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lunedì 29 luglio 2024

M5s, assemblea costituente il 4 ottobre anniversario della fondazione del Movimento

Una data simbolo quella della fondazione. L’Assemblea Costituente del Movimento 5 Stelle prenderà il via pro il 4 ottobre secondo diverse fonti parlamentari. Si prevede un intero fine settimana di discussione, dal venerdì alla domenica, in presenza e in collegamento da tutta Italia, per rilanciare e ripensare il Movimento soprattutto dopo il 9,99 delle europee.

Nei giorni scorsi Beppe Grillo, il fondatore, aveva scritto una lettera: “Apprendo che vorresti indire un’assemblea. Non ne abbiamo mai parlato, ma come sai, in quanto Garante, sono il custode dei valori del Movimento e dovremmo quantomeno discuterne prima nel corso degli incontri che ti avevo chiesto di fare, anche perché ogni decisione non potrà non essere presa nel rispetto dei valori del M5S”. Anche perché, accusa, “ritengo che la nostra crisi di consenso derivi anche e soprattutto da una crisi d’identità”.

Ma Giuseppe Conte, ha risposto che lo aveva avvertito aggiungendo: “il tuo apporto è più che benvenuto e ti confermo la piena apertura a discutere con te, come e quando vorrai”. Ma i temi, avverte l’ex premier, non saranno discussi preventivamente. “Con grande schiettezza devo informarti che non posso accogliere la tua proposta di discutere ‘preventivamente’ i temi da sottoporre all’assemblea costituente. Intanto, il prossimo giovedì tornerà a riunirsi il Consiglio nazionale per continuare a definire i dettagli organizzativi.

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M5s in Aula: “Siccità? Per il governo Meloni è un’invenzione”. E la deputata ai ministri: “Andate nella mia Sicilia”

Per il governo Meloni la siccità è un’invenzione. Forse i ministri dovrebbero andare nel Sud Italia, e soprattutto nella mia Sicilia. E uno di loro è stato pure governatore per cinque anni”. Lo ha detto, alla Camera dei deputati, Daniela Morfino, deputata siciliana del Movimento 5 stelle, intervenuta in dichiarazione di voto sul decreto Infrastrutture del ministro Matteo Salvini. Morfino ha attaccato proprio il leader della Lega, reo, a suo dire, di “voler spendere miliardi di euro per una cattedrale nel deserto, il Ponte sullo Stretto di Messina, invece di affrontare i veri problemi della Sicilia”.

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Toninelli: “Conte e Grillo facciano pace ma il M5s non può continuare così, si torni al vaffa”. E critica duramente l’attuale Movimento

“Il carteggio tra Grillo e Conte? Che sia costruttivo e non distruttivo perché questo paese in fallimento ha bisogno del M5s e della sua spinta di onestà e di intransingenza. Però il Movimento non può andare avanti così, ormai viene percepito come costola, se non come una corrente del Pd. Ha perso le parole, le idee, le metodologie rivoluzionarie. Non è più fuori dagli schemi, parla solo attraverso i giornali. Spero che con questo scambio con Conte, Beppe dia una sterzata al M5s”. Sono le parole pronunciate ai microfoni della trasmissione L’Italia s’è desta (Radio Cusano Campus) da Danilo Toninelli, ex senatore del M5s e già ministro dei Trasporti, a proposito dello scontro epistolare tra Beppe Grillo e Giuseppe Conte sul destino dei 5 Stelle reduci dal tonfo elettorale delle europee.

Toninelli esprime il suo auspicio, non mancando di rifilare scudisciate assortite all’attuale Movimento e al suo leader: “Mi auguro che Conte e Grillo si abbraccino e si ritrovano per il bene comune del paese, il che significa rilanciare il M5s. Nella Costituente, però, spero che non si parli di cambiare simbolo e di togliere il limite dei 2 mandati, perché se si parlerà di questo, ragazzi, arrivederci: entrate nel Pd, dove sono bravissimi nella forma e e cattivissimi nella sostanza”.

Alla domanda del direttore di Radio Cusano Campus, Gianluca Fabi, che gli chiede se Grillo non rischia di consumare la leadership di Conte e di arrecare un danno al M5s coi suoi metodi provocatori, Toninelli risponde facendo riferimento alla battuta sarcastica di Grillo all’indomani della debacle del M5s alle europee (“Ha preso più voti Berlusconi da morto che Conte da vivo“): “Ma rischia di consumare la leadership solo se uno si crede troppo importante e troppo politicamente corretto. E se non è capace di ridere di una battuta. Se, come dice Beppe nella sua lettera, Conte si offende per una battuta, allora ci si è presi troppo sul serio e la battuta vale doppio. Purtroppo questo è vero, ci si è presi un po’ troppo sul serio”.

E spiega: “La prima parola guerriera che fa nascere il Movimento è un sacrosanto vaffanculo. Oggi il M5s invece non si permette più di utilizzare parole guerriere perché non sono compatibili con Giuseppe, che è molto serioso, molto accademico, molto tecnico, ha un’intelligenza del cervello molto spiccata, ma un’intelligenza del cuore e della pancia piuttosto debole. Beppe invece ha una grandissima intelligenza del cuore e della pancia. Quindi Giuseppe – prosegue – prende il MoVimento nel 2021 e trasforma il vaffanculo in la cura delle parole. Ma il M5s non è cura delle parole. È ovvio che ci sia proprio un’enorme differenza umana, direi antropologica, tra Grillo e Conte, ma dalle battute non si può parlare di una compromissione di una leadership. Ragazzi, Beppe Grillo è un grandissimo comico e un grandissimo divulgatore. Quella battuta su Berlusconi l’ho pensata pure io“.

Toninelli auspica un ritorno del M5s a movimento che aggrega cittadini di ogni ceto sociale: “Oggi serve questo modo di essere. Non è tanto un modo di fare, è proprio un modo di essere: un Movimento fatto di persone autoironiche, che non prendono il Movimento come un training course con cui ottenere il massimo di benefici, ma come uno strumento per dare tutto se stessi a vantaggio della collettività. Non è un caso – sottolinea – che il M5s sia nato il giorno di San Francesco: il Movimento è francescano. La debolezza attuale del M5s sta nel fatto che fondamentalmente i francescani se ne sono andati. Ci sono invece tanti ragazzi che sono preoccupati del ruolo che ricoprono, perché biologicamente siamo portati alla sopravvivenza. E infatti l’istinto di sopravvivenza porta a derogare al limite di due mandati“.

L’ex ministro spiega la sua posizione inflessibile sul vincolo dei due mandati, tornando sullo scontro tra Grillo e Conte: “Anche Beppe ha commesso degli errori, tipo quando disse che Draghi era grillino. Ma fu un errore in buona fede, il che è umano, perché quando si fanno cose grandi e importanti, si sbaglia. Fare invece errori per convenienza e per tattica è disumana. E un altro dei motivi della debolezza del M5s sta nel fatto che sono stati commessi errori scientifici“.

E spiega: “Si è cambiato, cioè il modo di essere e quindi si è accettato di entrare negli schemi dei vecchi partiti: non essere più una democrazia diretta e ‘vaffanculo’ quando serviva, ma sedersi a un tavolo e parlare con la stessa lingua delle altre forze politiche pur di cercare di portare qualcosa a casa. Io ovviamente mi sento rappresentato dal primo Movimento, il che non vuol dire tornare indietro ma tornare al futuro, perché nella vita e nella politica – puntualizza – non puoi avere un futuro solido senza radici antiche. E le radici antiche del M5s sono il vaffanculo, l’intransigenza, il taglio del proprio stipendio, perché la politica a vita non la fai. Il Movimento è cambiato perché il potere porta a peggiorare le persone. Ecco perché è nata l’idea del limite dei due mandati: per mandare a calci in culo fuori dal M5s, i peggiorati”.

Finale staffilata di Toninelli agli ex colleghi Stefano Patuanelli e Francesco Silvestri, che hanno rilasciato rispettivamente un’intervista al Fatto Quotidiano e a Libero sulle tensioni tra Conte e Grillo: “Contesto il metodo, non il contenuto. Questo conferma ciò che dico, e cioè che il M5s accetta ormai gli schemi della vecchia politica. C’è chi va da Vespa, chi si fa intervistare da Libero, chi dal Fatto Quotidiano. Con le dovute differenze tra Libero e il Fatto, ovviamente, non puoi parlare al popolo del Movimento attraverso i giornali. Non ci parliamo neppure tra di noi, la parola ‘streaming’ ovviamente non esiste più. E invece dovremmo fare dirette e comunicare in totale trasparenza, condivisione e partecipazione”.

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giovedì 25 luglio 2024

Lite Mennuni (Fdi)-Licheri (M5s): “Abbiamo il Fondo Sanitario più alto di sempre”. “Menzogne, abbi un po’ di rispetto per i cittadini”. Su La7

Durissimo scontro a Coffee Break (La7) tra la senatrice di Fratelli d’Italia Lavinia Mennuni e il senatore del M5s Ettore Licheri sul decreto legge sulle liste d’attesa e sullo stato attuale della sanità pubblica. Mennuni incensa l’operato del governo Meloni affermando che oggi “abbiamo il Fondo Sanitario più alto di sempre” e accusando l’opposizione: “Volete sempre leggere in modo negativo i dati perchè parlate sempre di percentuali del Pil. No. Voi dovete dire quanti miliardi c’erano prima e quanti ci sono oggi. La sostanza è che oggi ci sono miliardi in più“.
Ma tu credi davvero a quello che stai dicendo? – insorge Licheri – Un po’ di rispetto per chi ci ascolta da casa”.
Mennuni ribadisce che ci sono risorse in più e punta il dito contro i precedenti governi: “Con questo decreto è chiaro che non risolviamo tutti i problemi che abbiamo ereditato nella sanità per le vostre politiche scellerate“.
“E certo – ironizza Licheri – è colpa di Conte“.
La parlamentare meloniana quindi elenca i vantaggi del nuovo decreto governativo e al conduttore Andrea Pancani che le chiede se, secondo lei, le critiche dell’opposizione sono ingenerosee, risponde: “No, non sono ingenerose ma errate”.
“Ma c’è qualcosa di buono in questo decreto?”, chiede Pancani a Licheri.

“Assolutamente no – risponde il senatore pentastellato – Persino la Ronzulli di Forza Italia l’ha definita ‘una misura tampone’. Ci sono leggi che fanno bene alla collettività e leggi che servono per prendere per il naso i cittadini. Il discrimine tra la prima e la seconda categoria di leggi è la copertura finanziaria. Quando non c’è la copertura finanziaria, quella è una legge che prende per le natiche il cittadino, cioè gioca sulla leva del dolore della gente”.
E aggiunge: “Non a caso questo decreto è uscito 10 giorni prima delle elezioni europee. Ricordo che in tutti i paesi del mondo la spesa sanitaria cresce di anno in anno, quindi è fisiologico che un nuovo governo metta più soldi nella sanità rispetto al precedente, perché i macchinari vanno aggiornati o sostituiti, le tecnologie diventano sempre più costose, c’è l’inflazione degli stipendi. Ecco la menzogna che stanno dicendo loro – continua indicando Mennuni – Quando dicono che hanno messo più soldi rispetto a chi c’era prima, non è vero. In valore assoluto hanno messo nell’ultimo anno meno risorse, quindi sono diminuiti i finanziamenti e sono aumentate le liste d’attesa. È chiaro adesso?”.
Mennuni protesta vivacemente: “Avete governato per anni e siamo in queste condizioni”.
“Dimmi se ho detto una cosa errata”, rilancia Licheri.
Esplode una bagarre difficilmente gestibile, ma per fortuna arriva il salvifico “gong” dalla regia per sedare l’alterco tra i due parlamentari.

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Il M5S chiede modifiche al regolamento della Camera: “Sanzioni più pesanti per i deputati violenti”. Poi è di nuovo bagarre sull’aggressione a Donno

Alla Camera dei deputati il M5S chiede una modifica al regolamento dell’Aula sulla scorta delle sanzioni erogate in seguito all’aggressione ai danni del deputato pentastellato Leonardo Donno, colpito dopo aver tentato di porgere un Tricolore a Calderoli nel giorno del dibattito sull’autonomia differenziata. Dopo quell’episodio vennero sanzionati alcuni deputati, tra cui lo stesso Donno.

Il tema è stato posto dall’on. Andrea Quartini: “Il regime sanzionatorio è surreale – ha detto – è intollerabile che chi sposta un divano subisca le stesse sanzioni di chi agisce atti di aggressività violenta o, peggio, di tipo squadristico, come purtroppo abbiamo dovuto verificare. Con gli attuali criteri si è giunti a sanzionare la vittima degli assalti”. L’intervento di Quartini è stato interrotto dal vicepresidente della Camera Sergio Costa che, ai sensi del regolamento, ha ricordato che non possono essere trattati fatti già sanzionati. A questo punto sono intervenuti altri deputati del M5S, a partire all’on. Vittoria Baldino: “Quando abbiamo protestato per le sanzioni effimere ci avere detto che bisognava cambiare il regolamento, noi siamo qui a dire questo. Inutile che ci lasciamo andare a dichiarazioni ipocrite di condanna quando nel paese assistiamo a episodi violenti nei confronti di giornalisti, di persone omosessuali, di chi manifesta idee diverse dalle nostre, se qui dentro non siamo in grado di dare il buon esempio”.

L’on. Riccardo Ricciardi: “Non stiamo sindacando sulle sanzioni, dobbiamo però ricostruire l’episodio fin dall’inizio. C’è un risultato elettorale, la maggioranza cambia i criteri con cui si è andati a votare e in giunta per le elezioni si consuma una truffa ai danni dei cittadini calabresi ribaltando un verdetto elettorale. Data questa truffa dei deputati entrano in giunta per testimoniare una protesta contro questa ingiustizia. vengono presi e sanzionati con 15 giorni di espulsione, parte 1. Parte 2: un deputato va a dare un tricolore a un ministro, un troglodita da quei banchi della maggioranza prende a cazzotti…”, l’intervento è stato interrotto da Costa che ha richiamato Ricciardi: “In quest’Aula certi termini non li vogliamo sentire”, Ricciardi ha proseguito: “Allora non è un troglodita? è un fascista violento”.

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martedì 23 luglio 2024

Dopo la modifica dei criteri di nullità dei voti, ribaltato il risultato delle Politiche a Cosenza: eletto Andrea Gentile di Fi, fuori deputata M5s

Prima il centrodestra presenta e approva (un anno fa) una modifica al testo sui criteri generali per la validità e la nullità dei voti alle elezioni politiche, poi la giunta delle elezioni della Camera provvede alla revisione delle schede bianche e nulle nel collegio uninominale di Cosenza alla Camera. Terminata la verifica si ribalta il risultato del voto: Andrea Gentile di Forza Italia è eletto a Montecitorio, mentre esce dalla Camera Elisa Scutellà del Movimento 5 stelle.

All’esito dello spoglio delle politiche del 25 settembre del 2022 nel collegio uninominale Calabria 02 era risultata eletta la candidata del Movimento 5 stelle Laura Orrico. Grazie a 484 voti in più aveva battuto il candidato della coalizione di centrodestra, l’azzurro Andrea Gentile figlio di Antonio ex senatore di Forza Italia e più volte sottosegretario con i governi Berlusconi, Renzi e Gentiloni.

La giunta delle elezioni ha così riconteggiato le schede bianche e nulle del collegio tenendo conto della novità introdotte dall’emendamento che aveva come primo firmatario il forzista Pietro Pittalis insieme ad altri del centrodestra. Secondo quanto si apprende, a seguito del riconteggio, il centrodestra ha recuperato 958 voti, mentre sono stati 234 quelli recuperati dal Movimento cinque stelle e 263 dal centrosinistra. A procedura conclusa, Gentile ha ottenuto così 240 voti in più rispetto a Orrico. Adesso terminati i passaggi formali, nelle prossime settimane, la maggioranza aumenterà la sua presenza nell’emiciclo di Montecitorio a scapito dei 5 stelle. A perdere il seggio non sarà pero Orrico che era stata eletta anche nel proporzionale ma la deputata Elisa Scutellà che aveva preso il posto lasciato libero dalla collega.

Da marzo a fine giugno del 2023 si è tenuto un vero e proprio braccio di ferro in giunta delle elezioni. La regola alle politiche del 2022 – dove si vota con un unica scheda sia per il proporzionale che per il maggioritario – era che la scheda va annullata quando “quando contenga una o più espressioni di voto che non offrano la possibilità di identificare la lista prescelta dall’elettore”. “Si supponga, ad esempio, che l’elettore abbia tracciato un segno su due liste“, si legge nel vademecum del Ministero dell’Interno di quella tornata elettorale. L’emendamento di Pittalis ha previsto, invece, che “i voti espressi con segni sul contrassegno di più liste, collegate tra loro” devono essere “attribuiti al candidato del collegio uninominale“. Alla base, sottolineava il deputato di Forza Italia, “il principio del favor voti“, cioè tenere conto dell’effettiva volontà dell’elettore. “Va ripristinato il principio per cui – affermava Pittalis – per l’uninominale se viene messa la croce su più simboli della stessa coalizione va considerato rafforzativo dell’espressione di voto dell’elettore”.

Una novità che era stata molto criticata dal Movimento 5 stelle, ritenendola “ad personam”: “Intendono compiere un blitz per sovvertire, attraverso la modifica ex post delle regole vigenti, l’esito elettorale delle ultime politiche”, dichiarava nel marzo del 2023 Vittoria Baldino, vicecapogruppo a Montecitorio. I deputati del M5s avevano anche occupato la giunta a maggio per protestare contro la proposta del centrodestra. “Questa è davvero disinformazione creata ad arte: mi chiedo come si possa solo ipotizzare l’esito di una verifica di cui non conosciamo nulla perché non sono stati esaminati i ricorsi e quante possano essere le nulle”, replicava Pittalis. A fine giugno quell’emendamento è stato approvato e oggi è arrivato l’esito della revisione delle schede. Risultato: dentro Gentile e fuori la deputata M5s.

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Crollo Scampia, le lacrime della deputata Sportiello (M5s) in Aula: “A pagare sono sempre le persone più fragili. Io sono nata lì”

“Oggi commemoriamo una tragedia ed è difficile, è difficile farlo prendendo la parola per un territorio che ha pagato tanto, troppo“. Non ha trattenuto le lacrime in aula la deputata Gilda Sportiello intervenendo alla Camera per la commemorazione delle vittime del crollo di Scampia.
“Oggi pagano sette bambini, persone che stavano lavorando a costruirsi una vita in un territorio difficile – ha proseguito Sportiello interrompendosi più volte, mentre i deputati la applaudivano -. Si dice che Napoli è faticosa, io sono la prima a dirlo. Sono nata a Scampia, ho passato lì i primi anni della mia vita. Lo dico con l’orgoglio di una terra che ha sempre lavorato per non essere quella della narrazione collettiva. Mi auguro che tutti insieme possiamo dare risposte. Questa tragedia deve ricordarci perché sediamo su questi scranni”, ha sottolineano l’esponente M5s.

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venerdì 19 luglio 2024

D’Orso (M5s) attacca la maggioranza: “Ipocrita chi indica Borsellino come modello e nei fatti ne tradisce le idee”

“Il trentaduesimo anniversario della strage di via D’Amelio si celebra in un contesto oscuro in cui tanti fanno memoria formale ma tradiscono l’insegnamento di Paolo Borsellino. Si pensi al metodo adottato da Falcone e Borsellino, quello secondo cui i fatti criminali vanno visti nel loro intreccio complessivo: la commissione Antimafia sta facendo l’opposto. La presidente e la maggioranza hanno deciso di circoscrivere i lavori sul biennio 1992-93 solo a una ricostruzione della strage di via D’Amelio, escludendo approfondimenti su quella di Capaci, sulle esplosioni di via dei Georgofili, via Palestro, San Giovanni in Laterano e San Giorgio al Velabro, sull’autobomba in via Sabini a Roma, sul fallito attentato allo Stadio Olimpico”. Lo ha detto, in Senato, la parlamentare del Movimento 5 stelle, Valentina D’Orso. La senatrice pentastellata ha citato anche alcune dichiarazioni di Borsellino relative alla commistione tra politica e mafia, alla verità giudiziaria e alle scelte dei partiti politici “che dovrebbero fare pulizia la proprio interno”.

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Renzi cambia idea e tenta l’abbraccio mortale a Schlein: “Alleanza a sinistra unica alternativa a Meloni. Da noi nessun veto sui 5 stelle”

Un’alleanza con Giuseppe Conte ed Elly Schlein? “Non solo è possibile, ma è anche l’unica alternativa per evitare che ci teniamo per lustri Giorgia Meloni con sorelle, cognati e compagnia cantante. La maggioranza è divisa su tutto, però sta insieme grazie al potere. L’alternativa è semplice: subire o reagire. Per reagire va costruita l’alternativa, dichiarando chiusa la stagione dei veti“. In un’intervista al Corriere, Matteo Renzi spariglia le carte come suo uso: prendendo le mosse dalla foto abbracciato alla segretaria dem sul campo di calcio (“avevamo fatto una grande azione”), l’ex premier parla di “un nuovo rapporto” con il tanto vituperato ex partito e apre persino ai nemici storici dei 5 stelle, demonizzati per anni come il male assoluto. “Forte del successo alle Europee, il Pd di Schlein ha detto: “Vogliamo costruire l’alternativa e per farlo non mettiamo veti”. Questo significa che cade il veto che su di noi era stato messo nel 2022. Ma anche noi abbiamo un obbligo, allora: non possiamo mettere veti sugli altri, a cominciare dai Cinque stelle“, dice il leader di Italia viva.

Ed ecco la nuova “mossa del cavallo”: “Noi alle Europee abbiamo sfiorato il 4% (risultato per la verità piuttosto deludente, ndr) e dunque abbiamo un consenso che alle prossime Politiche può fare la differenza in almeno una trentina di collegi marginali”, premette Renzi. “Per noi è tempo di scelte. O si riapre la partita del Terzo polo (il progetto naufragato di partito unico insieme ad Azione di Carlo Calenda, ndr) o si prende atto che il centro è decisivo solo se si allea in modo strutturale”. Con quali prospettive? “Costruire un centro che guarda a sinistra, per dirla con De Gasperi. Questa sarà la proposta che porterò all’Assemblea nazionale di Italia viva”. Insomma, tutti a sinistra: una giravolta notevole da parte di chi, dall’inizio della legislatura, si è comportato in innumerevoli occasioni come una costola del centrodestra (a partire dalla giustizia). Ora la palla passa a Schlein e Conte, che dovranno decidere se rispondere ai segnali o decidere che, tutto sommato, di quel quasi 4% se ne può pure fare a meno.

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giovedì 18 luglio 2024

Castellone (M5s) contro il governo: “Non è da Paese civile dover aspettare due anni per una visita in ospedale”

“Pensavo che il governo avesse capito che una delle prime emergenze di questo Paese sono le liste d’attesa, che non fosse possibile fare propaganda sulla pelle delle persone, che il decreto potesse essere la risposta alla frettolosa e scellerata approvazione dell’autonomia differenziata. Ma appena abbiamo avuto a disposizione i testi, abbiamo subito capito che si trattava di una scatola vuota, senza i finanziamenti annunciati in pompa magna in conferenza stampa o il superamento del tetto per l’assunzione del personale. Una scatola riempita di cose che non fanno che peggiorare la situazione, perché si toglie qualsiasi vincolo di controllo sul privato convenzionato e si lascia campo libero al precariato del personale sanitario”. Lo ha dichiarato in Aula Mariolina Castellone, senatrice del Movimento 5 stelle e vicepresidente del Senato, intervenuta a Palazzo Madama in occasione della discussione generale sul decreto liste d’attesa. “Vorrei chiedere alla maggioranza – ha aggiunto – come si fa ad abbandonare i cittadini in questo modo, nel loro momento di maggiore difficoltà, quello della malattia. Questo governo tradisce i cittadini e il personale sanitario, quei medici e infermieri che tutti abbiamo chiamato ‘eroi’ durante la pandemia”.

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M5s, che fine ha fatto la democrazia diretta? Ormai i voti sono ratifiche di decisioni dall’alto

Che fine ha fatto la democrazia diretta da cui è nato il M5S? Perché non vengono sviluppati strumenti e piattaforme digitali che forniscono potere decisionale ai cittadini e ai gruppi territoriali?

La democrazia liquida, che si è affacciata in questo secolo grazie alle tecnologie disponibili, rappresenta un modo di esercizio della democrazia nella quale i cittadini possano decidere in che forma esercitare il proprio potere politico, scegliendo, nella massima libertà, se esercitarlo in prima persona o se delegarlo a un suo rappresentante di fiducia, scegliendo come, quando, e su cosa farsi rappresentare, integrando democrazia diretta e rappresentativa.

L’utilizzo di piattaforme digitali per deliberare e votare decisioni online, l’individuazione di candidati attraverso il voto in rete, le consultazioni pubbliche online, le scritture e proposte di legge collettive aprono ad “una nuova organizzazione del potere” che secondo Domenico De Masi nel libro-intervista Ozio Creativo è uno dei tre elementi che innesca rivoluzioni e balzi epocali. Cito “quando nella nostra storia coincidono tre tipi di mutamento – la scoperta di nuove fonti energetiche, una nuova divisione del lavoro e una nuova organizzazione del potere – allora siamo di fronte ad un balzo epocale”.

Secondo la ricerca “Cultura 2030” curata da Domenico De Masi commissionata dal M5S e seguita dal sottoscritto i cittadini e i giovani in politica sono più interessati ad “obiettivi politici focalizzati” ad “aggregazioni spontanee, molto eterogenee, senza una vera e propria struttura organizzativa e legate soprattutto a proteste contingenti” in particolare “gli eventi sociali collegati soprattutto all’emergenza (casa, lavoro, studio, diritti)”. È per questa predisposizione che “le nuove generazioni sono ancora di più interessate ad utilizzare la rete non solo come uno strumento di comunicazione, ma un modello politico totalmente nuovo: una forma di democrazia diretta, dal basso, che riesce a saltare la mediazione del politico di professione.”

Dopo il suffragio universale il nuovo balzo democratico è la possibilità di far decidere i cittadini direttamente su svariati temi politici chiamandoli a consultazioni frequenti.

Il MoVimento Cinque Stelle è nato e si è fondato sulla e-democracy e la democrazia diretta ma oggi utilizza in modo marginale gli strumenti di consultazione diretta per dare in mano ai cittadini il potere decisionale che gli spetta.

Nati intorno al blog di Beppe Grillo nel 16 gennaio 2005, dapprima con la piattaforma meetup, per poi approdare nel 2016 al sistema operativo Rousseau numerosi studiosi sociali nell’università di tutto il mondo hanno studiato il nostro esercizio di democrazia diretta. Sebbene oggi per alcune elezioni vengono scelti i candidati del M5S con SkyVote, molte votazioni sono diventate semplici ratifiche di scelte della dirigenza e sono scomparse le proposte Bottom-Up che possono provenire dal basso e dal territorio, insieme ai forum di discussione. Nel 2006 si realizzeranno le “Primarie dei Cittadini” per indicare liberamente attraverso la propria partecipazione digitale i temi dell’agenda politica del futuro consegnata a Romano Prodi e nacque dal basso la richiesta di un reddito di cittadinanza. È con proposte dirette dei cittadini, attraverso la rete, che nel 2013 si propose Stefano Rodotà come Presidente della Repubblica.

In questo primo scorcio di secolo sono tante le formazioni politiche che si affermano attraverso l’uso della rete come strumento decisionale. È il periodo storico degli Indignados (2011), fenomeno che in Spagna verrà incanalato in Podemos, delle primavere arabe con una serie di proteste ed agitazioni in Egitto e nel mondo arabo che nascono a causa di profonde disuguaglianze sociali, del movimento Occupy Wall Strett (2011) che denuncia gli abusi del capitalismo finanziario, del Partito Pirata tedesco (2006) che unisce i temi della trasparenza, dell’open source e della democrazia diretta.

In questo scenario l’esperienza con maggior longevità e di maggior successo, riesce a restare al governo per quattro anni in una delle sette economie avanzate mondiali è sicuramente il Movimento Cinque Stelle.

Sarebbe un vero peccato che chi come il MoVimento 5 Stelle è riuscito ad anticipare i tempi su questi temi abbandoni l’istanza politica di costruire nuovi strumenti di democrazia diretta sia interni che nelle istituzioni, come i referendum propositivi e i referendum senza quorum, insieme ad ogni forma di voto e di partecipazione online che può avvicinare nuovamente i cittadini alla politica.

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martedì 16 luglio 2024

Corruzione Liguria, l’ex presidente del porto Signorini esce dal carcere e va ai domiciliari. Ok della gip all’incontro fra Toti e Salvini

A più di due mesi dall’arresto, Paolo Emilio Signorini può lasciare il carcere genovese di Marassi per andare ai domiciliari. Lo ha deciso la giudice per le indagini preliminari del capoluogo ligure Paola Faggioni, accogliendo – con parere favorevole della Procura – l’istanza presentata dagli avvocati del manager 61enne, ex presidente dell’Autorità portuale di Genova ed ex amministratore delegato della multiutility Iren, da cui è stato licenziato per giusta causa nelle scorse settimane. Signorini è stato arrestato il 7 maggio con l’accusa di corruzione insieme al governatore della Liguria Giovanni Toti e all’imprenditore portuale Aldo Spinelli: è l’unico indagato per cui era stata disposta la custodia in carcere. Secondo l’accusa, Spinelli gli ha versato una lunga serie di utilità – tra cui 15mila euro in contanti per il matrimonio della figlia, soggiorni a Montecarlo e oggetti di lusso per la fidanzata – in cambio di provvedimenti favorevoli sulle concessioni portuali.

Proprio il licenziamento da Iren, insieme al tempo trascorso in carcere, “fanno ragionevolmente ritenere che le esigenze cautelari, sia pure ancora presenti, si siano ridimensionate e che, pertanto, possano essere soddisfatte con la misura degli arresti domiciliari”, scrive la giudice. Il 3 giugno la gip aveva respinto la prima richiesta di attenuazione della misura. In seguito il Riesame, pur riconoscendo in astratto la possibilità di concedere i domiciliari, aveva giudicato inadatte le soluzioni abitative proposte da Signorini (un’abitazione a Genova messa a disposizione da una parente oppure la casa del fratello ad Aosta). Ora la quadra è stata trovata: l’ex presidente del porto andrà a stare in una casa a Genova presa in affitto insieme alla figlia e non potrà comunicare se non con lei, con i fratelli e con una cugina.

Nello stesso tempo la giudice Faggioni ha autorizzato – anche qui con l’ok dei pm Federico Manotti e Luca Monteverde – l’incontro chiesto da Toti, ai domiciliari nella sua casa da Ameglia (La Spezia) con il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini e i suoi fedelissimi assessori Giacomo Giampedrone e Marco Scajola: le date non sono state ancora fissate. Il faccia a faccia con Salvini è atteso come il passaggio decisivo in vista di eventuali dimissioni, che Toti è sembrato ventilare in una lettera scritta all’avvocato Savi dopo il no del Riesame alla revoca dei domiciliari. La gip ha invece respinto la provocatoria richiesta di due deputati M5s, Roberto Traversi e Luca Pirondini, di poter incontrare a loro volta il governatore: l’istanza è stata ritenuta inammissibile, in quanto è l’indagato a dover chiedere gli incontri.

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lunedì 15 luglio 2024

Sanità, in Liguria il numero per prenotare gli esami diventa a pagamento. Orlando: “Grave, penalizza gli anziani”. I totiani: “Costo inutile”

In Liguria, una delle regioni con la sanità più disastrata d’Italia, dal 1° agosto il numero unico per le prenotazioni di esami e prestazioni con il servizio sanitario nazionale diventerà a pagamento. La scelta, giustificata dalla Regione con un risparmio di circa due milioni di euro l’anno, ha innescato già nei giorni scorsi una furiosa polemica delle opposizioni, che accusano la giunta di penalizzare gli anziani (la popolazione ligure ha l’età media più alta d’Italia). Al tema, domenica, ha dedicato un video anche il deputato Pd ed ex ministro Andrea Orlando, originario di La Spezia, considerato il più probabile candidato alla presidenza regionale per il centrosinistra se e quando Giovanni Totiil governatore ai domiciliari dal 7 maggio scorso con l’accusa di corruzione – deciderà di dimettersi. “Mentre attorno alla casa di Ameglia (dove Toti è ristretto in custodia cautelare, ndr) si muovono esponenti politici, si incrociano messaggi trasversali, si discute del futuro personale dei protagonisti del centrodestra, succede una cosa che rischia di passare un po’ sotto silenzio, anzi è già successo”, esordisce Orlando. “Nei giorni scorsi è stato messo a pagamento il numero con il quale si potevano fare le prenotazioni telefoniche per le visite della sanità in Liguria. È un fatto grave, sbagliato, perché la nostra è una regione anziana, sono molte le persone che non sanno usare adeguatamente i mezzi tecnologici e spesso sono le stesse persone che rinunciano a curarsi perché non hanno le risorse, quando gli si dà una visita a sette, otto mesi e non possono aspettare per rivolgersi alla sanità privata”, argomenta. Secondo l’ex ministro, le vittime della decisione della giunta sono proprio “le persone più deboli, più fragili, con meno strumenti e che avendo difficoltà spesso legate all’età si trovano in una condizione di non poter usare la rete: un segnale che la dice lunga su qual è l’attenzione della Regione in questo momento rispetto alle difficoltà di una parte dei liguri”, attacca.

Dal Movimento 5 stelle, nei giorni scorsi, il senatore genovese Luca Pirondini aveva già definito la decisione “inqualificabile“: “Crediamo sarebbe stato molto più corretto sforbiciare prima di tutto le voci superflue oltre che vergognose come la costosissima macchina comunicativa di un presidente agli arresti domiciliari, anziché sacrificare il numero verde gratuito che per molti anziani era una certezza oltre che un servizio conosciuto. Si conferma quanto diciamo da tempo: il palazzo è sempre più distante dalle esigenze reali dei cittadini”. Un attacco a cui la lista Toti in Consiglio regionale aveva risposto con un excursus sulle tariffe telefoniche: “Solo il senatore Pirondini, con la sua mentalità regressista tipica dei Cinque Stelle, può essere rimasto a un’epoca in cui una telefonata si paga con scatto alla risposta e costi a minuto. Oggi ormai tutte le compagnie offrono tariffe flat, con un abbonamento mensile comprensivo di chiamate illimitate o quasi ai numeri fissi. Diverse regioni d’Italia, indipendentemente dal “colore” della coalizione che amministra, hanno già eliminato i numeri verdi che rappresentano soltanto un pesante costo, cioè risorse sottratte al servizio sanitario locale”. Inoltre, scrive la lista Toti, “Regione Liguria sta isostenendo sempre più la diffusione della appSalute Simplex” dalla quale si può accedere a ogni tipo di servizio, Cup compreso”. Una tesi che però non convince nemmeno il capogruppo Pd in Regione Luca Garibaldi: eliminare il numero verde, afferma, è una “soluzione offensiva, così come offensiva è la risposta della giunta che consiglia di prenotare gli esami sull’app, nella regione più anziana d’Europa. Non pensavo ci fosse l’obbligo di avere uno smartphone per potersi curare in Liguria. Il numero verde costava circa un milione all’anno, più o meno quanto è costato il giro per il mondo del mortaio per il pesto (una costosa iniziativa promozionale voluta dalla giunta Toti, ndr) o l’app che nessuno scarica”.

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venerdì 12 luglio 2024

Corsa al riarmo, il M5s denuncia: “Crosetto vuole comprare 24 caccia Eurofighter Typhoon al costo esorbitante di 7,5 miliardi”

Meloni promette alla Nato di aumentare la spesa militare italiana e in Parlamento arriva la richiesta di Crosetto di comprare 24 nuovi caccia Eurofighter Typhoon al costo esorbitante di 7 miliardi e mezzo”. È la denuncia del Movimento 5 stelle all’indomani del vertice Nato a Washington, dove il ministro della Difesa Guido Crosetto ha firmato con gli omologhi di Francia, Germania e Polonia un’intesa per la produzione di missili cruise con un raggio di oltre 500 chilometri. E dove la premier Giorgia Meloni ha promesso agli alleati il 2% del pil per le spese militari e l’impegno per la quota del nostro Paese nel fondo da circa 40 miliardi annunciato dall’Alleanza per Kiev, insieme a F16 e nuove difese aeree.

Ma la corsa al riarmo dell’Italia non finisce qui. Il deputato M5s Arnaldo Lomuti, componente della Commissione Difesa di Montecitorio, denuncia infatti la nuova maxi-spesa prevista dal governo per comprare gli Eurofighter Typhoon: “Parliamo di oltre 300 milioni a velivolo: una follia che fa impallidire perfino i costosissimi F35. Parliamo di un investimento sull’arco di undici anni che costerà quindi in media 680 milioni l’anno. Musica per le orecchie di Leonardo, non per i cittadini italiani che questi miliardi, frutto delle loro tasse, vorrebbero fossero spesi in scuole, ospedali e pensioni che invece Meloni continua a tagliare”.

Lonuti nella sua nota sottolinea le spese già sostenute dal governo Meloni per le armi: “Altri miliardi ipotecati dopo aver appena incassato un assegno in bianco di 8 miliardi per centinaia di carri armati. Con questa nuova richiesta, sale a 33 miliardi l’onere pluriennale dei programmi militari che Crosetto ha sottoposto al Parlamento da inizio legislatura, di cui quasi 22 miliardi di spesa in nuovi armamenti“. “Il Movimento 5 Stelle continuerà a contrastare questa folle corsa al riarmo che ormai sembra veramente fuori controllo”, conclude Lomuti. Il M5s, per bocca del capogruppo alla Camera, Francesco Silvestri, ha chiesto alla premier Meloni e al ministro Crosetto di presentarsi in Parlamento per riferire “cosa sta succedendo”.

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mercoledì 10 luglio 2024

Decenni di galera a chi contesta il Ponte, maxi-rimborsi anticipati agli agenti sotto processo: doppio blitz della Lega sul ddl Sicurezza

Chi protesta in modo “minaccioso o violento” contro le grandi opere infrastrutturali, come il ponte sullo Stretto di Messina, rischierà oltre 25 anni di carcere. E se un poliziotto finisce sotto processo per averlo malmenato, lo Stato potrà anticipargli le spese legali. È il combinato disposto di due emendamenti approvati mercoledì al cosiddetto “pacchetto sicurezza“, il ddl approvato a novembre dal Consiglio dei ministri e ora in discussione nelle Commissioni Giustizia e Affari costituzionali della Camera. È passata, infatti, la proposta del deputato leghista Igor Iezzi – sottoscritta anche dagli altri partiti di maggioranza – che introduce una nuova aggravante del reato di resistenza a pubblico ufficiale: la pena “è aumentata” se la violenza o la minaccia (elemento costitutivo della resistenza) “è commessa al fine di impedire la realizzazione di un’opera pubblica o di un’infrastruttura strategica“. Si tratta di un’aggravante generica, che non specifica l’aumento di pena e quindi consente di innalzarla fino a un terzo (in base alle norme generali). E va ad aggiungersi alle altre aggravanti già previste per lo stesso reato, in base alle quali – ad esempio – la pena va da tre a 15 anni se la violenza o minaccia è commessa “da più di dieci persone“, ed è aumentata fino a un terzo se il fatto è compiuto “nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico” oppure “con scritto anonimo, o in modo simbolico“. Tirando le somme, quindi, un attivista che protesta in modo un po’ acceso di fronte al cantiere di una grande opera, in un gruppo di più di dieci persone, distribuendo volantini non firmati o prendendo parte a un flash mob, potrà essere punito con un massimo di quindici anni di carcere, più un terzo, più un altro terzo. Totale: quasi 27 anni. In base alla prima versione dell’emendamento Iezzi – poi riformulata – la pena sarebbe stata ancora più alta, perché l’aumento per la nuova aggravante era stabilito in una cornice “da un terzo a due terzi“.

Nella seduta congiunta delle commissioni, i deputati di opposizione si sono scagliati all’unisono contro l’emendamento. Con questa norma “state dicendo che i manifestanti contro le grandi opere saranno puniti più gravemente perché esprimono un certo tipo di opinione, un certo tipo di protesta”, ha attaccato Valentina D’Orso, capogruppo M5s in Commissione Giustizia. Per un’altra deputata pentastellata, Carmela Auriemma, la nuova aggravante “va a punire il dissenso in maniera strategica”: “Così la Lega rinnega le proprie vecchie battaglie territoriali, tra cui quella contro il Ponte”, ha sottolineato. “L’obiettivo è spaventare i manifestanti, anche quelli che vogliono manifestare in maniera pacifica. L’obiettivo è far capire che qualcosa potrebbe succedere, che si potrebbe essere denunciati anche senza usare violenza o minaccia. Si continuano a colpire le manifestazioni e soltanto un certo tipo di manifestazioni, mentre quelle fasciste vanno bene”, polemizza invece Devis Dori di Alleanza Verdi e Sinistra. Durissimo anche Riccardo Magi di +Europa: “Questa è un’aggravante che non dipende dalle modalità ma dalla motivazione della manifestazione. Stiamo introducendo il processo alle intenzioni nel codice penale. State perdendo la faccia, ma rischiate di farla perdere al Parlamento”, ha detto. Dal Pd Matteo Mauri attacca: “Nel mondo ideale di questo governo tutti dovrebbero starsene in casa, non esprimere mai il proprio punto di vista e stare attenti a non protestare, a meno che non sia gente col trattore. Questa è la logica: tutti zitti perché c’è qualcuno che comanda”. E Federico Gianassi avverte: “Non si usa il codice penale per fare propaganda e nemmeno per sfidarsi tra partiti di maggioranza”.

Pochi minuti dopo le commissioni hanno dato il via libera a un altro emendamento leghista, che consentirà di anticipare le spese legali agli “ufficiali o agenti di pubblica sicurezza (…) indagati o imputati per fatti inerenti al servizio“, cioè spesso per reati di violenza, “che intendono avvalersi di un libero professionista di fiducia”. Finora la difesa di poliziotti e carabinieri era gratis solo se affidata all’Avvocatura dello Stato, mentre per i difensori privati era previsto il rimborso successivo. Lo Stato si potrà rivalere solo se il dipendente viene condannato per un reato doloso, ma non se viene archiviato, prosciolto (ad esempio per prescrizione) o giudicato responsabile di un delitto colposo. Il budget disponibile inoltre raddoppia, passando da cinquemila a diecimila euro per ciascuna fase del procedimento (indagini preliminari, udienza preliminare, primo grado, Appello e Cassazione): a questo scopo vengono stanziati 860mila euro l’anno a partire dal 2024. “È una mia battaglia personale e ne vado particolarmente fiero”, festeggia il sottosegretario leghista all’Interno, Nicola Molteni. Mentre il leader del Carroccio Matteo Salvini festeggia su X: “Un risultato storico ottenuto oggi in commissione, grazie alla Lega. Con l’emendamento al ddl Sicurezza viene estesa la tutela legale a donne e uomini delle nostre forze di polizia che, in caso di denuncia o indagine per fatti inerenti al servizio, non dovranno sostenere alcun costo per difendersi“. Critica invece l’Alleanza Verdi e Sinistra con i deputati Devis Dori e Filiberto Zaratti: “La destra vuole comprarsi la simpatia delle Forze dell’ordine pagando le loro coperture legali, questo non avviene per nessun dipendente dalla Pa. E per i casi di agenti infedeli, accusati di complicità con il malaffare? O per quelli terribili di tortura, come è stato per Stefano Cucchi? Fate pagare tutto ai cittadini, e questo è inaccettabile”.

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Licheri su La7: “Meloni ha detto signorsì agli Usa per aumentare spese militari e aiuti a Kiev, mentendo agli italiani”. Scontro con Ronzulli

Aumenteranno le spese militari mentre i cittadini si impoveriscono ogni giorno di più. C’è un governo che decide di investire ulteriormente in armi, mentre le imprese e i cittadini annaspano in difficoltà. C’è una Giorgia Meloni che non si è fatta tema di tagliare la spesa sociale in questi mesi e ieri ha detto signorsì a Washington e alla Nato per aumentare sia le spese militari italiane, più 800 milioni, sia le spese di aiuti militari all’Ucraina, un miliardo e 700 milioni”. Sono le parole pronunciate a L’aria che tira (La7) dal senatore del M5s, Ettore Licheri, che si rende protagonista di una vivace querelle con la parlamentare di Forza Italia Licia Ronzulli sulla strategia dell’invio delle armi.

Licheri rincara: “Tutto questo avviene quando solo un anno fa in Senato la Meloni disse agli italiani che non avrebbero speso un euro di più per l’appoggio del suo governo al conflitto russo-ucraino. In politica raccogli quello che semini, è una legge universale. Quando tu dici le bugie, poi alla fine ne paghi le conseguenze. E qual è la conseguenza? La totale irrilevanza politica di questa donna nei tavoli internazionali”.

Ronzulli dissente, invocando la necessità di una politica di difesa: “Io credo che anche l’aumento della spesa per la difesa delle armi sia una sorta di scudo che noi diamo all’Italia”.
“No, è sangue – ribatte Licheri – Sono vittime, sono cittadini, sono bambini. È così difficile da capire?”.
“Che belli questi slogan – insorge Ronzulli – Non si può parlare per slogan“.

Il parlamentare pentastellato sottolinea infine che la strategia europea di finanziare militarmente l’Ucraina per sconfiggere la Russia non ha portato a niente: “Dopo due anni una linea vogliamo tracciare una linea di bilancio e chiederci se questa strategia ha pagato? È evidente che questa strategia abbia fallito“.
“Quanti ospedali devono essere ancora bombardati per difendere l’Ucraina? – replica la senatrice azzurra – Ma tu vuoi uscire dalla Nato? Hai tirato fuori slogan allucinanti“.
Licheri non ci sta: “Ma cosa c’entra quello che ho detto con l’uscire dalla Nato?”.

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Lega e Fi votano con il Pd per cambiare la legge Severino: sindaci sospesi solo dopo condanna definitiva. Governo spaccato: Fdi si astiene

La Camera ha approvato un ordine del giorno e chiede un impegno al governo per modificare la legge Severino. Ma la maggioranza si divide: Lega e Forza Italia votano insieme al Pd, mentre Fratelli d’Italia non partecipa al voto. Unici contrari i deputati del Movimento 5 stelle. L’ordine del giorno, presentato da Debora Serracchiani al ddl Nordio, riguarda la norma relativa alla sospensione di sindaci e amministratori locali dai loro incarichi dopo una sentenza di primo grado prevedendola invece solo a sentenza definitiva (tranne che per i reati di grave allarme sociale) equiparandoli così ai parlamentari, ai ministri e ai sottosegretari. In pratica si chiede al governo di intervenire per eliminare quella parte della legge Severino che prevede la sospensione dei sindaci già alla condanna in primo grado.

Sulla proposta il governo, con il sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto, aveva dato parere contrario sulle premesse, rimettendosi all’Aula. Da lì sono nate le frizioni interne alla maggioranza. La presidente della commissione Antimafia, Chiara Colosimo di Fdi, ha chiesto di modificare il testo ma il Pd si è opposto alla riformulazione. Il partito di Giorgia Meloni ha così deciso di astenersi, mentre gli alleati azzurri e leghisti hanno votato insieme ai dem. Risultato: l’ordine del giorno ha avuto il via libera dell’Aula con 134 voti a favore e 33 contrari (i soli deputati del M5s).

Il capogruppo del Pd in commissione Giustizia della Camera, Federico Gianassi, precisa che “l’ordine del giorno approvato dalla Camera esclude il superamento della sospensione per tutti i delitti di allarme sociale, non solo dunque per i reati di mafia e criminalità organizzata come invece era stato proposto con una riformulazione del governo che avrebbe prodotto effetti troppi riduttivi“. L’esponente dem sottolinea anche che “con questo ordine del giorno la maggioranza è andata in fibrillazione con un parere rivisto dal governo con evidenti tensioni tra i partiti della maggioranza, che non sono sfociate in voti contrari anche per evitare spaccature plateali“.

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martedì 9 luglio 2024

Perché il Movimento 5 stelle nella sinistra europea è una buona notizia

Domenico De Masi avrebbe salutato con grande felicità l’ottima notizia dell’ingresso del MoVimento 5 Stelle nella sinistra europea. Avere una famiglia europea ci dà forza in tutte le battaglie che conduciamo da tempo e una casa stabile in cui costruire un modello sociale alternativo. Mai come oggi, in un’epoca che ha perso ogni riferimento e orientamento, gli sforzi in questo senso sono fondamentali. La prima domanda da farci è: cosa significa essere di sinistra nel ventunesimo secolo?

Il M5S è nato populista, ambientalista, moderatamente euroscettico e progressista guardando da sempre al futuro e all’innovazione con curiosità e interesse e proponendo trasformazioni radicali dentro la modernità. Abbiamo promosso la decrescita, la democrazia diretta e la e-democracy, ci siamo contraddistinti per la forte ostilità alla corruzione e ai privilegi e schierati contro le guerre e tra i non-interventisti. Tutte queste caratteristiche possono essere rinnovate e rilanciate dentro una Sinistra Europea che deve crescere e diventare il grande protagonista di questo secolo, anche mettendo a frutto l’esperienza di più di un decennio di attività politica.

La scuola del Fatto Quotidiano ha realizzato un ottimo dibattito tra Destra e Sinistra pubblicando un libro a cura di Domenico De Masi, in cui si evince in maniera chiara che la nuova dicotomia di oggi va ricercata in campo economico. Il neoliberismo ha vinto e governa il mondo. Una sinistra rinnovata con radici nel XXI secolo deve costruire l’alternativa al capitalismo, al primato dell’economia, del Pil, di un modello schiacciato su produzione e consumo.

Il Movimento 5 Stelle da forza politica nata nel nuovo secolo ha ricevuto, dal mio punto di vista, implicitamente, il compito arduo di dar vita ad un nuovo modello sociale o di farsene interprete, per garantire il primato del pianeta, della vita e di nuovi e vecchi diritti civili e sociali. I socialisti moderati e liberali e i popolari hanno fallito in questo. Sono forze internazionali al governo da decenni e che hanno disegnato le istituzioni e le regole che ereditiamo, sono i difensori dello status quo, uno status quo fatto di disuguaglianze tra le più grandi della storia, uno status quo che ci sta conducendo verso la sesta estinzione di massa.

Con la società post-industriale è cambiato tutto e il partito socialista e popolare, i democratici e i conservatori di oggi sono diventati in ambito economico indistinguibili, perché hanno dato il timone del governo delle nazioni in mano all’economia. Per questi partiti decidono le lobby, le banche, la Nato, i brevetti TIPS.

Per questi partiti non si possono mettere limiti all’arricchimento personale anche se dieci più grandi miliardari al mondo si prendono tutto il pianeta, Per questi partiti non si può tassare la pubblicità per dare agli sfruttati, non si può ridurre la propaganda al consumo per dare spazio alle relazioni, non si può investire in spazi pubblici per i cittadini e i giovani ma si parla solo di concessioni ai privati. Per questi partiti è sempre meglio affidare alle società S.p.a. la gestione dei servizi pubblici.

Per questi partiti il Pil viene prima di tutto e quindi i cittadini smettono di andare a votare e si occupano anche loro del proprio Pil, del proprio arricchimento personale e risolvono i loro problemi politici attraverso la propria individuale affermazione economica. Tanti altri restano rinchiusi nel loro inferno personale di senza voce, precari, disoccupati, partite Iva allo stremo e piccoli imprenditori, che nessuna organizzazione politica si prende realmente in carico, se non attraverso blandi impegni senza alcuna credibilità.

Il M5S è ancora l’unica forza politica che può opporsi a tutto questo ed essere voce di questo popolo.

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lunedì 8 luglio 2024

Francia, Schlein: “La destra si può battere”. Conte: “Vince chi non ha dubbi sulla pace”. FdI: “A sinistra un’ammucchiata innaturale”

Esulta il campo progressista italiano per i risultati del secondo turno delle elezioni parlamentari in Francia, dove il Nuovo fronte popolare – l’alleanza di sinistra guidata da Jean-Luc Mélenchon – ha ottenuto la maggioranza relativa nella nuova Assemblea nazionale, fermando l’avanzata dell’estrema destra di Marine Le Pen. Tra i primi a festeggiare, domenica sera, la segretaria Pd Elly Schlein: “Risultato straordinario per la sinistra unita e una bella risposta di partecipazione. La destra si può battere“, ha dichiarato. Per il presidente M5s Giuseppe Conte “la grande partecipazione del popolo francese premia la proposta popolare e progressista di chi non ha mai avuto dubbi sulla pace, sulla difesa dei diritti sociali e sulla tutela dei più fragili. Un segnale di spinta democratica che oggi parla all’Europa intera”. “In Francia il Nuovo fronte popolare vince le elezioni e salva la Repubblica dall’assalto dell’estrema destra. Intanto per stasera è una bellissima notizia. E anche un’indicazione di speranza”, twitta invece il leader di Sinistra italiana Nicola Fratoianni.

Spiazzate invece le reazioni da destra, dove non ci si aspettava un risultato così modesto da parte del Rassemblement national, il partito di Le Pen, solo terza forza del nuovo parlamento. La ministra del Turismo Daniela Santanché, di Fratelli d’Italia, maschera la delusione sottolineando il carattere eterogeneo della coalizione di sinistra, che tiene insieme i radicali di Mélenchon, i socialisti e gli ecologisti: “La morale francese? Le ammucchiate sono una vittoria di Pirro. Possono far vincere ma non governare”. Sulla stessa linea il compagno di partito Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura: i progressisti, dice in un’intervista al Corriere, “hanno creato un’alleanza innaturale rispetto ai loro programmi, finalizzata esclusivamente a battere nei collegi la Le Pen che comunque raddoppia i suoi eletti. Certamente questa operazione è riuscita. Altra storia è avere una coalizione che abbia una capacità di governo. E questo è un problema”. Per Maurizio Gasparri, capogruppo di Forza Italia al Senato, “il centrodestra per vincere deve avere una guida moderata. Speriamo in una vera rifondazione dei gollisti in Francia” (i Repubblicani hanno ottenuto solo 66 seggi).

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giovedì 4 luglio 2024

Gaffe di Gasparri a La7: “La canzone di Masini ‘Perché lo fai?’ era sull’aborto”. In realtà parlava di tossicodipendenza. Scontro con Sportiello

Gaffe del senatore Maurizio Gasparri che, nella foga di esporre il ddl di Forza Italia sul reddito di maternità (sostegno di 1.000 euro al mese per le donne che rinunciano all’interruzione di gravidanza), fa confusione tra la canzone anti-abortista di Nek “In te” col brano “Perché lo fai?” di Marco Masini, che parla di tossicodipendenza.
Ospite della trasmissione L’aria che tira (La7) il capogruppo dei senatori azzurri, rivendica l’applicazione puntuale della 194: “Noi concretizziamo l’aiuto alla donna. L’aiuto di solito è un bel discorso, “Perché lo fai?”, come diceva la canzone di Masini contro l’aborto, cioè un bel pistolotto, di cui la donna non se ne fa nulla. La mia proposta non muta la 194, anzi ne è l’attuazione”.

Gasparri poi si rende protagonista di una concitata polemica con la deputata del M5s Gilda Sportiello, che smonta la proposta di legge in tutti i suoi aspetti: “Non si sono smentiti, siamo ancora nel solco della squallida propaganda sul corpo delle persone. La legge 194, che conosco molto bene, va applicata in tutte le sue parti, anche in quella che dice che in presenza di medici obiettori di coscienza dovrebbe essere garantito sempre, ovunque e comunque il diritto delle donne ad accedere all’interruzione volontaria di gravidanza. Questo governo deve garantire questo diritto e invece si rifiuta”.

E rincata: “Questa proposta è inattuabile ed è solo propaganda sul diritto di aborto, perché, de davvero questo governo volesse garantire una genitorialità serena, dovrebbe parlare di precarietà del lavoro, di salario minimo, di diritto alla casa, di congedi di paternità“.
“Questo è benaltrismo”, insorge Gasparri.
“No, Gasparri – ribatte la parlamentare – Lei è in Parlamento dal ’92, ma cosa ha fatto per garantire ai giovani di questo paese la serenità?”
“Lei mi risponda della legge 194 – replica il senatore brandendo dei fogli evidenziati in arancione – Lei fa una squallida propaganda. Bugiarda e ignorante. Lei non conosce la legge, sta in Parlamento da poco tempo”.
“Conosco bene la legge, ma purtroppo non ho il suo stesso curriculum”, ironizza Sportiello.
Sono stato eletto dai cittadini per meriti e competenza – urla Gasparri – Lei scomparirà prima che imparino il suo cognome“.
“Ma io non ho l’ambizione di far ricordare il mio cognome per aver fatto delle proposte che negano un diritto e che sono misogine e propagandistiche“, risponde la deputata pentastellata.

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Abuso d’ufficio, alla Camera passa l’abolizione: ma il governo lo “resuscita” in parte con il dl carceri. Anm: “Segno che è una scelta infelice”

L’abuso d’ufficio non c’è più. Con 170 sì e 77 no, la Camera ha approvato in via definitiva l’articolo 1 del ddl Nordio, la norma che abolisce l’articolo 323 del codice penale: l’esame del provvedimento riprenderà martedì pomeriggio. Nello stesso tempo, però, il governo ha fatto passare alla chetichella una misura-tampone per colmare almeno in parte il vuoto normativo che si produrrà con l’abrogazione, accogliendo la moral suasion del Quirinale e allontanando il rischio di una procedura d’infrazione europea. Nel decreto-legge dedicato alle carceri, approvato ieri in Consiglio dei ministri, è stata infilata l’ennesima nuova fattispecie di reato, chiamata “indebita destinazione di denaro o di cose mobili“: uno stratagemma per salvaguardare la punibilità del cosiddetto “peculato per distrazione“, cioè – semplificando al massimo – il reato del pubblico ufficiale che regala soldi pubblici agli amici. Infatti il peculato “classico”, previsto dall’articolo 314 del codice penale, punisce solo il funzionario che “si appropria” di denaro o altri beni pubblici, mentre chi li destina illegalmente a qualcun altro – un amico, un amante, un vicino di casa, un sostenitore politico – è punibile a titolo di abuso d’ufficio. Così, per evitare che i dipendenti pubblici realizzassero di poter fare “regalini” a destra e a manca senza rischiare nulla sul piano penale, l’esecutivo si è inventato la nuova fattispecie ad hoc, inserita subito dopo il peculato all’articolo 314-bis del codice. Eccola: “Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, li destina a un uso diverso da quello previsto da specifiche disposizioni di legge o da atti aventi forza di legge dai quali non residuano margini di discrezionalità e intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale o ad altri un danno ingiusto, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni“.

La sovrapponibilità del nuovo reato all’abuso d’ufficio evidente già dal lessico: la norma, infatti, copia le espressioni dell’articolo 323 del codice, citando le “specifiche disposizioni di legge” da cui non devono “residuare margini di discrezionalità” e l'”intenzionalità” del vantaggio o del danno procurato. Eppure il Guardasigilli Carlo Nordio nega l’evidenza: “È un’ipotesi completamente diversa. È diverso il bene protetto, qui si parla di distrazione, che significa veicolare le risorse che hai a disposizione verso una destinazione che non è quella fisiologica. Quindi non ha niente a che vedere con l’abuso di atti di ufficio che prescindeva dalla distrazione”, dice ai cronisti in Transatlantico, mentre in Aula si votano gli emendamenti alla sua riforma. Ma la sua ricostruzione non regge: anche se l’abuso d’ufficio “prescinde” dalla distrazione, la distrazione di fondi, secondo la Cassazione, può senza dubbio costituire abuso d’ufficio, quando realizzata in violazione di legge per favorire un terzo. E a sottolineare l’incoerenza è il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia: “La cosa che colpisce è che si abroga il reato di abuso d’ufficio e se ne introduce un altro, con decreto legge, che è il vecchio peculato per distrazione. È il segno tangibile che la scelta di abrogare l’abuso di ufficio è una scelta infelice. Si corre ai ripari con un provvedimento normativo d’urgenza per introdurre una pezza per colmare quei vuoti di tutela che saranno creati dall’imminente abrogazione dell’abuso. Hanno maturato anche loro una consapevolezza che il sistema non regge“.

Durante il dibattito a Montecitorio, le opposizioni unite hanno chiesto la sospensione del voto sul ddl e un’informativa urgente del ministro: l’istanza però è stata respinta con i no di tutto il centrodestra. “Vogliamo sapere se quello che stiamo discutendo si sovrappone alla decisione che ha preso il governo. Il ministro Nordio era qui, sarebbe bastato un suo intervento. Quindi ora chiediamo una informativa immediata”, ha detto in Aula la capogruppo del Pd Chiara Braga. Mentre Valentina D’Orso del M5s attacca: “Nel nuovo reato introdotto troverete parole e fattispecie riconducibili al reato di abuso d’ufficio, seppure in modo parziale. Forse si tratta di un rigurgito di dignità, forse avete capito che state andando a perdere definitivamente la faccia in Europa e con essa i soldi del Pnrr. Questo certifica la vostra incompetenza e la volontà di marginalizzare il Parlamento. Infatti, il ministro Nordio poteva venire in commissione e proporre un emendamento e lasciare che le forze politiche lo esaminassero. Ma siccome avete paura del confronto e dei nostri argomenti solidi, scappate e cercate la scorciatoia del decreto.Basta con questa arroganza e questa ipocrisia”. “Questo provvedimento è chiamato il ddl Nordio ma per noi è il “ddl Silvan” perché, come il mago Silvan, il Ministro Nordio fa sparire il reato di abuso di ufficio nel ddl e lo fa riapparire sotto false vesti nel dl carceri col nome di “peculato per distrazione” per andare incontro ai giusti rilievi del presidente Mattarella”, sottolinea invece Devis Dori di Alleanza Verdi e sinistra.

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Il M5s entra nel gruppo The Left al Parlamento Ue: sarà la seconda delegazione più numerosa dopo France Insoumise

La Sinistra Ue ha approvato l’ingresso della delegazione del Movimento 5 Stelle nel suo gruppo parlamentare. Lo comunica lo stesso gruppo. La decisione è stata presa dal bureau di The Left dopo i colloqui tenuti questa mattina, e durati oltre due ore, con gli eurodeputati del M5s. Con l’ingresso della delegazione pentastellata, composta da otto eurodeputati, il gruppo passa a 47 membri. Il M5s sarà la seconda delegazione più numerosa dopo quella della France Insoumise.

Il raggruppamento The Left ha come capogruppo Manon Aubry, esponente della sinistra francese. Ne fa parte anche Sinistra Italiana con Ilaria Salis e Mimmo Lucano. Il via libera è arrivato dopo aver chiesto un colloquio diretto da fare con gli eletti 5 stelle. Il motivo? Alcuni dubbi sollevati nei giorni scorsi da alcune delegazioni circa la presenza, in passato, del M5s in un governo con la Lega. Nell’ultima legislatura i 5 stelle avevano cercato di entrare nel gruppo de i Verdi, ma erano stati respinti più volte. Erano questi rimasti nel Parlamento Ue come indipendenti.

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Dopo la delusione delle Europee, la leadership di Conte va allargata: ecco perché

Dopo un risultato nazionale alle Europee così deludente, la leadership di Conte va allargata a nuove figure del M5S. La spiegazione è molto semplice.

Giuseppe Conte è stato un ottimo presidente del Consiglio e per questo mantiene una grossa credibilità tra tutti gli italiani. È tra le figure istituzionali che viene apprezzata di più. Quando si dice che il 10% raccolto alle Europee è ascrivibile in buona parte alla sua presenza si dice il vero. A questo risultato poi ha contribuito lo zoccolo duro dell’attivismo del M5S con tutti gli elettori che hanno continuato a sostenere una forza onesta. Per finire, c’è il radicamento e l’impegno storico di un pezzo del M5S che dalla nascita non ha mai fatto mancare la sua presenza e la sua continuità di azione, e ciò spiega il risultato eccellente in provincia di Napoli, roccaforte nazionale, dove ci confermiamo primo partito con il 24,9%

L’altra faccia della medaglia è che il M5S ne esce ridimensionato in termini di identità.

Schiacciare il M5S interamente sulla figura di Giuseppe Conte conduce la nostra forza politica ad essere nostalgica. Eppure dal 2010 in poi siamo stati la forza più innovatrice sulla scena della politica italiana portando temi nell’agenda politica che nessuno trattava: democrazia diretta, reddito di cittadinanza, transizione ecologica e digitale. Non possiamo essere una forza che guarda al passato (i bei tempi di quando Giuseppe Conte era presidente del Consiglio), né ci possiamo schiacciare sulle battaglie storiche della sinistra perché noi dobbiamo guardare al futuro e alle novità del presente.

Per lo stesso motivo il M5S si mostra istituzionale, ma perde la sua natura movimentista e la sua grossa capacità di essere popolare, a contatto diretto con i cittadini, capace di canalizzare le emozioni e i bisogni più intimi in battaglie politiche concrete. Da quando tempo non facciamo un tour nelle piazze italiane con una presenza plurale dei nostri portavoce (riabilitiamo questo termine visto che le istituzioni dovrebbero essere al servizio dei cittadini e della società civile e non viceversa)? Da quando non ci contraddistinguiamo per alcune battaglie territoriali?

Per questo ben venga l’assemblea costituente che dovrebbe svolgersi a settembre, per fare autocritica e proposte. La mia proposta è la costituzione di un nuovo direttorio plurale con Giuseppe Conte. E la rete degli iscritti non solo dovrebbe votare questa proposta, ma dovrebbe poter scegliere e poi votare quattro persone da affiancare a Giuseppe Conte per la guida del M5S. Si darebbe di nuovo agli iscritti e alla base il potere di decidere l’indirizzo, di autodeterminarsi. Se invece l’assemblea costituente diventa un modo per autoconservarsi o peggio accentrare ancora più decisioni verso il vertice come per scelta dei nomi nelle liste elettorali, rischiamo di portare il nostro consenso al 5%.

Bisogna avere un atteggiamento di umiltà verso la storia e le origini del M5S, non per tornare indietro ma perché oggi chiunque rivesta un ruolo di portavoce del M5S siede sulla grande fatica, il grande lavoro e la grande ispirazione di giganti che sono venuti prima, che hanno fatto azioni e battaglie memorabili. Disprezzare aspramente questa storia mostra un’assenza di rispetto su ciò che di grande il movimento ha costruito. Ci vuole curiosità e spirito di analisi per una forza politica che è arrivata a rappresentare quasi un terzo della popolazione italiana. Passando dal 25% al 33%, per poi arrivare al 15% e ora al 10%. Sono fasi storiche diverse, ma bisogna recuperare gli aspetti positivi di ogni tratto della nostra storia politica per trarne insegnamento, arricchire il M5S, senza perdere tutte le anime che lo compongono, pur restando saldamente in opposizione a questa destra.

So per certo che la base, i cittadini, vogliono contare di più. Ora come 14 anni fa. Scegliere i candidati con i gruppi territoriali. Scegliere i temi politici da sviluppare senza percorsi guidati e calati dall’alto. Sostenere economicamente i gruppi territoriali con il 2xmille.

Cerchiamo di non trasformare il M5S in un partito personale. È una comunità e un direttorio plurale diventerebbe simbolo di questa comunità che saprà come rialzarsi. Al M5S istituzionale va affiancato anche il M5S di piazza e movimentista. Senza questo, senza innovazione, senza democrazia diretta con un ruolo da protagonista dei gruppi territoriali, rischiamo grosso.

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mercoledì 3 luglio 2024

Silvestri (M5s): “Il parallelismo di Piantedosi tra l’antisemitismo dell’inchiesta di Fanpage e la lotta per la Palestina è vergognoso”

“Il parallelismo che viene fatto tra l’inchiesta di Fanpage e tutto quello che avviene in piazza, associando la battaglia che si sta facendo per il riconoscimento dello Stato Palestinese all’antisemitismo è una cosa vergognosa. Io non ce la farei a dirla, non solo a pensarla. Piantedosi e chiunque fa delle associazioni di questo tipo fa associazioni del tutto improprie”. Così Francesco Silvestri, a margine di un dibattito sull’autonomia differenziata a Roma, commenta quanto accaduto oggi durante il ‘Question Time’ alla Camera dei deputati, sottolineando che quello che emerge dall’inchiesta è che “è un sistema giovanile” di “formazione ideologica di giovani tramite elementi di neofascismo ed antisemitismo” e di questo “devono rispondere loro”.

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Salario minimo, “la battaglia è ancora viva”: Pd, M5s e Avs rilanciano la raccolta firme per la legge di iniziativa popolare

La battaglia per il salario minimo “è ancora viva”. È l’annuncio che arriva da Partito democratico, Movimento 5 stelle e Alleanza Verdi Sinistra, che in una conferenza stampa alla Camera hanno rilanciato la raccolta firme per la legge di iniziativa popolare, grazie alla adesione di un nutrito gruppo di associazioni. La proposta di legge è stata depositata da Pd, M5s e Avs presso la Corte di Cassazione e annunciata in Gazzetta Ufficiale il 2 maggio e può essere sottoscritta presso i banchetti diffusi su tutto il territorio nazionale e online sulla piattaforma dedicata (firme.salariominimosubito.it).

La conferenza stampa è stata promossa da Maria Cecilia Guerra (Pd), Valentina Barzotti (M5s) e Franco Mari (Avs). Per Guerra, anche se già si sarebbe raggiunto il numero minimo di firme (50mila), ora si cercherà lo sprint. “Azione e +Europa, che avevano firmato con noi la proposta di legge” di iniziativa parlamentare, “hanno ritenuto di non partecipare alla raccolta firme per una diversa valutazione sullo strumento”. “Sui contenuti” della battaglia “continueremo con loro”, ha spiegato. Sul fronte del salario minimo e della sanità l’obiettivo è allargare il campo anche ad “altre forze di opposizione” e che per quanto riguarda il Pd si cercherà di raccogliere quante più firme possibile soprattutto in occasione delle feste dell’Unità. La raccolta andrà avanti fino a settembre e potrà intersecarsi con quella per il referendum contro l’autonomia differenziata.

“Il tema in Parlamento potrebbe arrivare” anche “per un’altra via” entro novembre perché “bisogna recepire la direttiva Ue sul salario minimo“, ha rimarcato sempre la deputata dem. Nella raccolta “ci rivolgiamo” in particolare “a giovani e donne, ovvero due terzi del mercato del lavoro”. La pentastellata Barzotti ha sottolineato che questa “non è la prima conferenza sul salario minimo. Abbiamo fatto una proposta di legge di tutte le opposizioni, che poi è stata stravolta dal governo ed è stata trasformata in legge delega, tanto che l’abbiamo disconosciuta. Abbiamo depositato la proposta di iniziativa popolare in Cassazione e abbiamo avviato la campagna per la raccolta firme anche con rappresentanti della società civile“. Il messaggio è che serve dare “dignità” ai “lavoratori, che non sono ricattabili”. Mari, di Avs, ha affermato: “Non ci stancheremo mai di porre questa questione, il governo lo deve sapere. Noi non facciamo passi indietro“, “per noi è una battaglia di legislatura”.

L’adesione delle associazioni
Insieme ai parlamentari anche Giordano Bozzanca, presidente di InOltre che ha promesso: “Daremo il nostro contributo per raccogliere le firme”. Bozzanca ha annunciato appunto l’adesione alla raccolta firme delle associazioni: InOltre, UDU, Link Coordinamento Universitario, Acta in Rete, Primavera degli Studenti, Nuovi Orizzonti GD, ALS specializzandi, Federazione degli Studenti, Repubblica degli Stagisti, Coordinamento giovani giuristi italiani CoGita, Praticanti Avvocati, Unione degli Studenti, Rete della Conoscenza, Questa è Roma, Italiani Senza Cittadinanza, Rete degli Studenti Medi, Friday For Future Italia, Movimento giovanile della Sinistra.

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