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sabato 19 maggio 2018

Assemblea Pd, ritardi e fischi per Orfini. Ma la maggioranza vota per rinviare discussione sul segretario

Con un voto a maggioranza l’assemblea Pd ha deciso di cambiare l’ordine del giorno e non discutere oggi sulla guida del partito e il congresso, ma rinviare a una successiva riunione. Sono stati 397 i voti a favore, 221 i contrari e sei gli astenuti. Contro la proposta si sono levate proteste dalla platea, che in precedenza aveva fischiato. “Capiamoci, anche basta”, ha detto Orfini a chi lo interrompeva.

L’assemblea si è poi aperta con la relazione di Martina. “Faremo un congresso anticipato“, ha detto, “chiedo di poter lavorare insieme a tutti voi per portare in maniera unitaria, forte, al congresso, senza la fatica dei detti e non detti che hanno generato ambiguità. Non ho l’arroganza di fare questo lavoro da solo. So che nella transizione questo mestiere si fa così. Ma se tocca a me, anche se per poche settimane, tocca a me. Ve lo chiedo con la massima sincerità. Tocca a me con tutti voi”.

“Il congresso può essere la grande occasione per noi, così le primarie, guai se vi rinunciassimo. Ma credo che non ci basta una domenica ai gazebo, abbiamo bisogno di un congresso profondo, costituente. Ma profondità e apertura si tengono. E si può fare anche superando tante diversità che ci attraversano, e lo si fa nella consapevolezza che non si debba essere autoreferenziali”.

“Occorre ricordare le ragioni fondative del Pd. Non credo che il Pd debba essere superato, che si debba andare oltre o indietro. Chiedo in un nuovo centrosinistra alternativo a Lega e M5s e alternativo a Fi. Una delle ragioni di questi problemi politici che l’Italia vive oggi è nelle responsabilità di FI ad assecondare quei populismi”.

“Quando dico collegialità so benissimo che costa fatica. Ma so che questo è il lavoro da fare. Se tocca a me questo lavoro lo faccio assieme a tutti, e introduco anche novità nei gruppi dirigenti. Non per rivincite, ma nella consapevolezza che in una situazione difficile così di deve fare. Se avete voglia questo lavoro lo facciamo insieme”.

Volti tesi nelle prime file della platea dell’Assemblea Pd, dove siedono i “big” del Partito democratico, ma tutti applaudono il discorso del reggente Maurizio Martina che apre i lavori, a partire da Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. Il premier subito dopo la fine del discorso di Martina lascia l’assemblea, salutando Renzi con una stretta di mano.
Nel passaggio finale dell’intervento del reggente, che dice “tocca a me, tocca a me”, una parte della platea lo applaude fragorosamente e lo acclama: “Segretario, segretario”. Sono per lo più gli stessi delegati, in prevalenza della minoranza, che avevano votato contro l’inversione dell’ordine del giorno per rinviare la discussione sulla segreteria.

 

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