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sabato 31 agosto 2019

Governo, Grillo al Pd: “Occasione unica”. E ai suoi: “Basta parlare di posti e punti, sono esausto”. Il discorso integrale ai dem e al M5s

“E’ il vostro momento, un’occasione così non si ripresenta più. Veramente non ci accorgiamo del momento storico, del momento straordinario che è questo? C’è da riprogettare il mondo”. Così, mentre a Roma è in corso la trattativa per la formazione del nuovo esecutivo, Beppe Grillo si rivolge al Pd ma anche ai suoi e gli chiede di trovare un’intesa. Lo fa a modo suo, con un video che appare quasi come uno sfogo dopo giorni di continui passi avanti e retromarce. “Questa pena che vedo, questa mancanza di ironia, dovete sedervi a un tavolo e essere euforici perché appartenete a questo momento straordinario di cambiamento. Abbiamo da progettare il mondo, invece ci abbruttiamo, e le scalette e il posto lo do a chi e i dieci punti, i venti punti, basta”

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Versiliana 2019, Massimo Fini: “Governo? Accordo M5s-Pd si farà. Non saranno così coglioni da fare l’errore di Salvini”

“L’accordo ci sarà e sarà un governo di legislatura. Non posso pensare che Pd o 5 stelle siano così coglioni fa fare l’errore che ha fatto Matteo Salvini“. Massimo Fini, durante la festa oer i 10 anni de Il Fatto Quotidiano, commentando gli ultimi avvenimenti politici. “Pd e 5 Stelle sarà una maggioranza molto più coesa della precedente, perché il programma dei pentastellati hanno un programma sostanzialmente sociale e se è rimasto qualcosa di sinistra nel Pd, io lo vede andare fino alla fine della legislatura questo nuovo governo”. Di Maio? “In questa fase non deve troppo tirare la corda. E’ importantissimo per l’Italia avere un governo stabile e per ottenere questo si può sacrificare qualcosa”.

Eppure è molto animato in questo giorno il dibattito tra gli attivisti 5 Stelle, in attesa della votazione sulla piattaforma Rousseau. “Il voto è l’ultimo ostacolo a questo accordo e anche se Rousseau è una piattaforma seria, ma un Movimento che ha preso 11 milioni di voti, non può affidare le decisioni a 147 mila iscritti, probabilmente i più fanatici e – aggiunge Massimo Fini – bisogna sperare nell’intelligenza di questi 147mila”. Di Battista? “Ha un estremismo quasi fanciullesco che in questo momento non va bene”.

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Governo, vertice Pd-M5s. Dem: “Passi avanti, serve chiarimento politico”. D’Uva e Patuanelli: “Intesa prima possibile”

Dalle tensioni tra partiti, ai tentativi di riprendere il dialogo per dare avvio al Conte 2. Tre ore è durato il nuovo vertice a Palazzo Chigi tra le delegazioni del Pd e del Movimento 5 Stelle con il presidente incaricato Giuseppe Conte, dopo gli attacchi incrociati per gli ultimatum di Luigi Di Maio ai dem. “Abbiamo continuato l’approfondimento dei dossier insieme a Conte, abbiamo fatto ulteriori passi avanti e poi il premier incaricato farà una sintesi“, ha spiegato il capogruppo Pd alla Camera, Graziando Delrio, lasciando Palazzo Chigi dopo la riunione. Resta però alta la tensione: “Sul fronte politico è chiaro che c’è bisogno di un chiarimento politico con il Movimento 5 stelle”, ha aggiunto Andrea Marcucci, capogruppo dem al Senato. Per poi rilanciare: “Ci aspettiamo che avvenga di qui a breve”.

Dai 5 stelle, invece, hanno spiegato: “Abbiamo parlato di temi, non di poltrone. La ricognizione è andate bene”, ha spiegato il capogruppo al Senato di M5S, Stefano Patuanelli. E sui tempi della possibile intesa (dopo che in mattinata lo stesso presidente Conte era salito al Colle, ndr), il capogruppo M5s alla Camera Francesco D’Uva ha aggiunto: “Sono stretti, il prima possibile“. Per poi smentire malumori interni al gruppo M5s per gli ultimatum di Di Maio, soprattutto dall’area legata al presidente della Camera Roberto Fico: “Non esiste, non mi risulta. Governo appeso ai desideri di Di Maio? I suoi desideri sono quelli di tutti il Movimento e dei suoi elettori”, ha tagliato corto.

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venerdì 30 agosto 2019

Versiliana 2019, Landini: “Pd-M5S? Basta campagna elettorale. Ora risolvere i problemi”

Alle tensioni tra M5s e Pd seguite all’ultimatum di Luigi Di Maio al termine delle consultazioni con il presidente incaricato Giuseppe Conte, Maurizio Landini, intervenuto alla festa dei 10 anni de Il Fatto Quotidiano, evita di entrare nel merito: “Non compete a me dire su questo, rispetto la discussione in corso, ma penso che sia giusto il momento in cui con serietà ognuno s’assuma le proprie responsabilità ed intendo con questo dire basta campagna elettorale, la smettano. Stan portando il Paese a sbattere. E’ il momento di risolvere i problemi. Chi discute e vuol fare il governo si assuma la responsabilità di portare l’Italia fuori da questa situazione”.

Landini poi ‘bacchetta’ sia M5s che Pd. I pentastellati perché: “quando Di maio era nel precedente governo gli abbiamo presentato una piattaforma complessiva di riforma del sistema fiscale, dove non c’era solo il carcere per i grandi evasori (tra i punti proposti oggi dal capo politico M5s, ndr) e stiamo ancora aspettando una risposta”. I ai dem Landini consiglia la revisione del ‘Jobs Act‘: “Fossi in loro ci riflettere, visto che aver fatto quella legge gli ha fatto dimezzare i voti”

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Governo, M5s ribadisce: “Il voto su Rousseau conta. Stiamo lavorando al programma e poi ci atterremo alla decisione degli iscritti”

Gli iscritti del Movimento 5 stelle voteranno sulla piattaforma Rousseau per approvare il nuovo programma di governo M5s-Pd. Con un post sul Blog delle Stelle, il Movimento ribadisce che non c’è nessuna possibilità che un accordo con i democratici possa essere concluso senza l’approvazione finale degli iscritti. “I gruppi parlamentari – si legge – stanno lavorando intensamente in questi giorni per definire un possibile programma di governo”. “Poi la parola passerà agli iscritti certificati della piattaforma Rousseau e ci atterremo, com’è ovvio, alla loro decisione”, sottolinea il post dal titolo “Rousseau conta“.

Ancora non si sa quando gli iscritti M5s saranno chiamati a decidere. “Non abbiamo ancora deciso quando sarà il voto, vedremo i temi del premier Conte. Il voto ci sarà assolutamente”, dice il capogruppo Cinquestelle al Senato, Stefano Patuanelli, ospite di Skytg24. “Per poter esprimere un giudizio su qualcosa che sta nascendo bisogna sapere i contorni entro cui nasce. L’acqua pubblica, ad esempio, è un tema che sarà portato avanti?”, prosegue motivando così il fatto che non ci sia stata un voto prima.

Voto che “non è un vezzo, ma uno strumento che la nostra comunità politica si è dato per far arrivare nelle istituzioni la voce dei cittadini“, scrive il M5s. Già ieri il Blog delle Stelle aveva difeso la scelta di una consultazione sul nuovo governo, spiegando che fa parte di “valori democratici che non vogliamo barattare” e che anche l’accordo con il precedente esecutivo gialloverde era stato votato con le stesse modalità, simili a quelle utilizzate in Germania dalla Spd per approvare la Grosse Koalition con la Cdu.

“Rousseau conta perché è parte integrante dei nostri processi decisionali”, ribadisce il post sul Blog delle Stelle. E, continua, gli iscritti “sono l’anima del M5s e dunque il loro orientamento prevalente diventa, com’è naturale che sia, l’orientamento di tutto il Movimento”. Il post sottolinea anche che il voto su Rousseaue rimane “il nostro organo decisionale finale”, ma “nel pieno rispetto di tutte le prerogative e procedure costituzionali“. L’obiettivo, conclude il M5s, è “praticare e diffondere questa rivoluzione culturale” che “Gianroberto Casaleggio definiva ‘una nuova centralità del cittadino nella società'”.

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De Micheli (Pd): “Di Maio incomprensibile, torna indietro su punti già discussi. Problemi nel M5s”

Di Maio vuole rompere o soltanto alzare il prezzo? Da lui un comportamento incomprensibile. Noi non cambiamo linea sul governo rispetto a quanto abbiamo detto a Conte durante le consultazioni”. Ad attaccare è la vicesegretaria Pd Paola De Micheli, dopo l’ultimatum del capo politico M5s (“Avanti con i nostri punti o si torna al voto”) dopo le consultazioni dal presidente incaricato Conte. “Io non credo alla tattica in questa fase, si può solo parlare degli italiani, delle donne e degli uomini che lavorano. Non c’è spazio per la tattica. Se si vuol fare il governo si fa, ma dobbiamo pensare a come dare risposte agli italiani, il tempo della tattica è esaurito”, ha rivendicato. Per poi spiegare come Di Maio sia tornato indietro “su punti già discussi”, come sulla revisione dei decreti Sicurezza, seguendo i rilievi già fatti dal Colle. “Cosa voglia dire Di Maio lo capiremo nei prossimi giorni. Penso ci siano problemi interni nel M5s. Noi andiamo dritti sulla nostra strada”, ha concluso De Micheli.

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Governo, Di Maio presenta i punti sull’ambiente: “Chiudere centrali a carbone, no a inceneritori e stop a trivellazioni petrolifere in mare”

“L’ambiente non è uno slogan e nemmeno un like ai posti di Greta Thunberg. E allora diciamo che chiudiamo le centrali a carbone entro il 2025, no a nuovi inceneritori e via alla dismissione degli esistenti. Infine, stop alle trivellazioni petrolifere in mare”. Dopo le consultazione col presidente del Consiglio incaricato Giuseppe Conte, il capo politico del M5s, Luigi Di Maio, ha affrontato il tema della difesa dell’ambiente, che dovrà essere centrale nell’eventuale governo guidato da 5 stelle e Pd. Nel documento composto da 20 punti presentato a Conte, il terzo è proprio sul Green New Deal.

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Governo, Morra (M5s) a La7: “Lega fa parte del sistema, perché non ha voluto legge sul conflitto d’interessi?”

“Se la Lega è così antisistema come dice, perché non ha permesso di fare la legge sul conflitto d’interessi? La verità è che fa parte del sistema”. A dirlo, ospite a Omnibus su La7, il senatore del M5s, Nicola Morra. Che ha aggiunto: “Alleanze a livello locale col Pd? Non sia mai”.

Video La7

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giovedì 29 agosto 2019

M5s-Pd e lo scudo delle commissioni a guida Lega. Il Pd: “Chi è attaccato alle poltrone?”. Il Carroccio: “Dovevate pensarci prima”

I leghisti non mollano. Anzi, in qualche caso si preparano a fare quasi da “scudi umani” nei confronti dei provvedimenti della maggioranza nascente, formata dagli ex amici dei Cinquestelle insieme ai nemici di sempre del Pd. Il Carroccio difende infatti le sue undici presidenze di commissione che – come ha anticipato ieri dal Fatto Quotidiano – che potrebbero diventare un ostacolo non da poco nei percorsi parlamentari delle leggi della maggioranza nascente. “Dovevano pensarci prima di fare il ribaltone” ha tagliato corto ieri Claudio Borghi, che presiede la commissione Bilancio della Camera.

E dalla loro Borghi e gli altri 10 presidenti di commissione della Lega hanno i regolamenti di Camera e Senato che stabiliscono che il rinnovo delle commissioni avviene ogni due anni e per prassi a metà legislatura. Fatti i conti, dunque, in questo caso la guida degli organismi parlamentari che si occupano di preparare la gran parte dei testi di legge che poi finiscono nelle Aule resterà immutata nel migliore dei casi fino a giugno 2020, nel peggiore (per Pd e M5s) fino a novembre 2020. Il motivo è che i presidenti di commissioni vengono votati a inizio legislatura dalle maggioranze politiche e ora che la maggioranza è cambiata, però, non sarà automatica la variazione delle composizioni delle commissioni. Rischia di essere come sabbia nell’ingranaggio di lavorazione delle leggi del governo Conte 2.

Su questo, al ritmo delle accuse di “poltronari“, si è già consumata una prima battaglia polemica ieri tra gli esponenti del Pd e quelli della Lega. “Quelli disinteressati alla poltrona – twittava la vicecapogruppo del Pd al Senato Simona Malpezzi – In meno di 24 ore scopriamo che Salvini pur di tenersi il Viminale voleva Di Maio premier e che i leghisti non hanno alcuna intenzione di lasciare le presidenze delle 11 commissioni che spettano alla maggioranza. Strano vero? #Legapoltrona”. A rispondere è stato il capogruppo della Lega a Palazzo Madama, Massimiliano Romeo: “Che si dimettano loro da senatori visto che dovrebbero vergognarsi di fronte al popolo italiano per quello che stanno facendo”. Ribatte Valeria Valente, deputata renziana: “La Lega non molla le presidenze delle commissioni, anche se cambia la maggioranza parlamentare. Ma non erano quelli disinteressati alle poltrone?”. Anna Ascani, anche lei renziana, il cui nome gira anche per un posto da ministra della Cultura, sviluppa il ragionamento: “Da giorni – scrive su facebook – Salvini alimenta la sua propaganda sulle poltrone, senza peraltro ancora aver mollato la sua, così come non l’hanno ancora mollata i ministri leghisti. Perché continuano a non dimettersi?”. “Se davvero la Lega è tanto allergica alle poltrone – insiste la Ascani – perché i presidenti delle commissioni parlamentari non si dimettono dal loro incarico? Tra Senato e Camera ci sono 11 commissioni a guida Lega: i presidenti eletti coi voti dei parlamentari cinque stelle continueranno a presiederle anche se finiranno in minoranza?”. Nella serata di ieri anche il segretario della Lega, Matteo Salvini, si è ritrovato a dover rispondere alla domanda: “E’ un governo figlio di un ribaltone, in qualsiasi paese al mondo si sarebbe andato a elezioni e mi venite a parlare delle presidenze delle commissioni…”.

Come spiegava ieri il Fatto, la Lega ha 6 senatori presidenti di commissione a Palazzo Madama e 5 deputati presidenti di commissione a Montecitorio. E quasi tutti in settori centrali: dalla commissione Trasporti della Camera presieduta da Alessandro Morelli, fedelissimo di Salvini, alla commissione Finanze e Tesoro presieduta da Alberto Bagnai, economista euroscettico.

Alcune di queste presidenze sono cruciali: basti pensare alla Bilancio della Camera, dove dovrà essere “cotta” la manovra di bilancio; ma anche alla Finanze del Senato ed alla Affari Costituzionali di Montecitorio, dove dovranno essere “partorite” eventuali riforme costituzionali e della legge elettorale che – dicono le voci, ma anche una certa dose di prevedibilità – i partiti della nuova maggioranza vorrebbero modificare in un sistema proporzionale puro, cioè senza collegi (come invece prevede l’attuale Rosatellum). E un presidente di commissione che si metta di traverso – si ragiona ancora in alcuni settori parlamentari – può dare fastidio alla maggioranza, specie nei casi in cui essa non sia blindata nei numeri. A parte la decisione di essere più o meno flessibile nella applicazione del regolamento, al presidente compete anche la nomina del relatore, così come l’applicazione più o meno rigida delle ammissibilità degli emendamenti stralciando o facendo entrare norme; gestisce poi i tempi di esame e delle votazioni. Poteri importanti, insomma, che rischiano di rallentare il “governo delle novità” della prossima maggioranza giallo-rossa.

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Governo M5s-Pd, consultazioni di Conte: il premier riceve M5s e Pd. I temi sul tavolo: dalla questione dei vice al programma

L’orizzonte è per martedì, al massimo mercoledì. Il presidente incaricato Giuseppe Conte viene descritto come determinato, sereno, consapevole del suo ruolo che lui interpreta sempre come quello di un garante. Entro metà settimana vorrebbe risalire al Quirinale per sciogliere la riserva. Tradotto: in questi cinque giorni deve chiudere lo schema della squadra dei ministri. Primo problema: i suoi vice, ammesso che ci saranno. Le opzioni sono ancora tre: un solo vice del Pd (come rivendicano i democratici che vedono in Conte un esponente M5s e non un garante); due vice e allora ci sarà Di Maio (ieri difeso di nuovo dai suoi capigruppo); nessun vice e un sottosegretario a Palazzo Chigi (che ancora una volta sarebbe a garanzia del Pd e in prima fila c’è Dario Franceschini). La trattativa non è affatto facile. Secondo problema: il commissario europeo da indicare alla presidente Ursula Von der Leyen il prima possibile.

Conte inaugura il percorso della sua seconda esperienza da capo di governo cambiando un po’ il vocabolario che ieri nel discorso all’uscita dal colloquio con il presidente della Repubblica somigliava parecchio a quello utilizzato nella stessa sede il giorno prima dal segretario del Pd Nicola Zingaretti. Vede le delegazioni dei gruppi parlamentari più piccoli e incassa i primi sì. Quelli mignon (come quello del valdostano Albert Laniece delle Autonomie o dell’unico senatore del Psi, Riccardo Nencini) e quelli determinanti come quello di Liberi e Uguali: “Siamo pronti a partecipare a un tavolo programmatico” dice il capogruppo alla Camera Federico Fornaro. A Leu potrebbe andare un ministero, magari quello all’Ambiente e magari con una donna, Rossella Muroni, ex presidente di Legambiente fino a quando non è stata eletta nel 2018. Tace, al momento, +Europa. E’ probabile che, come nel caso degli altoatesini Svp, in Parlamento al momento della fiducia esprimerà voto di astensione (che non vale più come voto contrario nemmeno al Senato).

Oggi toccherà alle delegazioni più importanti, M5s e Pd. Conte soprattutto ascolterà, come ha fatto ieri (sottolineatura in positivo anche della delegazione di Leu), e i temi sul tavolo si annunciano parecchi. Se ieri il capogruppo democratico alla Camera Graziano Delrio ha spalancato le porte sul fronte della revisione delle concessioni delle autostrade, la vicesegretaria Paola De Micheli (in predicato di occupare un posto da ministra con delega economica) ammetteva che qualche divergenza rimane e non su temi da poco. Gli esempi che ha fatto, infatti, sono stati il fisco (cioè come modulare il taglio del cuneo, se più ai lavoratori come vuole il Pd o in modo più equilibrato come vogliono i Cinquestelle) e la giustizia, non precisando però sotto quale aspetto. Piccole micce che il presidente incaricato Conte – che ha costruito la sua figura proprio sull’abilità della mediazione – è chiamato a spegnere nel più breve tempo possibile.

Il presidente incaricato vedrà anche le delegazioni dei tre partiti del centrodestra. Se la presenza di Silvio Berlusconi in quella di Forza Italia fino a ieri sera era ancora in forse, è certa l’assenza di Matteo Salvini in quella della Lega: il segretario non manderà nemmeno i suoi capigruppo, ma due sottosegretari uscenti (Lucia Borgonzoni e Claudio Durigon). La ripresa del duello è rimandata.

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Romano Prodi benedice Conte: “Gli auguro di durare più dei miei governi. Pd-M5s? Una proposta faticosa ma interessante”

Governo Pd-M5s? Una faticosa e interessante proposta”. Romano Prodi, intervistato da Lucia Annunziata sul palco della Festa dell’Unità di Ravenna, manda il suo augurio all’esecutivo che si sta formando e dice di sperare che il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, possa guidare una lunga legislatura: “Auguro a Conte di durare più dei miei governi”, ha detto.

Chiamato a commentare la recente esperienza di governo gialloverde, il co-fondatore del Partito Democratico parla di “matrimonio un po’ tribolato, è durato 14 mesi ed è finito male”. La discussione si sposta presto, però, sulle prospettive per il nuovo esecutivo e quando gli viene chiesta un’opinione su Conte risponde: “Vediamo, sta facendo un esercizio complicato. È interessante, troppo presto per vederne le conseguenze ma molto interessante da osservare. Mi auguro che il governo in via di costruzione possa durare a lungo e completare la legislatura. Mi auguro che l’alleanza che stanno costruendo duri di più di quella precedente. Costruire, anche faticosamente, prendendosi il tempo necessario per approfondire, ma facendo un’alleanza che abbia un programma comune e duri tutta la legislatura”. E sulla sua lunga assenza dalle Feste dell’Unità: “Erano 11 anni che non venivo. L’ho preparata undici anni, ci ho preso giusto”.

Davanti all’ipotesi del voto immediato, Prodi spiega di essere del partito di coloro che prediligono legislature lunghe, senza eccessivi e continui ritorni alle urne: “Le elezioni sono assolutamente legittime – spiega -, ma è legittimo anche che una legislatura duri cinque anni. Bisogna fare di tutto perché la legislatura duri cinque anni. Il cercare di farla durare, a mio parere, è un fatto democraticamente non solo legittimo, ma doveroso”.

Tornando a parlare del premier, al professore viene chiesto se pensa che Conte possa essere considerato il suo erede: “Uno è sempre contento di avere degli eredi – risponde -, il problema è che cosa gli lascia. La situazione è totalmente diversa dai miei tempi, abbiamo vinto con una coalizione organizzata. Adesso c’è una legge elettorale per cui non c’è nessuno che vince mai. Oggi ci sono prima le elezioni e poi si fanno gli accorpamenti”.

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M5s, il voto su Rousseau sul nuovo governo fa parte di “valori democratici che non vogliamo barattare. Hackeraggio? È una fake news”

Il voto degli iscritti su Rousseau sulla formazione del nuovo governo M5s-Pd fa parte di quei “valori democratici che non barattiamo per nulla e nessuno e chiediamo vengano rispettati”. Con un post sul Blog delle Stelle, il Movimento chiude alla possibilità di un accordo con i Dem che non preveda l’approvazione finale degli iscritti. Un concetto che in giornata era stato ribadito anche dal presidente della Commissione parlamentare Antimafia ed esponente del M5s, Nicola Morra, e dal capogruppo pentastellato al Senato, Stefano Patuanelli.

“Far votare i propri iscritti sulle scelte fondamentali per l’Italia è il metodo del MoVimento 5 Stelle – esordisce il post – Rappresenta da sempre il nostro valore fondante ed è altamente democratico. Lo abbiamo sempre adottato e lo adotteremo per la scelta dei candidati per l’elezione del Presidente della Repubblica, così come lo abbiamo utilizzato in alcune decisioni importanti da prendere a livello politico e parlamentare”. Nel testo si ricorda che anche l’accordo con il precedente governo gialloverde era stato votato con le stesse modalità che sono, continuano, simili a quelle utilizzate in Germania dalla Spd per approvare la Grosse Koalition con la Cdu. “Sono valori democratici che non barattiamo per nulla e nessuno e chiediamo vengano rispettati, così come rispettiamo chi decide la propria linea politica in una direzione di delegati. Il Pd ha i propri organi decisionali, noi abbiamo il nostro: gli iscritti”.

Nel post si continua poi smentendo le notizie secondo cui la piattaforma Rousseau avrebbe subito un attacco hacker: “In merito alla notizia di oggi di un presunto hackeraggio su Rousseau – conclude il post -, ringraziamo chi ha dimostrato che si tratta di un’enorme fake news. Siamo di fronte a un nuovo fenomeno. Siamo passati dagli hackers ai fakers che usano Photoshop per mandare in giro immagini di hackeraggi inesistenti. Grazie alla comunità di professionisti seri che si è attivata dandoci feedback importanti per la sicurezza di Rousseau”.

Linea, quella del voto sulla piattaforma, che già nel primo pomeriggio era stata ribadita da Morra: “Il quesito su Rousseau verrà formulato in funzione di quello che sta avvenendo in questi giorni e in queste ore – ha detto – Posso garantire che ci sarà lo sforzo massimo di rendere il quesito neutro. Rifarsi a Rousseau è per me doveroso, perché se sono stato eletto in Senato e perché ho accettato che la piattaforma Rousseau, di cui tanti dicono male, promuovesse degli esercizi di democrazia diretta“.

Gli fa eco Patuanelli che, dopo aver ricordato il suo appoggio all’idea di far votare l’accordo sulla piattaforma, torna sul tema hackeraggio: “Quando faremo la consultazione su Rousseau è ancora presto per dirlo – ha dichiarato in conferenza stampa – Oggi inizia il percorso del Presidente incaricato e vediamo ora quali sono i tempi che ci darà Conte. Tutti i voti di Rousseau sono certificati da un notaio“.

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Governo, Cuperlo: “Discorso di Conte? Affinità con parole di Zingaretti. Ora vicepremier sia Pd”

“Il vicepresidente del Consiglio deve essere espressione del Partito democratico“. Così Gianni Cuperlo fuori dalla sede del Pd, a Roma. “Come abbiamo detto, noi prendiamo atto che l’indicazione del M5s è stata quelladi Giuseppe Conte, espressione di quell’area e di quella parte politica“, ha sottolineato. Nel discorso di Conte stamani al Quirinale “ho notato evidenti affinità con concetti e formule espressi ieri da Zingaretti, anche dal punto di vista linguistico”.

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Governo, Patuanelli a La7: “Di Maio vicepremier? Necessario. Voto su Rousseau sarà vincolante”

“Di Maio fuori dal governo? È impensabile che non ci sia il nostro capo politico. Lui ha lavorato benissimo, ora ha fatto un altro passo indietro anche se il tema non è il suo nome”. Così il capogruppo al Senato del M5s, Stefano Patuanelli, intervistato da L’aria che tira su La7. “Ritengo necessaria la sua figura di vicepresidente del Consiglio, Giuseppe Conte è elemento di garanzia” ha aggiunto.

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Governo, Appendino: “M5s fa gli interessi del Paese. Di Maio attaccato anche dall’interno”

“Sono felice che il Paese abbia un governo, ero molto preoccupata che potesse non averlo e si andasse a elezioni”. Così la sindaca di Torino, Chiara Appendino, che ha ribadito di essere “molto felice che sia in mano a Conte. E credo che anche Luigi Di Maio abbia fatto un ottimo lavoro in un momento difficile anche con attacchi interni che non hanno aiutato”.

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Salvini chiama la piazza contro il Conte 2: “Manifestazione il 19 ottobre. Vediamo se M5s chiederà ai suoi militanti dell’inciucio col Pd”

Pontida il 14-15 settembre, i gazebo il 21 e 22 settembre, ma soprattutto una mobilitazione nazionale il 19 ottobre. Anche se solo tre giorni fa aveva detto che non avrebbe fatto appello alla piazza. Matteo Salvini, nella ormai consueta diretta Facebook, organizza la road map del dissenso al Conte 2, chiamando a raccolta i militanti della Lega. “Segnatevelo, sarà la giornata dell’orgoglio” dice durante uno streaming in cui attacca anche il Capo dello Stato Sergio Mattarella e il premier incaricato, accusandolo di essere “l’avvocato dei poteri forti”: “Conte è il primo iscritto al Partito Democratico. Ora ci si trova ad avere il Presidente della Repubblica che arriva dal Partito Democratico, il Presidente del Consiglio che ha ammesso di aver votato Partito Democratico e magari avranno anche il vicepresidente. Si legge Conte, si scrive Monti“. Sottolinea che “siamo ancora in tempo per andare a votare, la sovranità appartiene al popolo” e, per rompere il nuovo esecutivo, si appella ancora una volta al voto sulla piattaforma Rousseau che dovrà sancire l’ok della base al Conte 2 prima del suo insediamento. “Vediamo – dice – se M5s chiederà ai suoi militanti dell’inciucio col Pd“.

Chiama ancora una volta quello che si sta delineando “giochino di palazzo” e “governo delle poltrone“, che “è minoranza non solo in Italia ma anche nel parlamento. Non è ancora nato e già è fondato sull’odio per Salvini“. E, alla luce delle dichiarazioni del Commissario al bilancio Ue uscente Oettinger, insiste sul complotto che dall’Europa ha reso possibile la nascita dell’esecutivo giallorosso. “Ieri l’ho detto educatamente al Presidente della Repubblica, il governo è nato a tavolino da Bruxelles. Oggi, guarda caso, parla l’ex commissario tedesco al bilancio Oettinger, che ha sempre battagliato contro l’Italia, e dice che Bruxelles è pronta a fare qualsiasi cosa per il nuovo governo e a ricompensarlo. È di una gravità incredibile. Cosa è stato promesso? Cosa è stato svenduto? Questo governo non nasce in Italia, ma a Bruxelles per far fuori quel rompipalle di Salvini e il primo partito in Italia. L’Unione europea oggi getta la maschera”.

Quella del 19 ottobre però non suona soltanto come una manifestazione contro il Conte bis, ma come una tappa della campagna elettorale in vista delle regionali in Umbria, Calabria ed Emilia-Romagna e delle possibili coalizioni che si delineano. “Vedo che addirittura il governatore Bonaccini ha chiesto al M5S di allearsi in vista delle prossime regionali in Emilia Romagna. Rispondo dicendo che il diritto di voto esiste e che il 27 ottobre si voterà in Umbria e poi anche nelle altre regioni. Noi manteniamo la nostra coerenza“, sottolinea, aggiungendo: “Abbiamo detto ieri ‘mai col Pd’ e lo diremo anche in futuro. Non abbiamo i culi disponibili per tutte le poltrone del mondo”. Non mancano neanche gli sfottò a Conte, che – prosegue nella diretta Facebook – parla di un nuovo umanesimo, manca che risolva il problema della pace nel mondo e della ricrescita dei capelli per chi li sta perdendo, così nel programma c’è tutto” e gli attacchi frontali al Pd: “Vi dico che io non mollo, ve lo dico dopo qualche minuto di rabbia, non per il mio destino personale, rabbia perché è in corso un furto della democrazia“. Chi è “stato sconfitto a tutte le elezioni sta cercando di rientrare dalla finestra. Unico collante – insiste ancora – sono le poltrone“.

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Governo, il programma M5s-Pd: “Taglio del cuneo, salario minimo, revisione concessioni. Investimenti green con più deficit”

Più flessibilità da chiedere alla nuova Commissione europea per “rafforzare la coesione sociale” con investimenti pubblici in ottica green. Poi il via libera al salario minimo e alla web tax, una nuova legge sul conflitto di interessi, la riforma dei meccanismi di elezione del Csm, una revisione dei decreti sicurezza per andare incontro alle osservazioni arrivate dal Quirinale, il taglio dei parlamentari “nel primo calendario utile della Camera” ma con la revisione della legge elettorale per ”garantire il pluralismo politico e territoriale”. Infine il progetto dell’acqua pubblica, la revisione delle concessioni per tutelare le infrastrutture dello Stato. Sono, secondo Il Sole 24 Ore, le “linee programmatiche” concordate da M5s e Pd e messe nero su bianco in un documento di due pagine da consegnare a Giuseppe Conte nella veste di premier incaricato.

Il quotidiano di Confindustria spiega che il testo è snello perché toccherà poi all’avvocato approfondire quelle linee e riempirle di contenuti. Ma la spina dorsale del programma è definita. E ricalca di fatto gran parte dei dieci impegni che Luigi Di Maio e i capigruppo del M5s hanno sottoposto al capo dello Stato (mancano la riforma del sistema bancario e della Rai) e i cinque punti di principio messi sul tavolo dal segretario Pd Nicola Zingaretti.

C’è il via libera a proseguire l’iter del Ddl costituzionale sul taglio dei parlamentari alla Camera, dopo l’ok del Senato arrivato a luglio, ma modificando contestualmente la legge elettorale per incrementare le garanzie costituzionali e di rappresentanza democratica garantendo il pluralismo politico e territoriale. Sì anche all’autonomia differenziata, ma “temperata da un fondo di perequazione“. Si parla poi di una nuova legge sui temi dell’immigrazione e dell’integrazione che contrasti le pratiche di clandestinità. Oltre a fare pressione in Europa per una revisione del trattato di Dublino, l’intenzione è quella di correggere i decreti sicurezza usando come stella polare i rilievi del capo dello Stato Sergio Mattarella. Che ha espresso perplessità sia sull’ammenda fino a 1 milione di euro per chi salva i migranti sia sull’inapplicabilità della causa di non punibilità per “particolare tenuità del fatto” a chi si rende colpevole di resistenza, violenza e minaccia a pubblico ufficiale e oltraggio a pubblico ufficiale nell’esercizio delle funzioni.

In agenda anche la riforma della giustizia, una nuova legge sul conflitto di interessi e una riforma del servizio idrico che partirà dal ddl della deputata pentastellata Daga ma con probabili correttivi visto che i dem l’avevano definita “legge demagogica, che non tiene per niente conto delle esigenze di stabilità e rilancio degli investimenti“. Tra i punti programmatici compare anche la “revisione” delle concessioni, senza riferimenti all’eventuale revoca ai concessionari attuali.

Sul fronte delle misure economiche, i due partiti hanno concordato sulla necessità di rilanciare gli investimenti – a partire da un nuovo piano anti dissesto e aiuti alla riconversione delle imprese in direzione di una maggiore sostenibilità – e chiedere più margini di flessibilità per rafforzare la coesione sociale, contando su una maggiore apertura da parte della nuova Commissione. Probabile dunque che buona parte degli interventi della prossima manovra, che non includeranno ovviamente la flat tax cara alla Lega, sia finanziata in deficit. Al primo posto resta la necessità di evitare gli aumenti automatici di Iva e accise da 23 miliardi. Giocano a favore del nuovo governo i risparmi sui fondi stanziati per reddito di cittadinanza e quota 100 e le minori uscite per interessi sul debito, che riducono il deficit/pil tendenziale a un livello molto più basso rispetto al 2,1% preventivato: secondo Il Sole si attesterà all’1,6% o “anche meno se i mini rendimenti dei Btp si consolidano”.

Per quanto riguarda il lavoro, in agenda c’è il salario minimo già al centro di due ddl firmati dal Movimento 5 Stelle e dal Pd. Lo scorso aprile, dopo la vittoria di Zingaretti alle primarie, i dem hanno modificato la propria proposta sostituendo quella originaria, che ignorava il ruolo dei sindacati, con un testo senza numeri che chiede l’applicazione a tutti i lavoratori dei compensi tabellari previsti dai Contratti collettivi nazionali firmati solo dai sindacati più rappresentativi. Rappresentatività che andrà misurata da un’apposita commissione da istituire presso il Cnel. Il ddl del M5s dal canto suo punta dichiaratamente a sostenere la contrattazione collettiva e non sostituirla: prevede un minimo di 9 euro lordi ma specifica che in prima battuta occorre far riferimento al contratto collettivo nazionale stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro più rappresentative sul piano nazionale.

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Governo, militanti alla Festa Pd di Ravenna: “Intesa con M5s? Fino a qualche settimana fa sarebbe stata fantascienza. Ora priorità a lavoro”

“Il primo tema che il governo dovrà affrontare? Il lavoro”. Non hanno dubbi i militanti del Pd che ieri sera alla Festa nazionale de l’Unità a Ravenna hanno ascoltato in diretta il discorso di Luigi Di Maio dopo le consultazioni al Quirinale. Un tema che ieri è stato analizzato anche dal segretario nazionale della Cgil Maurizio Landini ospite della kermesse democratica: “Li giudicheremo per quello che fanno ma stavolta non staremo solo ad ascoltare, ma abbiamo avanzato anche proposte”. Tra gli stand della festa, sono in tanti ad avere dubbi sul leader del M5s e attuale ministro del Lavoro: “Chi dice che non ci sono più destra e sinistra, sicuramente me la vuole mettere da qualche parte” avverte un militante mentre dal palco Andrea Orlando, vicesegretario del Pd, auspica che il suo partito riesca a prendere il posto ora occupato da Di Maio

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mercoledì 28 agosto 2019

Conte 2, Salvini: “E’ un Monti bis. Speriamo che non nasca”. Il leghista attacca solo il Pd e spera nel voto su Rousseau

“Abbiamo espresso a Mattarella lo sconcerto non della Lega, ma di milioni di italiani, di fronte allo spettacolo indecoroso del teatrino della guerra delle poltrone. Speriamo che questo governo non nasca”. All’uscita dalle consultazioni Matteo Salvini attacca l’accordo Pd-M5s, ma il vero obiettivo è puntare sul suo fallimento spingendo sul dissenso tra gli stessi iscritti 5 stelle. Tra il movimento e il Pd resta infatti un ostacolo: il voto sulla piattaforma Rousseau che dovrà sancire l’ok della base al Conte 2 prima del suo insediamento. E così il leader leghista evita di attaccare l’ex alleato, punta tutto sul Pd e sui temi cari alla base pentastellata: cita Etruria, Bibbiano, il G7, Monti ed evita i nodi della giustizia. “Il candidato” alla presidenza del Consiglio, dice senza nominare Conte, “probabilmente lo hanno trovato a Biarritz, su indicazione di Parigi, Berlino e Bruxelles, un Monti bis”, attacca il ministro dell’Interno. Che però tralascia l’endorsement per Conte arrivato dagli Usa da parte del presidente Donald Trump, cui spesso lo stesso Salvini si è richiamato. “Tutta la storia di questi giorni ci sta confermando che non ci avrebbero mai permesso una manovra coraggiosa formata sulla flat tax e questo ci spiega i no di Giuseppe Conte”, dice ancora.

Ma se la frattura con il premier è evidente, non così deve apparire quella con l’ormai ex alleato di governo: “Non mi soffermo sul M5s, che sono abbastanza dibattuti tra loro”, specifica. Piuttosto spara a zero sui democratici: “Dal Pd ci si aspetta di tutto, partito incredibile, ci si aspetta di tutto in nome della poltrona, parlano di discontinuità con lo stesso presidente del Consiglio e gli stessi ministri”. Salvini poi sottolinea come i democratici abbiamo perso tutte le sfide elettorali, facendo un lungo elenco di consultazioni amministrative ed europee: “Dignità vorrebbe che ci fossero elezioni. Chi ha paura non può scappare all’infinito”. Sostiene di aver rimesso i ministeri nelle “mani del popolo italiano”. Eppure i ministri sono tutti al loro posto, perché il mandato va messo in quelle del presidente della Repubblica. “Noi non abbiamo cambiato idea” dice Salvini facendo riferimento al M5s e ai confronti durissimi con il Pd su Bibbiano ed Etruria. E insiste ancora dicendo che quella si va formando non è “una maggioranza”. Perché i due partiti “stanno già litigando al loro interno. Il M5s perde pezzi, il Pd perde pezzi”.

Non per niente Salvini usa sempre il condizionale. “Se nascesse questo governo ognuno si prenderà le responsabilità, di fronte agli italiani, di quello che ha fatto e di quello che non ha fatto”, dice. Il progetto di governo giallorosso dovrà infatti passare l’esame degli attivisti 5 stelle “alla fine del percorso”. Ad annunciarlo ieri era stato lo stesso Luigi Di Maio, capo politico 5 stelle. Proprio il voto, come ricordato in queste ore, “avrà la parola definitiva” e potrebbe ribaltare qualsiasi posizione dei portavoce M5s. Salvini non lo cita mai, ma non ne fa mistero: “Non vinciamo fra due mesi, non abbiamo fretta. Speriamo – continua – che questo governo non nasca, perché nasce dall’odio, dall’esclusione e dalla fame di poltrone, per il bene del paese”.

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Emilia Romagna, segretario regionale Pd: “Non escludo dialogo con M5S in vista delle prossime elezioni”. Loro: “Impossibile”

Mentre sono in corso le ultime consultazioni al Quirinale, con l’accordo in vista tra Pd e Movimento 5 Stelle per sostenere un Conte 2, si muovono anche le alleanze a livello locale, in particolare nelle regioni dove si voterà nei prossimi mesi. Così dopo l’apertura dei dem per l’appuntamento in Umbria, ecco il caso dell’Emilia-Romagna, dove probabilmente si voterà a gennaio 2020: “È chiaro che l’eventuale partenza di un governo in cui Pd e M5s sono insieme può determinare un cambio dello scenario politico e, quindi, credo che sia sbagliato escludere a priori che possa aprirsi un dialogo tra Pd e M5s sui territori”, ha dichiarato all’AdnKronos il segretario regionale del Pd Paolo Calvano, che apre a un dialogo con i pentastellati in vista delle urne.

Quello delle alleanze a livello regionale è un tema posto anche da Nicola Zingaretti nel suo discorso di mercoledì mattina durante il quale ha chiesto il via libera all’accordo di governo: “Davanti a noi abbiamo elezioni difficili in Regioni diverse. Dobbiamo fare ogni sforzo per costruire in ciascuna di queste realtà l’offerta politica e programmatica più credibile. Anche naturalmente sul versante di alleanze che il nuovo quadro politico potrà favorire, ma che comunque andranno verificate e costruite sempre sul primato di valori e programmi condivisi”, ha ricordato il segretario dem, parlando delle elezioni in Umbria, Calabria, Veneto e Toscana. Oltre, ovviamente, all’Emilia-Romagna, regione guidate dal dem Stefano Bonaccini, ma dove, nelle elezioni del 2014, la Lega aveva sfiorato il 30%.

Sulle dichiarazioni di Calvano ha però già preso posizione il Movimento 5 Stelle, che sembra escludere qualsiasi possibilità di alleanza: “In regione, siamo sempre andati al voto da soli, abbiamo la nostra identità e abbiamo fatto, in questi 5 anni, battaglie anche contro alcune politiche del Pd e dobbiamo continuare a portare avanti i nostri valori”, ha affermato la consigliera regionale del M5S Silvia Piccinini.

“Questa – spiega l’esponente del Movimento 5 Stelle, che non ha ancora presentato un candidato per le regionali – deve invece essere l’occasione per tornare ad investire sul livello locale, dove il Movimento zoppica. Abbiamo le potenzialità per farlo, Salvini ci ha tolto un po’ di fiato, ma è ora di credere in noi stessi e ricominciare a correre”. Diversa invece la situazione a livello nazionale: “A livello nazionale, invece – distingue -, un patto con il Pd è necessario per l’interesse generale, c’è l’aumento dell’Iva da scongiurare, la manovra da presentare. È un momento delicato”.

Nel dibattito si inserisce anche il neo sindaco leghista di Ferrara Alan Fabbri, uomo di punta di Matteo Salvini in Emilia-Romagna e candidato alla guida della Regione nel 2014: “Si parla di tentativi di avvicinamento a livello regionale tra il M5s e il Pd, pur di non far vincere il centrodestra, in Assemblea legislativa, in Regione, ci sono sempre state tante diatribe tra loro ma, con quello che sta capitando a Roma, può succedere di tutto e sinceramente è veramente triste”, ha detto.

“Il Pd è così spaventato di perdere che sta facendo di tutto – aggiunge Fabbri – Potrebbe anche chiedere l’aiuto dei 5 Stelle, spero non si facciano convincere”. E prevede: “Se si alleassero per le regionali, l’elettorato si ribellerà. E poi chi sarà il candidato? Non può essere certo Bonaccini che, comunque, è l’unico che ha un po’ di forza politica. Fino all’altro giorno i pentastellati gli hanno sputato addosso e ora lo candiderebbero?”.

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Crisi, Zingaretti al Quirinale: “Sostegno a nuova iniziativa di governo. M5s indica il premier”

“Abbiamo espresso al presidente della Repubblica il tentativo di dare vita a un nuovo Governo con una nuova maggioranza. Gli abbiamo detto di aver accettato la richiesta del M5S di indicare il nome del presidente del Consiglio dei ministri”. Lo ha detto il segretario del Pd Nicola Zingaretti al termine del colloquio al Quirinale con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Il nuovo governo porterà “una nuova sfida, l’inizio di una nuova stagione, civile, sociale e politica – ha detto il segretario dem -. Amiamo l’Italia e crediamo che valga la pena tentare questa esperienza. In tempi complicati come quelli di oggi sottrarsi alla responsabilità del coraggio di tentare è l’unica cosa che non possiamo e non vogliamo permetterci. Intendiamo mettere fine alla stagione dell’odio, del rancore e della paura”.

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Governo, Morra: “Voto su Rousseau dopo incarico a Conte? Condizioni diverse rispetto ad accordo Lega”. Richetti (Pd): “Follia”

“Le condizioni oggi sono diverse rispetto ad un anno fa, quando il voto sull’accordo con la Lega, si svolse prima che Giuseppe Conte venne incaricato di formare il governo, ma a mio avviso noi dobbiamo sempre rispettare sia le regole della nostra Costituzione, sia le regole che come Movimento ci siamo dati. Per cui essendo noi dei portavoce, dobbiamo coinvolgere nel processo decisionale anche i nostri attivisti. Il Pd protesta? Loro hanno la Direzione, noi ne siamo privi e abbiamo l’intelligenza collettiva e non mi pare poco”. Così Nicola Morra, intercettato nei pressi di Palazzo Madama approva la scelta annunciata dal capo politico 5 Stelle, Luigi di Maio, di far votare l’accordo con il Pd agli attivisti del Movimento.

Invece il senatore Democratico Matteo Richetti, che oggi nella direzione nazionale ha votato – unico – no alla relazione del segretario Zingaretti afferma: “Siamo alla follia, ma non arrivo all’utilizzo di Rousseau come motivo per non dialogare con i 5 Stelle”, ma poi si sfoga contro il suo partito: “Due direzioni fa si era detto ‘mai con il m5s’, poi ‘no a Conte premier’, ora facciamo l’accordo con il M5s e sì a Conte presidente del Consiglio, ma per fare cosa? Cosa faremo quando il M5s tra due settimane verrà da noi per la revoca delle concessioni autostradale. E stiamo qui a parlare di Di Maio che vuol fare il vicepremier? C’è un Paese e degli elettori che non ci stanno capendo. Era il M5s che doveva aprire al suo interno una pagina nuova, invece di dire ‘Conte prendere o lasciare’, non può essere la necessità a dettarci l’accordo con loro – prosegue Richetti – il Paese sta capendo che ci stiamo acconciando per far proseguire la legislatura. Avremmo dovuto fare tutti un passo indietro e chiamare le migliori personalità politiche: Fabrizio Barca, Cantone, Giovannini, invece – conclude – siamo qui, ma io non non mi faccio da dire da Di Maio ‘io devo fare..’ perché così è meglio il voto”.

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Crisi, Calenda: “Lascio il Pd, partito a pezzi. Rifiuto l’accordo col M5s”. E annuncia: “Rafforzo Siamo europei, serve nuova classe dirigente”

Carlo Calenda lascia il Pd. E lo fa con una lettera inviata al segretario dem Nicola Zingaretti e al presidente Paolo Gentiloni. “Rifiuto l’accordo con chi cavalca le peggiori pulsioni antipolitiche e cialtronesche, cioè col M5s“. Poi, al termine del video, ha annunciato: “Rafforzo Siamo europei, c’è bisogno di una nuova classe dirigente”.

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Governo, Richetti: “Non riconosco più il Pd. Si toglie dignità al partito, Rousseau indecente”

“Non riconosco più il mio partito. Si è fatto un documento di Calenda che diceva no al 5 stelle e poi si tratta con il m55. Eravamo contrari a Conte e oggi abbiamo assunto che era incaricato premier. Come si fa a chiedere a Conte di disfare il governo Conte? Ho chiesto un governo generoso in cui le forze politiche fanno un passo indietro. Sono stanco di un mandato che toglie dignità al PD ai suoi militanti. Non mi pongo il problema di uscire dal PD ma di far fare qualcosa che abbia senso dignità e valore. Rousseau una modalità indecente lo abbiamo sempre detto io oggi non cambio idea”. Così Matteo Richetti all’uscita dalla riunione del PD

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Crisi, Cuperlo: “Irricevibile voto su Rousseau, bisogna essere seri. E no a Di Maio vicepremier”

Irricevibile. Lo definisce così Gianni Cuperlo, componente della segretaria dem di Nicola Zingaretti, l’annuncio del M5s di voler organizzare il voto sulla piattaforma Rousseau dopo che Giuseppe Conte avrà ottenuto l’incarico dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per la formazione del nuovo governo. “In questo passaggio così delicato bisogna essere seri, nessuna consultazione online che danneggerebbe le due parti”. Cuperlo chiude anche a Luigi Di Maio come vicepresidente del Consiglio: “Non c’è una pregiudiziale nei suoi confronti, respingiamo però lo schema gialloverde con un presidente arbitro e i due vice espressione delle forze di maggioranza”.

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Crisi, Orlando: “Inaccettabile se Rousseau modifica scelta di Mattarella”. Patuanelli: “Tempistica voto decisa con Conte”

“Se il voto su Rousseau dovesse entrare in conflitto con la procedura prevista dalla Costituzione e incidere sulle decisioni del Capo dello Stato sarebbe inaccettabile. Se è uno strumento di decisione interna è un altro discorso”. A dirlo il vicesegretario del Pd, Andrea Orlando,all’arrivo alla Camera per la direzione del partito. La replica, da parte del M5s, arriva dai capigruppo Stefano Patuanelli e Francesco d’Uva: “È nostra intenzione, come abbiamo sempre fatto, coinvolgere gli iscritti al Movimento attraverso la nostra piattaforma. Il percorso del voto su Rousseau è stato condiviso con Giuseppe Conte e abbiamo deciso di farlo dopo l’incarico”.

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Crisi, Fornaro (Liberi e Uguali): “Disponibili a governo di svolta, no a veti sui nomi”

Il gruppo LeU ha confermato la “disponibilità a verificare condizioni per dare vita a nuovo governo di svolta“, targato Pd e M5s. Lo ha detto il presidente del gruppo Liberi e Uguali alla Camera, Federico Fornaro. “In questi giorni non abbiamo posto pregiudiziali su nomi. Chiediamo però con altrettanta chiarezza discontinuità nell’impianto del nuovo governo”. Fornaro ha sottolineato l’importanza di vedere più impegno da parte del nuovo esecutivo nelle politiche economiche e sociali, nella lotta alle mafie, nelle politiche dell’immigrazione, nella sanità. “Come primo atto, deve esserci una legge di bilancio di svolta, per ottenere quegli spazi finanziari necessari per il Sud. Deve essere un governo di svolta che possa agire sconfiggendo campagne come quella del decreto Pillon“.

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Crisi di governo, il renziano Davide Serra boccia il governo Pd-M5s: “Cinque Stelle rappresentano il concetto di parassita”

Sbagliato andare al governo con i “parassiti”. Davide Serra, fondatore e ad di Algebris oltre che assiduo frequentatore della Leopolda e sostenitore di Matteo Renzi, boccia senza appelli il possibile accordo per la formazione di un governo tra Partito Democratico e Movimento 5 Stelle. In un’intervista a Il Foglio, l’imprenditore si oppone a una soluzione che è stata proposta, per primo, proprio dall’ex presidente del Consiglio fiorentino: “Penso non si debba mai fare un governo con i populisti perché per definizione mentono – ha detto – Usano la parola popolo per aumentare la disoccupazione e distruggere crescita e fiducia e finanziano tutto solo con debito. Il loro unico obiettivo è ciulare uno stipendio che nessuno gli darebbe nel settore privato. Nessuno dei Cinque stelle prenderà mai più uno stipendio come quello da politico il giorno in cui se ne torneranno a casa. E fidarsi di Di Maio, che ha dimostrato di essere un bugiardo seriale sulle varie crisi aziendali, è da folli. Lo stesso vale per la Casaleggio Associati. Alle prossime elezioni il M5s sarà al 10% e il fatturato della Casaleggio Associati scenderà come i voti comprati con i soldi di chi lavora, si spacca la schiena e paga le tasse”.

L’unica strada percorribile, nonostante voglia dire aprire le porte a un governo di destra guidato dalla Lega, è quella del voto, sostiene Serra: “Tutta la vita il voto anticipato. E la manovra per coprire il buco ha un nome e un cognome: i populisti Conte, Di Maio, Salvini con M5s e Lega uguale 23 miliardi di buco“. Il Movimento, aggiunge Serra, “rappresenta il concetto di parassita. Vive solo sulle spalle altrui. Non creano nulla. Non costruiscono nulla. Prendono salari da chi paga le tasse e dicono no a tutto perché sono incapaci di fare qualsiasi cosa. Parassiti. Spero solo non si faccia perché io non lo farei mai un governo con il M5s”.

Nel mirino del simpatizzante renziano, oltre al vicepremier uscente, Luigi Di Maio, finisce anche il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che negli ultimi giorni ha invece riscosso il sostegno internazionale e anche un discreto appoggio interno: “È come Don Abbondio – dice – Farebbe tutto e il contrario di tutto pur di avere un ruolo così prestigioso. Anche lui è un avvocaticchio di terza serie. Utile per il sistema Casaleggio. Conte è il nulla più totale“.

Se gli si chiede perché, allora, Renzi appoggi la formazione di questo nuovo esecutivo, l’imprenditore risponde: “Lo chieda a lui, non a me. Io penso che Renzi sia il migliore in Italia. E i numeri lo dimostrano in maniera ovvia. Dai posti di lavoro al Pil, alla fiducia di imprese e consumatori. Ma ognuno parla e pensa per sé. Il bello della democrazia è la libertà”.

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martedì 27 agosto 2019

Governo, la diretta – Nuovo tavolo tra le delegazioni Pd e M5s: distanza su Di Maio vicepremier e voto Rousseau. Partiti oggi da Mattarella

Ultimo giorno utile a Movimento 5 Stelle e Pd per trovare un accordo da proporre al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Oggi (mercoledì) si chiuderanno infatti le consultazioni tra le formazioni parlamentari e il Capo dello Stato, con i Democratici che alle 16 saliranno al Quirinale, dopo la presenza in mattinata di Liberi e Uguali e Fratelli d’Italia, seguiti poi da Forza Italia alle 17, Lega alle 18 e, infine, M5s alle 19. Ultimo giorno, quindi, per trovare una soluzione ai punti su cui si sono incagliati i due partiti: superato il veto su Giuseppe Conte premier, adesso c’è da trovare un accordo sulla consultazione sulla piattaforma Rousseau e stabilire se e quale ruolo ricoprirà Luigi Di Maio nel nuovo esecutivo, con i Dem che chiedono una vicepresidenza unica. Per questo, alle 8.30 si aprirà un nuovo tavolo tra le delegazioni di Pd e M5s.

Ieri il blocco, poi la ripresa delle trattative e, in serata, un nuovo stop. È stata una telefonata a tarda ora tra Luigi Di Maio e il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, a portare la trattativa di nuovo in bilico. Nella conversazione, che non viene confermata né smentita dalle fonti ufficiali pentastellate e Dem, Di Maio ha ribadito al segretario Pd che nel nuovo esecutivo vuole continuare a ricoprire il ruolo di vicepremier, accanto a un omologo del Pd. Entrambi i leader sono stati riuniti fino a notte con lo stato maggiore dei rispettivi partiti. Nella riunione al Nazareno, i dirigenti Pd hanno fatto quadrato attorno al segretario nel sostenere il no alla vicepresidenza per il capo M5s: Di Maio vice, con Conte premier, vorrebbe dire per il Pd prendere parte a un “rimpastone”, è il ragionamento.

Diversa la posizione di una parte dei pentastellati più vicini al ministro del Lavoro uscente. “Di Maio è il capo politico del M5s, deve essere assolutamente nel governo e avere un ruolo”, ha detto in nottata il capogruppo al Senato, Stefano Patuanelli. “Domani vediamo cosa succede”. Patuanelli che in mattinata, mentre stava entrando alla Camera per il nuovo tavolo tra i due partiti, ha ribadito. “I veti non sono mai positivi”.

Chi invece si preoccupa del fatto che i pentastellati vogliano mettere il risultato delle contrattazioni ai voti sulla piattaforma degli iscritti al Movimento è Carlo Calenda: “Luigi Di Maio ha appena dichiarato che sottoporrà l’accordo che ancora non c’è al voto della piattaforma Rousseau in spregio a ogni prassi istituzionale – ha scritto su Facebook l’eurodeputato – Basta. Mi appello a Paolo Gentiloni e Nicola Zingaretti perché facciano cessare questo sconcio. Dopo aver ingoiato Conte e Di Maio non possiamo continuare a umiliarci in questo modo”.

CRONACA ORA PER ORA –

8.20 – Delegazioni Pd e M5s in arrivo alla Camera
“Ribadisco, i veti non sono mai positivi”. Lo ha detto Stefano Patuanelli, capogruppo M5s al Senato, entrando alla Camera per l’incontro fra delegazioni Pd e M5s. È arrivato anche il capogruppo alla Camera, Francesco D’Uva, che non ha voluto rilasciare dichiarazioni.

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Di Maio: “Alla fine del percorso il progetto di governo sarà votato sulla piattaforma Rousseau. Gli iscritti avranno l’ultima parola”

Gli iscritti del Movimento 5 stelle, “alla fine del percorso” ed “entro la prossima settimana”, si esprimeranno sulla piattaforma Rousseau per dare il via libera o meno al progetto del governo giallorosso. L’annuncio è stato fatto dallo stesso Luigi Di Maio e pubblicato sul Blog delle Stelle alla fine del sesto giorno di trattative tra Pd e M5s. Proprio le tempistiche del voto online erano tra le incognite sollevate in queste ore.

“Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella“, si legge, “domani completerà il secondo giro delle consultazioni e ascolterà le valutazioni dei gruppi parlamentari delle varie forze politiche. Il Movimento 5 stelle ha messo sul piatto dieci punti per l’Italia come base per qualsiasi discussione. Il confronto tra le forze politiche su questa base sarà portato avanti dal presidente del Consiglio che eventualmente domani potrebbe essere incaricato dal presidente Mattarella”. Nell’annuncio, firmato dal capo politico Di Maio, si specificano le tappe dei prossimi giorni: “Alla fine di questo percorso ci sarà una proposta di progetto di governo che sarà stata condivisa tra le forze politiche che intendono entrare in maggioranza. Prima che venga sottoposta al Presidente della Repubblica, questa proposta sarà votata online su Rousseau dagli iscritti del Movimento 5 stelle. Solo se il voto sarà positivo la proposta di progetto di governo sarà supportata dal Movimento 5 stelle. Il voto dovrebbe avvenire entro la prossima settimana. Gli iscritti al Movimento 5 stelle hanno e avranno sempre l’ultima parola”.

Il messaggio ufficiale al Movimento è arrivato alla fine di una lunga giornata di mediazioni tra Pd e Movimento 5 stelle e alla vigilia dell’incontro con il capo dello Stato: nel vertice notturno del 26 agosto, secondo alcune ricostruzioni, i democratici hanno chiesto al M5s di evitare il passaggio su Rousseau. Ma la richieste è stata giudicata irricevibile dai grillini che, come già per l’alleanza con la Lega, ritengono imprescindibile il via libera degli iscritti. In mattinata aveva parlato il socio di Rousseau Massimo Bugani, ribadendo che “l’ultima parola spetta agli iscritti”. Lo stesso Davide Casaleggio, nel corso della riunione dello stato generale del Movimento lunedì 26, aveva dichiarato che il voto online non avrebbe potuto essere evitato, anche se i tempi sono molto stretti.

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Crisi di governo, Patuanelli dopo riunione con i capigruppo Pd: “Confrontati sui temi, non sui nomi. Confronto prosegue domani”

“Ci siamo confrontati sui punti, noi abbiamo portati i nostri dieci e loro quelli elaborati nei loro tavoli e dopo due ore abbiamo deciso di aggiornarci a domani”. Lo ha detto il capogruppo del Movimento 5 stelle al Senato Stefano Patuanelli all’uscita, assieme a Francesco D’Uva, dalla riunione con i capogruppo del Pd sul programma di governo. E mentre tiene banco la composizione della squadra di governo, a meno di 24 ore dalle consultazioni con il Presidente della Repubblica, il capogruppo M5s non risponde alle domande sul no dei dem a Di Maio vicepremier, né sul fatto che il Pd consideri Conte un presidente M5s e non una figura terza da affiancare con due vicepremier. “Conte è un presidente del Consiglio che ha dimostrato grandissima capacità” afferma Patuanelli prima di entrare a Palazzo Chigi, per incontrare Luigi Di Maio

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Governo, Marcucci (Pd): “Io ottimista. Trattativa ripresa, segnali positivi da M5S”

Arrivando al Nazareno Andrea Marcucci ha mostrato ottimismo sulla ripresa della trattativa con il Movimento 5 Stelle per la formazione di un governo: “Mi sembra che qualche passo in avanti sia stato fatto. La trattativa mi sembra ripartita, ci sono passi in avanti. Io sono un indomito ottimista e i segnali che provengono dal M5S mi sembrano positivi”

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Elezioni regionali Umbria, Verini (Pd): “Da soli non andiamo da nessuna parte”. E apre al M5S

“Il dialogo con il Movimento 5 stelle, a prescindere da quello che accade a Roma, e altre forze è aperto”. Lo ha detto il commissario umbro del Pd, Walter Verini, parlando delle alleanze per le prossime elezioni regionali in Umbria. Nelle quali il Partito democratico appoggia un progetto “sociale-civico” e punta “a fare coalizione più ampia possibile”. “Se poi a livello nazionale si realizzerà un governo giallo-rosso – ha detto ancora Verini – questo dialogo sarà facilitato, ma ripeto ben venga a prescindere dal quadro romano. Anche perché in Umbria non stiamo parlando di una trattativa tra partiti ma – ha concluso il commissario umbro – dell’incontro su un progetto civico-sociale avviato”

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Sondaggi, istituto Gpf: per 2 persone su 3 Conte dovrebbe essere il leader dei 5 stelle

Due persone su tre vorrebbero Giuseppe Conte leader del Movimento Cinque Stelle. E’ il risultato di un sondaggio dell’istituto Gpf uscito nelle ore in cui la trattativa tra M5s e Pd per un nuovo governo guidato dal presidente del Consiglio uscente, nella quale però a parlare per il Movimento è Luigi Di Maio, il capo politico. Il 67,4 per cento degli intervistati di Gpf tra il 24 e il 26 agosto risponde invece che è Conte che dovrebbe fare da guida del M5s. Solo il 14,3 risponde Di Maio e poco dietro c’è Alessandro Di Battista il 13,9. Il presidente di Gpf Roberto Baldassari spiega che quella del premier uscente è un’opzione più che credibile nel dualismo Di Maio-Di Battista che “si mangiano consensi l’un l’altro, in una lotta ‘fratricida’”.

Gli altri due quesiti sono più generali. Nel primo si chiedeva se per governare è meglio un politico di professione o un esponente della società civile e la spunta quest’ultimo: 44 per cento contro 32. Bisogna dire il 19 per cento non lo ritiene un aspetto risolutivo. La seconda domanda è invece sull’appartenenza alle forze politiche, in realtà sempre meno tenuta in conto dagli elettori. Il 40,2 per cento si riconosce in un partito presente in Parlamento, il 39,4 non si riconosce in un partito o un leader e il 19,3 si riconosce infine solo nella figura del leader.

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Crisi, Marcucci: “Presidente Conte faccia sforzo perché prevalga il senso di responsabilità”. Delrio: “Speriamo il dialogo riprenda”

Prevalga il senso di responsabilità. Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, faccia uno sforzo in questo senso”. A dirlo,al termine di una mattinata fatta di riunioni nella sede del Pd, il capogruppo in Senato, Andrea Marcucci. “C’era un dialogo che è stato bruscamente interrotto, non capiamo perché. Speriamo che qualcuno lo riprenda in mano” è il commento del capogruppo a Montecitorio, Graziano Delrio. Il Partito democratico ha convocato un nuovo vertice, alle 16, proprio dopo l’interruzione della trattativa col M5s.

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Governo M5s-Pd, il totonomi di La7: “Orlando vicepremier”. E Di Maio resta fuori da esecutivo

Andrea Orlando come unico vicepresidente del Consiglio, Antonio Misiani, sempre del Pd, al posto di Giovanni Tria e Luigi Di Maio escluso da ogni casella (anche dal Lavoro e dallo Sviluppo economico). È la ricostruzione dei nomi in un eventuale governo M5s-Pd fatta dalla redazione de L’Aria che Tira, su La7.

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Crisi, Paragone a Omnibus: “Per coerenza non voterò una eventuale fiducia a governo M5s-Pd”

Nel Movimento 5 Stelle esiste una componente decisamente contraria all’ipotesi di un governo con il Pd di Renzi e Zingaretti. Chi lo ha detto senza mezzi termini è Gianluigi Paragone che, ospite di Omnibus (La7), ha dichiarato che non voterà una eventuale fiducia ad un esecutivo M5s-Pd: “Per coerenza con tutto quello che ho sempre sostenuto”.

“Quanti come me? Non lo so, non ragiono in termini di correnti e non faccio questi esercizi. Sono coerente con quello che ho detto in Tv e quanto messo nero su bianco nei miei libri. Questa sinistra è la peggiore possibile”. E sul suo futuro da senatore puntualizza: “Resterò per un tempo breve, tornerò a lavorare”

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Crisi di governo, Bersani: “M5s-Lega era accordo innaturale. Elettorati Pd e 5 stelle sono vicini”

“Me ne rendevo conto, all’epoca degli streaming, che gli elettorati di Pd e M5s erano critici ma vicini. C’è stata una falsa partenza in questa legislatura, l’accordo tra grillini e Lega era innaturale”. A dirlo, ospite a In Onda su La7, il deputato di Liberi e Uguali ed ex segretario del Partito democratico, Pier Luigi Bersani.

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Crisi di governo, M5s: “Nessun nuovo incontro col Pd senza sì ufficiale a Conte”. Oggi al Colle cominciano le consultazioni – LA DIRETTA

Il nuovo faccia a faccia è fissato alle ore 11. L’ultimo è durato quattro ore ma non ha portato ad alcun accordo: il nuovo governo giallorosso non esiste ancora. La riunione notturna a Palazzo Chigi tra il leader M5s Luigi Di Maio e Giuseppe Conte da un lato e il segretario dem Nicola Zingaretti e il suo vice Andrea Orlando dall’altro, sembra avere riportato indietro le lancette dell’accordo, in attesa del nuovo incontro che inizierà alle 11. I nodi non sembrano essere tanto quelli del programma e della manovra, sui cui pure Zingaretti vuole un’intesa di massima prima di tornare al Colle per il secondo giro di consultazioni. Il vero rebus è la composizione della squadra di governo: se il veto su Conte premier è di fatto caduto, resta il problema dei vice. Con Zingaretti intenzionato a restar fuori dall’esecutivo e l’avvocato che invece spinge perché ad affiancarlo siano i leader dei due partiti della nuova coalizione. Di contro Di Maio punta a chiudere per sottoporre l’accordo agli iscritti sulla piattaforma Rousseau, ma il Pd – secondo ricostruzioni fino ad ora non smentite – si è presentato al tavolo con la richiesta di sottoporre la nascita del governo al solo voto dei gruppi parlamentari. Del resto, Zingaretti aveva già inserito la volontà di riportare in primo piano la democrazia rappresentativa nei 5 punti programmatici portati al primo tavolo con i pentastellati.

Il rebus dei vice – Caduto il veto sulla sua permanenza all’interno dell’esecutivo, Conte ha provato a far passare per sé il ruolo di garante super partes ricoperto nel governo gialloverde. Con Zingaretti e Di Maio come vice. Ma il governatore del Lazio non ci sta: intende restare in Regione e “non farà parte di un governo Pd-M5S”, spiegavano nella notte gli ambienti dem. Questo perché, è il ragionamento, Conte va ormai considerato in quota 5 Stelle. E il Pd vuole la poltrona di vicepremier, ma a patto che sia un incarico unico affidato a Orlando. Sull’altro fronte, il vero problema è il ruolo di Di Maio. Il leader 5 stelle avrebbe rivendicato anche il Viminale. Che anche il Pd vuole ottenere- come segno di “discontinuità” dopo la gestione Salvini – insieme ai ministeri chiave dell’Economia, della Giustizia e del Lavoro. Nessun problema per il primo e l’ultimo. In via Arenula, però, Di Maio vuole mantenere Alfonso Bonafede. Il rifiuto dei dem è però netto: o i 5 stelle prendono gli Interni o mantengono la Giustizia, non entrambi. La strada è ancora in salita, dunque, a poche ore dall’inizio del nuovo giro di consultazioni del capo dello Stato.

Il voto su Rousseau e l’assemblea M5s Anche la consultazione su Rousseau è un tasto dolente. Per i pentastellati è irrinunciabile, nonostante la consultazione degli iscritti sull’accordo con i dem si preannunci passaggio molto delicato. Lo stesso Davide Casaleggio ieri, durante il vertice dello stato maggiore, ha espresso le sue preoccupazioni e ricordato che il voto non può essere rimandato. Da regolamento la consultazione avrebbe dovuto essere annunciata almeno 24 ore prima e preparata per tempo. Questa volta però, il timing è molto complicato e il M5s sarà costretto a scadenze ristrette. La nota positiva, per i 5 stelle, è che a mettere la faccia sul governo sarà Giuseppe Conte, il leader attualmente più apprezzato. E soprattutto sostenuto, difeso e blindato dal guru Beppe Grillo. Il suo nome sarà fondamentale, in caso di accordo, per convincere la base. In serata, verso le 19, è poi in agenda l’assemblea congiunta dei gruppi M5s: un passaggio più che altro formale, perché Di Maio ha già avuto il mandato per trattare con il Pd e la base degli iscritti è quella che ha potere di far saltare il banco.

La direzione Pd Per il Partito democratico l’esame dell’eventuale intesa sarà fatto invece in direzione. Zingaretti, che per giorni ha ribadito il veto sul premier, ha deciso di rivedere la sua posizione dopo le pressioni interne ed esterne. Ma vuole, per andare fino in fondo, farsi votare il mandato dalla direzione, visto che la settimana scorsa il via libera era soltato a “verificare” l’esistenza di una nuova maggioranza. Quindi ci sarà un altro voto e un’altra riunione collettiva. Dopo l’incontro con i tavoli di lavoro di domenica scorsa, sarà la terza occasione durante la quale Zingaretti cercherà di rendere più possibilmente collegiali le decisioni. È una delle strade scelte dal segretario Pd per realizzare la “discontinuità” che invoca da giorni: una spada agitata sul percorso che avrebbe dovuto riportare Conte a Palazzo Chigi, poi sacrificata sull’altare dei temi. L’appuntamento al Nazareno è per le 18.

Il calendario delle consultazioni Mentre in centro Pd e M5s riuniranno direzione e gruppi parlamentari, sul Colle più alto di Roma, Sergio Mattarella inizierà il secondo giro di consultazioni. Si parte alle 16 e si chiude alle 19 di mercoledì. Lo schema è lo stesso del primo giro: Alle 16Mattarella telefonerà al senatore a vita Giorgio Napolitano. Poi sentirà i presidenti di Senato e Camera, Elisabetti Casellati e Roberto Fico, quindi a seguire alle 18:40 i gruppi Misti dei due rami del Parlamento. Nel pomeriggio della seconda giornata sfileranno invece le delegazioni maggiori: Forza Italia alle 16, Pd alle 17, Lega alle 18, M5s alle 19. Per allora i giochi interni ed esterni.

CRONACA ORA PER ORA

10.04 – Calenda: “Spettacolo indecoroso, Pd sotto schiaffo”
“Sono stato zitto, come promesso, fino all’inizio delle consultazioni. Ma ora basta. Lo spettacolo è indecoroso. Oggi iniziano e noi stiamo prendendo da giorni schiaffi da Di Maio e soci. C’è un democratico rimasto che si ribelli ai diktat su Conte e a un negoziato che non ha toccato un tema vero (ILVA, Alitalia, Tap, Tav, RDC, Quota 100..)?! #Basta. Partito Democratico”. Così sui social Carlo Calenda.

10.02 – Di Maio ai suoi: “Se non dicono sì a Conte inutile rivedere Pd”
“Se non dicono si a Conte è inutile vedersi. Sono stanco dei giochini”. È quanto avrebbe detto ai suoi ieri sera Luigi Di Maio.

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