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martedì 28 febbraio 2023

Per Elly Schlein perdere i moderati sarebbe una manna dal cielo

di Cristian Giaracuni

Neanche il tempo di avere i risultati ufficiali che già sui social una serie di buontemponi annunciavano l’imminente dipartita del Pd. Secondo costoro, con l’avvento della nuova segretaria Schlein, il già moribondo Partito democratico sarebbe stato destinato al definitivo prosciugamento in virtù della massiccia fuga dei moderati: atterriti dal ritorno dei bolscevichi, gli elettori, smarriti e raminghi, erano già pronti a trasferirsi armi e bagagli nel “partito bilocale” di Calenda e Renzi.

Il risultato delle primarie sarebbe tutto grasso che cola per il cosiddetto terzo polo e ovviamente per quel perfido stratega di Giuseppe Conte che, proprio grazie alla vittoria di Elly Schlein, ottenuta con i voti degli elettori 5stelle in missione segreta nei gazebi dem, ed alla conseguente transumanza dei moderati verso lidi meno rivoluzionari, avrebbe finalmente l’occasione di diventare il capo indiscusso dell’opposizione.

Secondo questa bizzarra teoria infatti, il leader dei 5Stelle avrebbe una voglia matta di restare da solo all’opposizione, rosicchiando come una mantide vorace la carcassa di un Pd svuotato, ma senza mai ottenere i voti sufficienti per subire la responsabilità del governo. Bizzarra visione delle cose che parte dalla solita narrazione fallata, propalata per esempio da Letta, secondo cui il M5S, populista e irresponsabile, sarebbe ostile alla sinistra, e quindi incompatibile con il Pd, moderato e responsabile.

Chi conosce la storia del M5S sa benissimo che il Movimento di Grillo e Casaleggio nacque su istanze progressiste ignorate e vilipese dal nascente Pd veltroniano che prese in ostaggio la sinistra a se ne autoproclamò unica e autentica voce. L’ostilità dei 5stelle, semmai, è stata verso quella classe dirigente piddina che ha gestito il partito come un abietto comitato d’affari diviso in quelle mille correnti che la Schlein ha annunciato di voler finalmente inaridire.

Gli elettori del M5S di Conte che alle primarie, grazie allo strambo meccanismo di voto aperto, hanno votato per l’ex europarlamentare non l’hanno fatto certo per restare da soli all’opposizione ad abbaiare alla luna mentre questo terrificante centrodestra devasta l’Italia. Ma l’hanno fatto per fare del Pd una sponda affidabile ed un alleato attrattivo per le prossime tornate elettorali.

Ragionare di travaso di voti dal Pd al terzo polo dimostra poi una assoluta miopia perché chi pratica questo ragionamento si ostina a considerare il bacino di potenziali elettori come un circuito chiuso, mentre ignora l’ombra ormai ingombrante dei milioni di astenuti alla disperata ricerca di una voce che li rappresenti.

In realtà la fuga dei presunti moderati, intesi però come classe dirigente, cioè renziani ed ex democristiani che imbalsamano il partito, sarebbe una manna dal cielo per il nuovo Pd di Elly Schlein il cui compito più difficile sarà infatti quello di depurare il partito, accompagnando alla porta un po’ di ras, capibastone e zavorre varie per mettere fine una volta per tutte all’ambigua farsa del “ma anche” e scegliere una strada chiara e definita, veramente alternativa alla destra e veramente progressista.

Probabilmente il nuovo (se davvero lo sarà) Partito Democratico di Elly Schlein perderà anche qualche elettore affezionato a quel tanfo di muffa tipico del Pd “responsabile”, impaludato nella gestione del potere e inchiodato dalle lotte intestine nella sua immobile insipienza, ma potrebbe guadagnare tutti i voti necessari per rappresentare davvero un pezzo della società e magari provare l’ebrezza di vincere anche le elezioni.

L’ex ministro Fioroni ha già salutato la compagnia annunciando “un nuovo network dei cattolici e democratici” mentre Bersani sembra pronto a rientrare: sono i primi passi verso un partito migliore.

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Travaglio a La7: “Schlein è antropologicamente l’essere più lontano dal vecchio Pd. Con Conte avrà meno difficoltà a trovarsi”

“La vittoria di Elly Schlein alle primarie Pd e lo sfasamento tra primo e secondo turno? Si spiega con il dislivello, che ormai è un abisso, tra gli apparati e la base, cioè tra i voti di opinione, che non sono controllati, e quelli controllati. L’establishment ovviamente tifava per Bonaccini. Ma sono almeno 10 anni che c’è una grande rivolta dei popoli contro le élite. Ogni volta che le élite indicano un candidato, la gente vota regolarmente per l’altro, a meno che non sia voto controllato”. Sono le parole pronunciate a Otto e mezzo (La7) dal direttore de Il Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, che aggiunge: “Adesso vedo che c’è tutta una corsa della grande stampa di establishment ad avvertire Elly Schlein: ‘Guai se ti discosterai dall’agenda Letta, dall’agenda Draghi e dall’agenda atlantista‘. Ma in realtà l’hanno votata esattamente per questo. Elly Schlein è l’essere più lontano antropologicamente da tutto ciò che ha rappresentato il Pd da quando è nato”.

Travaglio osserva: “Io credo che gli elettori abbiano votato Elly Schlein perché si augurano che diventi addirittura diversa da se stessa, visto che lei per quieto vivere ha rinunciato al suo pacifismo e ha votato il decreto del governo Meloni per il riarmo. Lo scorso anno aveva invece preso delle posizioni molto più scettiche sul riarmo – continua – Ma in ogni caso penso che Schlein sia stata votata per il suo essere una novità più che una donna di sinistra, perché questo accomuna tutte le elezioni, dentro e fuori dal Pd, negli ultimi 10 anni. Si vota sempre quello che sembra garantire un cambiamento”.

Circa i rapporti futuri tra Giuseppe Conte, leader del M5s, e la neo-segretaria dem, Travaglio prevede che saranno meno difficili di quelli che intercorrevano tra lo stesso Conte ed Enrico Letta. E ne spiega le ragioni: “Intanto, Elly Schlein si è iscritta al Pd praticamente l’altro ieri e quindi non può essere accusata di nulla di tutto ciò che ha fatto il Pd. Quando Letta in campagna elettorale prometteva di abolire il Jobs Act e il Rosatellum, tutti gli rispondevano che quelle leggi erano state fatte dal Pd. Adesso a Elly Schlein non potranno dire questo ed è un grosso vantaggio”.
E chiosa: “Ricordo anche che nel 2013 con la campagna Occupy Pd Schlein cominciò a contestare il partito, quando cioè prima col golpe bianco dei 101 franchi tiratori contro Prodi e poi col secondo golpe bianco della rielezione di Napolitano, si impedì quell’intesa col M5s che Beppe Grillo aveva proposto in caso di elezione di Stefano Rodotà al Quirinale coi voti del Pd e dei 5 Stelle. Quindi, è un appuntamento mancato. Abbiamo praticamente perso 10 anni“.

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mercoledì 22 febbraio 2023

Superbonus, lite a La7 tra Feltri e Maiorino (M5s): “Questa è ubriaca”. “Non confondiamo i ruoli”. Poi la gaffe di Mulè (Fi)

Botta e risposta a L’aria che tira (La7) tra la senatrice del M5s, Alessandra Maiorino, e Vittorio Feltri, direttore editoriale di Libero e neo-consigliere della Regione Lombardia in quota Fratelli d’Italia.
Feltri esprime la sua contrarietà al Superbonus: “È evidente che non ce lo possiamo permettere, ma siamo impazziti? Non si capisce perché si debbano regalare dei soldi a dei signori che vogliono sistemarsi la casa. Anche io ho sistemato la casa – continua – ma ho pagato tutto io, nessuno m’ha dato neanche il 10%. Non capisco perché gli altri non facciano la stessa cosa. Se uno è proprietario di una casa, avrà 2 lire per rifare il tetto, perdio, o per cambiare un balconcino”.

Maiorino brandisce lo smartphone mostrando il video pubblicato da Giorgia Meloni lo scorso 17 settembre in piena campagna elettorale, quando prometteva di tutelare e migliorare il Superbonus. “Giorgia Meloni mente – accusa la senatrice – Giorgia Meloni è stata bugiarda coi suoi elettori. Tra l’altro, il buco nel debito di Stato è assolutamente assente, come ha detto Eurostat in audizione al Senato e non sotto casa al bar di Feltri“.
In sottofondo si sentono le risate sussurrate degli ospiti in studio e il commento della deputata del Pd Anna Ascani: “Il livello è altissimo, eh”.
Dopo qualche secondo, Feltri borbotta: “Questa qui è ubriaca“.
“No, guardi, non confondiamo i ruoli”, replica ridendo Maiorino.

Il portavoce di Forza Italia, Giorgio Mulè, non riesce a trattenere l’ilarità: “Si vola altissimo”.
Poi ha la parola e premette: “Proviamo ora a mettere la questione sui binari della serietà“. Ma nel finale del suo intervento la gaffe con risate corredate è in agguato: “Il Superbonus è una misura sproporzionata, non si regge. Ma cosa diversa è buttare l’acqua col bambino sporco“.

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martedì 21 febbraio 2023

“Basta fare comizi, gli italiani vi hanno mandato a casa”: bagarre alla Camera tra FdI e M5s. Baldino: “Questa è censura”

Bagarre alla Camera nel corso delle dichiarazioni di voto per il decreto Carburanti. Tutto è nato durante l’intervento di Alfonso Colucci, del M5s, che ha anticipato il voto contrario del proprio gruppo al decreto. A quel punto Manlio Messina di Fratelli d’Italia ha accusato i 5 stelle di aver parlato di tutto, “a partire dal decreto Rave”, cioè di cose che non c’entravano nulla con l’oggetto della discussione parlamentare. E poi: “Basta fare comizi, gli italiani hanno deciso di mandarvi a casa”. Così ha preso la parola la vicecapogruppo del M5s, Vittoria Baldino: “Il filo conduttore dei nostri interventi c’era: la vostra incapacità”.

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La politica non pensa alla sanità e il Piemonte ne è un esempio: impasse sugli ospedali e alti costi

Se ancora non fosse chiara la distanza fra la politica e la vita delle persone, ci hanno pensato le Regionali del 12 febbraio a rappresentarcela. A forza di parlarsi addosso la politica si occupa poco e male dello sfascio della sanità pubblica, una preoccupazione invece forte nella gente comune; quella che a votare non ci va più, ma che sa quanto deve attendere un esame deve pregare il medico di base per una visita a domicilio, deve sperare in una chiamata per un intervento necessario e urgente ed evitare il Pronto Soccorso per ogni minima necessità. Di recente Chiara Appendino (M5s), ex sindaca di Torino, ha dichiarato: “La gente chiede risposte soprattutto sulla sanità”, perciò possiamo sperare che almeno il M5s, a partire dal Parlamento e dai Consigli Regionali, decida di occuparsi con continuità ed efficacia di una emergenza nazionale che riguarda tutti quelli che non possono permettersi una polizza sanitaria privata.

In Piemonte la questione sanitaria ha assunto connotazioni surreali: il centrodestra, alla guida del governo regionale, dichiara e non fa nulla. Il Pd, pigolando smarrito, insegue il presidente Alberto Cirio e l’assessore alla Sanità, Luigi Icardi, nelle loro dannose giravolte e i 5 Stelle ai margini, irrilevanti. Si profila all’orizzonte un disastro che larga parte dei piemontesi già tocca con mano ogni volta che entra in un ospedale. I presidi ospedalieri del Piemonte – Verduno e Asti esclusi – sono molto vecchi, poco funzionali, quasi mai a norma, con costi di gestione crescenti e difficilmente sostenibili. Dopo decenni di discussioni, nel dicembre del 2017 la Giunta Chiamparino (Pd) approvò la realizzazione di quattro nuovi ospedali: la Css – Città della Salute e della Scienza di Novara, il Psri – Parco della Salute, della Ricerca e della Innovazione di Torino e gli ospedali unici dell’Aslto5, alle porte di Torino, complementare al Psri, e dell’Aslvco (Verbano, Cusio Ossola).

Il costo previsto delle sole opere dei due ospedali di Novara e Torino è pari a 743.101.042€, mentre il costo totale delle due concessioni per progettarli, realizzarli e gestirli ammonta a 1.535.655.000 €, al netto dell’Iva. Il costo degli altri due ospedali è stimato in 332.078.655€. Nel gennaio del 2022, il Consiglio Regionale ha aggiornato la programmazione del 2017 prevedendo, dopo intese con il ministero della Salute, la realizzazione di altri sei nuovi ospedali finanziati con fondi Inail per un valore complessivo pari a 1.285.000.000 €. A ben vedere si tratta di un volume di investimenti, per le sole opere edili, pari a 2.360.179.697€ che, se attivati, farebbero molto bene al Piemonte. Da anni nelle fasi di espansione l’economia qui cresce meno e, nelle fasi di recessione, rallenta molto più di quanto accade nelle altre regioni del centro-nord d’Italia.

Le note dolenti, però, iniziano quando si passa dal dire al fare. La gara per l’ospedale di Novara è andata deserta, quella di Torino è ferma e gli altri progetti, quelli relativi ai restanti presidi ospedalieri sono al palo, nonostante ci siano le risorse necessarie a realizzarli. Lo stesso assessore alla Sanità ha confermato che, oltre ai fondi di Inail, i finanziamenti pubblici a disposizione del Piemonte per l’edilizia ospedaliera, a fine 2022, superavano i 900 milioni di euro. In aggiunta alle risorse cash, oltre ai lasciti, vanno considerati i valori importanti degli asset patrimoniali costituiti dalle aree su cui sono insediati gli attuali ospedali collocati nei centri e urbani rese libere dalle nuove localizzazioni. Dunque non sono i soldi a mancare. Ora il paradosso: il presidente della Regione (Cd), il sindaco di Torino (Pd) e un folto gruppo di consiglieri regionali di entrambi gli schieramenti hanno chiesto al governo la nomina di un Commissario straordinario che venga a Torino a fare lui le cose per cui loro sono stati eletti.

A Torino hanno sede il Politecnico, con un corpo accademico di oltre 1.000 docenti, l’Università con 3.514 tra docenti e ricercatori. La sanità piemontese, articolata in 13 Asl e 6 Aziende Ospedaliere, conta un organico che supera i 100 dirigenti tecnici e amministrativi. Inoltre la Regione ha il controllo completo di due importanti società pubbliche: Finpiemonte, attraverso la quale transitano tutti i fondi europei destinati al Piemonte e Scr (Società di Committenza Regionale), che ogni anno gestisce centinaia di gare, centinaia di milioni di euro, per la fornitura di beni servizi e opere pubbliche alla sanità e agli altri enti pubblici del Piemonte.

Si tratta della stessa politica che non riesce nemmeno a fare un ospedale. Senza vergognarsi rivendica l’ampliamento dei poteri con la richiesta dell’autonomia differenziata. In questa realtà, chi vuole fare politica “utile” ha davanti a sé la strada spianata. Tredici mesi circa sono quelli che mancano al rinnovo del Consiglio Regionale del Piemonte. Sono davvero pochi, non solo per progettare il futuro della regione, ma perfino per dire quali soluzioni chi si candida intende applicare, ad esempio, per costruire gli ospedali e una rete di servizi territoriali che superi l’emergenza e disegni una sanità “amica e moderna”. Chi non vuole candidarsi all’irrilevanza politica ed elettorale, se non incomincia a produrre idee e proporre soluzioni adesso è percepito dai cittadini comuni come inadeguato. O il consenso va ad altri o aumenta la disaffezione.

Chi si candida a governare il cambiamento deve puntare al coinvolgimento delle competenze e delle disponibilità che una regione importante come il Piemonte possiede. Bisogna andare a cercarle, interloquire con loro e costruire progetti condivisi. Non servono più eletti selezionati coi like che il giorno dopo l’elezione cambiano casacca o si pensano degli statisti, rotolandosi nell’ignoranza, convinti che sia questa la funzione per cui sono pagati. “Il cero si consuma e il morto non cammina”, l’antico proverbio umbro appare quanto mai adatto a rappresentare la situazione del M5s regionale che, proprio sulla sanità, avrebbe praterie a disposizione per “radicarsi”. Questo per le strutture ospedaliere tratteremo presto a proposito dei servizi sanitari.

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venerdì 17 febbraio 2023

Superbonus, Conte: “Governo tradisce famiglie e imprese. Meloni, Salvini e Forza Italia si erano impegnati a difenderlo”

“Con questo decreto il governo tradisce famiglie e imprese alla prese con ristrutturazioni, un intero settore che è stato il polmone economico per la crescita che ci ha consentito di affrontare la peggior emergenza”. Così Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 stelle, in un punto stampa in Via di Campo Marzio a Roma.

“Abbiamo creato 900mila posti di lavoro, tagliato 1 milione di tonnellate di Co2 ed è una misura ampiamente ripagata, oltre il 70% è rientrato nelle casse dello Stato”, ha aggiunto Conte, sottolineando che così, cioè con l’addio allo sconto in fattura e alla cessione dei crediti fiscali, “il governo tradisce tutti gli impegni presi in campagna elettorale”. “Meloni, Salvini e Forza Italia – ha continuato – tutti si erano impegnati a difendere il superbonus”.

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mercoledì 15 febbraio 2023

Presidente Conte, per me Lei e il Movimento 5 Stelle restate l’unica speranza

di Giuliano Checchi

Egregio Presidente Giuseppe Conte,

i risultati di queste regionali erano scontati. Nessuno che avesse un minimo sindacale di razionalità e buonsenso poteva sperare in un esito diverso. Gli unici dati da attenzionare potevano essere l’affluenza e i rapporti di forza fra i partiti della maggioranza. Perché un’affluenza tanto bassa? Probabilmente perché la maggioranza degli elettori di Lazio e Lombardia è convinta (non proprio a torto) che i giochi di potere nell’amministrazione regionale resteranno invariati e continueranno a governare la regione, quale che sia il colore ad uscire dalle urne. Non c’è da meravigliarsi che abbiano disertato.

I rapporti di forza della maggioranza? Lega e Fratelli d’Italia resistono, soprattutto in Lombardia. Giorgia Meloni dovrà continuare a fare i conti con loro. La maggioranza di governo, malgrado i proclami rassicuranti, resta disunita. Finito lo champagne per questa vittoria elettorale dovrà affrontare tutte le questioni che sono lì ad attendere. E sulle quali le priorità di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia divergono!

Il Movimento 5 Stelle? Finché non si radica sul territorio, finché non sarà presente sul territorio, non avrà mai buoni risultati nelle elezioni regionali; meno che mai in regioni chiave come Lazio e Lombardia. Finché non si comincia a lavorare sul serio su questo scordiamoci pure di poter dire la nostra in elezioni regionali. Davvero qualcuno pensava che avremmo superato il Pd? Può accadere nelle politiche, ma non certo nelle elezioni regionali dove il Pd è ben radicato sul territorio e il M5S no.

Lei gode ancora di un grande consenso e il M5S pare essere ormai saldamente nelle sue mani. Per chi non accetta che il paese resti ostaggio dei giochi di potere, che piazzano gli Attilio Fontana a guida della Lombardia (nonostante la gestione disastrosa della sanità pubblica e sella pandemia), Lei e il M5S restate l’unica speranza. Ci vorrà tempo per essere in condizione di cambiare certe cose e per costruire la realtà territoriale di cui c’è bisogno. L’importante è non mollare, perché altrimenti tutto finirà in mano all’oligarchia burocratica senza programmi e senza identità che serve solo a far da garante per interessi privati.

Rispettosi saluti.

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venerdì 10 febbraio 2023

‘Sanremo Da Pecora’, Baldino (M5S) dedica “parole parole” a Meloni. De Caro (Pd): “La canzone per il congresso? Se mi lasci non vale”

Al “Sanremo da Pecora”, che andrà in onda venerdì 10 febbraio alle 13:30 su Rai Radio e sarà disponibile anche su Raiplay, si sono esibiti i politici mostrando le loro doti canore. Per il M5S c’erano Vittoria Baldino e Patty L’Abbate.

La Baldino dedica ai primi 100 giorni del governo Meloni la canzone di Mina “Parole, parole” e L’Abbate “il gatto e la volpe”. Il sindaco di Bari, Antonio De Caro sceglie “Se mi lasci non vale” dedicata agli elettori dem, impegnati nel congresso del partito “sperando non se ne vadano definitivamente”. Spazio all’ironia sulle possibilità di ricucire il rapporto tra M5S e PD. “Certi amori non finiscono”, “strada facendo” intonano le deputate 5 Stelle e De Caro resta spiazzato. “Ci battono anche nel canto? Vediamo che succede, per il momento sono avanti solo nei sondaggi”.

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mercoledì 8 febbraio 2023

FdI attacca Scarpinato: “Offensivo dire che Messina Denaro fu protetto dallo Stato”. Lui: “Non sono opinioni, ma fatti inoppugnabili”

Matteo Messina Denaro ha goduto di alta protezione interna allo Stato ed è stato protetto fino a ora, proprio perché è uno che ha la bomba atomica“. Le parole di Roberto Scarpinato nella puntata del 27 gennaio di Accordi&Disaccordi, il talk politico prodotto da Loft in onda su Nove, innescano una polemica a scoppio (molto) ritardato da parte di alti esponenti di Fratelli d’Italia. Con l’ex pm antimafia che contrattacca e parla di una “manovra diversiva” studiata per distrarre l’attenzione dal caso che coinvolge il sottosegretario Andrea Delmastro e il deputato Giovanni Donzelli, accusati di aver divulgato informazioni sensibili in possesso del ministero della Giustizia sul caso di Alfredo Cospito, l’anarchico in sciopero della fame contro il 41-bis.

Ad aprire il caso martedì – senza apparente motivo, essendo trascorsi già dieci giorni dalla messa in onda del programma – è stato il capogruppo meloniano alla Camera Tommaso Foti: “Affermazioni pesantissime quelle pronunciate da Roberto Scarpinato, ex magistrato e ora senatore dei 5 stelle, nel corso di un dibattito televisivo”, scrive in una nota. E chiama in causa il leader pentastellato Giuseppe Conte: “Vorremmo sapere se anche lui pensa che lo Stato abbia coperto il mafioso per tutto questo tempo e, in caso affermativo, se sia stato dunque complice di tale copertura quando era presidente del Consiglio. Se così non fosse”, attacca Foti, “allora Scarpinato ha soltanto straparlato e il leader dei grillini censuri questa tesi del suo senatore, che offende la memoria di coloro che sono morti combattendo la mafia e di tutti coloro che per 30 anni con grande abnegazione, impegno, sacrificio si sono impegnati per assicurare il boss alla giustizia”.

Quasi in contemporanea escono comunicati simili da parte di altri parlamentari di FdI. Ecco il vice di Foti, Alfredo Antoniozzi: “Il senatore Scarpinato continua a fare il pm d’assalto, quello che ha distribuito teoremi. Dire, dopo essere stato magistrato requirente a Palermo, con certezza che Messina Denaro sarebbe stato protetto dallo Stato per trent’anni senza specificare come, chi e quando è demagogia spicciola, una narrazione dietrologica che serve ad alimentare teorie”. Queste invece le parole di Carolina Varchi, vicesindaca di Palermo, capogruppo in Commissione Giustizia a Montecitorio e nome in pole position per la presidenza della Commissione parlamentare Antimafia: “Considerato che il senatore Scarpinato ha ricoperto per lunghi anni ruoli direttivi in uffici di trincea come la Procura generale di Palermo, le sue dichiarazioni assumono una rilevanza significativa e qualificata che non può essere ignorata. La dietrologia sulla latitanza di Messina Denaro non fa altro che sminuire il lavoro di tutti coloro che sono impegnati sul fronte della lotta alla mafia ed è perciò molto pericolosa“.

Al fuoco di fila dei meloniani, il senatore M5s risponde con un lungo comunicato il mattino successivo: “Gli attacchi simultanei di ieri di vari esponenti di Fdi nei miei confronti sono una manovra diversiva per tentare di distrarre il fuoco dell’attenzione da Delmastro e Donzelli, i quali, per fini di lotta politica, con le loro improvvide rivelazioni al pubblico di notizie interne al circuito carcerario, hanno compromesso indagini su attività occulte di vertici mafiosi per strumentalizzare la vicenda Cospito. Quelle indagini per essere efficaci dovevano restare segrete”, afferma Scarpinato. E nel merito delle accuse sottolinea: “Come risulta da tutte le mie dichiarazioni, ho sempre evidenziato l’impeccabilità delle indagini che hanno portato alla cattura di Messina Denaro. Le mie dichiarazioni sulle complicità che hanno protetto in passato Messina Denaro e altri capi mafia non sono opinioni, ma fatti attestati da sentenze definitive. Tra le tante ricordiamo quella dell’ex senatore D’Alì, già sottosegretario all’Interno, che faceva trasferire onesti funzionari dello Stato scomodi per la mafia, quelle di esponenti delle forze di Polizia interni agli apparati investigativi che rivelarono l’esistenza di microspie e telecamere, ed altre di condanna di esponenti infedeli delle istituzioni che hanno protetto capi della mafia”.

L’ex pm elenca poi quelli che definisce “fatti inoppugnabili, come, ad esempio, la sottrazione dell’agenda rossa e il depistaggio Scarantino che nella metodologia ricordano comportamenti posti in essere in passato per coprire le responsabilità di esecutori e complici di stragi neofasciste, come quelli realizzati da alti vertici di apparati statali per deviare le indagini sulle stragi di Milano, Peteano e Bologna. Tra questi si ricorda il generale Gianadelio Maletti che nel 2022, seppure condannato, è stato celebrato in una sala del Senato da esponenti di vertice di Fdi quale “uomo dello Stato che ha sempre osservato l’appartenenza alla divisa”, come ho ricordato nel mio primo intervento al Senato al presidente Meloni senza ricevere risposta al riguardo. È evidente”, conclude, “che alcuni esponenti di Fdi hanno una concezione dello Stato inconciliabile con quella di tutti i cittadini che si identificano in personaggi come Falcone, Borsellino e in tantissimi esponenti delle istituzioni leali alla Costituzione che sono stati troppe volte traditi e abbandonati da altri fedeli, invece, ad occulti centri di potere”.

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Travaglio a La7: “Per Cuperlo Conte vuole distruggere il Pd come Renzi? Veramente questa estate erano i dem che volevano svuotare il M5s”

Cuperlo dice che Conte vuole distruggere il Pd come Renzi? Non credo affatto che ci sia questa intenzione da quello che vedo. Poi non so se c’è questa intenzione nascosta. Io invece ricordo che questa estate, quando c’era ancora l’agenda Draghi che, come dice Cuperlo, adesso è dispersa, era intenzione del Pd distruggere il M5s“. Così, a Otto e mezzo (La7), il direttore de Il Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, commenta le dichiarazioni rese da Gianni Cuperlo, ospite in studio, in una intervista rilasciata al Corriere della Sera (“Più che la Meloni, Conte sembra voler distruggere il Pd. Proprio come Renzi. Sono in questo congresso anche per aiutare a impedirlo”).

Travaglio spiega: “Il Pd ha fomentato la scissione di Di Maio per svuotare i 5 Stelle. Ha candidato Di Maio e gli scissionisti per premiarli della spaccatura. Ha scelto i due candidati alle regionali in Lombardia e in Lazio senza minimamente consultare il M5s. Conte, secondo me, è stato fin troppo generoso ad appoggiare il Pd in Lombardia, perché il candidato di centrosinistra non è stato scelto insieme al M5s. È stato scelto dal Pd – conclude – che poi, come sempre, chiede all’alleato, in questo momento più avanti nei sondaggi, di portare voti. Ma che razza di rapporto è questo? Il Pd sceglie il candidato e poi all’ultimo momento va dai 5 Stelle a chiedere il voto utile. Non è così che si costruisce il dialogo. D’altra parte, il candidato nel Lazio l’ha scelto Calenda. Cioè, il massimo“.

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martedì 7 febbraio 2023

Reddito, lite Patuanelli-Osnato (FdI) a La7. “Per voi c’è gente che vuole stare a sbafo col c**o sul divano”. “Terrorizzate gli italiani”

Polemica incandescente a Omnibus (La7) tra il senatore del M5s, Stefano Patuanelli, e il deputato di Fratelli d’Italia, Marco Osnato, sul reddito di cittadinanza.
Il parlamentare meloniano, dopo aver criticato i provvedimenti del governo Conte Uno e Due in materia di lavoro, a partire dal Decreto Dignità, accusa l’ex ministro e il M5s di infarcire di ideologismo le proprie battaglie: “Io posso pure capire le vostre buone intenzioni sul reddito di cittadinanza, però non sono stati creati nuovi posti di lavoro”.
Patuanelli insorge: “Ma guarda che il reddito di cittadinanza non nasce per creare nuovi posti di lavoro, ma per formare”.
“La verità – ribatte Osnato – è che partite da una idea giusta, ma poi vi fate sempre trascinare da bandiere ideologiche”.
“Ma qualcuno ha mai sostenuto che il reddito di cittadinanza doveva creare lavoro?”, incalza Patuanelli.

Il deputato di FdI replica: “Con le vostre bandiere ideologiche, e in particolare nel caso del reddito di cittadinanza, avete prodotto un aumento del lavoro nero e della instabilità, creando uno scompenso che è stato agevolato dalla sinistra con tutte quelle norme del pacchetto Treu. Accusarci poi di voler smantellare il reddito di cittadinanza – continua – non ha senso, perché abbiamo sempre spiegato chiaramente i motivi del suo fallimento. E in campagna elettorale abbiamo detto quello che ora stiamo facendo. Si chiama coerenza. Capisco che nella politica italiana è difficile capire questo concetto”.
Patuanelli commenta: “Secondo Osnato, quella che è coerenza in riferimento alla sua forza politica è invece ideologia per gli altri partiti. Quindi, io potrei dire che è ideologia aver smantellato il reddito di cittadinanza senza dare alcuna alternativa. Io mi chiedo: dal primo agosto 2023 fino al primo gennaio 2024, posto che non c’è in piedi nessun altro strumento – chiede al parlamentare di FdI – chi non ha lavoro come farà a vivere? Ideologia è smantellare in tutta fretta in legge di bilancio uno strumento, che avrà avuto mille difetti ma che sicuramente dava una risposta ad alcune esigenze del paese, senza aver fatto nulla per accompagnare quelle persone che resteranno senza lavoro”.
Il senatore pentastellato rincara: “Ogni volta che mi ritrovo a parlare di questi temi con esponenti del centrodestra, da loro trovo il disegno di un paese formato da persone che non hanno voglia di fare nulla e che vogliono stare col culo sul divano a sbafo dello Stato. Gli italiani non sono questo”.
“Questo l’avete creato voi”, ribatte Osnato.

L’ex ministro menziona le responsabilità delle Regioni nel non aver investito soldi messi a disposizione dal governo Conte per i centri per l’impiego e aggiunge: “A differenza vostra, non vedo gli italiani che stanno sul divano a non fare niente, ma vedo persone che non trovano lavoro per tante ragioni. E non vedo al contempo un piano industriale che crei lavoro”.
Osnato ribatte: “Patuanelli, possiamo anche smetterla con questo terrore per cui dal primo agosto ci sarà gente per strada che morirà di fame. Non sarà così e non era così prima del reddito di cittadinanza. Sappiamo tutti che a breve comincerà la formazione”.

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lunedì 6 febbraio 2023

Regionali, che farà Donatella Bianchi dei centri per l’impiego? Ora sono solo documentifici

di Pier-py

Com’è noto, le Regioni detengono la potestà legislativa esclusiva in materia di formazione professionale e concorrente per quanto riguarda le politiche attive del lavoro. Quindi le strategie attuative degli interventi mirati a migliorare l’efficienza dell’asfittico mercato del lavoro sono responsabilità delle Regioni. Non credo si tratti di roba da poco, anche se il tema sembra essere piuttosto ignorato dai media e dai dibattiti. Di certo non perché il nostro mercato del lavoro goda di ottima salute visti i dati che, ormai da anni, denunciano il cristallizzarsi del mismatch delle competenze richieste dalla domanda da quelle possedute dall’offerta, della mancanza di mobilità verticale della forza lavoro, per fare solo alcuni esempi.

In questo quadro i centri per l’impiego dovrebbero costituirsi qualche fulcro dell’azione incisiva del decisore politico che intende sviluppare realmente il proprio territorio.

Allo stato attuale i centri per l’impiego invece, nonostante le riforme e le assunzioni degli ultimi anni continuano a essere per lo più entità avulse dal mondo reale. Producono pezzi di carta del tutto inutili nel mondo ormai interamente digitalizzato e perseverano nell’inficiare e sminuire ogni tentativo di mutamento avviato a livello centrale (non nego le lacune dell’azione ministeriale sul tema ma questo è un altro discorso).

Per dirne una: non esiste un database in grado di incrociare la domanda e l’offerta di lavoro ossia far incontrare velocemente i posti di lavoro offerti dalle aziende del territorio con i candidati. I centri per l’impiego fanno compilare migliaia di fogli di carta agli utenti per candidarsi a offerte che verranno gestite da un solerte operatore che protocollerà, stamperà e timbrerà (sic) ulteriori fogli di carta per poi perdere tutte queste informazioni all’indomani della chiusura della vacancy.

Manca completamente un sistema gestionale che consenta di trattare in modo intelligente i dati. E’ chiaro che alcune di queste storture siano mantenute volontariamente al fine di giustificare la presenza di personale e di ulteriori immissioni. D’altra parte – però – il sospetto che la catena di comando abbia un qualche tipo di “ruolo” nella situazione attuale appare più che scontato. Non sta a noi stabilire se per volontà precipua di non attuare riforme e strategie definite centralmente oppure semplicemente per una importante mancanza competenze gestionali. Tant’è che questo è lo stato attuale e al di là di innumerevoli chiacchiere la realtà concreta è che i centri per l’impiego erano, sono e, nella prospettiva attuale, rimarranno “documentifici”. Chissà cosa ne pensa Donatella Bianchi e quale strategia attuerebbe per uscirne. Non sono a parole ma con fatti concreti.

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giovedì 2 febbraio 2023

Scarpinato smonta punto per punto le accuse di Renzi: “La Corte d’Appello ha confermato che la trattativa c’è stata”

Controreplica del senatore del M5s, Roberto Scarpinato, all’intervento pronunciato “a titolo personale” ieri in Aula dal leader di Italia Viva, Matteo Renzi, il quale ha bollato come ‘fantomatica’ la trattativa Stato-mafia, a suo dire, “smentita dalla Corte di Cassazione”, ha accusato l’ex magistrato di “strane frequentazioni con Palamara” e di un “atteggiamento del tutto folle nei confronti delle istituzioni”, citando Giorgio Napolitano. Scarpinato non ha risposto subito all’attacco perché il gruppo del Movimento 5 stelle era uscito dall’Aula dopo le parole del senatore Balboni.

Intervistato da Lanfranco Palazzolo per Radio Radicale, Scarpinato, che ribadisce la sua posizione sul caso Donzelli e sul Guardiasigilli Carlo Nordio, replica punto per punto: “Renzi è un personaggio incredibile. Nel suo intervento ha detto che la Cassazione ha annullato la sentenza sulla trattativa Stato-mafia. Ma tutti gli italiani sanno che la Cassazione non si è ancora pronunciata. E per di più non sa che la Corte d’Appello ha confermato che la trattativa c’è stata e che ci sono state gravissime deviazioni istituzionali. Davvero non riesco davvero a capire cosa passi per la testa di Renzi”.

Il senatore smonta poi le altre due accuse di Renzi: “Ha detto che dovrei parlare delle mie frequentazioni con Palamara. Dunque, c’è stata una indagine enorme in cui sono state divulgate chat dove centinaia di magistrati parlavano con Palamara. Non c’è una sola chat in cui io e Palamara parliamo. Non l’ho mai incontrato e le uniche volte in cui Palamara mi cita, parla malissimo di me, il che mi rendo orgoglioso. Renzi ha anche detto che dovrei ricordarmi di D’Ambrosio. Renzi non sa che, quando sono state disposte quelle intercettazioni, io ero in un altro ufficio della Procura generale di Palermo. E quindi non le ho disposte io. Allora, quando un antagonista politico ti critica, va bene. Ma se dice delle cose che non stanno né in cielo, né in terra, io resto allibito e mi dico: ‘Ma dove sono finito?'”.

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mercoledì 1 febbraio 2023

Caso Cospito, Baldino a Nordio: “Non possiamo credere che Donzelli abbia agito in autonomia, il mandato politico arriva da Palazzo Chigi”

“Ci risulta difficile pensare che un luogotenente della presidente del Consiglio Meloni, come Donzelli, si sia avventurato su questo scosceso crinale senza una regia politica. Non possiamo credere che abbia agito in autonomia. Lo sappiamo che il mandato politico arriva da Palazzo Chigi, dove evidentemente si sente forte l’esigenza di recuperare credibilità sulla legalità, su cui non avete fatto altro che indietreggiare”. Così Vittoria Baldino, deputata del M5s, intervenendo alla Camera dopo l’informativa del ministro della Giustizia Carlo Nordio, durante il dibattito sul caso Cospito e sulle parole dette martedì 31 gennaio in Aula da Giovanni Donzelli.

Nel suo duro intervento in Aula, la deputata M5s ha attaccato: “Ciò che è accaduto (con Donzelli ndr.) è al limite della farsa e dispiace che di questa farsesca inadeguatezza ne abbiate dato subito prova. Nel giorno in cui, tra l’altro, questo parlamento discuteva dell’Istituzione di una commissione antimafia”. Una “sceneggiata”, così l’ha definita la deputata, con due fini: “rifarsi una verginità sul 41 bis ergendosi a paladino dell’antimafia” e “strumentalizzare” il caso Cospito, “utilizzandolo come una clava politica per colpire una forza di opposizione”.

Dopo aver sottolineato che il Movimento 5 stelle non ha mai avuto cedimenti sul 41 bis ed evidenziato che, però, non bisogna “venir meno” alla tutela della salute del detenuto, Baldino ha proseguito: “L’intervento di Donzelli di ieri tradisce la smania di volersi appropriare di uno spazio politico che i vostri stessi primi interventi hanno minato e sabotato”. “Nella foga di presentarvi agli italiani come gli strenui difensori del 41 bis la situazione vi è sfuggita di mano, fino ad ammettere in quest’Aula di essere venuti in possesso di informazioni estremamente riservate e di averne fatto un uso distorto, utilizzandole come un’arma impropria nella dialettica politica”, ha aggiunto ancora l’esponente pentastellata che ha poi criticato anche il comportamento del sottosegretario Andrea Delmastro Delle Vedove. “Ha messo in atto una condotta grave e dolosa, non solo violando i suoi doveri ma anche recando un danno alle attività investigative”.

Il punto, ha proseguito ancora, “non è se oggi chiediamo la revoca delle deleghe di entrambi e le dimissioni di Donzelli dal Copasir, certo che le chiediamo, anzi, le diamo per scontate, ci chiediamo cosa osti al non fargliele presentare”.

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Pd, Schlein: “Reddito di cittadinanza e salario minimo sono battaglie del M5s? Speriamo di portarle avanti insieme in Parlamento”

“Salario minimo e reddito di cittadinanza sono due battaglie del M5s? Mi auguro che le faremo insieme queste grandi battaglie, in Parlamento e nel Paese, perché sono battaglie giuste. Questo governo se l’è presa subito con i poveri anziché contrastare la povertà. Il reddito va difeso da questo attacco delle destre. Sul salario minimo tutte le opposizioni hanno proposto una mozione, non approvata dalla maggioranza ma non ci dobbiamo fermare”. Così Elly Schlein, candidata alle primarie del Pd a margine dell’evento “Bisogna cambiare. Davvero” a Roma.

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