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sabato 30 giugno 2018

Travaglio: “M5s al governo? Molto prudenti e troppo portati al compromesso. Salvini non si fa nessuno scrupolo”

“Come sono cambiati i 5 Stelle con l’ingresso nei palazzi del potere? Al momento sono molto prudenti e troppo portati al compromesso, al contrario di Salvini che non si fa alcuno scrupolo”. Sono le parole del direttore de Il Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, nel corso di Otto e Mezzo (La7). “Si pensi all’incredibile retromarcia del M5s su Nino Di Matteo” – spiega Travaglio- “Al ministero della Giustizia avevano promesso di mettere persone di rottura, come appunto Di Matteo a capo delle carceri. Stranamente questa cosa è evaporata, forse perché la presenza di Di Matteo spaventava qualcuno o della mafia o dello Stato o forse di entrambi i contraenti della nota trattativa”. E aggiunge: “Se i 5 stelle facessero altre norme norme popolari, che riscuotono consenso, che servono ai cittadini e che tagliano privilegi, come l’immunità parlamentare, largamente abusata e solo in parte eliminata, io non ci sputerei sopra. Se riuscissero a fare un po’ di reddito di cittadinanza, iniziando dal 2019, perché no? Siamo l’unico Paese che non ha una forma di reddito minimo per chi non lavora e cerca lavoro. Adesso lo sta sperimentando persino la Grecia, lasciandoci al rango di fanalino di coda dell’Europa sul piano delle politiche sociali. Possono fare cose sulla corruzione” – continua – “Ci sono tante cose che costano poco, sono popolari e al contempo molto giuste. E se fossero state fatte prima, non ci sarebbe stato il tracollo dei partiti che ci hanno governato in questi 25 anni. Non tutto ciò che è popolare è sbagliato”. A Lilli Gruber che gli chiede cosa si aspetta nei prossimi due mesi estivi, Travaglio risponde: “Mi aspetto un mare di chiacchiere. Spero che, visto che le prossime elezioni sono tra un anno, tutti i politici ci facciano grazia di quel grasso in eccesso che è la campagna elettorale e comincino a parlare solo per atti. E soprattutto ci dicano le cose una volta fatte, non prima. Giorgetti ha consigliato ai ministri di conservare una foto di Renzi e di ricordarsi di quanto è breve il consenso. A questo suggerimento, aggiungo un altro: seguano il consiglio di Conte, che parla abbastanza poco, lavorando in silenzio. Lo stile di dire le cose solo dopo che sono state realizzate potrebbe portare addirittura voti alla lunga”.

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M5s, Lombardi: “Via Almirante a Roma? Io avrei votato sì. Fascisti e antifascisti è classificazione generica”

“L’intitolazione di una via di Roma a Giorgio Almirante? Io avrei votato a favore. Non avrei mai votato una via a Hitler o a Mussolini. E Almirante è una figura che obiettivamente con quel tipo di fascismo non c’entra assolutamente niente”. Sono le parole pronunciate ai microfoni di 24 Mattino, su Radio24, da Roberta Lombardi, capogruppo del M5s alla Regione Lazio, commentando la decisione del Campidoglio sullo stop all’intitolazione di una strada ad Almirante. L’Assemblea capitolina, infatti, ha approvato con 30 voti favorevoli (M5s e centrosinistra) e 4 contrari (centrodestra) la ‘contromozione’ a firma dei consiglieri pentastellati e della sindaca Virginia Raggi che impegna la Giunta a ‘non procedere alla intitolazione di toponimi, o comunque di nomi di luoghi e strutture pubbliche, a esponenti politici portatori di ideologie riconducibili al disciolto partito fascista o a persone che si siano esposte con idee antisemite e razziali’. Lombardi dissente: “A un certo punto bisogna anche assolvere la propria storia, far pace con la storia e continuare a evolvere come Paese. Io trovo che ancora oggi dividersi in fascisti e antifascisti è una classificazione generica, diventa un’offesa generica. Se tu mi dici qualcosa su cui io non sono d’accordo, sei fascista come potrei dire ‘Sei un cretino’. Per una certa parte politica è diventata un’offesa gratuita, indipendentemente da quelle che sono le idee che vengono portate avanti”.

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M5s, il bilancio di Rousseau è chiaro. Ma restano dubbi sulla trasparenza

Una trasparenza ombrata. Un personalissimo ossimoro racchiude sinteticamente l’analisi del bilancio del primo anno di attività (2017) dell’associazione Rousseau, l’organismo che gestisce la piattaforma per la democrazia diretta del Movimento 5 stelle, pubblicato mercoledì 20 giugno 2018 sul Blog delle Stelle.

Innanzitutto devo dire che raramente (forse mai), nel corso della mia attività professionale, mi sono imbattuto in un rendiconto di un ente collegato a una formazione politica che, sebbene conciso, risulta essere così preciso, chiaro e ricco di informazioni. Una rivoluzione, un passo concreto ed efficace nel difficoltoso cammino verso il “cambiamento”.

Il M5S non ha avuto paura di ciò che i media avrebbero potuto dire di negativo: le associazioni lavorano in contesti difficili, spesso con risorse limitate ed essere onesti mostrando anche i fallimenti e le difficoltà premia la trasparenza. È meglio raccontare anche i propri fallimenti, piuttosto che farli raccontare da altri.

Occorre però fare ancora qualche piccolo sforzo di chiarezza e comprensibilità per zittire i commentatori pretestuosi. Una best practice, per essere tale, non deve dare il fianco a dubbi e perplessità perché poi diventano alibi per chi, dolosamente, non riesce a garantire onestà e moralità. Un bilancio che non lasci adito a sospetti e diffidenze potrebbe scatenare, infatti, un effetto emulazione da parte delle altre forze politiche che, in difetto, cumulerebbero uno svantaggio competitivo elettorale determinante per i nuovi assetti politici.

Vediamo nel dettaglio.

In primis riscontro una nota integrativa al bilancio (il documento che evidenzia le modalità con cui si è svolta la gestione dell’associazione) molto analitica e scrupolosa che lascia però lo spazio per qualche riflessione sulla completezza dell’informazione. Prendiamo il conto economico: i ricavi (sostanzialmente le donazioni dei sostenitori e degli iscritti) sono stati addirittura evidenziati, correttamente, con le iniziali dei nomi e dei cognomi dei “clienti” che hanno “acquistato” l’emozione derivante dal sostegno a una passione civica.

I costi, invece, sebbene particolareggiati nelle quantità, non hanno ricevuto lo stesso trattamento in termini di interezza informativa. Sappiamo che non c’è un obbligo di legge ma, visto che ci siete, perché non comunicare pure chi sono i fornitori (studi legali) per i quali avete accantonato, in maniera precauzionale, 89mila euro per le spese legali per le cause in corso? Oppure comunicare il nome del fornitore che ha implementato il software (Web Application Penetration Test) impiegato nella piattaforma e che è costato 18.300 euro?

In secondo luogo occorre specificare che il capitale netto negativo per 55.386 euro, così come evidenzia il bilancio, è un evento spiacevole per qualsiasi ente dotato di personalità giuridica. Si tratta di una situazione generalmente gravosa e difficile da superare che porta spesso epiloghi negativi per l’associazione e gli associati.

Il patrimonio netto corrisponde alla disponibilità di capitale dell’associazione. Quando è negativo vuol dire che se l’associazione vendesse tutto il suo “attivo” (mobili, attrezzature, software, eccetera), con il ricavato non riuscirebbe neppure a pagare tutto il suo “passivo” (essenzialmente debiti) e necessiterebbe di una “copertura” di almeno 55.386 euro che gli associati si dovrebbero accollare per la loro quota-parte per onorare le obbligazioni assunte.

Per la precisione dobbiamo dire che, per le associazioni, non esiste un obbligo di “copertura” per gli associati assimilabile a quello dei soci delle società commerciali. Esiste però un problema di efficienza manageriale e di responsabilità personale dei soggetti che hanno amministrato che va verificata in sede di assemblea.

Ma questo è un altro discorso.

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giovedì 28 giugno 2018

Migranti, Fratoianni vs Borgonovo: “Questo governo fa interesse nazionale sulla pelle delle persone. Mi fa schifo”

Bagarre a L’Aria che Tira Estate (La7) sul vertice Ue e sulla politica migratoria del governo Conte, sostenuto da M5s e Lega. Il vicedirettore de La Verità, Francesco Borgonovo, applaude l’operato del ministro dell’Interno, Matteo Salvini, rendendosi protagonista di un fitto battibecco con il deputato Pd, Andrea Romano: “Finalmente c’è qualcuno che ha fatto la voce grossa in Europa. Io sono entusiasta di avere un governo e non certo di gente che va in Europa a prendere ordini, come avete fatto voi”. “Ci perdoni se abbiamo osato contestare il suo idolo Salvini. Non lo facciamo più”, ribatte Romano. “Finalmente abbiamo un governo che fa l’interesse nazionale“, ribadisce Borgonovo. “Certo, spezzeremo le reni alla Francia”, ironizza Romano. La polemica in studio esplode poi tra lo stesso Borgonovo e il deputato di Liberi e Uguali, Nicola Fratoianni, a seguito della testimonianza di Giulia Bertoni, una giovane volontaria che dal 15 al 21 giugno è stata a bordo della SeeFuchs, la piccola nave della Ong tedesca Sea Eye, addetta a ricerca e salvataggio dei migranti tra Libia e Malta. La venticinquenne racconta di aver assistito impotente a una tragedia: il probabile annegamento di 120 persone su un gommone, a cui è stato negato il salvataggio per ordine della capitaneria italiana di Roma: “M.R.C.C. ci ha detto che dovevamo chiamare la Guardia Costiera Libica. Noi non possiamo fare niente senza l’ordine di M.R.C.C.. Così ci siamo dovuti allontanare. Ma, guardando dal radar, quasi tutti siamo sicuri che le 120 persone siano morte. E nessuno è intervenuto”. Fratoianni commenta: “Questa è guerra ai migranti. Borgonovo e quelli come lui rivendicano con tanto orgoglio la forza di questo governo che fa la voce grossa in Europa, ma in realtà esaltano un esercizio muscolare che non si gioca sui conti o sui vincoli europei. No. Si gioca sulla vita delle persone. Sotto l’input di questo governo, di fatto, queste scelte producono la morte di centinaia di persone”. Borgonovo insorge e smentisce. “Stai zitto, Borgonovo” – ribatte il parlamentare – “Sei un arrogante e interrompi sempre. Ora fai parlare gli altri”. “Io non interrompo, ok?” – protesta il giornalista – “Sono l’unico che viene interrotto di continuo. Poi non interrompere tu quando parlo io”. L’atmosfera si surriscalda, ma Fratoianni continua: “Chi la pensa come Borgonovo, e sono tanti purtroppo, oggi gioisce della prova muscolare del nostro governo che finalmente fa l’interesse nazionale. Ma non lo fa sui vincoli economici o sulle aziende che chiudono, licenziando centinaia di persone. Lo fanno sulla pelle delle persone che affogano. A me questa roba fa schifo”

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Migranti, Minniti: “Governo Conte? Basta con propaganda. Le chiacchiere sono smentite da atti nel Parlamento Europeo”

“La politica di Salvini in Europa? Temo che non sia un successo, ma vedremo tra brevissimo tempo la controprova, visto che tra stasera e domani avremo l’esito del vertice Ue“. Sono le parole dell’ex ministro dell’Interno, Marco Minniti, ospite di Omnibus (La7). “Temo che l’idea di una prova muscolare possa servire magari a conquistare qualche voto” – continua – “ma, finita la campagna elettorale, si comprende che quell’approccio non è una strategia. Addirittura può portare esattamente all’effetto rovesciato: un isolamento dell’Italia. Un problema grande come quello dell’immigrazione puoi risolverlo solo con la collaborazione con gli altri Stati. E con questo governo c’è il rischio che si rimanga ancora più isolati”. Minniti difende il suo operato: “Nel giugno del 2017 c’era una emergenza vera: in 36 ore erano arrivati nel nostro Paese 26 navi con 13.500 migranti. L’Italia ha risolto quel problema senza chiudere nessun porto. Poi abbiamo affrontato un impegno con l’Africa settentrionale e con la Libia, il che ha portato a oggi un dato: gli arrivi in Italia sono diminuiti dell‘80%. Questo è un risultato straordinario. Ma di che cosa stiamo parlando? Se oggi l’Italia può parlare senza discutere di una emergenza drammatica, è perché c’è qualcuno che ha ottenuto quel risultato”. E si pronuncia sul caso Aquarius: “Cosa c’è da rivendicare come successo? Il fatto che 200 persone sono rimaste per 7 giorni in mare? In politica il fine non giustifica i mezzi. La mia preoccupazione è che, se i mezzi sono odiosi, anche il fine ne sarà sporcato. L’Italia ha alzato moltissimo la posta. Il governo Conte, appoggiato da M5s e Lega, vuole cambiare il Trattato di Dublino. Il Parlamento europeo aveva votato un progetto per cambiare quel trattato, progetto che andava verso l’interesse dell’Italia. La Lega si è astenuta, il M5s ha votato contro. Le chiacchiere italiane sono contraddette dagli atti nel Parlamento Europeo”. Minniti chiosa: “Spero che l’Ue non salti in questi due giorni. Ma l’atteggiamento italiano ha prodotto e sta producendo fortissime tensioni. Se l’Europa salta su questi temi, è una tragedia per l’Italia, perché il nostro Paese non potrà mai e poi mai affrontare da solo un problema così grande. La propaganda è finita”

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M5s, nuove regole sulle restituzioni dei parlamentari: forfait di 3mila euro al mese. 2mila per chi ha residenza a Roma

Un forfait da 3mila euro al mese che diventano 2mila per chi ha la residenza in provincia di Roma: è questa la cifra che i parlamentari M5S dovranno restituire mensilmente secondo il nuovo regolamento dei rimborsi dei portavoce del movimento alle Camere. Lo annuncia il blog delle stelle sottolineando che il taglio alle indennità e quello all’assegno di fine mandato sono altri due punti chiave del nuovo regolamento.

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mercoledì 27 giugno 2018

M5s, Lezzi vs Sardoni: “Caso condizionatori? Fa informazione mediocre. Pd mi prese in giro, avevo ragione io”

Il ministro per il Sud Barbara Lezzi (M5S) a Omnibus (La7)  ha un serrato botta e risposta con la giornalista Alessandra Sardoni, rispondendo a una sua domanda sul caso dei condizionatori che l’aveva vista protagonista di una polemica con il PD e Marattin. Afferma nuovamente le sue ragioni ripercorrendo quella vicenda e ricordando i dibattiti anche in altre trasmissioni. E’ convinta che il dileggio ricevuto in quell’occasione è stato poi uno dei motivi di sconfitta del Partito Democratico

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Reddito cittadinanza, Lezzi: “Proviamo a partire già nel 2018. Cottarelli? Strana la sua attenzione per coperture M5s”

Reddito di cittadinanza? Per i sei mesi che restano nel 2018 proveremo a usare i fondi possibili da tagli possibili, come quelli sui vitalizi. Stiamo facendo una ricognizione anche dei fondi impegnati ma non utilizzati e recuperabili nel corso dell’anno”. Così a Omnibus (La7) il ministro per il Sud, Barbara Lezzi, risponde a una domanda della conduttrice Alessandra Sardoni sulle coperture per il reddito di cittadinanza. E spiega: “Nel corso dell’anno si possono utilizzare dei fondi programmati nella legge di bilancio dell’anno precedente. Ma i dati Istat fotografano una realtà di povertà in crescendo, c’è la necessità di intervenire quanto prima possibile. Si usa molto spesso la frase ‘non si arriva a fine mese’. Qui, in realtà, neanche si inizia il mese”. Poi commenta le perplessità di Carlo Cottarelli sui fondi da trovare: “Io apprezzo gli interventi di Cottarelli di tanto in tanto, però è strano che tanta sua attenzione rispetto alle coperture del M5s non ci sia stata per i governi precedenti, tant’è che ora ci ritroviamo ad aver varato delle leggi di bilancio piene di buchi e coperte dall’aumento dell’Iva, previsto dall’anno prossimo. Molto spesso Cottarelli omette di considerare tante intenzioni che ha il M5s e tante azioni che lo stesso Movimento vuole mettere in campo proprio per le coperture”

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martedì 26 giugno 2018

Migranti, scontro nel M5s in Sicilia. Forello a Cancelleri: “Basta rincorrere Salvini”. Gelarda: “Vada nel Pd”

Ancora una volta il Movimento 5 stelle si spacca sul fronte dei migranti. La posizione del governo nazionale sostenuto da M5s e Lega crea attrito tra i pentastellati di Sicilia. Lunedì Giancarlo Cancelleri, leader del M5s sull’isola, aveva dichiarato all’agenzia Adnkronos di essere a favore delle scelte del ministro dell’Interno, Matteo Salvini, e di quello delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, di chiudere i porti. All’ex candidato governatore del M5s, però, arriva la replica di Ugo Forello, capogruppo al consiglio comunale di Palermo e già nelle scorse settimane critico con le posizioni dell’esecutivo nazionale. “Caro Giancarlo, non cadere anche tu nel tranello leghista. Il fatto che l’Italia abbia dimostrato di essere capace di grande accoglienza, non legittima oggi a divenire insensibili o spietati con i migranti che si trovano ‘sequestratì in mezzo al Mare Mediterraneo”, scrive Forello in un lungo post su facebook.

Per l’ex aspirante sindaco del capoluogo del M5s “il senso di umanità, che misura il grado di civiltà di un paese, viene sempre prima di tutto e non può essere temporaneamente sospeso con l’obiettivo di costringere l’Europa a far fronte alle proprie responsabilità”. Poi l’attacco esplicito al leader della Lega. “La verità è che di questo clima salviniano non se ne può più – continua- E non si può continuare a rincorrerlo sul suo terreno. Perché le sue non sono banali semplificazioni, ma pericolose mistificazioni che rischiano seriamente di rendere incendiaria la stessa aria che respiriamo”. Forello chiama in causa la “mancanza di un confronto dialettico interno al Governo” che consente al capo del Viminale di sviluppare “imperterrito” la sua azione di governo “dando addosso alle Organizzazioni non governative che operano nel Mediterraneo. Cioè governa attraverso una retorica che individua un semplice capro espiatorio da sacrificare all’altare di un nazionalismo inconcludente”.

Poi il leader del M5s palermitano ricorda la recente archiviazione disposta dai giudici dell’inchiesta sulla ong spagnola Proactiva, con il natante Golfo azzurro, e quella tedesca Sea Watch, con Iuventa, e spiega che la chiusura dei porti è “una scelta al di fuori dei limiti della legalità nazionale e internazionale”. Per il pentastellato Salvini “gioca una partita tutta sua. Frenetico e compulsivo, schiacciato sulla cronaca ora per ora, il linguaggio di Salvini si sta sostanziando in un clima che potrebbe precipitare da un momento all’altro. Di post in post ha costruito un senso comune fazioso, esaltato, che dietro le posticce apparenze del buon senso del padre di famiglia, dietro i vuoti proclami della lotta agli scafisti, si concretizza in una cosa sola: fare la guerra alle ong che soccorrono le persone in mare”.  Invece quello migratorio è non un fenomeno che “può esser reso comprensibile e governabile attraverso una comunicazione superficiale e compulsiva. Nel Mediterraneo in quindici anni sono mortepiù di 34.000 persone. In questi anni gli Stati europei si sono e si stanno dimostrando incapaci di condividere doveri e responsabilità, cosa che invece, nel suo piccolo, ha dimostrato di saper fare la società civile europea, perché di questo parliamo quando parliamo di Ong nel Mediterraneo, e certo non di complici di scafisti e trafficanti”. Al contrario i veri trafficanti di esseri umani “operano impuniti negli stati africani e senza accordi con questi governi si può far veramente poco. Ma trasformare questa oggettiva difficoltà in un’opportunità per additare al grande pubblico un capro espiatorio è veramente meschino”.

La posizione di Forello, insomma, è una replica ai vertici regionali e nazionali del Movimento. Ma ha l’effetto, come già successo in passato, di spaccare lo stesso gruppo del M5s al consiglio comunale di Palermo. “Dopo l’imbarazzante dichiarazione oggi di Forello, che cerca di dettare la linea politica al nostro leader regionale Giancarlo Cancelleri, ma in realtà sembra che si voglia direttamente sostituire a Di Maio, credo che sia chiaro a tutti che il MoVimento 5 Stelle palermitano stia attraversando una fase delicata se non proprio critica. Credo che la misura sia colma e come ho già detto, chi non ha in animo di stare dal Movimento 5 Stelle transiti pure liberamente nel Pd. Non ne sentiremo particolare mancanza”, scrive sempre su facebook il consigliere comunale Igor Gelarda. Che in pratica chiede le dimissioni del suo capogruppo.

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Migranti, Calenda: “Con Minniti su Libia abbiamo fatto azione dura e positiva. Tweet di Salvini? Umanamente misero”

Migranti? C’è una paura sull’immigrazione che noi del Pd abbiamo affrontato molto bene. Abbiamo fatto crollare la percentuale di sbarchi. Il problema è che non siamo riusciti a dirlo”. Sono le parole dell’ex ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, ospite di Otto e Mezzo (La7). “Nel centrosinistra esiste una idea politically correct” – spiega – “secondo cui se fai una cosa dura, non riesci a dire che stai proteggendo le persone meno abbienti da una cosa che non può essere gestita aprendo a tutti, perché l’Africa nei prossimi 30 anni raddoppierà la propria popolazione. E noi cosa facciamo? Apriamo indistintamente a tutti quanti? Queste cose noi non riusciamo più a dirle. Minniti, insieme a Gentiloni, sulla Libia ha fatto una cosa dura e difficile. E il governo di un Paese richiede ogni tanto di fare azioni anche dure e difficili sul piano morale”. E critica duramente un tweet di Salvini: “Noi, però, non abbiamo mai fatto un selfie avendo alle spalle uno yacht e dicendo che quello non era un barcone di migrante. Tu, Salvini, puoi anche voler combattere in tutti i modi possibili gli arrivi dei migranti, ma, se perdi qualunque tipo di umanità e ti metti a fare tweet da 4 soldi su questa realtà, allora quella non è politica. E’ un’altra cosa. Quel tweet è una roba umanamente misera”. Poi ribadisce: “La sinistra deve capire che stiamo entrando in tempi durissimi, quindi ci vuole un’azione forte dello Stato, che non vuol dire comprarsi Alitalia, ma, per esempio, occuparsi di un analfabetismo funzionale che sta distruggendo le liberal democrazie in tutto l’Occidente. Tutto questo non può essere risolto a forza di slogan moraleggianti, perché così la sinistra muore”. Calenda si rende protagonista di un fitto botta e risposta con il direttore dell’Espresso, Marco Damilano, e ribadisce: “Dobbiamo spezzare le catene di questo analfabetismo funzionale, che è un tema centrale e di cui non c’è traccia nel contratto di governo M5s-Lega“. Damilano ribatte: “Lei ha detto ora una serie di cose che sono le parole d’ordine del M5s e della Lega, ma dette in modo gentile”. Calenda dissente e aggiunge: “Non credo che le prossime elezioni saranno inevitabilmente vinte da Salvini, perché esiste una fortissima mobilità dell’elettorato e questo continuo chiacchierare e non fare alla fine porterà a un logoramento”.

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Calenda: “Salvini? Non è il fascista che torna. Sa usare bene mezzi di comunicazione e ha riconosciuto paure del Paese”

“C’è bisogno di di un nuovo congresso, una mozione per fare una grande assise di rifondazione nel centrosinistra a settembre o a ottobre. Prima è, meglio è. Serve una segreteria larga, e penso che oggi il riferimento naturale sia quello di Paolo Gentiloni”. Così a Otto e Mezzo (La7) l’ex ministro Carlo Calenda espone la sua ricetta per uscire dal pantano del centrosinistra, proponendo un nuovo movimento allargato. “Sciogliere il Pd?” – continua – “Io lo farei. E’ del tutto evidente che questo sarebbe molto penoso e difficile per tanta gente che ha creduto nel Pd. Penso che questo nuovo movimento debba coinvolgere forze anche costruite. Penso a Pizzarotti e altri sindaci che hanno fatto un buon lavoro. Sono circa 400, molti dei quali molto in gamba. I vecchi dirigenti? Io la saggezza di fare un passo indietro in politica non l’ho mai vista. La vecchia classe dirigente del Pd non deve avere la saggezza, ma il rispetto della propria reputazione per fare un passo indietro”. E aggiunge: “Renzi? Fa parte di una stagione di governo per me molto positiva, ma un suo coinvolgimento diretto nel nuovo movimento è una cosa non plausibile. Ma credo che lo sappia lui per primo. Io penso che un limite strutturale dell’opposizione sia pensare che in Italia ci sia sempre il fascista dietro la porta. Se questo movimento nasce con l’idea secondo cui Salvini sia il fascista che torna, come l’hanno detto nel ‘94 di Berlusconi, allora nasce già morto. Salvini non è il fascista che torna” – prosegue – “ma per ora è una persona che usa molto bene i mezzi di comunicazione per giocare sulle paure, dicendo tutto e il contrario di tutto. Ha il merito di aver riconosciuto queste paure, cosa che a noi del Pd non è riuscita. E questo è stato l’errore fondamentale che abbiamo commesso. La retorica della Terza Via, invece, era ottimistica e raccontava che ‘andra’ tutto bene’, salvo poi lasciare soli i cittadini a cavarsela di fronte alle crisi”. Calenda, infine, si pronuncia sul ministro del Lavoro, Luigi Di Maio: “Lui ha fatto bene con i riders, purché raggiunga un risultato e non sia solo una conferenza stampa di annuncio”

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lunedì 25 giugno 2018

Ballottaggi 2018, Brunetta e il nuovo appello a Salvini: “Il tuo egemonismo è destinato a fallire. Vinciamo solo uniti”

“Il centrodestra vince e convince, vince e stravince dappertutto, a patto che sia unito. L’egemonismo della Lega è destinato a fallire.  Questo è un bel segnale, un bel monito a Matteo Salvini e a questo governo di scappati di casa. Un governo che non ha rappresentanza nel Paese, perché il Paese ci dice tutt’altro: gli italiani vogliono il centrodestra”. Lo ribadisce ai microfoni di Radio Radicale il deputato di Forza Italia, Renato Brunetta, commentando l’esito elettorale dei ballottaggi delle elezioni amministrative. “Il centrodestra” – continua – “non vince quando non è unito oppure quando presenta candidati improbabili. Il M5s, invece, perde dappertutto, e questa non è una novità, in quanto il Movimento non è mai stato forte a livello di elezioni amministrative. Il Pd perde, straperde, soprattutto nelle sue roccaforti, con alcune varianti, come quelle di Roma, in cui invece sembra che ci sia una sorta di osmosi tra l’andamento fallimentare del M5s e il recupero a sinistra. Tre o quattro municipi romani sono stati infatti conquistati dalla sinistra unita, decretando di fatto un avviso di sfratto all’amministrazione Raggi, che inizia a perdere pezzi rilevanti”. E ammonisce Matteo Salvini: “In questa fase, nel centrodestra la Lega è certamente l’elemento trainante della coalizione, ma senza Forza Italia non si vince. Senza Forza Italia la Lega perde. Il Paese, con queste amministrative, ci ha detto che formula Lega-M5s è illegittima, che non ha alcuna rispondenza con la volontà degli italiani, che cioè questa somma di populismi, di destra e pentastellato, non ha una propria consistenza a livello di opinione pubblica e di voto degli italiani. Questa è la realtà. Prima si fa questa riflessione tutti insieme all’interno del centrodestra, con Salvini, Meloni e Berlusconi, meglio è, perché allora si tratterà di dare i confini e i contorni a questa esperienza del governo Conte. Esperienza che io considero fallimentare, fatta di annunci strampalati, di populismi senza costrutto”. E rincara: “Tra Lega e M5s non c’è mai stata alcuna luna di miele. La luna di miele è legata unicamente all’unica cosa di centrodestra che questo governo sta facendo, cioè un ‘basta all’immigrazione clandestina‘, che era ed è la posizione di tutto il centrodestra. Inaccettabili, invece, per il centrodestra l’introduzione del reddito di cittadinanza e del decreto dignità di Di Maio, la confusione mentale dello stesso Di Maio su Alitalia e Ilva, le stupidaggini sui vaccini e l’atteggiamento che sta assumendo l’Italia nei confronti dell’Europa e a livello di politica internazionale. La politica estera non può essere quella della Le Pen, caro Matteo Salvini“. Poi chiosa: “Chi vuole un centrodestra omologato a Salvini ed egemonizzato dalla Lega in chiave lepenista vuole far perdere il centrodestra. Il centrodestra o è plurale o non esiste. O è baricentrato su Forza Italia e su Berlusconi oppure il centrodestra in Italia perderà e sarà costretto a matrimoni impossibili come quello tra Lega e M5s

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Ballottaggi 2018, Faraone: “Pd? Elettorato è mobile. Dobbiamo fare scelte forti, come quando c’era Renzi”

Esito elettorale dei ballottaggi? C’è sicuramente un problema di identità del Pd. Abbiamo perso quella nettezza nei messaggi e nelle idee, che, con Renzi, esprimevamo quando abbiamo vinto le elezioni europee e abbiamo raggiunto il 41%. Quella nettezza che invece oggi hanno Salvini e in parte il M5s“. Sono le parole del senatore Pd, Davide Faraone, ospite de L’Aria che Tira Estate, su La7. “Per recuperare quella nettezza” – continua – “devi fare delle scelte forti, anche a costo di separarti da compagni di viaggio e trovandone nuovi. Autocritica nel Pd? Sì, però stiamo calmi. Ormai la mobilità dell’elettorato è incredibile. Non esistono più roccaforti rosse, blu o gialle. La stessa Ragusa è stata persa dal M5s già al primo turno delle amministrative. Noi fino a 3 anni fa eravamo al 41%, la Lega al 4%“. E ribadisce: “Noi del Pd dobbiamo allontanarci da questo manicheismo, di cui siamo state vittime negli ultimi anni. Renzi era pure criticabile, ma quando ha vinto il congresso ed è stato presidente del Consiglio, era chiaro nei messaggi che trasmetteva al Paese. Noi ci siamo diluiti perché dovevamo mantenere l’unità nel partito che, se continua così, rischia lentamente di logorarsi e di erodersi. E su questa impostazione abbiamo cominciato a perdere voti. Dobbiamo recuperare il coraggio passato, cioè quello dei messaggi chiari e delle identità forti. E non dobbiamo avere paura delle leadership. A sinistra si ha sempre paura dei leader”. Il parlamentare renziano rincara: “La penso in modo diametralmente opposto a Martina, che in vista delle elezioni europee vuole un campo largo nel Pd. Martina pensa di riprendere tutto quello che è stato e addirittura recuperare Liberi e Uguali, rifacendo la coalizione di centrosinistra di vecchio stampo: secondo me, non serve questo al Paese. Dobbiamo costruire una sinistra riformista moderna europea, un po’ come ha fatto Macron. Oggi la barriera è tra Pse-Ppe, da un lato, e sovranisti e populisti, dall’altro. Noi” – chiosa – “come ha fatto Renzi con cui abbiamo preso il 41% alle europee, dobbiamo tornare a parlare al Paese. Dentro il Pd non ci può stare chi dice che il Jobs Act è una porcheria e chi loda la riforma oppure chi considera Minniti l’anticamera di Salvini e chi invece dice che Minniti ha gestito bene il fenomeno migratorio. Noi dobbiamo fare delle scelte”

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Ballottaggi 2018, Padellaro: “Salvini? È la febbre del Paese, la rispostaccia a chi c’era prima di lui”

Ballottaggi? Questo è il vento che tira. Non c’è nessuna sorpresa. Chi, dopo il primo turno, aveva annunciato una convalescenza del Pd non aveva capito che il problema ormai supera lo stesso Pd, che è in uno stato di immobilismo e di afonia”. Così l’ex direttore de Il Fatto Quotidiano, Antonio Padellaro, commenta ai microfoni di Ecg Regione (Radio Cusano Campus) l’esito dei ballottaggi. “C’è un tema centrale” – continua – “e cioè l’immigrazione. La vittoria della Lega e del centrodestra è frutto del vento che soffia anche nelle città e che vuole che il problema dei cosiddetti ‘irregolari’ venga risolto. Questa è una cambiale in bianco firmata a Salvini. Vedremo come e se il leghista saprà rispondere. La cambiale gli italiani gliela rinnoveranno per parecchio tempo, lo stato di abbandono che ha causato questo problema si è protratto per troppi anni. Le persone, anche quelle che non sono leghiste e non simpatizzano Salvini, hanno visto cose e spettacoli inaccettabili”. E sottolinea: “Il voto a Salvini è una rispostaccia a quelli che c’erano prima di lui. In questo momento, dobbiamo cogliere e analizzare la collera, il rancore, il risentimento delle persone. In questo momento Salvini è una febbre alta che ha il Paese, ma la febbre lo sappiamo, è il sintomo. Il sintomo di una malattia. Vedremo come verrà curata”. Padellaro si sofferma poi sulla figura del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, stabilendo un parallelismo con Romano Prodi. E sul M5s osserva: “È indubbio che Salvini abbia occupato la scena, come è vero che i 5 Stelle si siano caricati di compiti molto meno propagandistici, ma molto più pesanti. Il Ministero del Lavoro di cui è titolare Di Maio deve risolvere centinaia di trattative sindacali, il compito di Salvini è più semplice, lui agisce sul campo degli annunci roboanti. Teniamo sempre presente questa disparità. Vedremo se Di Maio riuscirà a sciogliere queste tensioni sul lavoro, forse così inizierà anche il M5s ad incassare dei dividendi”. Il giornalista, infine, analizza lo stato del Pd: “Qui ci sono quasi sei milioni di italiani che il 4 marzo hanno dato ancora fiducia al Pd. Ma questi non sono voti permanenti, che restano lì qualunque cosa accada. Il Pd rischia davvero di disperdere il proprio popolo. Non so se ne rendano conto. I dati di Pisa e Siena, ad esempio, sono significativi. Non è che lì quelli del Pd hanno votato Lega, non sono andati a votare. Questo è il punto. La percentuale di astensione così alta è data soprattutto dalla mancanza degli elettori di centrosinistra“.

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sabato 23 giugno 2018

Di Maio: “Aboliamo pensioni d’oro sopra i 4-5mila euro. Risparmi per finanziare le minime”

“Uno sfregio”, perché finanziate da “tutta la collettività”. Luigi Di Maio su Facebook oggi interviene sulle pensioni d’oro, uno dei cavalli di battaglia in campagna elettorale. E annuncia: “Vogliamo finalmente abolire quelle che per legge avranno un tetto di 4.000-5.000 euro per tutti quelli che non hanno versato una quota di contributi che dia diritto a un importo così alto. E cambiano le cose in meglio anche per chi prende la pensione minima, perché grazie al miliardo che risparmieremo potremo aumentare le pensioni minime”.

Il vicepremier definisce quindi le pensioni d’oro finanziate da “tutta la collettività” uno “sfregio a quei tre milioni di italiani che non hanno neppure i soldi per fare la spesa, perché sono stati abbandonati dalle istituzioni. Sia chiaro: chi si merita pensioni alte per avere versato i giusti contributi ne ha tutto il diritto, ma quest’estate per i nababbi a spese dello Stato sarà diversa”. Il merito alla tempistica del provvedimento, Di Maio scrive che “quest’estate non ci sono i mondiali, ma presto avremo qualcosa da festeggiare: la fine delle pensioni d’oro e l’inizio di un’Italia più giusta”.

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venerdì 22 giugno 2018

Migranti, Cacciari: “Ci riempiamo la bocca di valori, ma oramai il male è banale. Dove sono i Cinque Stelle?”

Massimo Cacciari a Otto e Mezzo (La7) parla di ‘banalità del male’ che oramai rende insensibili a qualunque immagine di quelle che in questi giorni stanno circolando sui migranti.  Ma la domanda che pone è come mai il MoVimento Cinque Stelle non dice nulla non alza la voce?

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giovedì 21 giugno 2018

M5S, Fattori: “C’è bisogno di una nuova era. Cambiare Statuto, incontro con attivisti e rete democratica sul territorio”

Elena Fattori esce allo scoperto e pubblicamente rilancia ciò che nei gruppi parlamentari penstastellati aleggia da un po’, alla vigilia della riunione di questa sera. La Fattori ‘giustifica’ l’accentramento delle decisioni che le nuove norme m5s hanno affidato al capo politico Luigi Di Maio: “Nella fase in cui si doveva avere una certa disciplina è stato importante che scegliesse tutto lui, quando saranno scaduti i primi 18 mesi del nuovo capogruppo, sarà il momento che il governo faccia il governo e il Parlamento faccia il Parlamento”.

Per la Fattori, che si candidò alla leadership del M5S “c’è bisogno di maggiore condivisione con gli attivisti, io sono tra i fautori di una nuova era, di un cambio dello statuto M5S – ed aggiunge – Luigi (Di Maio, capo politico del M5S, ndr) aveva dato disponibilità a farlo e sono sicura che si riaprirà un dialogo in questo senso”. Coinvolgimento della base. Ma come? “Io credo che la base sia tutto nel Movimento, c’è chi parla della ‘Piattaforma’ (Rousseau, ndr) no, la grande forza del M5S è l’anima degli attivisti e credo sia ora d’incontrarli, perché non ha molto senso fare le cose on-line, le persone bisogna incontrarle fisicamente e veramente e sarebbe bello riuscirle a pensare il confronto vero con la base, non attraverso la Piattaforma –  continua a spiegare – perché so che il voto on-line per loro è molto frustrante. Io giro molto per i territori ed è ora che lo facciano tutti ed è ora di organizzarsi in maniera democratica”.

La Fattori osserva che “non c’è organizzazione sui territori, bisogna farla e farla in maniera democratica”. Ortodossa e senza remore Fattori parla anche di Davide Casaleggio: “Lui non ha un ruolo codificato, dargli un ruolo codificato e con delle responsabilità potrebbe essere interessante, perché lui non è un ‘semplice attivista’ (come ama definirsi), gestisce la Piattaforma Rousseau quindi ha un ruolo importantissimo nel M5S, poi deciderà lui, ma avere una struttura decisionale fatta bene, al di là del Parlamento, sindaci e consiglieri comunali hanno bisogno di una rete organizzata e democratica. Non c’è, se vogliamo farla dobbiamo farla dal basso. Questo mi piacerebbe ora che siamo forza di governo”.

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Commissioni parlamentari, Bagnai e Borghi diventano presidenti. Sarti guida la Giustizia. Catalfo alla guida del Lavoro

Le commissioni economiche divise quota parte ai due partiti di maggioranza e per la Lega ci sono entrambi gli “eurocritici” Alberto Bagnai e Claudio Borghi Aquilini, ma per i Cinquestelle due pesi da novanta del M5s come Carla Ruocco e Daniele Pesco. Quelle della Giustizia distribuite una ai Cinquestelle e l’altra al Carroccio e così quelle per gli Affari istituzionali. Al primo sguardo dall’elezione dei presidenti delle commissioni di Camera e Senato emerge soprattutto la regola dei pesi e dei contrappesi: ogni elezione di un grillino in uno dei due rami del Parlamento è stata puntellata da quella di un leghista nello stesso settore nell’altro ramo. E poi si può registrare soprattutto a Montecitorio un leggero predominio dei Cinquestelle ed è l’effetto della proporzione per la grandezza dei gruppi parlamentari: il M5s in Parlamento è grande il doppio della Lega e se dentro il governo c’è più equilibrio numerico (anche per agevolare l’accordo), alla Camera e al Senato le proporzioni contano. Il ruolo del presidente di commissione è di garanzia perché coordina i lavori di esame dei provvedimenti, ma assume spesso un ruolo più politico perché se è in linea con la maggioranza può diventare relatore di una legge, può avere un’influenza sui tempi della discussione e sugli emendamenti. E le commissioni sono il motore principale per la formazione degli atti legislativi, dove si discute e si emenda la gran parte dei testi.

Le commissioni economiche vengono dunque distribuite equamente tra le due forze di governo. Alla Camera Claudio Borghi Aquilini è presidente della commissione Bilancio, mentre Carla Ruocco guiderà la commissione Finanze (i vice saranno Sestino Giacomoni di Forza Italia e Alberto Luigi Gusmeroli della Lega). Al Senato il leghista Alberto Bagnai è stato eletto presidente della commissione Finanze (vice Stanislao Di Piazza del M5s e Dieter Steger, Svp), mentre Daniele Pesco (M5s) sarà a capo della Bilancio (dopo un’elezione incerta: 13 sì contro 12 schede bianche), con i due vice Erica Rivolta della Lega e Mauro Maria Marino del Pd.

Stessa regola di estremo equilibrio è stata osservata anche per le commissioni Giustizia, settore su cui il contratto di governo si sofferma a lungo: alla Camera la presidente è Giulia Sarti dei Cinquestelle (i vice sono il renziano Franco Vazio e il leghista Riccardo Marchetti), mentre al Senato l’ha spuntata Andrea Ostellari, avvocato padovano della Lega, che avrà come vice il grillino Mattia Cruccioli e Raffaele Stancanelli (Fratelli d’Italia, ex sindaco di Catania).

Anche su un’altra materia molto delicata – infrastrutture e trasporti, quindi le opere pubbliche – la strategia scelta è stata quella dell’uno a uno. Al Senato il presidente è Mauro Coltorti, che era stato indicato da Luigi Di Maio come ministro nel possibile governo M5s presentato in campagna elettorale. Il suo nome era rimasto però anche nel totoministri del governo Conte sia prima dello strappo istituzionale su Savona (col rifiuto di Mattarella a firmare la nomina) sia dopo, fino a poche ore prima che il capo del governo leggesse la lista dei ministri al Quirinale. Coltorti era finito anche tra le possibili pedine per il “sottogoverno”. Alla fine è diventato presidente della commissione Lavori Pubblici e avrà come vice il leghista Maurizio Campari e Domenico De Siano di Forza Italia. Alla Camera l’omologo, presidente della commissione che a Montecitorio si chiama “Trasporti”, sarà Alessandro Morelli, salviniano di ferro.

Lo stesso sistema è stato scelto per le commissioni Lavoro: alla Camera il presidente è il leghista Andrea Giaccone, al Senato Nunzia Catalfo che nella scorsa legislatura è stata prima firmataria del disegno di legge sul reddito di cittadinanza, centro dell’azione politica dei Cinquestelle anche nel contratto di governo. I vicepresidenti al Senato sono il leghista William De Vecchi e Annamaria Parente del Pd. Stessa distribuzione anche per le commissioni che si occupano dei temi dello Sviluppo Economico: Barbara Saltamartini, Lega, è presidente della commissione Attività produttive della Camera, mentre Gianni Girotto del M5s guida la commissione Industria e Turismo di palazzo Madama (i vice sono Paolo Ripamonti della Lega e Adriano Paroli di Forza Italia).

Stesso schema per gli Affari costituzionali: le due commissioni sono state equamente distribuite ai Cinquestelle (alla Camera la commissione sarà guidata da Giuseppe Brescia, in passato anche capogruppo) e alla Lega (Stefano Borghesi che avrà come vice Gianluca Perilli del M5s e Luigi Vitali di Forza Italia). In questo caso tra i temi che possono riempire l’agenda c’è anche quello delle riforme nella direzione della democrazia diretta, delega esplicita al ministro per i Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro, un altro M5s.

M5s e Lega si distribuiscono anche Istruzione e cultura. Il grillino Luigi Gallo sarà presidente della commissione della Camera (vice Paola Frassinetti, Fdi, e Giorgia Latini, Lega), Mario Pittoni presidente al Senato con vice Michela Montevecchi del M5s e Francesco Verducci del Pd.

Le commissioni Agricoltura vengono affidate a Filippo Gallinella (M5s) alla Camera e Gianpaolo Vallardi (Lega) con vice Elena Fattori (M5s) e Giancarlo Serafini (Forza Italia). Alle commissioni Ambiente, altro tema forte tra le linee-guida dei Cinquestelle, i presidenti saranno il leghista Alessandro Benvenuto a Montecitorio e la grillina Vilma Moronese al Senato.

Le commissioni Esteri vanno entrambe ai Cinquestelle: a Montecitorio la presidente è Marta Grande (31 anni, avrà come vice Paolo Grimoldi della Lega e Piero Fassino del Pd), mentre a Palazzo Madama la guida sarà affidata a Vito Petrocelli e i suoi vice sono il leghista Tony Chike Iwobi e Stefania Craxi di Forza Italia. Vanno entrambe ai Cinquestelle anche le commissioni sulle Politiche europee, che al governo hanno figure più che critiche come il ministro Paolo Savona e ancor di più il sottosegretario Luciano Barra Caracciolo: alla Camera il presidente sarà Sergio Battelli, tesoriere del gruppo parlamentare M5s; al Senato il presidente è Ettore Antonio Licheri, parlamentare al primo mandato, con i vice eletti Cinzia Bonfrisco della Lega e Nadia Ginetti del Pd. La Difesa, infine: presidente di commissione alla Camera è Gianluca Rizzo (siracusano del M5s, al primo mandato), al Senato è la leghista umbra Donatella Tesei (vice Daniela Donno dei Cinquestelle, Laura Garavini del Pd).

Vanno entrambe al M5s le presidenze delle commissioni Sanità e sociale, che a livello di governo sono entrambe deleghe in mano a Cinquestelle (Giulia Grillo e Di Maio): alla Camera il presidente della commissione Affari sociali è Marialucia Lorefice (che si è occupata a lungo di salute e terzo settore nella scorsa legislatura, mentre al Senato sarà Pierpaolo Sileri, chirurgo e professore a Tor Vergata, che avrà come vice Maria Cristina Cantù della Lega e Vasco Errani di Liberi e Uguali.

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mercoledì 20 giugno 2018

Di Maio: “Stadio Roma? Non chiederemo a Raggi di farsi da parte. Fuori i raccomandati da Rai e p.a.”

Stadio Roma? Abbiamo una colpa: esserci fidati dell’avvocato sbagliato. Quanti italiani siano in compagnia nostra, non lo so. Io non non ho notizie di nessun tipo di crisi di maggioranza, né il M5s chiederà alla sindaca Raggi di farsi da parte”. Sono le parole del ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, ospite di Coffee Break, su La7. E aggiunge: “Noi siamo stati gli unici a non prendere un euro. Tutte le altre forze politiche hanno preso soldi da Parnasi e noi veniamo pure trattati come criminali“. Di Maio torna anche sul censimento dei Rom, annunciato da Salvini: “L’ho detto e lo ridico: qui, per far svoltare questo Paese, il vero censimento da fare è quello sui raccomandati della pubblica amministrazione, partendo dalla Rai. Adesso si nomineranno i nuovi vertici Rai: le nomine del cda, del direttore generale e del presidente non devono essere ad appannaggio della politica. Devono essere persone sganciate dalla politica con una missione: capire come si stiano spendendo i soldi del canone degli italiani. Mi accusano di fare dichiarazione intimidatorie?” – continua – “In un Paese normale fa notizia se un ministro del Lavoro dice di voler salvare i raccomandati. Il momento più difficile dopo il 4 marzo? Sicuramente i giorni legati all’impeachment del presidente della Repubblica. Sono stati giorni di alta tensione e di rabbia”

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Maturità 2018, Di Maio: “Auguro agli studenti di scegliere facoltà che gli piace. Salvini? E’ una persona leale”

Il mio esame di maturità? Lo ricordo benissimo, all’ultimo minuto mi ridussi a studiare alcune materie per essere pronto. E sono riuscito a ottenere il massimo dei voti”. Così, a Coffee Break (La7), il ministro del Lavoro Luigi Di Maio rievoca il suo esame di maturità scientifica. E agli studenti rivolge un auspicio: “Gli auguro di viversi questo momento, che resta nella storia della propria vita e nei ricordi più belli, e di scegliere una facoltà universitaria che gli piaccia. Bisogna sempre assecondare le proprie inclinazioni, i propri talenti e i propri sogni. Gli auguro anche di laurearsi. Io non ci sono riuscito e mi dispiace”. Il conduttore, Andrea Pancani, trae spunto dalle tracce della prova d’italiano, per chiedere lumi al ministro pentastellato sul censimento dei Rom invocato da Salvini. E Di Maio risponde: “Io sono molto d’accordo con il ministro dell’Interno, se si vuole mettere in sicurezza realtà come alcuni campi Rom, che sono totalmente fuori controllo in Italia. Se invece si devono fare censimenti su base razziale, allora no. E non lo dice Di Maio, ma la Costituzione“. Sui rapporti con Salvini, il ministro M5s precisa: “Io credo che si giochi anche molto sul cercare di dividerci. Finché restiamo negli argini del contratto di governo, e c’è tanto da fare sull’immigrazione, sulla sicurezza, sulla messa in sicurezza dei campi Rom, allora andiamo avanti alla grande. Siamo compattissimi anche sul tema delle Ong, che ho lanciato io un anno fa e per il quale sono stato attaccato da tutte le parti. E sono anche contento che anche altri Paesi europei abbiano deciso di aprire i porti“. Poi chiosa: “Qual è il più grande pregio di Salvini? Fino ad ora ho avuto a che fare con una persona leale. Anche lui mi definisce tale”

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martedì 19 giugno 2018

Lega, gaffe del senatore Siri: “Toninelli? Non è ministro”. E lo ribadisce tre volte

Gaffe del senatore della Lega, Armando Siri, nel corso della trasmissione Tagadà (La7). La conduttrice, Tiziana Panella, lancia un gioco e chiede agli ospiti in studio di indovinare l’identità del misterioso ministro, fornendo alcuni suggerimenti. Il primo indizio è un computer, il secondo è una divisa militare. Il senatore Pd, Franco Mirabelli, dà la sua soluzione: “E’ Toninelli”. E Siri insorge, ammonendo il collega: “Ma Toninelli non è ministro”. Silenzio imbarazzato in studio. Mirabelli mormora: “Come non è ministro Toninelli?”. Siri ripete tre volte convintamente: “Non è ministro Toninelli”. “Certo che è ministro” – ribadisce Mirabelli – “E’ alle Infrastrutture”. “Alle Infrastrutture c’è… c’è…”, ribatte Siri. “C’è Toninelli”, risponde il senatore dem. E Siri, dopo un momento di riflessione, conferma: “Ah, sì, Toninelli, scusa. Mi sono confuso, perché ho visto la divisa della Polizia e intendevo dire che Toninelli non era della Polizia, ma era carabiniere

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Palermo, il capogruppo del M5s contro Salvini: “Su migranti, rom e caso Regeni solo propaganda e spot superficiali”

Un lungo post su facebook per attaccare la linea dell’alleato di governo: Matteo SalviniSe lunedì l’offensiva razzista sul censimento dei rom del ministro dell’Interno aveva provocato segnali di divergenza politica da parte di Luigi Di Maio e del senatore Nicola Morra, oggi è Ugo Forello, leader del M5s a Palermo, che si dissocia pubblicamente dal leader della Lega.

“La crisi culturale e sociale che attraversiamo è senza precedenti e i cittadini sono spinti a polarizzarsi su posizioni opposte e contrapposte. È in queste condizioni che la forma diventa sostanza e che le parole, usate a sproposito e in modo spregiudicato, possono diventare un’ arma di distruzione di massa, alimentando l’odio, il rancore e le divisioni; e la forza politica più grande del paese ha il dovere di indicare la via maestra, nella quale il dovere di accoglienza si coniughi con l’esigenza di creare un sistema sostenibile dei flussi, con senso di responsabilità e, soprattutto, senza buttare benzina sul fuoco”, scrive sui social network l’ex candidato sindaco nel capoluogo siciliano, ora capogruppo del M5s in consiglio comunale. Che poi attacca direttamente Salvini: “Il problema sta nel modo, che ritengo eticamente e politicamente sbagliato, con cui in queste prime settimane si è mosso il neo ministro degli interni con le dichiarazioni sui migranti, sull’omicidio di Regeni e, per ultimo, sui rom. Sembra che la propaganda e gli spot, superficiali per definizione, abbiano preso il sopravvento; ma argomenti di tale importanza, invece, dovrebbero essere affrontati con particolare accuratezza e meticolosità”.

Fondatore dell’associazione antiracket Addiopizzo, nelle scorse settimane Forello è entrato in polemica con un altro consigliere comunale del M5s a Palermo, Igor Gelarda. Entrambi contrari all’apertura di un hotspot allo Zen, si sono spaccati sulle politiche da adottare per fronteggiare il fenomeno migratorio: Gelarda rivendicava le espulsioni come mezzo per fronteggiare gli arrivi, mentre Forello (appoggiato dagli altri quattro consiglieri) era più disponibile all’accoglienza. Posizione rivendicata ancora oggi. “Purtroppo- continua – oggi sembra impossibile affrontare la vicenda dell’immigrazione in modo ‘laico‘, senza cadere in stereotipi e in una retorica vuota di contenuto e disancorata dalla realtà, dal chiudere le frontiere e i porti al permettere a tutti, indistintamente, l’accesso libero al nostro paese. Non so se ‘alzare la voce paghi‘ e se il caso Aquarius sia stata una ‘vittoria‘ per qualcuno, ma per il popolo italiano è stato solo uno specchio per le allodole, una decisione che nulla risolve, rivolta alla ‘pancia‘ dei cittadini che sono anche dotati (e per fortuna…) di un grandissimo cuore e testa”, scrive sempre su facebook.

Insomma la divergenza con la linea tenuta dall’alleato del suo partito è totale. E infatti, alla fine del suo post, Forello ricorda che il Movimento “è stato in grado di essere l’interprete di una nuova idea di cittadinanza, di un patrimonio di diritti che accompagna la persona in ogni luogo del mondo, di attrarre e coalizzare le forse positive, ottimiste e costruttive del paese”. Quindi chiude citando una frase di Dario Fo sul M5s: “Non dobbiamo diventare un animale braccato, come vorrebbero molti, ma restare in fuga, avanti agli altri”.

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Padellaro al ministro Bonafede (M5s): “Salvini continua a fare il leader della Lega. Un danno al governo e voi state zitti”

Il censimento dei Rom di cui ha parlato il ministro Salvini? E’ soltanto un monitoraggio approfondito di quello che c’è all’interno dei campi Rom”. Così a Otto e Mezzo (La7) il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, motiva le discusse dichiarazioni del leader della Lega. E aggiunge: “E’ quello che le nostre sindache Appendino e Raggi hanno fatto a Torino e Roma. Vuol dire andare dentro ai campi, vedere chi c’è, quanto dichiara, quanti soldi ha effettivamente, se c’è chi non dichiara nulla e magari ha la Mercedes sotto casa”. “Come anche succede a tanti italiani” – ribatte la conduttrice Lilli Gruber – “Comunque, mi sembra di aver capito che Salvini parlasse di censimento”. “Parliamo di censimento nel senso di monitoraggio”, ribadisce il ministro M5s. Antonio Padellaro de Il Fatto Quotidiano osserva: “Abbiamo capito che si tratta di censimento. Ma io vorrei capire un’altra cosa: lei è una persona garbata e civile. Come fate voi del M5s a tollerare che ci sia un ministro dell’Interno che dica che “purtroppo i Rom italiani ce li dobbiamo tenere” o che parli di pacchia e strapacchia degli immigrati o che usi il termine ‘crociera’ per i migranti sulla nave Aquarius, approdata a Valencia grazie al governo spagnolo? Non vi rendete conto del danno che il ministro Salvini, continuando a fare il leader della Lega, sta provocando al governo e all’immagine del governo? E voi state zitti”. “No” – risponde Bonafede – “A me interessano le azioni del governo, che sono quelle di garantire la legalità rispetto al fenomeno dell’immigrazione. La nostra azione è assicurare che l’Italia smetta di portare sulle proprie spalle il peso dell‘immigrazione, a causa della sua posizione geografica”. “Questo lo diceva anche il ministro Minniti” – ribatte Padellaro – “ma non sosteneva: ‘E’ finita la pacchia’. Il ministro dell’Interno è un ministro di garanzia”. Bonafede continua a difendere Salvini, sottolineando che il ministro dell’Interno si è espresso in termini di azioni di governo. Poi aggiunge: “L’Italia finalmente sta alzando la testa e sta camminando a testa alta. Finora ha subito il fenomeno immigrazione, a vantaggio degli altri Paesi europei che se ne sono altamente fregati”. “Ma perché dice questo?” – replica Padellaro – “Siamo per caso stati sudditi di governi che ci hanno fatto camminare a testa bassa? Io rappresento un giornale che ha detto qualunque cosa sul governo Renzi e sugli esecutivi precedenti, però non mi sono mai sentito umiliato come cittadino italiano. Questo glielo devo dire. Perché usa questo linguaggio che, peraltro, non le appartiene? Richiama un antico e triste passato. Vi posso suggerire di uscire il vostro linguaggio, che è migliore di quello della Lega?”

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Stadio Roma, Bonafede: “Lanzalone fu scelto dalla Raggi. Non ho nulla a che vedere con inchiesta”

Lanzalone? Lo ha scelto la sindaca Raggi. Gliel’ho presentato io insieme a Fraccaro. Siccome conoscevo un bravo avvocato l’ho presentato e lei, come sindaca, ha ritenuto di avvalersene”. Sono le parole del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, ospite di Otto e mezzo (La7). E aggiunge: “Io non niente da chiarire. Il mio silenzio in questi giorni è dovuto a due fattori: il primo è che quest’inchiesta non ha niente a che vedere con me. La seconda è che un politico deve avere rispetto della magistratura. Virginia Raggi? Non ha una responsabilità politica in questa vicenda”

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lunedì 18 giugno 2018

Governo Conte, partenza con la “luna di miele”: gradimento al 57%. Sui migranti respingimenti soluzione per uno su 2

Gli italiani scommettono sul governo M5s-Lega. Un gradimento che è paragonabile solo alle aspettative che accompagnavano l’avvio del governo Renzi: secondo un sondaggio Demos&Pi per Repubblica il 57 per cento sostiene il nuovo esecutivo. Una “luna di miele” alimentata dai primi atti dell’esecutivo guidato da Giuseppe Conte, in testa la questione migranti e il caso Aquarius. “Agli italiani piace l’uomo forte” spiega tra l’altro Ilvo Diamanti in un articolo che accompagna il sondaggio. “Naturalmente – sottolinea – l’attuale premier non evoca questa immagine. Non appare un uomo forte. Mentre lo è sicuramente Matteo Salvini“. In particolare il 57 per cento degli intervistati dà un voto da 6 a 10, Se resta il dibattito sul fatto se questo sia davvero un governo di destra o no, di sicuro dal sondaggio Demos viene fuori che naturalmente circa l’80 per cento di ciascuno degli elettorati di M5s e Lega apprezza l’esecutivo. Ma il governo piace anche a una bella fetta (circa la metà) della base di Forza Italia e dei Fratelli d’Italia.

Ma proprio perché la tendenza è simile a quanto accaduto già nel 2014 con Matteo Renzi a Palazzi Chigi, vale anche l’avvertimento per ciò che successe dopo. Tradotto: il consenso può non valere per sempre. Quell’esecutivo fu infatti investito da una fiducia del 69 per cento, un picco di gradimento (o meglio “di speranza”) toccato alla fine della primavera, non a caso nelle stesse settimane in cui uscì fuori il 41 per cento alle Europee. Ma quei numeri – sia quelli dei sondaggi sia quelli delle urne – si sgonfiarono mese dopo mese, finché dal 69 l’indice di sostegno al governo crollò al 39 soltanto un anno dopo.

Su cosa si puntella questo consenso? Demos (campione di 1286 intervistati, margine d’errore un po’ sotto al 3 per cento) ha analizzato in particolare la questione immigrazione. Da una parte si ripropone il tema della “percezione” poiché la quota di persone che rispondono che è meglio puntare sull’accoglienza diminuisce nello stesso periodo in cui diminuiscono gli sbarchi, cioè tra il 2017 e il 2018. Tra il 2015 e il 2016 gli italiani “solidali” erano sempre rimasti tra il 46 e il 50 per cento, mentre in quest’ultima rilevazione crollano al 40. E così oggi la metà esatta del campione risponde che la risposta agli sbarchi di migranti sulle coste italiane sono i respingimenti. Il grosso è rappresentato naturalmente dagli elettorati della Lega (rispondono “respingimenti” 3 intervistati su 4), del M5s (2 su 3), ma anche Forza Italia (3 su 5). Una strada scartata invece dall’elettorato Pd: meno di uno su 5 dà questa risposta.

Poi c’è il caso della nave Aquarius. Il 58 per cento degli intervistati si dice d’accordo con la decisione presa dal governo di non accogliere quei 629 migranti e anche qui è una cifra gonfiata in particolare dagli elettori “di governo” (Lega 87 per cento, M5s 71), ma anche da quelli delle forze di opposizione (Forza Italia 71). Viceversa nell’elettorato del Pd la decisione del governo di vietare lo sbarco è sostenuta dal 27 per cento.

I sondaggi di Demos spiegano in parte anche la linea molto collaborativa – anche se “combattiva” del governo con le istituzioni europee e più che cauta sull’euro. In particolare, infatti, l’uscita dalla moneta unica è sostenuta da una minoranza molto ridotta, il 26 per cento. Proporzioni modeste anche nell’elettorato della Lega e del M5s (circa il 35 per cento). A sorpresa, l’ipotesi di un addio all’euro supera la maggioranza solo tra gli elettori di Forza Italia (che però sono essi stessi ormai ridotti a circa il 10 per cento degli elettori)

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Migranti, Fico: “Se Orban non vuole le quote sia multato. Ridiscutere Dublino mettendo fuori le posizioni estreme”

“Se Orban non vuole le quote deve essere multato”. Lo ha detto Roberto Fico, presidente della Camera, a margine di un convegno a Napoli, parlando della situazione migranti. “Dobbiamo ridiscutere il regolamento di Dublino che è fondamentale. Ridiscuterlo con la Francia e con la Germania, mettendo fuori le posizioni estreme di Orban che non vuole le quote”.

“Ma chi non vuole le quote allora deve avere le multe. Quindi Orban se non vuole le quote deve essere multato”. Al termine del convegno, Fico si è fermato a parlare con alcuni ragazzi immigrati ai quali ha fatto sapere di avere intenzione di recarsi a Castel Volturno, in provincia di Caserta.

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Finanziamento alla politica, la riforma che vuole Di Maio: “Bilanci pubblici per partiti e fondazioni e registro donazioni”

Un’operazione di trasparenza che obblighi partiti e fondazioni a rendere completamente pubblici i loro bilanci. Una riforma sul finanziamento ai partiti che potrebbe essere anche retroattiva. E che, secondo il Corriere della Sera, potrebbe prevedere tra l’altro un tetto di 10mila euro alle donazioni e l’obbligo di rendere pubblici i bilanci e i nomi di chi finanzia le forze politiche. E’ l’ossatura della legge a cui sta pensando il vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio che così cerca di superare la situazione di impasse e di imbarazzo dovuta al caso Lanzalone, nell’inchiesta sullo stadio di Roma. Una mossa per dimostrare che il movimento non ha nulla da nascondere e soprattutto mettere alla prova gli avversari politici che attaccano come Matteo Renzi che ieri ha chiesto al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede riferisca in Parlamento. Una mossa, d’altra parte, che si tiene insieme con l’altra iniziativa di governo del M5s, proprio da parte del guardasigilli Bonafede che ieri sul Blog delle Stelle ha rilanciato il programma del contratto di governo sulla lotta alla corruzione: “I corrotti devono andare in carcere – ha detto Bonafede – Solo la certezza della pena può dare credibilità allo Stato”. Due questioni che evidentemente si legano all’inchiesta di Roma, dalla quale emergono i finanziamenti dell’imprenditore Luca Parnasi alla politica.

Una linea che viene sostenuta apertamente anche dal presidente della Camera Roberto Fico: “C’è bisogno di una legge per le fondazioni, i partiti e una legge molto forte contro la corruzione” dice. Fico si ricollega direttamente all’inchiesta sullo stadio di Roma: “Dobbiamo sicuramente scegliere nel modo migliore – dice – ma è un problema che il Paese deve riuscire a risolvere sempre di più. La cosa importante è rispondere con la durezza massima e l’aiuto massimo alla magistratura”. Quanto a Lanzalone “si è dimesso da presidente di Acea, quello che doveva fare. Adesso farà il suo percorso giudiziario, tutto qui. Vediamo le indagini”.

Nel merito, l’obiettivo del vicepresidente del Consiglio è riformare la legge approvata dal governo Letta nel 2014 che ha abolito il finanziamento pubblico ai partiti, ma ha lasciato fuori tutto il capitolo delle donazioni verso i singoli candidati e verso le fondazioni politiche (altro tema dell’inchiesta sullo stadio romano). Su questo Di Maio ha già messo al lavoro i suoi assistenti legislativi, in contatto con i ministri competenti. “Noi non abbiamo paura” è il refrain che rimbalza dallo staff del capo politico che esibisce nomi e numeri delle donazioni emersi fino ad ora: “Dimostrano che il M5s non ha preso un centesimo”.

Orfini: “Il movimento meno trasparente d’Italia vuole trasparenza? Viva”
La sfida della trasparenza di Di Maio, dunque, è agli altri partiti. “Vediamo ora chi ci sta, vediamo chi la vota in parlamento” è il ragionamento. L’intesa con l’alleato di governo per ora sembra esserci. “L’importante è che tutto venga fatto in maniera trasparente, senza segreti e raggiri – dice a Non è l’Arena l’altro vicepremier, Matteo Salvini – I cittadini possono farlo compilando la dichiarazione dei redditi, è una cosa democratica e trasparente”. Tra gli altri, il Pd è l’unico che per il momento risponde a Di Maio: “Di Maio vuole nuove norme sulla trasparenza nei partiti – twitta il presidente Matteo Orfini – Di Maio. Cioè il capo politico di un movimento che è quanto di meno trasparente esista in Italia. Vuole maggiore trasparenza? Evviva. Inizi a fare chiarezza sui suoi rapporti con Lanzalone. E la smetta di prenderci in giro”. Ironica anche la deputata Giuditta Pini: “Di Maio chiede norme sulla trasparenza del finanziamento ai partiti. BUONGIORNISSIMO. Noi lo facciamo da sempre, non solo lo chiediamo ma la applichiamo. Quello che non lo fa è il M5s. Forse ora si costituiranno partito politico e ci diranno quanti soldi girano nel loro labirinto di scatole cinesi tra fondazioni associazioni e blog?”.

Cantone: “Anche per le fondazioni bilanci certificati e sanzioni”
Sul tema delle fondazioni parla intanto anche il presidente dell’Autorità anticorruzione, Raffaele Cantone: “Soldi a politici piccoli o grandi fatti arrivare attraverso fondazioni, associazioni e persino a onlus – dice in un’intervista a Repubblica – Insomma: quello che emerge dall’ultima inchiesta romana mostra ancora la volta la necessità di regolamentare il finanziamento alla politica. Il finanziamento pubblico è stato abrogato in modo molto frettoloso, senza introdurre uno scudo fisiologico, un contrappeso all’inevitabile ruolo che avrebbero avuto le sovvenzioni dei privati. Inoltre erano stati previsti meccanismi di controllo solo sui bilanci dei partiti tradizionali, mentre già nel 2013 esistevano fondazioni e associazioni che raccoglievano fondi per i politici”. Per il capo dell’Anac “bisogna introdurre una trasparenza a prescindere dalla natura dell’ente, imponendola sulla base dell’attività sostanziale svolta se l’attività è di natura politica, allora ci deve essere massima chiarezza sulle entrate e anche sulle spese. Credo che andrebbero previste regole non diverse da quelle delle società quotate in Borsa, con bilanci chiari e certificati. E non sarebbe illogico ipotizzare sanzioni penali analoghe a quello dell’illecito finanziamento, che invece ora riguardano solo i partiti tradizionali e non fondazioni e associazioni politiche”.

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Diffamazione, perché per me è il mal sottile della propaganda cinquestelle

La notizia è dell’8 giugno scorso, ma la ricerca dei precedenti mi ha richiesto un po’ di tempo. L’Onorevole Di Maio è il primo inquisito del nuovo governo, quello che lui stesso aveva definito il primo a non contare indagati tra i suoi membri. Il reato contestato all’Onorevole Di Maio è la diffamazione e colpisce che le querele (e le condanne) per questo reato accompagnano da sempre il Movimento 5 Stelle. Beppe Grillo, fino all’anno scorso Presidente, Garante e proprietario del blog allora indicato come organo ufficiale del Movimento, è stato querelato varie volte per diffamazione: ad esempio nel 2003 per l’insulto di “vecchia puttana” (rabbrividisco nello scriverlo, ma è doveroso ricordare) al Premio Nobel e Senatrice a vita Rita Levi Montalcini, all’epoca già novantenne. In quel caso Beppe Grillo, ammettendo il reato patteggiò la condanna. Nel 2017 il comico è stato condannato in secondo grado per diffamazione nei confronti del Professor Franco Battaglia. Altri procedimenti, alcuni esitati in condanne, sono stati aperti a seguito di denunce sporte da personaggi politici diffamati dal comico. Gli episodi di diffamazione, alcuni dei quali precedono la fondazione del Movimento, rappresentano evidentemente un modus operandi di Beppe Grillo.

Una sommaria lettura della stampa quotidiana rivela che Beppe Grillo e l’Onorevole Di Maio non sono i soli membri autorevoli del Movimento denunciati per diffamazione: questo reato apparentemente è un incidente di percorso abbastanza comune nella propaganda del Movimento, che si muove sulla denigrazione dell’esistente e spesso trascende. Occorre quindi chiedersi quale sia la logica di questa propaganda: in che modo cioè la diffamazione costituisca un messaggio, evidentemente di successo. Dipingere l’esistente come peggiore di quanto non sia è una vecchia strategia propagandistica, che funziona solo finché praticata dai banchi dell’opposizione; ma il Movimento è stato capace di rinnovarla e potenziarla. In pratica il messaggio del Movimento 5 Stelle suggerisce a ciascun potenziale elettore che lui è ingiustamente penalizzato da un sistema corrotto occupato da persone disoneste. Al disoccupato il Movimento suggerisce che l’impiegato ha ottenuto il suo posto di lavoro grazie a raccomandazioni, imbrogli e coorsi truccati; all’impiegato suggerisce la stessa cosa nei confronti del capoufficio, a questi nei confronti del dirigente, e così via. I vertici del Movimento per mantenere il punto attaccano le persone più in vista dell’intera società: i capiufficio di tutti i capiufficio. Solo così si possono spiegare ed acquistano una logica gli attacchi apparentemente dissennati ad un anziano e prestigioso Premio Nobel. Perché è ovvio che se l’intera società è corrotta e ogni persona al di sopra di noi appartiene alla kasta, allora successo e riconoscimenti dimostrano e si spiegano soltanto con l’appartenenza ed anzi il ruolo prioritario all’interno della kasta.

La propaganda del Movimento, oltre a macchiarsi con frequenza del reato di diffamazione, è ingenuamente anarcoide: in qualunque sistema, anche in quello governato dal M5S, ci saranno impiegati e capiufficio e i primi ambiranno al posto dei secondi. La lotta contro la diseguaglianza sociale non deve produrre l’odio sociale, ma ridurre le disparità economiche. A molti elettori evidentemente l’insulto contro l’anziano Premio Nobel o il prestigioso docente universitario non dispiace, o comunque non dispiace abbastanza da scoraggiarli dal votare il Movimento; però è importante notare, stigmatizzare e ricordare questi comportamenti, perché una coscienza critica perduta si può ritrovare, e perché nessun cambiamento in meglio della società si può ottenere dalla denigrazione di ciò che funziona, per non dire di ciò che è eccellente.

P.S. In questo caso l’usuale “e allora il Pd?” non funziona: né Renzi, né Bersani sono usi insultare i Premi Nobel.

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domenica 17 giugno 2018

Rider, bozza decreto di dignità: “Lavoro subordinato e divieto di paga a cottimo”

Prestatori di “lavoro subordinato” cui andrà pagata anche una “indennità mensile di disponibilità” e in proporzione gli istituti di malattia, ferie e maternità in linea con le norme sul lavoro intermittente. Lo prevede una prima bozza – visionata dall’agenzia Ansa – del decreto cosiddetto “di dignità” che disciplinerà il lavoro “tramite piattaforme digitali, applicazioni, algoritmi”, compresi i “lavoratori addetti alla consegna di pasti a domicilio”, cioè i rider. Il provvedimento introduce anche il “divieto di retribuzione a cottimo“.

Tra le altre cose lo strumento legislativo su cui sta lavorando il ministero guidato dal vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio prevede un “trattamento economico minimo, proporzionato alla quantità e qualità del lavoro prestato” e comunque in linea con i minimi previsti dai contratti collettivi applicabili alle varie tipologie di attività della gig economy (che non prevede prestazioni lavorative continuative ma “on demanda”) o quelli “del settore o della categoria più affine”.

Tra le novità che si punta a introdurre per tutelare questi nuovi lavori, compresi quelli dei ciclofattorini che consegnano il cibo a casa si prevede anche il “diritto alla disconnessione” per “almeno undici ore consecutive ogni ventiquattro ore” all’ultimo turno di disponibilità completato. Prevista anche una fase di sperimentazione degli algoritmi di gestione delle prestazioni e l’obbligo di informare i lavoratori “sulle modalità di formazione, elaborazione dell’eventuale rating reputazionale, e sugli effetti che tale valutazione ha sul rapporto di lavoro”.

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