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martedì 31 dicembre 2019

M5s, Grillo fa gli auguri di buon 2020 mentre scava una fossa: “Basta avere paura. Sarà un anno meraviglioso, ma ci dobbiamo preparare”

Non più un “controdiscorso” in contemporanea con il Capo dello Stato come ormai da tradizione per il M5s, ma un video pubblicato sulla pagina Facebook nella tarda mattinata del 31 dicembre. Beppe Grillo ha deciso di non intervenire in diretta mentre parla Sergio Mattarella, ma di registrare un messaggio di auguri per il 2020. “Basta aver paura, sarà un anno meraviglioso, all’insegna dell’ottimismo…”, dice il fondatore del Movimento 5 stelle mentre scava una fossa in spiaggia. “Auguri a tutti, basta aver paura! Siamo terrorizzati da tutto, dal clima, dai cambiamenti, qualsiasi cosa ci impaurisce… i mari che si innalzano e scompariranno…basta con questa paura, dobbiamo essere ottimisti, il futuro che ci aspetta è radioso…”. Le sue parole ricordano gli ultimi suoi discorsi in pubblico in sostegno del Movimento 5 stelle e perché i suoi “pensino al futuro” nonostante le difficoltà interne e nei sondaggi. Quindi chiude il video-messaggio, sempre scavando la fossa e con una battuta: “Sarà un anno straordinario, ma intanto ci dobbiamo leggermente preparare”.

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lunedì 30 dicembre 2019

Autostrade, la maggioranza (tranne i renziani) dopo il crollo del soffitto della galleria sulla A26: “Ora basta la misura è davvero colma”

Il crollo parziale del soffitto della galleria Bertè lungo la A26 Genova-Gravellona Toce compatta la maggioranza sul tema della revoca delle concessioni autostradali. “Misura colma” per M5s e Leu, ferma presa di posizione di un big del Pd come Andrea Orlando. A tacere è solo Italia Viva. Eccezion fatta per i renziani, dunque, l’ultimo fatto di cronaca che riguarda Autostrade provoca reazione unanimi tra le forze che sostengono il governo Conte 2. E si fa sentire anche un membro dell’esecutivo: “Ancora la A26, ancora in Liguria, ancora Autostrade. E c’è ancora chi sulla revoca delle concessioni tentenna, o chi usa toni minacciosi che sanno di ricatto”, scrive il sottosegretario alle Infrastrutture Roberto Traversi, del M5S.

Per Sergio Battelli, deputato ligure del Movimento, si tratta “dell’ennesimo, incredibile disastro che, solo per miracolo, non ha provocato vittime. Ora basta, la misura è davvero colma. Non possiamo pagare per l’incapacità di chi dovrebbe gestire questa tratta autostradale”, scrive su Instagram. Duro anche l’affondo dell’ex ministro Orlando: “Credo che dopo le notizie di oggi sia ancor più difficile contestare le scelte fatte dal governo sul tema concessioni e mi auguro che Aspi ritiri la lettera dei giorni scorsi e chieda scusa”, ha scritto su Twitter riferendosi agli articoli del Milleproroghe, approvato salva intese, che puniscono i concessionari inadempienti. Una misura che poche ore prima era stata contestata da Confindustria.

Il capogruppo di Leu alla Camera, Federico Fornaro, invece, afferma: “Il parziale crollo di un soffitto di una galleria sulla autostrada A26 tra Masone e Genova impone interventi immediati, perché la sicurezza viene prima di ogni cosa”. Il parlamentare chiede quindi ad Autostrade di chiarire “se è in grado di continuare a gestire in sicurezza viadotti e gallerie a loro affidate in concessione. La questione non è una disputa tra avvocati, ma riguarda il diritto degli automobilisti a guidare tranquilli e sereni sulle nostre autostrade: la misura è colma”.

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Restituzioni M5s, 18 parlamentari morosi da inizio anno. Giarrusso: “Accantono le somme per pagare le spese dei processi”

Ritardi, dimenticanze e rallentamenti. Poi accuse al sistema “farraginoso” e richieste di chiarimenti sulla gestione. Dopo le polemiche per le mancate restituzioni dell’ormai ex ministro M5s Lorenzo Fioramonti, dentro il Movimento 5 stelle continua a far discutere il sistema dei rimborsi. Il regolamento prevede infatti che i parlamentari M5s restituiscano un minimo di 2mila euro al mese da decurtare dal proprio stipendio e 300 da destinare invece allo sviluppo della piattaforma Rousseau: una regola che però non viene rispettata da tutti o almeno non con la stessa puntualità. In generale, come dimostra il sito Tirendiconto.it dove viene tenuta traccia dei versamenti, sono 18 i parlamentari che nel 2019 non hanno restituito nulla. Mentre un terzo, 103 su 317, non risultano in regola. Il 28 dicembre sul Blog delle Stelle è comparso un ultimatum: “Tutti i parlamentari contattati via mail”, ovvero morosi a fine anno, “sono stati invitati a ottemperare agli impegni giuridici e morali assunti entro e non oltre il 31 dicembre 2019“. In caso contrario si muoveranno i probiviri. L’attenuante concessa è comparsa sul sito e prevede che, chi ha completato le rendicontazioni fino ad agosto compreso, è da considerarsi in regola.

Tra chi non ha mai restituito i soldi quest’anno ci sono 11 deputati: Nicola Acunzio, Nadia Aprile, Santi Cappellani, Federica Dieni, Lorenzo Fioramonti, Flora Frate, Francesca Galizia, Marta Grande, Mara Lapia, Paolo Nicolo Romano, Andrea Vallascas. Sette i senatori nella stessa condizione: Cristiano Anastasi, Vittoria Deledda Bogo, Alfonso Ciampolillo, Luigi Di Marzio, Fabio Di Micco, Mario Michele Giarrusso, Pietro Lorefice. Di questi oggi si è difeso su Facebook Giarrusso. “Non ho mai rinnegato gli impegni presi col Movimento”, ha scritto sulla sua pagina, “né intendo abbandonare il Movimento. Semplicemente è cambiato il meccanismo della rendicontazione e quello nuovo non consente più l’accantonamento di quanto rendicontato. Perché questo ho fatto. Ho accantonato, da gennaio 2019, le somme che avrei dovuto restituire, per costituire una riserva per far fronte alle spese legali per alcuni processi pendenti a mio carico, scaturiti dalla mia attività di parlamentare”. In particolare, ha aggiunto: “Ho, ad esempio, al momento ancora pendente il processo penale per il post sul blog di Grillo, relativo al comizio presso il comune di Agira (En) di alcuni anni fa. Ho altresì pendente un processo civile per un comizio a Porto Empedocle ed altri processi sempre legati alla mia attività parlamentare. Ho da tempo comunicato al capogruppo e a Beppe Grillo, il motivo dei miei accantonamenti ed aspetto di avere riscontro alle mie deduzioni. In ogni caso, concluse le vicende giudiziarie, provvederò a rendicontare e restituire quanto accantonato”.

La questione rimborsi nel Movimento si riapre periodicamente. L’ultima polemica è nata dopo che l’ex ministro Fioramonti, tra quelli che appunto non hanno mai restituito nel 2019, ha criticato il metodo. Sulle restituzioni c’è “il risentimento dei parlamentari (molti dei quali non avrebbero il coraggio di sostenerlo in pubblico) e l’imbarazzo dei gruppi dirigenti per un sistema gestito da una società, il cui ruolo rimane a tutti poco chiaro”, ha scritto su Facebook parlando del “metodo farraginoso e poco trasparente con cui si gestiscono le nostre restituzioni”. Poco dopo è stato il senatore Gianluigi Paragone, per il quale è stata aperta una procedura disciplinare dai probiviri dopo aver votato contro la fiducia in Senato, a registrare un video per fare il nome degli irregolari. La prima a replicare è stata la deputata Carla Ruocco, che ha attualmente un ritardo di tre mesi: “Il sito Tirendiconto non risulta aggiornato sugli ultimi mesi da me rendicontati. Ad ogni modo, è vero, ho un ritardo di circa 3 mesi su oltre 70 mesi di restituzioni e ciò a causa del mio impegno notte e giorno sul decreto fiscale. Rassicuro Paragone che al rientro sistemerò i mesi mancanti. Però, non posso evidentemente accettare lezioni da lui che non mi pare abbia mai interpretato lo spirito del M5s né per militanza né per sua storia personale passata e presente e probabilmente futura!”.

Non ci sono solo i 18 che da gennaio scorso non versano i soldi. Alla Camera è in ritardo di sette mesi Simone Valente. Ad avere in arretrato sei mensilità sono sette deputati: Andrea Colletti, Giuseppe D’Ippolito, Massimiliano De Toma, Daniele Del Grosso, Luigi Iovino, Paolo Lattanzio, Dalila Nesci. In quattro sono invece indietro di cinque mesi: Ehm Yana Chiara, Mariani Felice, Elisa Siragusa, Gianluca Vacca. Proprio la deputata Ehm Yana Chiara è stata contestata nei giorni scorsi per aver postato una foto dalla Maldive e lei ha garantito che restituirà quanto dovuto. Altri quattro deputati non hanno restituito le ultime quattro mensilità: Massimo Enrico Baroni, Michele Nitti, Gianluca Rospi, Elisa Tripodi. In tanti sono indietro di tre mesi: Nunzio Angiola, Maurizio Cattoi, Rosalba Cimino, Sebastiano Cubeddu, Giuseppe D’Ambrosio, Paola Deiana, Mattia Fantinati, Andrea Giarrizzo, Concetta Giordano, Giuseppe Labbate, Caterina Licatini, Giorgio Lovecchio, Paolo Parentela, Filippo Giuseppe Perconti, Marco Rizzone, Roberto Rossini, Carla Ruocco, Michele Sodano, Gilda Sportiello, Riccardo Tucci, Giovanni Vianello, Virginia Villani, Alessio Villarosa, Antonio Zennaro. Infine c’è chi non ha saldato le ultime due mensilità dovute: Francesco Berti, Vittoria Casa, Federico D’Incà, Alessandra Ermellino, Riccardo Fraccaro, Giulia Grillo, Salvatore Micillo, Doriana Sarli. Lucia Scanu. Oppure chi è in ritardo di un mese: Maria Elisabetta Barbuto, Sergio Battelli, Pino Cabras, Andrea Caso, Vittorio Ferraresi, Paolo Giuliodori, Silvana Nappi, Leonardo Salvatore Penna, Vincenzo Spadafora.

Anche in Senato non mancano le segnalazioni. La ministra Nunzia Catalfo ad esempio, non ha restituito le ultime sei mensilità. Così come il collega Vincenzo Garrutti. Sono indietro di quattro mesi: Donatella Agostinelli, Mauro Coltorti, Daniele Pesco, Vito Petrocelli, Iunio Valerio Romano. E’ in ritardo di sei mesi l’ex ministro dei Trasporti Danilo Toninelli. E condivide la sua condizione con una serie di colleghi: Margherita Corrado, Grazia D’Angelo, Emanuele Dessì, Tiziana Drago, Matteo Mantero, Marinella Pacifico, Marco Pellegrini, Giuseppe Pisani, Sergio Vaccaro. Cinque: Luisa Angrisani, Eleba Botto, Antonella Campagna, Nunzia Nocerino. Non sono in regola di solo un mese: Francesco Mollame, Michela Montevecchi, Nicola Morra, Emma Pavanelli, Loredana Russo, Mario Turco.

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Elezioni Emilia-Romagna, il biglietto con le linee guida di Salvini: “Non parlare del buon governo” Bonaccini. “M5s quasi scomparsi”

Una serie di istruzioni annotate su un foglietto, poi abbandonato incautamente su una sedia da un militante leghista, hanno svelato le linee guida dettate da Matteo Salvini per accrescere il consenso, soprattutto in vista delle prossime elezioni Regionali in Emilia-Romagna. Come svela oggi Repubblica, pubblicando la foto del pezzo di carta, è di questo che si è parlato nella riunione tra il capo del Carroccio e i militanti riunitisi nella sala dello StarHotels Excelsior di Bologna. E tra gli appunti, si capisce che la Lega riconosce “il buon governo” della Regione, oggi amministrata dall’avversario di Lucia Borgonzoni, Stefano Bonaccini, e non vede più nel Movimento 5 Stelle un avversario temibile perché “sta scomparendo”.

Il piano in vista del voto si articola in otto punti. Al primo si chiede ai propri uomini sul territorio di “alzare il livello, ma con giudizio”, magari usando il “sorriso” richiesto al punto 3. La seconda voce nel foglio abbandonato, però, offre già uno spunto più preciso sulla strategia in vista del voto: “Non discutere sul buon governo in Emilia-Romagna, perché comunque avvantaggia chi governa”, valutando così in maniera positiva l’operato del principale avversario al voto nella Regione.

Il punto 4 chiede, comunque, di portare avanti la proposta politica, ma accompagnata, alla voce successiva, dal pressing sul tema Bibbiano da esporre “con la clava”. Non a caso, i principali avversari da colpire sono proprio quelli del Partito Democratico, come ben spiegato al punto 7: “Attaccare solo Pd. Cinquestelle stanno scomparendo“. E il modo per colpire i Dem, oltre che con il tema principe di Bibbiano, è quello di continuare a battere sulle questioni “Banca Etruria, Cassa di Risparmio di Ferrara, sbarchi…”. Lavoro extra, poi, affidato al N.B.: “Dare a Salvini come argomento una famiglia (terremotata, ndr) ancora fuori casa”. Per dare l’opportunità di parlare dei “ritardi nella ricostruzione”.

Infine, punto numero 6, mai dimenticarsi dei simboli, così da ricordare bene agli elettori dove mettere la croce: “Dal 19 al 24 – vale a dire negli ultimi sei giorni di campagna elettorale – portare solo manifesti e simboli della Lega”.

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sabato 28 dicembre 2019

Regionali Calabria, il centrodestra ha imbarcato tutti: tra impresentabili, transfughi e anche eletti con Oliverio

Quella che si concluderà il prossimo 26 gennaio in Calabria sarà la campagna elettorale dei transfughi che vogliono entrare in Consiglio regionale. Se questa fosse la posta in gioco, il centrodestra avrebbe già vinto. E se anche il Movimento 5 Stelle ne ha uno, come Alessia Bausone (ex tesserata Pd ed ex coordinatrice della mozione Boccia all’ultimo congresso del Partito Democratico), tra cambi di casacca e soggetti chiacchierati la coalizione guidata dalla deputata di Forza Italia, Jole Santelli, è quella che si è messa più in evidenza, riuscendo a candidare consiglieri regionali eletti cinque anni fa con il centrosinistra di Mario Oliverio.

Tra questi c’è Tonino Scalzo, oggi passato all’Udc ma fino a ieri con i “Moderati per la Calabria” assieme al consigliere Franco Sergio che, invece, si è candidato con “Santelli presidente”, nella stessa lista dove ci sono pure Vincenzo Pasqua (ex “Moderati per la Calabria”) e Mauro D’Acri che, nel 2014, stava con “Oliverio presidente”.

Il premio per il miglior salto della quaglia spetta, invece, al consigliere regionale Giuseppe Neri. Vicinissimo al Pd che cinque anni fa lo aveva candidato ed eletto nella lista “Moderati per la Calabria”, adesso Neri si è lanciato tra le braccia della Meloni e sosterrà Jole Santelli. In Fratelli d’Italia si è ritrovato con il sindaco di Sant’Eufemia, Domenico Creazzo, scelto dal centrosinistra come vicepresidente del Parco nazionale d’Aspromonte, e con il consigliere comunale di Reggio Calabria, Demetrio Marino, che nel 2014 aveva sostenuto l’elezione del sindaco Falcomatà. Lo aveva fatto anche Nicola Paris eletto a Palazzo San Giorgio, sede del comune di Reggio, con il centrosinistra tanto che aveva ricevuto dal primo cittadino pure deleghe importanti come quella per l’edilizia scolastica. Oggi Paris è candidato con l’Udc.

Forza Italia, invece, punta su Antonio Daffinà, detto Tonino, il cui nome (anche se non è indagato) compare nel verbale del pentito Andrea Mantella. Verbale finito nelle carte dell’inchiesta “Rinascita” della Dda di Catanzaro dove, oltre ai rapporti tra la cosca Mancuso e i colletti bianchi, è possibile leggere la cartina dei massoni vibonesi tracciata dal collaboratore di giustizia. Tra questi, il pentito Mantella inserisce proprio “Tonino Daffinà” e altri personaggi locali. Tutti soggetti che, secondo il pentito, “avevano rapporti con la ‘ndrangheta, nel senso che gli chiedevano dei favori e loro si mettono a disposizione, per ottenere provvedimenti amministrativi e autorizzazioni, favori in ospedale, posti di lavoro”. Daffinà era stato commissario straordinario dell’Aterp (l’Azienda territoriale per l’edilizia residenziale pubblica) e in questa veste coinvolto nell’inchiesta sull’utilizzo dei fondi Ex Gescal per acquistare la sede dell’ente. Nei suoi confronti, per quella vicenda, è stato chiesto il rinvio a giudizio, così come per il vicepresidente del Consiglio regionale Pino Gentile. Anche lui, “sempre eterno” della politica cosentina e fratello dell’ex sottosegretario Tonino Gentile, è candidato con la Santelli nella lista “Casa della Libertà”.

Forza Italia, inoltre,candida anche Maria Grazia Pianura, moglie di Pasquale Farfaglia, l’ex sindaco del comune San Gregorio di Ippona, sciolto per infiltrazioni mafiose.

Nella lista “Santelli Presidente” un nome “degno” di nota è quello di Vito Pitaro, oggi folgorato sulla via del centrodestra ma in passato consigliere comunale di Rifondazione Comunista, assessore socialista e dirigente del Pd. A 3800 euro al mese, inoltre, per cinque anni Pitaro è stato capostruttura del consigliere regionale del Partito Democratico Michelangelo Mirabello che, però, è rimasto fedele al centrosinistra ed è candidato nella lista “Democratici progressisti”. Ma Pitaro, nel vibonese, è noto soprattutto per essere un fedelissimo dell’ex parlamentare del Pd Brunello Censore la cui candidatura è stata bloccata dall’imprenditore Pippo Callipo.

Insieme, Pitaro e Censore compaiono nelle carte dell’inchiesta “Rinascita” che, il 19 dicembre, ha portato all’arresto di 334 persone considerate affiliate o contigue alla famiglia mafiosa Mancuso di Limbadi. Nella richiesta di arresto, i pm riportano alcune frasi dell’ex consigliere regionale Pietro Giamborino, finito ai domiciliari. Il politico locale è stato intercettato mentre parlava di Bruno Censore. Il deputato del Pd, “secondo le considerazioni di Giamborino – scrivono i pm – avrebbe condotto la campagna elettorale (le politiche del 2018, ndr) con il supporto di Pitaro Vito ed entrambi si sarebbero avvalsi dell’appoggio di persone ‘ad alto rischio’, esponenti della criminalità locale, per garantirsi il bacino di voti”.

E mentre la Procura di Gratteri continua a indagare sui rapporti tra mafia e politica, alla corte di Jole Santelli compaiono anche i fedelissimi di Giuseppe Scopelliti, l’ex governatore della Calabria condannato a 4 anni e 7 mesi nel processo sui conti del Comune di Reggio. Dopo oltre due anni in carcere, Scopelliti sta ancora scontando la sua pena in semilibertà. E intanto i “suoi” hanno trovato casa nel partito di Salvini. Con la Lega, infatti, sono candidati il consigliere regionale Tilde Minasi e l’editore reggino Franco Recupero.

Sono in buona compagnia perché in lista c’è l’ex sindaco di Taurianova Roy Biasi, ex assessore provinciale di Forza Italia e nel 2017 passato a FdI. Oggi, pure lui si è riscoperto leghista calabro così come l’ex sindaco di Gioia Tauro Renato Bellofiore, un tempo dirigente del Pd, organizzatore di una storica Leopolda calabrese nella sua città. Prima del centrosinistra, Bellofiore stava con Forza Italia e con i socialisti. Oggi pure lui è approdato alla Lega.

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venerdì 27 dicembre 2019

‘Ndrangheta, l’Anm difende Gratteri dalle accuse del Procuratore Otello Lupacchini: “Valutazioni sconcertanti”

L’Associazione Nazionale Magistrati si schiera al fianco del Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, dopo le critiche arrivate dal Procuratore Generale, Otello Lupacchini, che ha lamentato scarsa collaborazione tra la Direzione distrettuale antimafia, guidata appunto da Gratteri, e la Procura Generale, oltre ad accusare gli uomini della Dda di procedere con operazioni spettacolari che successivamente vengono ridimensionate: “Almeno in questo anno – aveva dichiarato Lupacchini – i risultati sono stati molto al di sotto delle aspettative. Quando si catturano tante persone che poi vengono rimesse in libertà o si censurano i provvedimenti, non da parte mia ma da parte della Corte di Cassazione, tacciandoli di pregiudizio accusatorio e di evanescenza indiziaria. Non ha visto come son finite tutte le indagini del signor Gratteri? ”. Ma l’Anm non ci sta e risponde: “Le valutazioni del Procuratore Generale Lupacchini, come riportate dalla stampa, relative a ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip in seguito ad indagini svolte dalla Procura della Repubblica di Catanzaro e in attesa di ulteriori verifiche giurisdizionali, sono sconcertanti in sé e ancor più perché provenienti dal vertice della magistratura requirente del distretto”.

Ogni esternazione, continua l’Associazione, “che si risolva in una critica dei provvedimenti giudiziari, non argomentata e non fondata sulla conoscenza degli atti, rappresenta una lesione delle prerogative dell’autorità giudiziaria, una delegittimazione del suo operato, e può, nel caso di specie, implicare, in ragione del ruolo ricoperto da chi l’ha resa, un’inaccettabile forma di condizionamento dell’autonomia e indipendenza dei titolari delle indagini e incidere sulla serenità dei magistrati chiamati ad occuparsi dei relativi accertamenti nelle diverse fasi processuali”. L’Anm si dice comunque “certa che la Magistratura non ne sarà influenzata e saprà operare con serenità ed indipendenza in un territorio purtroppo interessato da una delle forme più aggressive di criminalità organizzata”.

Solidarietà a Gratteri è arrivata nella giornata di venerdì anche dai portavoce del Movimento 5 Stelle in Commissione Giustizia alla Camera, definendo il magistrato un “bersaglio delle polemiche mediatiche del procuratore generale Otello Lupacchini. Onestà, trasparenza e competenza caratterizzano da sempre l’operato di Gratteri al quale va ascritto, tra gli altri, il merito di aver coordinato e realizzato un recente blitz che ha permesso l’emissione di misure cautelari nei confronti di 330 persone, tra presunti boss di ‘ndrangheta, affiliati, politici e professionisti”.

In occasione di operazioni di tale portata, continuano i Cinquestelle, è fondamentale che tutti gli apparati dello Stato cooperino per debellare la mafia e non si dividano in inutili e pretestuose polemiche. Nel ribadire solidarietà e sostegno a Gratteri, il nostro auspicio è che questa fase di incomprensioni sia archiviata al più presto all’insegna di un sentire comune: il ripristino della legalità e la lotta alla criminalità organizzata”.

Le dichiarazioni di Lupacchini hanno causato anche la reazione di Area, il principale gruppo di consiglieri togati al Consiglio Superiore della Magistratura, che ha così chiesto l’apertura di una pratica su di lui in Prima commissione competente sui trasferimenti d’ufficio dei magistrati per incompatibilità ambientale e funzionale, giudicando “allarmanti” le dichiarazioni del Procuratore Generale: “Si tratta di dichiarazioni particolarmente allarmanti in ragione del ruolo rivestito dall’intervistato e in quanto riferite a un provvedimento emesso dal Giudice per le indagini preliminari di Catanzaro sul quale dovrà pronunciarsi nei prossimi giorni il Tribunale per il riesame di Catanzaro”. Di qui la richiesta di apertura di “una pratica in prima commissione per l’adozione di urgenti provvedimenti a tutela della credibilità della autorità giudiziaria di Catanzaro e dell’esercizio sereno, imparziale ed indipendente della funzione giudiziaria in quella sede”.

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M5s, Paragone: “Ecco i nomi di chi non ha restituito nulla o quasi”. E attacca Di Maio: “Non lo sapeva o ha fatto finta di non vedere?”

“Acunzo, Aprile, Cappellani, Del Grosso, Fioramonti, che han fatto anche ministro”. Il senatore del Movimento 5 stelle, Gianluigi Paragone, attacca i colleghi del Movimento e con un lungo video pubblicato sul suo profilo Facebook fa i nomi di tutti coloro che non hanno effettuato restituzioni, o ne hanno fatto poche. “Presenterò un esposto ai probiviri”, assicura, dopo che lui stesso è a rischio espulsione per il voto negativa sulla manovra a Palazzo Madama. “Il capo politico dov’era? Non lo sapeva o ha fatto finta di non vedere?”, si chiede ancora il senatore, rivolgendosi a Luigi Di Maio. Il giornalista poi continua e parla anche della ministra della Pubblica amministrazione, Fabiana Dadone, definendola “incompatibile” per la carica che ricopre. “Non puoi essere nel collegio dei probiviri ed essere anche ministro”, sottolinea il senatore, ricordando che in termini di rimborsi è “ferma a 5 mensilità”, mentre lui “ha pagato tutto”. Neanche Carla Ruocco risulta in regola: “È presidente della commissione Finanze e vuole andare a fare la presidente della commissione di inchiesta sulle banche… È ferma soltanto a tre mensilità. Allora, non puoi sorvegliare sui conti degli altri e non essere in regola con qualcosa di identitario rispetto al Movimento. E lo stesso vale per il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo, ferma a due mesi…”, conclude Paragone.

Video Facebook/Gianluigi Paragone

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martedì 24 dicembre 2019

Il M5s spiega la manovra in stile ‘Camera cafè’, Luca Bizzarri stronca lo spot: “Non sapete recitare e nemmeno coniugare i verbi in italiano”

Il Movimento 5 stelle ha spiegato la legge di Bilancio approvata nella notte – in particolare la parte che riguarda gli aiuti alle famiglie e alle mamme – attraverso uno spot in stile Camera cafè (tanto da essere ribattezzato Parlamento cafè). La vicepresidente del Senato, Paola Taverna, è in compagnia del sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento, Gianluca Castaldi. I due, seduti sul divano e con un bicchiere di caffè in mano, promuovono la manovra che alla Camera ha scatenato l’ostruzionismo di Fratelli d’Italia e le ironie, nei confronti della maggioranza, della Lega.

Lo spot, tuttavia, non è piaciuto a uno dei protagonisti del noto programma televisivo, Luca Bizzarri, che rilanciandolo su Twitter ha scritto: “Non sanno che il programma in onda su Italia 1 aveva una telecamera fissa, non sanno che era davanti alla macchinetta, non sanno recitare e a giudicare dall’ultima battuta non sanno nemmeno coniugare i verbi in italiano“.

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Reddito cittadinanza, Di Maio: “Politici da 15mila euro al mese insultano persone in difficoltà, è establishment caviale e champagne”

Il reddito di cittadinanza è una “riforma epocale che non si giudica in pochi mesi”. Lo dice Luigi Di Maio, in un video postato su Facebook. “Politici che prendono 15mila euro al mese -aggiunge – si permettono di criticare la misura, si permettono di insultare persone in difficoltà e che non avrebbero mai il coraggio di criticare di persona, solo da dietro una telecamera. È l‘establishment da caviale e champagne che si ricorda dei poveri solo una volta all’anno alla cena di beneficenza”.

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Manovra, caos in Aula nella notte. Lega e FdI contro M5s con cori e striscioni: “Volevate la rivoluzione e ora pensate solo al panettone”

A pochi minuti dal voto finale sulla legge di Bilancio, mentre interviene Leonardo Donno del M5s, i deputati di Fratelli d’Italia espongono uno striscione in Aula con la scritta “Parlavate di rivoluzione, ora pensate solo a mangiare il panettone“. È bagarre. Intervengono i commessi. Federico Mollicone, tra i deputati FdI che espongono lo striscione, sale sui banchi e il presidente Roberto Fico lo espelle. Mollicone prima fa resistenza, poi viene accompagnato fuori dall’emiciclo dai commessi mentre la maggioranza urla “Fuori, fuori”. Quando Donno riprende la parola, iniziano i cori dal centrodestra: “Andate a lavorare, andate a lavorare”.

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domenica 22 dicembre 2019

Livorno, il museo della mostra su Modigliani non è accreditato in Regione: è senza direttore da luglio. “Così si perdono fondi e visibilità”

Niente soldi né prestigio. Il Museo della Città di Livorno, che da inizio novembre ospita la mostra per il centenario dalla morte di Amedeo Modigliani, non ha ricevuto l’accreditamento della Regione Toscana, il riconoscimento che permette ai musei comunali di ricevere finanziamenti trasparenti e una visibilità regionale. Il motivo? Il Comune non ha ancora nominato il direttore dopo che – a luglio – è scaduto il mandato dell’ultima, la storica dell’arte Paola Tognon. “Il Pd pensa solo a Modigliani – attacca la consigliera M5s ed ex vicesindaca Stella Sorgente – purtroppo però si è ‘dimenticato’ di nominare un direttore scientifico che, vista l’importanza della mostra sull’artista livornese, sarebbe stato importante avere”. “Con il mancato accreditamento non perdiamo niente – replica a ilfatto.it l’assessore alla Cultura della giunta di centrosinistra, Simone Lenzi – Comunque l’accreditamento arriverà più avanti quando nomineremo il nuovo direttore”.

Il processo per l’accreditamento del Museo della Città di Livorno, che raccoglie i principali cimeli della storia cittadina, era iniziato un anno fa per volontà della giunta M5s dopo la selezione di Tognon come direttrice scientifica dei musei. “Ho fatto una battaglia molto aspra anche con i miei colleghi in giunta per avere i soldi da investire per assumere un direttore scientifico – racconta l’ex assessore Francesco Belais – e lo avevo fatto proprio perché questo era il requisito più importante per ottenere l’accreditamento della Regione”. Dopo un bando pubblico, nel settembre 2018 era stata nominata l’esperta bergamasca Tognon, non certo una simpatizzante grillina visto il suo passato da consigliera comunale Pd a Bergamo. Il suo era un mandato a tempo visto che a maggio a Livorno si sarebbero tenute le elezioni amministrative, poi vinte dall’attuale sindaco Luca Salvetti.

Tognon non è stata riconfermata, non senza polemiche: nel Pd fanno sapere che era stata lei a voler lasciare mentre dalle opposizioni accusano la nuova giunta di averla “cacciata” perché nominata dai 5 Stelle. Nella conferenza stampa di addio la direttrice uscente aveva preferito non polemizzare con la nuova giunta pur lanciando qualche frecciatina: “Sono convinta che siano le cose a raccontare le cose, non le parole, e ciò che più mi preme in questo momento è effettuare un passaggio di consegne che consenta a questa città di proseguire il percorso che è stato iniziato”. Il sindaco Salvetti invece aveva risposto che “visto che non abbiamo ancora deciso la strada da intraprendere con la gestione dei musei, riteniamo più opportuno, almeno per il momento, che ad occuparsi della gestione dei musei sia una figura con un rapporto più diretto all’interno del Comune”. Ad oggi però, dopo 4 mesi, il nuovo direttore del polo museale di Livorno non è stato ancora nominato.

Ed è per questo che la Regione ha negato l’accreditamento: “Ci spiace comunicare – è scritto nel documento della Regione che ilfattoquotidiano.it ha potuto leggere – che l’istanza da voi presentata per il Museo di rilevanza regionale non è stata accolta”. All’inizio dell’istruttoria c’è proprio la mancata nomina del nuovo direttore scientifico: “La comunicazione del Comune di Livorno non specifica quando verrà ripristinata la figura del direttore del museo decaduta il 25/07/2019 e per il quale non sono state avviate procedure di nomina o di copertura dell’incarico”. La Regione poi indica altre criticità tra cui l’impianto climatico del museo e la sicurezza ma quella principale resta il tassello del direttore scientifico.

Il mancato accreditamento ha provocato, come per abitudine, lo scontro politico tra Pd e M5s. L’ex vicesindaca Sorgente spiega che “è tutta colpa della giunta Salvetti”: “Noi avevamo aperto la strada a finanziamenti regionali di cui avrebbero potuto beneficiare anche loro, invece sono stati come minimo superficiali”. Accorata è la replica dell’assessore Lenzi che a ilfatto.it spiega che “anche senza l’accreditamento, per la mostra di Modigliani il museo ha ricevuto 100mila euro dalla Regione”: “E’ curioso che il M5s polemizzi con noi: se fosse stato per loro il Museo della Città sarebbe chiuso perché lo avevano lasciato senza copertura finanziaria. Comunque stiamo riorganizzando il polo museale livornese e in questo ambito nomineremo presto il nuovo direttore, così da poter ottenere l’accreditamento”.

Twitter: @salvini_giacomo

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‘Ndrangheta, Di Maio difende Gratteri dagli attacchi della deputata Pd: “Maxi blitz è show? Insulti inaccettabili per chi combatte le mafie”

“Un magistrato come Nicola Gratteri, un uomo come Nicola Gratteri, un servitore dello Stato come Nicola Gratteri merita solo rispetto e il riconoscimento di tutte le istituzioni”. Per diferendere il procuratore capo di Catanzaro, Luigi Di Maio ne scrive per tre volte il nome. Con un un post su facebook il capo politico del Movimento 5 Stelle è infatti voluto intevenire a difesa del magistrato, recentemente attaccato dalla deputata del Pd, Enza Bruno Bossio. “Gratteri arresta metà Calabria. È giustizia? No è solo uno show!”, aveva scritto sui social la parlamentare dem, commentando la maxi operazione anti ndrangheta che il 19 dicembre ha portato all’arresto di 334 persone. Tra le persone coinvolte anche il marito della Bossio, Nicola Adamo, ex parlamentare dem destinatario di un divieto di dimora.

Dalle parole della Bruno Bossio il Partito Democratico ha preso subito le distanze. Adesso arriva il leader del M5s a difendere il magistrato calabrese, replicando alla deputata dem. “Qualsiasi altra autorità che impiega la propria vita per combattere le mafie merita il riconoscimento e il rispetto di tutti – scrive Di Maio – Non insulti, come ha fatto qualcuno in questi giorni, addirittura una deputata della Repubblica che ha avuto il coraggio di definire tutto uno show, uno spettacolo. Questi comportamenti sono inaccettabili in un Paese dove piangiamo ancora i martiri della lotta alla mafia“. Il ministro degli Esteri continua: “Combattere le mafie non è uno show, è un dovere, anche e sopratutto della politica. E lo si fa in tanti modi, ma soprattutto non lasciando solo chi è in prima linea, bensì sostenendolo”. Poi Di Maio ricorda quanto scritto dal fattoquotidiano.it e che lo stesso Gratteri ha ripetuto in un’intervista a Skytg24: “La maggior parte dei giornali italiani aveva il dovere di sostenere Gratteri e la sua squadra in questi giorni, invece di scrivere titoli sulle solite beghe della politica”. Il riferimento è appunto all’assenza dalle prime pagine dei principali giornali italiani della notizia sul maxi blitz di giovedì: per numero di arresti si tratta probabilmente di un’operazione inferiore solo a quelle che negli anni ’80 diedero vita al Maxiprocesso alla mafia di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. “Grazie a Gratteri a nome del governo e della forza politica che rappresento”, conclude il suo post Di Maio.

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Città di Castello, consigliere M5s indagato per rapina aggravata. Lui: “Scambio di persona”

Marco Gasperi, vicepresidente del consiglio comunale di Città di Castello in quota M5s, è indagato per rapina aggravata. Secondo alcuni quotidiani locali, il 30enne è accusato di essere l’uomo con il volto nascosto ed armato di pistola che il 10 aprile aveva fatto irruzione in una sala scommesse facendosi consegnare da una dipendente circa 4.500 euro.

La procura della Repubblica di Perugia ha notificato all’uomo un avviso di conclusione delle indagini preliminari. I carabinieri, riporta il quotidiano La Nazione, parlano di “pesante quadro indiziario” e di “gravi indizi di colpevolezza”, precisando di aver focalizzato l’attenzione “sul giovane, abituale frequentatore della stessa sala scommesse”. Gli accertamenti avevano già portato al sequestro di un’arma verosimilmente utilizzata nella rapina e legittimamente detenuta, nonché di alcuni capi di abbigliamento (cappellino, guanti e altro) indossati dal presunto rapinatore per fare irruzione nella sala Gold Faraone. I successivi approfondimenti si sono incentrati anche sui filmati delle concitate fasi della rapina registrati dall’impianto di videosorveglianza della sala scommesse, oggetto tra l’altro di una approfondita relazione tecnica dei Ris di Roma.

Gasperi, già candidato sindaco a Città di Castello, al Corriere dell’Umbria ha detto di ritenere che si sia trattato di “uno scambio di persona“. “Ho fatto eseguire una consulenza – ha aggiunto – grazie alla quale posso provare senza ombra di dubbio che la sera della rapina mi trovavo nella mia auto, ad una distanza considerevole dal luogo del fatto. Lo dimostrano il Gps installato sulla mia vettura, la cella agganciata dal mio cellulare e la mia voce registrata mentre parlavo al telefono”. “Il Movimento – ha sostenuto ancora Gasperi – è stato informato a luglio quando ho ricevuto l’avviso di garanzia. I probiviri hanno letto tutti gli atti e mi hanno ascoltato e hanno ritenuto di lasciarmi al mio posto. Evidentemente hanno capito che non era qualcosa di veritiero”.

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Renzi contro la legge che punisce i concessionari inadempienti: “Revoca ad Autostrade? Roba da azzeccagarbugli”

La norma che punisce i concessionari inadempienti? “Roba da azzeccagarbugli di provincia“. Nel day after del mancato voto di Italia viva alle norme contenute nel Milleproroghe, Matteo Renzi torna a difendere i concessionari, citando espressamente quelli autostradali. E in una lunga intervista a Repubblica dice: “Se qualcuno vuole revocare la concessione ad Autostrade per la vicenda del ponte Morandi si presenti in Parlamento con un disegno di legge. Il Parlamento è sovrano: si discuterà e la maggioranza deciderà”. L’ex premier contesta l’inserimento di quelle leggi nel decreto approvato ieri “salvo intese”. “Utilizzare il Milleproroghe aprendo un potenziale caos normativo e facendo crollare la fiducia degli investitori esteri sull’Italia è roba da azzeccagarbugli di provincia. Torniamo all’Abc: nel mille proroghe ci vanno le proroghe, non le brillanti intuizioni di qualche demagogo”.

Ieri durante il consiglio dei ministri, i renziani hanno fatto mettere a verbale il loro dissenso su alcune norme. L’articolo contestato è soprattutto quello che recita: “Se il concessionario è inadempiente e questo provoca lo stop della concessione, al concessionario spetterà un ‘rimborsò pari al “valore delle opere realizzate al netto degli ammortamenti”, ma a questo ammontare deve essere “detratto quanto il concessionario è tenuto a pagare per il risarcimento dei danni derivati dal suo inadempimento“. Un passaggio che sembra ipotizzare in caso di revoca della concessione, che la società Autostrade debba pagare in sostanza i danni provocati dal crollo del Ponte Morandi, al netto delle penali che comunque lo Stato dovrebbe pagare. Tra l’altro, la norma prevede che quanto previsto dal milleproroghe sia “inserito di diritto nei contratti e nelle concessioni autostradali, anche in quelli già in corso di esecuzione”. La norma prevede anche che “in caso di revoca, di decadenza o di risoluzione di concessioni di strade o di autostrade”, in attesa della gara per il nuovo affidamento, l’Anas possa assumerne la gestione.

I renziani non hanno votato anche il piano Innovazione della ministra Pisano, che è stato bloccato per l’opposizione fondamentale del Pd. Il piano, dice Renzi, “è stato redatto con tanto di ringraziamento a Casaleggio. Alla faccia del conflitto di interessi”. Durante tutta l’intervista col quotidiano di largo Fochetti l’ex premier critica aspramente i provvedimenti del Movimento 5 Stelle. A cominciare dalla riforma di Alfonso Bonafede sulla prescrizione: definita “uno scandalo, entrato in vigore soltanto grazie ai voti di Salvini perché “un processo senza fine è la fine della giustizia”. Il leader di Italia viva minaccia: “Vedremo quali strumenti tattici utilizzare per risolvere il problema. Ma in Parlamento su questo tema oggi Bonafede è in minoranza: se propone una mediazione, bene. Altrimenti, si voti in Aula e vediamo come va. Noi tra il giustizialismo e lo stato di diritto sappiamo benissimo da che parte stare. Gli altri decideranno”. Renzi tocca anche il caso Gregoretti, sul quale la giunta per l’Immunità parlamentari del Senato dovrà pronunciarsi il 20 gennaio sull’autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini, che il Movimento 5 Stelle aveva salvato dal processo sul caso della Diciotti. “La sorpresa più grande è la posizione del M5s – dice Renzi -. Io ritengo che i grillini debbano vergognarsi per quello che hanno fatto al governo con Salvini e per come hanno dato giustificazione politica a quelli che tecnicamente erano sequestri di persona”, è l’affondo dell’ex segretario Pd. “Dopodiché prima di decidere, leggiamo le carte. Siamo persone serie, noi”.

Attacchi anche a Conte, elogiato da Nicola Zingaretti, non è “l’uomo giusto”. “Io non credo che Conte sia un punto di riferimento per i progressisti. È il premier, lo rispetto, ma ricordo le sue frasi sul populismo, sul giustizialismo, sulla Diciotti, sul reddito di cittadinanza, su quota 100. Se però per Zingaretti Conte è l’uomo giusto, amici come prima. Per noi non lo è stato, non lo sarà: con lui governiamo in condizioni emergenziali”. Nonostante tutto Renzi assicura che la “legislatura deve andare a scadenza naturale e deve eleggere nel 2022 il presidente della Repubblica”, ma allo stesso tempo rivendica a”l 2023 arriveremo con le nostre idee, non grillizzati. Non saremo mai la sesta stella di Beppe, non ci iscriveremo alla piattaforma Rousseau”.

L’ex segretario del Pd è tornato a commentare anche all’inchiesta sulla fondazione Open, e alle polemiche coi pm relative alle indagini: “Non ho attaccato i pm – sostiene -. Ci sarà un processo, durerà anni, vedremo in Cassazione chi ha ragione. Questo non mi preoccupa. È il loro lavoro, li rispetto. Ho solo detto che i giudici devono decidere che cosa è un reato, non cosa è un partito. O una corrente di partito. Che la Leopolda non fosse una iniziativa di partito è una verità storica. Perché qui per me c’è una invasione di campo: un Paese che rimette ai giudici la decisione sulle forme della politica viene meno al principio della democrazia liberale. Mi danno tutti ragione in privato, poi tacciono in pubblico. Io non attacco i giudici, io difendo la politica: questione di stile”. E al quotidiano, che gli ricorda di avere polemizzato sulla divulgazione di dati riguardanti i suoi conti, risponde: “Io non invoco la provacy sui miei conti ma chiedo che sia rispettata la privacy”. “Non è per nascondere qualcosa della mia vita, che è pubblica da anni. Lo Stato è il difensore della tua privacy, non lo strumento per metterti alla gogna. Nel tempo dei telefonini e dei big data, la privacy è un diritto umano. Altrimenti siamo allo Stato etico”.

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sabato 21 dicembre 2019

Sondaggi: Lega prima al 31,5%, crescono M5s e Forza Italia. Indecisi e astensionisti al 42,3%

Il centrodestra risulta appena sotto il 50%, ma le forze che lo compongono – in particolare Lega e Fratelli d’Italia – sono in concorrenza tra loro. Chi fa registrare però la ripresa più consistente nell’ultimo mese è Forza Italia (+1,2). Sul fronte della maggioranza, il Pd non riesce a compensare gli effetti della scissione di Italia Viva e il Movimento 5 Stelle registra +1,1 rispetto al 20 novembre. Perde voti che confluiscono verso il centrodestra, ma allo stesso tempo attrae l’elettorato dell’astensionismo, che corrisponde ai delusi leghisti del Conte 1. È questa la fotografia delineata dal sondaggio Ipsos per il Corriere della Sera, a pochi giorni dall’approvazione della manovra, che precisa però come i dati di oggi siano da guardare considerando indecisi e astensionisti, oggi al 42,3%. E che in 4 mesi sono cresciuti di tre milioni di persone.

Consenso e flessione – In termini assoluti, guardando al centrodestra, la Lega al 20 dicembre è al 31,5% (che corrisponde però al 18% degli italiani e segna -0,4% rispetto al 28 novembre), Fratelli d’Italia al 10,3% (-0,3), Forza Italia al 7,4 (+1,2). Considerando invece le forze che compongono l’esecutivo, il Partito democratico è pressoché stabile al 18,2 (+0,1), Italia Viva si conferma al 5,3% mentre il Movimento 5 Stelle è al 17,7 (+1,1). Sia Pd che M5s rappresentano il voto del 10% degli italiani.

Il tasso di fedeltà – Dopo le Europee, circa il 10% degli elettori M5s sono fuggiti verso il centrodestra, specialmente verso Lega (5,5) e Fratelli d’Italia (2,5%). Ma il Movimento ha pescato il 29% del suo “elettorato attuale dall’astensione”. In termini di fedeltà, il livello di M5s è elevato (73,9%), così come lo è in Fratelli d’Italia (70,7%): il 20,4% dei suoi voti attuali proviene dalla Lega, il 6,2 da Forza Italia, il 2,5% dal Movimento 5 Stelle e il 24% dall’astensione. Ma chi fa registrare il tasso più elevato di fedeltà è il partito di Matteo Salvini (82,7) che però “riduce fortemente la sua capacità di attrarre nuovi elettori” visto che “l’84,5% dei votanti attuali è lo stesso delle Europee“. Tasso di fedeltà inferiore invece per il Pd (60,5%) vista anche la scissione di Italia Viva, ma i dem riescono ad attrarre nuovi elettori: “il 30% di chi oggi voterebbe Pd non lo aveva infatti votato a maggio”.

L’indice di gradimento – Quello del governo sale da 42 a 44 punti. Oggi il 38% degli italiani ne ha un’opinione positiva (+1%), mentre la valutazione negativa, in calo di 4 punti, è del 48%. Fa meglio dell’esecutivo in termini di consenso il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che incassa in 41% dei giudizi positivi e il 46% di negativi, stabilizzando a 47 come il mese scorso il su indice di gradimento.

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Disabili, altro che manovra record! Gli “interventi per 1,3 miliardi” annunciati sul Blog delle Stelle si scontrano con la realtà dei numeri

Chissà se il padre fondatore del Movimento cinque stelle, Beppe Grillo, ha letto il comunicato sfavillante gioia comparso sul Blog delle Stelle riguardante il piano record di finanziamento sulle disabilità presente in manovra finanziaria.

Se ha dato un’occhiata fugace al titolo avrà senz’altro pensato, finalmente soddisfatto del governo giallorosso, che le cose stanno mettendosi bene perfino per i disabili nel nostro Paese. Un impegno di spesa dedicato nella manovra di bilancio di oltre 1,3 miliardi destinati ai disabili sarebbe una svolta.

Sarebbe, appunto. Se si prova a leggere il comunicato trionfante dei pentastellati e l’articolo 40 della legge finanziaria in questione il sorriso si trasforma ben presto in una amara delusione. Facendo due conti, come saprebbero fare in molti senza essere esperti di bilancio dello Stato, il governo Conte 2 impiegherà per il 2020 circa 90 milioni in più rispetto ai precedenti governi.

Altro che manovra record! Qui si tratta di capire se il costo di un cappuccino e un cornetto al giorno stanziato per 3 milioni di persone disabili si possa definire un piano record o una pessima figura. A questo punto sono fiducioso che Beppe Grillo, sorpreso, alzerà il telefono e, con la sua voce possente, richiamerà a una maggiore attenzione gli estensori del comunicato scritto sul blog del partito che ha ispirato e fondato.

Come è possibile, si sarà chiesto o si sta chiedendo, che i miei ragazzi abbiano imparato l’arte della bugia così presto e bene? Come è potuto accadere che, come i cittadini italiani si aspettavano da un movimento destinato a raccontare i fatti e non a nascondere le incapacità dei politici, si possano confondere numeri, dati e impegni di spesa in un modo così grossolano e fuorviante?

Purtroppo il miliardo e 300 milioni – di cui si parla come di una conquista di civiltà e di attenzione a chi fa fatica a vivere tutti i giorni 24 ore al giorno – non esiste e non esisterà mai. Rimane il solito inadeguato fondo della non autosufficienza finanziato con circa 621 milioni per il 2020 con una variazione esigua rispetto agli ultimi anni: poco più di 16 euro al mese per ogni disabile grave non autosufficiente.

In questi anni di apparenti grandi stravolgimenti della geografia politica italiana, la costante sembra essere rappresentata dalla perdurante ipocrita demagogia di chi governa. È molto triste, ma è un fatto incontrovertibile.

La differenza con il passato è che prima chi non faceva almeno non diceva il contrario. Per i disabili, perché è di milioni di persone deboli che stiamo parlando, purtroppo non cambierà nulla. Per quelli che si fermeranno alla lettura dei titoli di testa si. Che pena.

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giovedì 19 dicembre 2019

Cedere alla propaganda per poi scontrarsi con la realtà. Il caso ex Ilva

Bei tempi quando Beppe Grillo prometteva la dismissione dell’Ilva di Taranto, la bonifica del territorio e la creazione di parchi. Chi non vorrebbe un parco al posto di una fabbrica altamente inquinante? E infatti i voti per il Movimento fioccavano. Quando il M5S è divenuto primo partito, il numero di deputati e senatori era troppo grande per continuare a nascondersi sotto il letto: bisognava usare i voti ricevuti e governare, perché anche l’elettore più ingenuo vota un partito per mandarlo al governo, non all’opposizione. Ma l’Ilva non si poteva chiudere: c’erano i contratti e le penali (nulla di segreto per carità: se uno rompe un accordo paga i danni all’altro contraente, anche nei contratti tra privati). E così, col malcontento di molti elettori e di molti eletti, il governo M5S-Lega ha ratificato accordi già iniziati sotto l’odiato Pd e ceduto l’Ilva ad Arcelor-Mittal.

La sorte benigna regala una grande ed inaspettata opportunità al Movimento: Arcelor getta la spugna e vorrebbe recedere dal contratto, pagando la penale relativa. Il progetto parchi ritorna possibile! Come mai nel Movimento non si stappano bottiglie di champagne?

Pare che la chiusura degli altiforni comporti la cassa integrazione, e in prospettiva la disoccupazione, per i lavoratori ex-Ilva. Era anche questa una conseguenza segretata dal Pd? Beppe Grillo non ci aveva pensato. E non ci avevano pensato neppure gli elettori. O forse ci avevano pensato e si erano detti: parchi e reddito di cittadinanza, perché no? Ma il reddito di cittadinanza funziona solo se da qualche altra parte del paese c’è un’altra Ilva, in attivo e più grande di quella che si vuole dismettere, le cui tasse (e quelle dei suoi lavoratori) coprano le spese. E richiede inoltre una forte solidarietà tra i lavoratori, altrimenti i percettori del RdC votano M5S e i pagatori del RdC passano alla Lega.

Non è accettabile che esista una Ilva che coi suoi fumi fa ammalare e morire un pezzo di Taranto; ma è necessario che esista una Ilva che dà lavoro a un pezzo di Taranto. Il problema che la politica deve risolvere è questo, e nessuna soluzione è gratuita e indolore. Lo Stato potrebbe intervenire e sovvenzionare la messa a norma degli impianti, ma questo oltre a costare soldi pubblici richiederebbe verosimilmente una deroga a normative internazionali sulla concorrenza industriale. Non è un problema che un elettore saprebbe risolvere, ma è un problema che un elettore deve comprendere prima di votare il partito dei parchi, che tra l’altro è anche il partito che vede sotto ogni intervento pubblico una occasione di ruberie.

La storia dell’Ilva dimostra, se mai ce ne fosse bisogno, che il successo elettorale non prova la validità della proposta politica; anzi spesso la proposta semplicistica e sbagliata è quella che raggiunge il massimo successo. La proposta realistica viene invece bollata come lontana dal popolo, che non ne capisce la necessità. Ovviamente alla prova dei fatti, cioè dopo il voto, la proposta semplicistica si rivela deludente. Dire che gli elettori avevano sbagliato non è disprezzo ma realistica valutazione politica, fatta dagli elettori stessi, che hanno drasticamente ridimensionato il M5S dopo soltanto un anno e mezzo di governo, con alleati diversi. La Lega ed i suoi alleati hanno costruito la nuova propaganda vincente. E’ altrettanto semplicistica della vecchia e deluderà gli elettori altrettanto in fretta, ma concederà alla Lega una legislatura.

Prendersela con l’Europa da una parte, con le ong e gli immigrati dall’altra non cambierà di una virgola il colossale debito pubblico del paese e la sua dipendenza dai sottoscrittori; anzi Salvini con le sue intemperanze verbali fa calare la fiducia dei mercati e fa salire l’interesse che lo Stato deve pagare. Del resto, quando la Lega governava con Berlusconi aveva portato il paese a un passo dal fallimento.

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Cannabis light, Buffagni (M5s) fa il test anti droga e mostra i risultati in un video: “Sfido tutti i parlamentari a fare lo stesso”

“Negli scorsi giorni ho sfidato tutti i parlamentari che parlano tanto di cannabis light a fare il test anti-droga. Oggi a L’aria che tira La7 mi sono impegnato a farlo io in prima persona, ecco i risultati. Trasparenza significa questo”. Lo afferma Stefano Buffagni, viceministro dello Sviluppo economico del M5s in un video postato su Facebook nel quale mostra i risultati negativi del test

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mercoledì 18 dicembre 2019

Migranti, Salvini: “Io indagato? Chissà se M5s voterà al Senato come nel caso Diciotti. Vicenda Gregoretti è della stessa fattispecie”

Io indagato per sequestro di persona nella vicenda della nave Gregoretti? Ci sarà la decisione della Giunta delle Immunità del Senato e poi voterà il Senato. Sono curioso di vedere se il M5s voterà come nel caso Diciotti, visto che questa vicenda è della stessa fattispecie“. Sono le parole pronunciate ai microfoni di Radio Radicale dal leader della Lega, Matteo Salvini, intervistato dal giornalista Massimiliano Coccia sull’atto di accusa del tribunale dei ministri di Catania nei confronti dell’ex ministro dell’Interno, in merito alla vicenda della Nave Gregoretti della Guardia Costiera.


E’ un enorme spreco di soldi pubblici e di tempo – ribadisce Salvini – da parte di magistrati che cercano un reato laddove, a mio modesto avviso, non c’è, perché si trattò di una scelta politica che poggiava su normative nazionali e internazionali. E ricordo che questo sbarco, sospeso nel luglio scorso per 4 giorni, poi avvenne quando 5 Paesi europei e i vescovi italiani firmarono l’impegno di farsi carico dei migranti a bordo. Io ho indagini aperte nelle Procure di mezza Italia, da Torino a Roma, da Milano a Genova, ad Agrigento, a Catania. Mi domando se la priorità per questi tribunali sia Salvini come sequestratore brutto e cattivo. Detto questo, la gente mi ferma per strada e mi dice: ‘Matteo, non mollare, vai avanti, hai fatto quello che era giusto fare’. Andiamo avanti con l’evidenza che una riforma della giustizia sarà una priorità del prossimo governo. Di questo temo che non lo sia“.

Sulle dimissioni del presidente della Regione Valle D’Aosta, Antonio Fosson, dopo l’avviso di garanzia ricevuto dalla Dda per scambio elettorale politico mafioso, Salvini osserva: “C’è solo una soluzione in Val D’Aosta: elezioni subito con liste pulite e non inquinate. Le infiltrazioni della ‘ndrangheta ad Aosta, come in tutta la Valle e anche in alcune zone dell’Emilia Romagna, sono evidenti da tempo. Ecco, fortunatamente in questo caso ci sono migliaia di magistrati che, a rischio della loro vita, fanno un lavoro incredibile. A maggior ragione, producono in me dubbi, sorrisi, ma anche incazzature altri pochi magistrati che ho l’impressione che usino la toga per fare politica. Voglio ricordare – continua – che la Lega era già maggioranza nella Regione, ma poi, grazie a un gioco di palazzo, è stata estromessa e si è avuta una maggioranza figlia di rimpasti e di ribaltoni, una roba mista di sinistra. A volte, le storie si ripetono: gli sconfitti, come Pd e suoi simili, si sono messi insieme. Però il tempo è galantuomo. In Val D’Aosta, come nel resto del Paese, saranno gli elettori ad avere l’ultima parola e a far pulizia“.

Riguardo alla sua proposta di un patto di unità nazionale prima del voto, il capo della Lega spiega: “I punti di questo contratto sono: lavoro, meno burocrazia, università e ricerca, infrastrutture, riforma della giustizia. Ovviamente non penso a governi con Conte, Renzi, Di Maio e quella gente lì, ma penso a un dialogo civile“.

Chiosa finale sull’iniziativa dell’iniziativa del Partito Radicale volta a promuovere la convocazione del referendum costituzionale confermativo circa la riforma che riduce il numero dei parlamentari: “Sono d’accordo sui referendum in generale. Ho votato quella riforma, ho letto poco fa che sono state raggiunte le firme sufficienti di parlamentari per indire quel referendum. Quando i cittadini confermano o smentiscono una riforma approvata dal Parlamento, secondo me, è sempre la scelta migliore. È ormai sotto gli occhi di tutti il silenzio della informazione italiana sulle iniziative dei Radicali, nonché gli osanna e la beatificazione di Conte e dei suoi amici. Ma fortunatamente nell’era della comunicazione diretta delle radio, dell’online, dei social, chi vuole informarsi sa come farlo”.

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M5s, Paragone deferito ai provibiri: “Fedele a programma elettorale: non sono un burattino. Di Maio? Non basta il ruolo di capo per guidare”

Dopo essere stato deferito ai provibiri per aver votato contro la fiducia posta sul maxiemendamento del governo alla manovra, il senatore M5S Gianluigi Paragone a ilfattoquotidiano.it afferma: “Rimango attaccato a un programma elettorale in cui non si aveva paura di affrontare il principio di austerità dell’Europa. Certo, c’è un codice etico, ma non mi possono chiedere sulla base del codice etico di votare un programma diverso da quello su cui il Movimento e Di Maio hanno fatto campagna elettorale. Io non sono la marionetta di nessuno“. Paragone professa coerenza rispetto all’impegno elettorale del 2018. “Per me il programma elettorale non è una truffa ideologica, quindi se qualcuno ha cambiato idea affari loro e io non è che gliela regalo l’espulsione o la mia cacciata dal Movimento, se lo mettano bene in testa”. Il giornalista, oggi senatore, conferma di voler “rimanere nel M5s” e nello stesso tempo critica il capo politico Luigi Di Maio: “Non è una contraddizione, mi sembra che le critiche a Di Maio provengono da un pezzo dei gruppi parlamentari e da un grande pezzo dell’elettorato del Movimento”. E sulla conferma del ruolo del ministro degli Esteri da parte di Grillo aggiunge: “La leadership non si esercita perché qualcuno ti dice ‘sei il capo’, non basta avere i galloni di capo per guidare un esercito. Serve che ti seguano e non mi sembra che le cose stiano andando così. Io – conclude Paragone – darò battaglia per rimanere nel M5s. Io non voto solo ciò che ha attinenza con le regole di bilancio imposte dall’Europa. Per il resto seguo il programma elettorale: ieri ho votato il Decreto fiscale, oggi il Decreto scuola. Io sono in dissenso su quello che adesso il M5s vorrebbe dire sull’Europa”.

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M5s, Grillo: “Ci sarà una rivalutazione del nostro spirito, serve un’idea”. E sulla prescrizione ironizza: “Ci spero, ho un’accusa per vilipendio”

“Credo che ci sarà una rivalutazione del nostro spirito, si recupererà sicuramente. Qualcosa è rimasto e verrà fuori ancora più potente. Ci vuole un’idea e la stiamo pensando”. Lo ha detto Beppe Grillo, parlando con i cronisti fuori dal Forum hotel di Roma. A far visita al fondatore del Movimento 5 stelle anche il presidente della Camera Roberto Fico, che è uscito senza rilasciare dichiarazioni

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Veneto, i consiglieri M5s si astengono sui fondi della Regione per riparare i danni dell’acqua alta a San Marco: “Ci pensi il Vaticano”

Il Movimento Cinquestelle in consiglio regionale del Veneto non approva uno stanziamento di un milione di euro per contribuire a riparare i danni causati dalle ripetute acque alte di novembre alla Basilica di San Marco. La presa di posizione, che si è tradotta in un voto di astensione, ha creato parecchio stupore a Palazzo Ferro Fini, anche perché alcun giorni fa i consiglieri regionali si erano recati in visita all’interno della chiesa simbolo di Venezia, constatando di persone quali siano gli effetti dell’acqua di mare su colonne e mosaici. Ma in aula il gruppo (era assente il capogruppo Jacopo Berti) si è dissociato dalla linea comune sostenendo che alla Basilica ci deve pensare il Vaticano.

A illustrare ai consiglieri regionali i danni, quantificati in circa 5 milioni di euro, erano stati il primo procuratore di San Marco, Carlo Alberto Tesserin, e il proto Mario Piana. Il consiglio ha esaminato il progetto di legge d’iniziativa della giunta regionale presentata in tempo record, dopo un ordine del giorno votato il 14 novembre scorso, due giorni dopo la marea di 187 centimetri. Già in commissione si era registrata l’astensione del rappresentante M5S. E la posizione non è mutata in aula.

“A San Marco ci pensi il Vaticano”, ha detto Simone Scarabel, interpretando l’opinione degli altri grillini presenti, Erika Baldin e Manuel Brusco. Così il provvedimento ha ottenuto 43 voti favorevoli e 3 astensioni. Il pentastellato ha motivato la decisione ricordando a quanto ammontino le fortune vaticane. “Alcune settimane fa, Dataroom di Milena Gabanelli ha calcolato che il patrimonio del Vaticano nel mondo è stimato in circa 2.000 miliardi. Inoltre, Papa Francesco ha parlato di un probabile caso di corruzione per l’acquisto di un immobile di Londra, pagato 200 milioni di dollari, tramite due broker che si sono intascati decine di milioni di provvigioni…”. E per San Marco? “Sarebbe stato meglio organizzare una raccolta fondi aperta al pubblico. Sono convinto che questo provvedimento non goda dell’unanimità di 5 milioni di cittadini veneti. E siccome la Repubblica Serenissima era la patria della libertà di pensiero, noi ci asteniamo”.

L’invito ai Cinquestelle di ripensarci è venuto non solo dai banchi della Lega, ma anche dai rappresentanti del partito democratico. Scarabel e gli altri due consiglieri non hanno cambiato idea. Il commento di Nicola Finco per la Lega: “La Basilica di San Marco non rappresenta solo la storia della nostra regione, ma dell’intera cristianità. Lo stanziamento è un atto dovuto. Il Movimento 5 Stelle, astenendosi, ha scelto di mostrarsi incurante rispetto ai bisogni di Venezia e di un capolavoro artistico invidiatoci da tutto il mondo”.

La risposta del gruppo M5s non si è fatta attendere: “Nessuno di noi mette in dubbio il valore storico e artistico universale di quella che per noi tutti è la più bella chiesa del mondo, ma sempre una chiesa è: può beneficiare costantemente di attenzioni pubbliche per la salvaguardia dei beni artistici e culturali da parte dello Stato e delle istituzioni sul territorio, ma ricade anche sotto il patrimonio immenso del Vaticano”. Poi, con lo sguardo rivolto a tutti i danneggiati dall’acqua alta: “Quanti commercianti hanno subito danno gravissimi? Quanti residenti veneziani si ritrovano a dover risanare le proprie case? Loro dovrebbero dipendere dagli stanziamenti dello Stato, mentre la Regione si dà un gran da fare per raccogliere e destinare fondi solo a favore di San Marco”.

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Care Sardine, vedo molti punti di contatto con il M5s. Ora però serve uno sforzo da parte vostra

Ho seguito con interesse la manifestazione di Piazza San Giovanni, nella quale si sono radunate 35.000 persone al grido di “Roma non si Lega”. Durante questo evento, sono state poste “ai politici” sei questioni.

Io sono un prof universitario prestato alla politica. Quando in una piazza così affollata dei cittadini presentano delle domande, è giusto che chi rappresenta pro tempore le istituzioni a qualsiasi livello si impegni a rispondere. Riordino le richieste partendo da quella con cui sono maggiormente d’accordo fino a quella in cui vedo le maggiori criticità.

1) Pretendiamo che il mondo dell’informazione traduca lo sforzo che facciamo “in messaggi fedeli ai fatti”

2) Pretendiamo trasparenza nell’uso che la politica fa dei social network, sia economica che comunicativa
Talmente d’accordo che non commento neppure. Tra l’altro, avendo un blog che si occupa di demistificazione delle bufale, come potrei non condividere?

3) Pretendiamo che la violenza venga esclusa dai toni e dai contenuti della politica in ogni sua forma
Personalmente dubito che possiate trovare qualcosa scritto da me che possa essere definito “violenza verbale”. Anche perché, l’ironia e il sorriso sono armi molto più potenti ed efficaci. Tuttavia, a volte per farsi ascoltare servono anche toni decisi. La politica è passione. No alla violenza, ma no anche alla noia, per piacere!

4) Pretendiamo che chi è stato eletto vada nelle sedi politiche invece di fare campagna elettorale permanentemente
Condivido anche questo. C’è già chi monitora chi va davvero in parlamento e chi in altri sedi, e mi permetto di far notare che tra chi è più presente ci sono i parlamentari del mio MoVimento. Tuttavia, anche le competizioni elettorali sono un modo per confrontarsi con le persone. Ho partecipato a quella che è stata un’esperienza non esattamente positiva per la mia forza politica, la campagna elettorale in Umbria, e devo dire che mi sono arricchito anche lì. Ascoltare le critiche dei cittadini è davvero utile, però, come giustamente affermate, la campagna elettorale non può diventare “permanente”. Non si può chiedere di andare a nuove elezioni ogni volta che i sondaggi dicono che hai guadagnato pochi decimali. Siamo stati eletti per rispondere alle richieste dei cittadini, dialogando con chi condivide il nostro programma, e in questo ci stiamo impegnando.

5) Chiediamo di ripensare il decreto Sicurezza: c’è bisogno di leggi che non mettano al centro la paura, ma il desiderio di costruire una società inclusiva
Ritengo che tra la forza politica che rappresento e le idee delle Sardine ci siano molti più punti di contatto che di lontananza, ad esempio penso a tematiche come diritti sociali, ambiente e giustizia. Si è parlato tantissimo dei decreti sicurezza, ma in pochi conoscono le norme nei dettagli. Mi permetto di sollevare un unico esempio, piccolo per carità, riguardo una questione che conosco bene. Nel secondo decreto c’era l’esenzione del permesso di soggiorno per chi viene in con motivazione “manifestazione sportiva”, questo perché quando è stato approvato non si poteva intasare le questure per i 30.000 atleti che avrebbero partecipato alle universiadi a Napoli. Il problema del permesso di soggiorno non riguardava solo gli atleti: riguardava anche i ricercatori extracomunitari. Pochi mesi fa, accadeva che il docente italiano con fondi dall’Unione europea che volesse assumere un ricercatore indiano trovava la seguente paradossale situazione: arrivava il ricercatore, ma non poteva firmare il contratto perché non aveva un conto in banca, non poteva avere il conto in banca perché non aveva il permesso di soggiorno, e non poteva avere il permesso di soggiorno perché non aveva un contratto. Questo micidiale circolo vizioso è stato rotto semplicemente aggiungendo all’articolo 14 del decreto sicurezza le parole “ricerca” tra i motivi di esenzione temporanea per il permesso di soggiorno.

Ora, non mi permetterei mai di dire alla piazza delle Sardine di accettare i decreti sicurezza solo perché c’è un singolo articolo condivisibile, figuriamoci. Accetto la richiesta di complessità e approfondimento, ma occorre riconoscere che la questione immigrazione è un problema reale che non si risolve semplicemente abolendo i decreti sicurezza. E soprattutto, non si risolve senza coinvolgere tutta l’Europa, perché si tratta di un problema comune. Chi propone un’accoglienza non regolamentata fa semplicemente il gioco di chi strumentalizza altre piazze gridando “fuori gli immigrati”.

6) Pretendiamo che chiunque ricopre la carica di ministro comunichi solamente nei canali istituzionali
Qui invece sono perplesso. I social sono un mezzo, nuovo come erano la fotografia, la radio e la televisione appena inventate. Quello che è importante è che cosa si comunica, al di là del mezzo. Sarebbe un peccato non sfruttare (in modo opportuno) le nuove forme di comunicazione.

A parte gli ultimi due, ci potrebbero essere in realtà molti punti di contatto con la visione del MoVimento. Poter rappresentare i cittadini è un onore immenso, ma anche un’enorme responsabilità. Spero di vedere le vostre repliche qui nei commenti al blog de ilfattoquotidiano.it, su Facebook o se volete, anche tramite la vecchia e-mail (Bella_m@camera.it). Mi permetto di chiedervi di fare un grandissimo sforzo e di essere propositivi: come possiamo insieme dare delle risposte concrete ai cittadini? Essere “contro” qualcuno è facile, proporre alternative concrete, invece richiede quella complessità che mi permetto di invocare nei vostri commenti.

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Conte su La7: “Mi sento più consono a questo governo. Salvini? Si sgonfierà. Assurdo che parlamentari M5s siano passati alla Lega”

Sicuramente mi sento più agio in questo esecutivo. Avverto maggiore consonanza a questo progetto di governo, al suo programma, ai suoi obiettivi e alle sue finalità”. Sono le parole del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ospite di Dimartedì, su La7.

Conte rivela di aver votato il M5s alle elezioni europe e che in Emilia Romagna sicuramente non voterebbe per il centrodestra.
Poi si sofferma su Matteo Salvini: “Il suo linguaggio, come quello di Giorgia Meloni, non mi appartiene. L’ho detto anche nel mio discorso quando ho chiesto la fiducia per questo esecutivo: io mi batterò perché ci siano la cura delle parole e un linguaggio garbato, perché non possiamo chiedere ai cittadini il rispetto se non diamo noi stessi rispetto anche con le parole. Salvini ha un consenso molto forte? – continua – Veramente sta un po’ scemando, lo vedo dagli ultimi sondaggi. Quando c’è una macchina comunicativa molto aggressiva, che spinge molto sulla paura delle persone e cerca di soffiare su quel vento, quest’ultimo si gonfia e di solito poi si sgonfia. E’ una parabola storica. Io confido nella durata di questo governo fino al 2023, confido nel fatto che nessuno voglia interrompere questa opportunità. Recentemente alcuni parlamentari (M5s, ndr) sono passati all’opposizione: mi sembra un assurdo. Se vuoi riformare il tuo Paese, fallo qui, adesso, con noi”.

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martedì 17 dicembre 2019

Sardine, Grillo: “Movimento interessante, ma non ricordano i nostri inizi. Giusto che in piazza ci siano loro”

Quello delle Sardine è un movimento “da tenere d’occhio, non si facciano mettere il cappello sopra da nessuno. È una cosa interessante, un movimento di igiene salutare, igienico-sanitario”. Lo ha detto Beppe Grillo, uscendo dall’hotel forum di Roma. “Siete voi le Sardine – ha aggiunto rivolgendosi ai cronisti – mi state comprimendo, avete dei microfoni che odorano di aliti terribili, avete degli aliti pazzeschi e non posso stare in mezzo a voi così”, ha risposto eludendo le domande sull’incontro con Elio Lannutti.

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M5s, il vicecapogruppo alla Camera chiede le dimissioni di Paragone: “Si è allontanato dal Movimento e continua a provocare”

Dopo il voto contrario alla fiducia sulla legge di Bilancio di Gianluigi Paragone, una parte del Movimento 5 stelle chiede le dimissioni del senatore M5s. Il senatore 5 stelle è da sempre contrario al governo con il Partito democratico e vicino a quanti chiedevano il ritorno alle urne. Oggi a chiedere il suo passo indietro è stato il vicecapogruppo alla Camera Riccardo Ricciardi, storicamente più vicino alla sinistra e alle posizioni di un esponente M5s come Roberto Fico: “Sin dal post voto delle elezioni Europee”, ha scritto in una nota, “Paragone si è allontanato dalle posizioni del Movimento 5 stelle, e si è avvicinato sempre di più a quelle dell’opposizione. Dai nostri iscritti abbiamo ricevuto il mandato chiaro di sostenere questo esecutivo guidato da Giuseppe Conte. Paragone non rispetta né loro, né tutti gli altri portavoce in Parlamento che lavorano per l’esclusivo interesse dei cittadini. Continua a provocare: ha votato contro la manovra che ha evitato, tra le altre cose, 23 miliardi di aumento dell’IVA, e da ultimo, è arrivato anche l’attacco al capo politico Luigi Di Maio. Perché non si dimette? Sia coerente, almeno per una volta e, come aveva annunciato di fare quest’estate, lasci il Parlamento”.

I malumori dentro i gruppi parlamentari M5s sono molto forti e vanno avanti da giorni. Il 16 dicembre c’è stato il primo voto di fiducia sulla Manvora in Senato e oltre ai 4 senatori assenti, Paragone ha votato contro. Questo è bastato per riaprire le polemiche contro il senatore M5s. Il presidente M5s della commissione Cultura Luigi Gallo lo ha criticato rilanciando il suo post serale dal titolo: “Grazie alla moneta unica in 20 anni ogni italiano ha perso 75mila euro, mentre ogni tedesco ne ha guadagnato 23mila”. “ParagoneShow è in stato confusionale”, ha scritto Gallo su Facebook. “Dategli un programma TV da condurre o un giornale da guidare, sarà in crisi d’astinenza da palcoscenico. Ha buone esperienze come guida del quotidiano La Padania e come vice-direttore di Libero”.

Una linea condivisa anche dal deputato Michele Gubitosa. Che si è schierato con una nota nella lista di quelli che chiedono le dimissioni di Paragone: “Oltre a non aver votato la fiducia alla manovra, varata in tempi record con un grosso lavoro di Governo e Parlamento per sventare l’aumento dell’Iva e per approvare misure utili per i cittadini, continua ad attaccare Luigi Di Maio. Ci chiediamo perché, invece di continuare a provocare, non si dimetta da parlamentare visto che, ormai, non è più in linea con le battaglie del Movimento? Sia coerente, per una volta, e lasci il Parlamento“.

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Commissione banche, Di Pietro: “Sono qui per difendere l’onore di Lannutti. Ho incontrato Grillo, serve che serri le fila del M5s”

“Sono qui per difendere l’onore di Elio Lannutti, che viene attaccato sul piano personale. Le persone che lo criticano hanno paura della sua preparazione professionale, della sua storia e di ciò che potrebbe fare alla presidenza della commissione”. A dirlo è Antonio Di Pietro dopo l’incontro, all’hotel Fourm di Roma, con Beppe Grillo e il senatore del M5s, Elio Lannutti, candidato dalla maggioranza per la presidenza della commissione Banche. Lannutti è stato accusato di essere in una posizione di conflitto d’interesse per via del ruolo ricoperto dal figlio, Alessio, nell’Ufficio Enti della Banca Popolare di Bari.

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