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giovedì 3 gennaio 2019

Taglio stipendi parlamentari, il leghista Borghi è contrario: “Nel contratto non c’è perché non eravamo d’accordo con M5s”

Il taglio degli stipendi dei Parlamentari? Secondo Claudio Borghi nel contratto di governo non c’è. “Io c’ero quando si scriveva. E in quel contratto tra Lega e M5S, il taglio degli stipendi dei parlamentari semplicemente non c’è”, assicura il deputato della Lega in un’intervista a Repubblica. Dichiarazioni che danno sostanza alla frenata di Matteo Salvini sul taglio delle paghe agli onorevoli, annunciato a capodanno da Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista come primo obiettivo del governo nel 2019.  “Mah, francamente ne dubito – dice Borghi – Vada a riprendersi il capitolo 26: si parla di ‘tagliare i costi della politica e delle istituzioni, eliminando gli eccessi e i privilegi’ con esplicito riferimento a vitalizi, autoblu, aerei di Stato, ma non alle indennità di deputati e senatori. E sa perché? Perché sul punto non c’era accordo e si è deciso di accantonarlo”, risponde.

Subito dopo la diffusione del video annuncio dei due leader del M5s, Salvini aveva sottolineato che le priorità del governo sono altre rispetto alla sforbiciata sull’assegno di deputati e senatori, pur ammettendo che il taglio fosse nel programma pattuito. “Giusto tagliare sprechi e spese inutili, è nel contratto di governo e lo faremo. Ma per la Lega le priorità degli Italiani sono cose anche più concrete”, ha sottolineato il leader leghista, prima di elencare alcune misure simbolo della Lega: dalla flat tax alle autonomie, fino alla cancellazione definitiva della Fornero per finire alla legittima difesa. Borghi è d’accordo col suo leader? “Senza ombra di dubbio. Tra l’altro io sono sempre stato contrario a questo taglio, l’ho dichiarato anche in tempi non sospetti”, dice sicuro. E perché? “Le indennità servono a garantire, ad attrarre competenze”.

Secondo il presidente della commissione Bilancio di Montecitorio “è ovvio che se io prendo uno scappato di casa e lo candido, il nostro stipendio può sembrare stellare: per un disoccupato è tantissimo, mi rendo conto. Ma le Camere scrivono le leggi, decidono il destino del Paese: se noi vogliamo le eccellenze dobbiamo pagarle. E poi c’è un’altra questione”. Quale? “Bisognerebbe candidare cittadini non affamati perché più si ha fame più si rischia di restare vittima di offerte improprie – aggiunge – pre o post ruolo che si ricopre. Quel che interessa alla gente è avere parlamentari che lavorano nel loro interesse, non quanto guadagnano”. La Lega, invece, sembra più orientata a diminuire il numero dei parlamentari invece che tagliarne lo stipendio: una misura che però sarebbe da introdurre con riforma costituzionale. “A parte che, come si sa – dice Borghi – le riforme costituzionali non portano bene, se devo essere sincero non sono particolarmente favorevole neppure a questa proposta. I parlamentari rappresentano i territori, più istanze arrivano in aula più il popolo si sentirà ascoltato e garantito. Perciò eviterei di fare minestroni che potrebbero risultare indigesti”.

Insomma, come volevasi dimostrare, quello degli stipendi sembra essere terreno di scontro tra le due forze di governo. “Non c’è nulla di più concreto che tagliare spese superflue e utilizzare i milioni di euro risparmiati per le vere esigenze dei cittadini. Concreto come una fetta di pane e nutella”, ha scritto ieri su facebook vicepresidente del Senato Paola Taverna (M5s), facendo una battuta in direzione Salvini. Senza considerare le bordate dell’opposizione. Ieri il forzista Osvaldo Napoli provocava: “La mia idea è che ogni parlamentare deve avere diritto a un’indennità economica di carica in tutto eguale allo stipendio che percepiva prima della sua elezione”.

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