: “Il salario minimo a 9 euro è una cosa che possiamo fare insieme con Pd e M5s all’opposizione”

“Penso che col Pd dobbiamo fare insieme alcune cose all’opposizione. Anzi, dico di più. Faccio una proposta su una cosa che possiamo fare col Pd e col M5s: il salario minimo a 9 euro, perché la povertà lavorativa in Italia è indegna. Facciamo questo. Io l’ho detto, aspetto”. È la proposta pronunciata in diretta a “L’aria che tira” (La7) dal leader di Azione, Carlo Calenda, che si sofferma anche sul nome di Letizia Moratti alle regionali lombarde: “Io capisco pienamente la difficoltà di accettarla da parte del Pd. Non è che dico che la Moratti sia una scelta facile per il Pd, ci mancherebbe. E non penso che la Moratti sia di sinistra, ma è del centro riformista come siamo noi del Terzo Polo. Al Pd stiamo solo chiedendo se vuole appoggiare in Lombardia una figura che ha una caratura istituzionale ed è una democratica europeista”.

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Fassina: “Grande rabbia per rottura Pd-M5s nel Lazio. Così buttiamo a mare uniche esperienze di sinistra: Conte 2 e Giunta Zingaretti”

“Mi fa una grandissima rabbia la rottura che in queste ore si sta definendo nel Lazio tra Pd e M5s, perché così buttiamo a mare esperienze importanti di governo regionale e nazionale: la giunta Zingaretti col M5s e il governo Conte Due. Entrambe hanno fatto cose di sinistra. E auspicherei che si ripetessero”. Sono le parole dell’ex deputato di LeU, Stefano Fassina, durante la presentazione del suo libro, “Il mestiere della Sinistra nel ritorno della Politica”, presso il circolo romano del Pd di Donna Olimpia.

Fassina sottolinea: “La politica non è come la matematica: non basta che tu metta a fianco le sigle. Le sigle devono avere credibilità in termini di programma e credibilità in termini di classe dirigente. Per questo motivo insisto sul fatto che bisogna partire dall’esperienza e ho citato due esperienze concrete di governo, il Conte Due e la giunta Zingaretti con l’ingresso del M5s. Il 25 settembre è stato un errore, ma quell’errore dobbiamo ripararlo, non approfondirlo. E – continua – la vicenda del Lazio rileva, in primis per questa regione, una prospettiva politica. Se non ricostruiamo le condizioni per quella prospettiva politica, deve essere chiaro a tutti che l’Italia e la Regione Lazio un governo progressista, per una fase, se lo scordano. Quelle riforme di cui il mondo del lavoro, la sostenibilità ambientale e le famiglie hanno drammaticamente bisogno non arrivano”.

L’ex parlamentare chiosa: “Il mio libro è nato in previsione della scadenza naturale della scorsa legislatura, marzo 2023. L’obiettivo era da settembre del 2022 per i 6 mesi successivi lavorare insieme al Pd e al M5s per definire una lettura e qualche linea di programma comune. Questo non è stato possibile ma questo lavoro va portato avanti con scelte concrete perché la politica non è una riflessione astratta. Oggi questa è la partita che si gioca nella Regione Lazio e che ha una portata non solo regionale, ma anche nazionale“.

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M5s, Conte annuncia la (ri)nascita dei gruppi territoriali: minimo 30 persone e c’è l’obbligo di iscrizione al Movimento

Sono nati con un annuncio ufficiale di Giuseppe Conte i gruppi territoriali del Movimento 5 stelle. E c’è già chi pensa ai Meetup, lo scheletro del M5s delle origini e archiviati ufficialmente nel 2015, ma qui a essere diverso non è solo il nome. “È una vera rivoluzione organizzativa quella che da oggi parte per la nostra comunità”, ha detto il leader in un video pubblicato sui canali del Movimento. “È necessario rafforzare la presenza nei territori, in quei luoghi in cui i problemi nascono e hanno una ricaduta diretta sulla vita quotidiana”. Quindi, si legge ancora, “dopo la costituzione dei Comitati nazionali e tematici e dei coordinatori territoriali, è arrivato il momento di avviare i gruppi territoriali”.

Sette anni fa i Meetup furono chiusi proprio per decisione dei vertici e con una lettera pubblicata sul blog a firma di Roberto Fico e Alessandro Di Battista. Era il momento di massima espansione e quelle strutture spontanee sui territori erano state il bacino fondamentale di crescita per il Movimento, ma iniziavano a dare dei grossi problemi di gestione. Da lì la decisione di chiuderli di fatto e riorganizzare tutto dall’alto. Ecco perché oggi la notizia fa ancora più rumore. E ad accompagnare l’annuncio Giuseppe Conte ha provveduto a far pubblicare un regolamento ufficiale (leggi qui).

Per far parte dei nuovi gruppi territoriali sarà necessario essere iscritti al M5s, essere domiciliato o residente nel territorio di riferimento del gruppo e non appartenere in contemporanea a un altro gruppo. Dopo aver completato questo passaggio, passando sempre per la piattaforma del Movimento, si potrà indicare il Comune o lo Stato estero per cui proporre la nascita di un nuovo gruppo. Perché questo possa essere ufficialmente creato servirà un numero minimo di 30 persone. La richiesta sarà quindi sottoposta al Comitato per i rapporti territoriali che avvierà l’istruttoria per l’approvazione. Per ogni gruppo poi, una volta ufficializzata la nascita, saranno scelti: il rappresentante che dura in carica un anno con possibilità di rinnovo, il vice e i referenti. Sarà poi possibile creare dei gruppi di lavoro.

“Siamo e resteremo sempre una comunità che ha come bussola la democrazia diretta”, si legge nel post di Giuseppe Conte, “ma che ha necessità di dotarsi di una organizzazione territoriale che consenta la partecipazione e la promozione e diffusione dell’attività del Movimento 5 stelle”.

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Regionali Lombardia, vertici M5s a Roma da Conte. Il consigliere De Rosa: “Majorino? E’ uno del Pd con cui si può ragionare”

Mentre i dem in Lombardia ancora sembrano incagliati sul sostenere o meno Letizia Moratti (anche se Enrico Letta l’ha già smentito), i vertici 5 stelle sono andati a Roma per incontrare Giuseppe Conte. E iniziare a capire come muoversi in vista della sfida elettorale. Il problema centrale è sempre lo stesso: l’alleanza giallorossa può rinascere e può trovare terreno fertile proprio alle Regionali? Nel Lazio il capitolo sembra già archiviato, ma in Lombardia i giochi sono ancora aperti.

A tenere aperta la porta è stato, oggi, il consigliere regionale M5s Massimo De Rosa che, a margine della seduta al Pirellone, ha anche parlato del candidato dem che potrebbe trovare il loro accordo: “Pierfrancesco Majorino“, ha detto rispondendo alle domande sull’ipotesi di candidatura dell’eurodeputato dem, “è una persona con cui si può discutere e dialogare” e con cui “sui temi ci si può iniziare a trovare. Certamente non è un nome che sosteniamo in questo momento per la campagna elettorale”, ma è una “delle varie frange del Pd con cui si può ragionare“. Ma, ha continuato, “il problema in generale è capire nel centrosinistra con chi si sta parlando. Ad oggi non sappiamo in base alla persona con cui si dialoga quali siano gli obiettivi, i programmi e i temi su cui dialogare”. Quindi prima “dovranno fare chiarezza al loro interno” poi “noi comunque proporremo dei temi e da lì vedremo se e cosa può venire fuori”.

A scendere a Roma per parlare con Conte sono stati il coordinatore lombardo Dario Violi e il capogruppo al Pirellone Nicola Di Marco. Al centro della discussione il programma pentastellato e il perimetro dell’eventuale alleanza. “Oggi ci sarà un confronto e nei prossimi giorni, nelle prossime ore”, ha detto sempre De Rosa, “si uscirà con una posizione chiara che metterà tutte le carte sul tavolo in modo da capire chi può starci e chi non può starci e dove si vuole andare a parare con queste elezioni regionali”.

Nel Partito democratico però, regna il caos. Nel weekend si è candidato autonomamente (e strappando con i suoi) l’assessore Pierfrancesco Maran: un nome che trova il favore del Terzo Polo, ma non di tutto il partito. Intanto Pierfrancesco Majorino sta prendendo tempo: “Io ci sono se, e solo se, contribuisco a unire e a risolvere una situazione complicata”, ha detto a Radio Popolare. Per quanto riguarda la possibilità di allargare l’alleanza di centrosinistra ai 5 Stelle, Majorino ha chiesto che si faccia “un confronto alla luce del sole: se non siamo d’accordo, una stretta di mano e ognuno gioca la sua partita. Se ci sono idee che uniscono per il futuro della Lombardia, evitiamo di correre divisi. Proviamoci”.

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sabato 12 novembre 2022

Il confronto tra Conte e un contestatore: “Che tradizioni avete voi?” “Bullizzati perché difendiamo gli ultimi, rispetti la nostra storia”

Applausi e contestazioni. Il presidente M5s Giuseppe Conte ha diviso la platea presente all’Auditorium parco della Musica di Roma, intervenendo come ospite alla presentazione del libro di Goffredo Bettini, “A sinistra. Da Capo” (edito da Paper first).
L’ex premier stava spiegando il motivo della mancata alleanza tra M5s e Pd in vista delle prossime Regionali nel Lazio, rivendicando di non poter stringere accordi con il Terzo Polo (Iv-Azione): “Non possiamo perdere l’anima, non possiamo metterci con Renzi che propone referendum sul Reddito di cittadinanza, o con Calenda che chiede la militarizzazione per il rigassificatore. Non è la nostra storia, non sono i nostri principi”. Ed è allora che è stato interrotto da un signore in sala: “Ma che tradizioni avete voi (M5s, ndr), che tradizioni avete…”, ha polemizzato. Conte ha replicato piccato: “Molto più breve della tua, ma la devi rispettare. Non significa che siccome hai mille, cento o tre anni alle spalle puoi calpestarla…”. Ma il contestatore ha continuato a polemizzare, costringendo la moderatrice, la consigliera capitolina dem Antonella Melito, a intervenire: “Fate concludere Conte”. Irritato, l’ex premier ha replicato sarcastico: “Ma questo è massimalismo!”. E ancora, tra gli applausi in sala di altri presenti: “Il M5s, che al signore piaccia o no, ha scelto in modo chiaro di difendere i precari, gli sfruttati, gli ultimi. Abbiamo una scarsa storia, ma per il fatto di essere bullizzato per questa battaglia, merito anche il suo rispetto”.

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Lazio, Conte: “Pd ha scelto interprete designato da Calenda”. Ma Orlando: “Errore M5s tirarsi fuori”. E Bettini: “Non si pongono condizioni”

Doveva essere il teatro del dialogo rinnovato tra il Pd (o meglio, la sinistra interna di Goffredo Bettini e Andrea Orlando) e il M5s di Giuseppe Conte, di certo non è bastato per ricucire le fratture delle ultime Politiche, dopo la rottura dell’alleanza a causa della caduta del governo Draghi. Di fronte alla platea dell’Auditorium parco della Musica di Roma, per la presentazione del libro dello stesso Bettini, “A sinistra. Da Capo” (edito da Paper first), non c’è stato alcun riavvicinamento tra il Movimento 5 Stelle e il Pd, in vista delle prossime Regionali nel Lazio. Una partita che dem e pentastellati non correranno insieme, al di là di appelli unitari e timidi tentativi di convergenza.
“Abbiamo posto dei punti fermi, punti cardine della nostra azione, aprendo a tutte le forze politiche, senza rancore e senza indicare candidati”, si è difeso dalla Capitale l’ex presidente del Consiglio. Lo stesso che pochi giorni prima aveva però dettato condizioni che il Pd ha subito bollato come ‘irricevibili’: dal no all’inceneritore – voluto a Roma dal sindaco Roberto Gualtieri – allo stop delle nomine e del “connubio perverso tra Sanità e politica”. Un implicito riferimento ad Alessio D’Amato, assessore regionale alla Sanità, da settimane già indicato tra i possibili candidati Pd alla successione di Nicola Zingaretti, con il sostegno del Terzo Polo, e poi ufficializzato nelle scorse ore dagli stessi dem (in attesa di capire se verranno o meno realizzate – complicate – primarie).
“Avevo chiesto solo di definire prima un programma e di trovare insieme il miglior interprete per attuarlo. Invece due giorni dopo la risposta è stata scegliere l’interprete già designato da Carlo Calenda”, ha attaccato così Conte. E ancora, considerando l’asse con Iv e Azione uno slittamento al centro (se non a destra) inconciliabile con i valori M5s: “Non possiamo perdere l’anima, non possiamo metterci con Matteo Renzi che propone referendum sul Reddito di cittadinanza, o con Calenda che chiede la militarizzazione per il rigassificatore”. Parole alle quali ha però replicato lo stesso Bettini: “Conte, attenzione. Nel Lazio si interrompe un’esperienza unitaria che già c’è. Tu dici di aver posto delle condizioni, ma in un processo unitario non si pongono condizioni”, ha replicato l’ex europarlamentare. Pur con una stoccata diretta verso i vertici del Nazareno: “Non ho nessuna remora sulla figura di D’Amato. Ma certamente l’esito dell’alleanza politica mi ha un po’ sconcertato”.
Nemmeno l’ex ministro del Lavoro Andrea Orlando, tra coloro che nel Pd erano tornati a spingere per ricreare l’asse tra dem e M5s, ha digerito il nuovo strappo in quello che una volta era il ‘campo largo’: “Dialogare col M5s? Certo che sì, ma in questo momento si fa più difficile la strada di un dialogo che abbia anche degli esiti concreti”. E ancora: “Errori Pd in vista delle Regionali? No, sta facendo quello che deve, con la disponibilità a fare le alleanze. Le responsabilità della rottura sono chiare, almeno nel Lazio, mi pare che sia un errore netto dei Cinque stelle di chiamarsi fuori“, ha attaccato.
Conte però ha tagliato corto: “Ho aperto a tutte le forze politiche. Ho messo qualche punto fermo, poi gli altri scelgono i candidati che vogliono”, si è limitato a replicare alla sinistra Pd. E pure l’ex senatrice M5s Paola Taverna, rimasta fuori dal Parlamento per la regola dei due mandati, si è allineata: “Paletti irricevibili per il Pd? I nostri sono punti programmatici, se il Pd vuole impegnarsi in un’area politica progressista non può considerarli come dei paletti, ma dovrebbe abbracciarli con convinzione”.

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giovedì 10 novembre 2022

“Non c’è una linea, ci si limita a rincorrere il M5s”: l’eurodeputato Giuseppe Ferrandino lascia il Pd e va con Renzi e Calenda

“Non ho più nulla da condividere con questo partito che si limita a rincorrere le posizione del Movimento 5 Stelle”: Giuseppe Ferrandino lascia il Pd. Lo aveva già annunciato l’eurodeputato e vicepresidente di Renew Europe, Nicola Danti, dando il benvenuto nel suo gruppo al collega campano, eletto a Strasburgo tra le fila democratiche. Ferrandino entra quindi a far parte della formazione liberale di cui fanno parte Azione e Italia Viva. “La nostra delegazione cresce, ma soprattutto si arricchisce con un collega serio e capace, che darà un contributo importante al Terzo Polo in Europa e in Italia”, aveva scritto Danti in un tweet.

Anche Ferrandino ha affidato ai social la riflessione sul suo percorso politico con il Partito Democratico. “Mi sono chiesto spesso, in queste settimane, cosa mi accomunasse al Pd, a questo Pd”, si domanda retoricamente il deputato europeo sul suo profilo Facebook. Dopo aver elogiato i suoi ex compagni militanti di partito, “quelli che ogni giorno alzano le serrande delle poche sezioni rimaste aperte”, e gli amministratori, “in trincea ogni giorno per difendere gli interessi dei cittadini”, Ferrandino si dà una risposta “disarmante”: “Non condivido più nulla con il Pd. Qual è la linea su temi come giustizia, ambiente, lavoro, scuola? Banalmente: non c’è alcuna linea, ognuno ha la sua!”.

Il deputato di Strasburgo rimprovera al suo ex partito di limitarsi a “rincorrere le posizioni di altri, a cominciare dal M5s“. I pentastellati sono definiti “maestri del camouflage” che hanno dimostrato di non volere più alleanze con il Pd. La forza politica guidata da Letta, secondo Ferrandino, “chissà per quale strano motivo”, li ha trasformati “da movimento populista a espressione del riformismo, modello a cui tendere per vincere!”.

“Oggi sento dire che solo alleandoci con il M5S riusciremo a governare. Capite? Il punto è, cari amici, che non si deve governare per forza, ma questo Pd sembra non capirlo, anzi non sembra proprio accettarlo – continua -. Si governa quando le idee, le prospettive, convincono l’elettorato a darti la maggioranza, punto. Abbiamo perso contatto e affinità con l’elettorato perché oggi il Pd non è più custode di nessuno dei valori su cui è stato fondato. Ecco, per queste ragioni io ho deciso di andare via. Aderisco al Terzo Polo, quel laboratorio che oggi offre una prospettiva nuova a chi, come me, crede nel riformismo come strumento di trasformazione della società”. E conclude: “È una sfida nuova, stimolante, che mi farà ritornare l’entusiasmo che il Pd mi ha fatto perdere”.

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Lazio, Bonelli: “Ci proponiamo come mediatori tra Pd e M5s, devono assolutamente parlarsi. Conte? Condividiamo suo programma”

Pd e M5s parlino tra di loro, noi dell’Alleanza Verdi-Sinistra Italiana vogliamo favorire questo dialogo. Le linee programmatiche che Giuseppe Conte ha dato nella sua conferenza stampa sono per noi condivisibili, anche se non sufficienti. Ma bisogna assolutamente che M5s e Pd dialoghino, a partire anche dalla maggioranza che ha governato la Regione Lazio. Io penso che si possa fare e queste sono ore fondamentali per raggiungere l’obiettivo. Se così non fosse, consegneremo questa e altre regioni alla destra. Sarebbe davvero irresponsabile“. È l’appello lanciato ai microfoni di Radio Radicale da Angelo Bonelli, deputato del gruppo parlamentare Alleanza Verdi-Sinistra Italiana, proponendosi con Nicola Fratoianni come mediatore tra Pd e M5s per un campo largo progressista, in vista delle elezioni regionali in Lazio.


Bonelli spiega: “Vogliamo esercitare un ruolo di facilitatori perché non siamo assolutamente disponibili a riproporre uno schema politico che ha portato al disastro e che ha consegnato il governo italiano alla destra-destra, cioè alla Meloni, i cui effetti oggi li vediamo in materia di diritti umani, di politiche climatiche, di politiche energetiche, di politiche economiche – continua – Abbiamo visto la pazzia della proposta di portare a 10mila euro il tetto del contante, come se i poveri andassero con 10mila euro in tasca. Questo indica proprio la superficialità e l’approssimazione con cui il governo Meloni affronta temi estremamente importanti. Tra l’altro, non hanno affrontato il tema degli extra-profitti, a dimostrazione che sono un po’ deboli coi forti”.

Frecciata di Bonelli al leader di Azione, Carlo Calenda: “Il problema di una destra che imperversa è imputabile a chi non è riuscito a costruire un’alleanza larga che comprendesse tutti tranne naturalmente Calenda che, come è noto, è abbastanza refrattario alle alleanze, a meno che non le decida lui. Calenda manda dalla mattina alla sera bordate a tutti quanti senza salvare nessuno, neppure Emma Bonino. Il suo sostegno all’assessore regionale uscente Alessio D’Amato? – conclude – Calenda mette cappelli sui candidati per bruciarli e iimmolarli. Queste sue modalità indicano chiaramente che lui non ha molto a cuore la costruzione di un perimetro e di un’alleanza. Parte sempre da se stesso. Questa è l’evidenza del carattere particolare di una persona che ormai tutti hanno imparato a conoscere”.

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Il Pd finge di non capire: come può allearsi al M5s nel Lazio senza rinunciare all’inceneritore?

È un mese che gli esponenti del Pd ripetono ogni mattina: “alleanza M5s-Pd nel Lazio, sennò vince la destra!”.

Ma come è possibile che si finga di non capire un fatto basilare? Se tu Pd vuoi un accordo con me M5s, tu Pd non puoi impormi qualcosa che io M5s non solo ho mai condiviso, ma addirittura mai nemmeno discusso insieme. In un qualsiasi rapporto ci si rispetta altrimenti si entra in una “relazione tossica” che non fa bene a nessuno.

Nell’ultima conferenza stampa Giuseppe Conte ha detto semplicemente la cosa più ovvia del mondo: per presentarsi insieme serve condividere un programma comune.

Riepiloghiamo la vicenda inceneritore. Durante il governo Conte-2 tra le due forze politiche, la visione comune c’era, ed era contraria alla costruzione di nuovi inceneritori. Il piano rifiuti regionale del Lazio, approvato finalmente nel 2020, esclude la costruzione di nuovi inceneritori (ricordiamo che il piano rifiuti è proprio di competenza regionale).

L’Unione europea scoraggia e non finanzia la costruzione di nuovi inceneritori spiegando che nella gerarchia della gestione si raccomanda di ridurre, riusare e riciclare i rifiuti piuttosto che bruciare materiali preziosi.

Infatti, presto tasserà questi impianti con un importo nell’ordine di 100 euro per tonnellata di anidride carbonica prodotta. 600.000 tonnellate di rifiuti bruciati significano quindi la produzione di circa 600.000 tonnellate di anidride carbonica (senza parlare del 20% di ceneri da mandare comunque in discarica come rifiuti speciali che generano altri costi) e quindi 60 milioni di euro di nuove tasse per romani.

Un inceneritore è un impianto alto circa 100 metri che costa almeno 700 milioni di euro, soldi che dovranno tirare fuori dalle loro tasche i romani, perché questo tipo di impianti non sono finanziabili con i fondi Pnrr. Anche a causa della guerra in Ucraina c’è una carenza di materiali da costruzione, incluso l’acciaio, il che significa che ci vorranno molti anni prima di vedere in funzione questa struttura. Che, è bene ricordarlo, non è definita con il termine di greenwashing “termovalorizzatore”, nemmeno nel piano rifiuti presentato dallo stesso sindaco Roberto Gualtieri, ma piuttosto “impianto di trattamento termico dei rifiuti”. Questo trattamento termico è l’incenerimento, durante il quale si produce Co2 e una serie di sostanze chimiche tra cui le diossine.

Non bisogna chiedersi se le altre città hanno un inceneritore o meno, ma se ha senso adesso iniziare a costruirne uno nuovo per Roma visto che l’Europa deve necessariamente andare verso una riduzione dei rifiuti prodotti e degli inceneritori. L’inceneritore non si costruisce con un colpo di bacchetta magica come pensa qualcuno.

Infatti, lo stesso sindaco Gualtieri solo un anno fa, durante la campagna elettorale del 2021, si diceva contrario alla costruzione di un nuovo inceneritore perché richiederebbe “almeno 7 anni” e nello stesso tempo sarebbe invece possibile incrementare la raccolta differenziata e “realizzare la filiera di impianti in linea con gli obiettivi europei che massimizzano il recupero e minimizzano il residuo: Tmb (trattamento meccanico-biologico) evoluti, impianti di compostaggio e biodigestione per la parte organica, bioraffinerie per ricavare combustibili verdi, sostitutivi dei fossili, dalla plastica non riciclabile e dalla frazione secca”.

Queste parole del sindaco Gualtieri sono sicuramente condivisibili dal Movimento 5 Stelle e da chi ha davvero a cuore l’ambiente. Questo sarebbe un punto dal quale ripartire piuttosto che dire “è Giuseppe Conte che non vuole l’alleanza nel Lazio” o affermazioni surreali da parte di Nicola Zingaretti del tipo “La regione Lazio non ha mai autorizzato e non autorizzerà mai nuovi inceneritori”. Qualcuno gli ricordi che è nello stesso partito di Gualtieri, del quale condivide la scelta dell’inceneritore.

Gualtieri e Zingaretti hanno cambiato idea sulla costruzione del nuovo inceneritore perché dopo aver condotto una campagna denigratoria contro la precedente sindaca Virginia Raggi, adesso Roma non è affatto in condizioni migliori essendo i rifiuti (e i cinghiali) semplicemente spariti dalle prime pagine dei giornali ma non dalle strade. Nel primo anno di Gualtieri la raccolta differenziata è addirittura diminuita.

Dire ai cittadini “ora faremo l’inceneritore e si risolverà tutto” serve a giustificare l’emergenza che inevitabilmente si vedrà nei prossimi anni e che invece con una spesa di almeno 700 milioni in almeno sette anni potrebbe essere affrontata in tempi decisamente molto più brevi, con impianti meno impattanti distribuiti sul territorio, raccolta differenziata e riduzione dei rifiuti.

Il 95% della plastica dei rifiuti solidi urbani è costituita da imballaggi: non ditemi che non si può ridurre. La plastica è la parte più energetica dei rifiuti, il carburante dell’inceneritore. Meno plastica c’è nei rifiuti, minore è il recupero energetico, più gas bisogna usare perché non dimentichiamoci che l’inceneritore consuma metano.

La frazione umida è invece quella più problematica per questi impianti. Già solo toglierla dalle strade e compostarla, visto che costituisce circa il 20% dei rifiuti solidi urbani, diminuirebbe di tanto il problema rifiuti e il disagio per i cittadini. A differenza dell’inceneritore, gli impianti per la frazione umida sono finanziabili con i fondi Pnrr e si costruiscono in tempi ben più brevi.

Infine, dispiace sicuramente concedere un netto vantaggio alla destra, ma le ultime elezioni politiche hanno dimostrato che il “sennò vincono i fascisti” non funziona. E non funzionerebbe nemmeno una giunta nella quale non c’è una visione comune su un tema così importante.

Piuttosto che lanciare accuse senza fondamento decida il Pd se vuole l’alleanza elettorale con il Movimento 5 Stelle, con buone possibilità di battere la destra, oppure non risolvere il problema rifiuti per i prossimi anni e minacciare la salute dei cittadini rifiutando qualsiasi mediazione sull’inceneritore.

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mercoledì 9 novembre 2022

Regionali Lazio, al M5s andare da solo conviene? Segui la diretta con Peter Gomez

Nicola Zingaretti ha annunciato oggi le proprie dimissioni da presidente. Così in febbraio si terranno le elezioni per la Regione Lazio. Terzo polo e Pd vorrebbero candidare Alessio D’Amato, ma Giuseppe Conte ha già avvertito che non intende appoggiare chi vuole l’inceneritore. Al M5s conviene andare da solo? Ne parla in diretta, a partire dalle 16.15, Peter Gomez.

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Cacciari: “Pd è come l’asino di Buridano. Crepa nel mezzo, tra Terzo Polo e M5s. Sovranismo di Meloni? Solo propaganda per qualche allocco”

“Come affronterà il Pd le elezioni regionali in Lazio e in Lombardia? Non si sa e non si capisce. Il Pd è lì, come l’asino di Buridano che, come peraltro dicono i sondaggi, muore nel mezzo, tra Terzo Polo e M5s. Se il Pd non prende una decisione chiara su da che parte stare, creperà nel mezzo. Non emerge assolutamente alcun disegno autonomo del Pd né sul piano dei programmi né sul piano delle alleanze”. È il caustico commento pronunciato nella trasmissione “L’Italia s’è desta” (Radio Cusano Campus) dal filosofo Massimo Cacciari sulla strategia elettorale del Pd per le prossime elezioni regionali in Lazio e in Lombardia.

Cacciari spiega: “Se Pd e M5s non faranno un’alleanza sia nel Lazio, sia in Lombardia, perderanno e regaleranno le regioni agli avversari politici. Il M5s e il Pd possono vincere solo se uniti, questo vale a livello nazionale così come a livello locale. Il Pd non può certo dire sì alla Moratti, altrimenti questo significherebbe rompere coi 5 Stelle. È pacifico questo. Se invece sposano la Moratti, si metteranno d’accordo con Calenda e Renzi. Ma Calenda e Renzi non si metteranno d’accordo mai col M5s”.

L’ex sindaco di Venezia si sofferma anche sulle politiche di Giorgia Meloni: “Il suo sovranismo? Uno in campagna elettorale può anche fingersi sovranista o nazionalista. Va bene se gli serve prendere qualche voto. Del resto, durante le propagande politiche, ne abbiamo viste di tutti i colori sin dalla Prima Repubblica. Ma non è quello il problema. Il problema – puntualizza – è ficcarsi nella testa che una visione sovranista oggi è fuori dalla realtà totalmente. Ogni nostro problema può essere risolto a livello meta-nazionale. Almeno a livello europeo, ma non solo, perché senza rapporto con le altre grandi potenze non si risolve nulla. Lasciamo ai propagandisti il parlare di sovranismo. Non esiste”.

Cacciari chiosa: “Tutti i paesi sono a sovranità limitata, anche la Germania e gli Usa, che ha tre quarti del debito in mano ai cinesi. Ma vogliamo ficcarcelo nella testa sì o no? O riusciamo a organizzare una politica policentrica, in cui tutti i centri della politica e dell’economia mondiale riescono ad accordarsi con patti e trattati oppure andremo verso una catastrofe politica, come effettivamente ora stiamo andando tranquillamente e ciecamente, giocando su termini ormai totalmente insensati. Lo vedremo dai fatti – conclude – E questi fatti saranno tragici purtroppo, se non riusciamo a capire che dobbiamo procedere verso una visione policentrica di questo nostro mondo. E noi potremmo far parte di questo gioco, se fossimo un’Europa politicamente unita. Fintanto che non lo siamo, saremmo sempre subalterni, alla faccia dei sovranisti che continueranno a chiacchierare e qualche allocco ci cascherà”.

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