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giovedì 30 aprile 2020

Coronavirus, Crippa (M5s): “Lega fa occupazioni e assembramenti in Aula anche per festeggiare un compleanno”

“Qualcuno ha preso iniziative come l’occupazione dell’aula per festeggiare un compleanno“. Lo ha detto il capogruppo del Movimento 5 stelle Davide Crippa, in aula alla Camera dopo l’informativa del premier Giuseppe Conte, riferendosi all’iniziativa di protesta della Lega. Crippa ha puntato il dito contro le opposizioni: “Sul decreto Cura Italia qualcuno ha voluto che gli spazi parlamentari fossero bocciati, costringendo la maggioranza a mettere la fiducia su un testo mentre tutti volevamo riaprirlo per delle integrazioni che servivano al Paese, non a noi”

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Coronavirus, ministra Dadone su La7: “Concorsi? Prove digitalizzate e decentrate sui territori. In più esami orali in videoconferenza”

“Sui concorsi abbiamo una proposta che speriamo di inserire nel decreto Aprile: visto che dovremo convivere con questo virus, quello che vorrei far è decentrare le prove sui territori, farle tutte su supporto informatico con l’iscrizione tramite spid o Pec su un portale da cui vedere date e risultati, prevedendo anche la possibilità della prova orale in videoconferenza“. Lo annuncia a “Coffee Break”, su La7, la ministra della Pubblica Amministrazione, Fabiana Dadone, che aggiunge: “A oggi una procedura concorsuale dura circa 18 mesi, è strutturato in molte prove e comporta spostamenti di persone da tutta Italia per fare il concorso a Roma. Fare le prove su supporto informatico può sembrare una banalità, ma oggi buona parte delle prove scritte viene ancora fatta su supporti di carta e questo implica anche delle notevoli lunghezze a livello di correzioni. Vorrei che fosse tutto digitalizzato. Ovviamente non ci si deve dimenticare della qualità della selezione, cioè velocizzare non significa perdere in qualità“.

La ministra annuncia anche la possibilità di digitalizzare l’autocertificazione per la fase 2 : “Stiamo lavorando perché possa essere trasferita su un’app. Abbiamo dato la priorità alla app Immuni, ma in realtà il lavoro sul trasferimento dell’autocertificazione su app è in corso. E’ evidente che non è tutto perfetto. Si stanno facendo sforzi grandi”.

Poi un appello ai presidenti delle Regioni: “La voglia di ripartire è tanta e il governo lo comprende, ma invito le Regioni a evitare fughe in avanti dicendo: ‘Apriamo tutto, il governo non ci ascolta’. In realtà, noi siamo molto attenti alle richieste delle Regioni tanto che tutti i giorni si fanno i tavoli con il ministro degli Affari regionali in Protezione civile per tenere aggiornati i presidenti”.

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martedì 28 aprile 2020

Coronavirus, Piepoli: “Maggioranza italiani finora favorevole a scelte di Conte. Mattarella ha approvazione corale, è visto come un papà”

“In questa fase, l’umore degli italiani è confuso e varia notevolmente da una settimana all’altra. Finora la maggioranza della popolazione ha approvato le scelte del governo. Adesso si pone il problema della reintegrazione nella vita normale, che sembrerebbe essere condotta con molta prudenza”. Sono le parole di Nicola Piepoli, presidente dell’omonimo Istituto, nel corso della trasmissione “L’Italia s’è desta”, su Radio Cusano Campus.

E aggiunge: “Nella fase due può darsi che ci saranno delle reazioni da parte degli imprenditori, perché forse il passaggio alla vita normale avverrà troppo coi piedi di piombo. Però andare coi piedi di piombo non ha guastato mai. In realtà, in questa fase, il problema non è dato dalla riaperture delle scuole o delle aziende. Il problema sono gli investimenti. Con la situazione di adesso, il 31 dicembre avremo un -10% in termini di Pil e quindi almeno un milione di disoccupati in più. Non c’è niente da fare, l’economia è una scelta precisa – continua – Se io so quali sono gli investimenti so quanto produrranno questi investimenti. Gli investimenti vanno moltiplicati per riuscire ad evitare quel calo del 10%. E questo si può tranquillamente fare. Si tratta di noi. Noi vogliamo combattere? E allora combattiamo. Non vogliamo combattere? Cazzi nostri”.

Sul gradimento delle istituzioni, il sondaggista menziona, in primis, il presidente della Repubblica: “Mattarella è pressoché intoccabile. Siamo quasi al 70% di fiducia, che è un massimo per i capi dello Stato. Abbiamo avuto presidenti con altissima approvazione da parte degli italiani, come Ciampi e Pertini, però Mattarella si è sempre mantenuto vicino al 60%, che è un massimo per i presidenti della Repubblica sul lungo periodo. Il giudizio positivo su Mattarella è fortissimo: lui è interpretato come il papà, anche dagli anziani. Ci si riferisce a lui come a una persona saggia che può dare le istruzioni giuste per vivere meglio. Ed è proprio quello che vuole l’italiano medio. Quindi, l’approvazione degli italiani nei confronti del presidente della Repubblica è corale“.

Buono anche l’apprezzamento per il presidente del Consiglio, ma Piepoli puntualizza: “Conte è stato alto nel gradimento fino a ieri, ma non so come siano i risultati di oggi, perché la sua ultima ‘prestazione’ è stata un po’ confusa. E può pesare di 5 punti sull’approvazione degli italiani. Circa i presidenti della Camera e del Senato, entrambi si attestano orientativamente sul 30% con Roberto Fico che ha un apprezzamento un po’ più alto rispetto a Maria Elisabetta Alberti Casellati. Hanno entrambi un buon livello di approvazione, però nettamente inferiore a quello di Mattarella. Inoltre, si tratta di una popolarità in un certo senso segmentata: uno è più popolare a sinistra, l’altra a destra. Si compensano bene, sono due ottimi presidenti”.

Piepoli, infine, si sofferma sui partiti: “Il M5s è piuttosto stabile. Ha guadagnato qualche punto in funzione dell’attività governativa in cui si è dimostrato favorevole ad alcuni provvedimenti per i più deboli. E questo influisce di 3-4 punti in termini di intenzioni di voto. Quindi, il M5s è salito, ma piuttosto moderatamente. La Lega, invece, è in lieve discesa ma è sempre il primo partito, energetico esattamente come il suo capo. Il Pd mantiene la propria quota intorno al 20%. Questo significa che ha riguadagnato circa il 3%, ovvero i voti che aveva perso con l’addio di Renzi. Nel complesso, le forze politiche di destra e di sinistra si equivalgono. Il governo si è lievemente rafforzato in termini di opinione pubblica“.

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domenica 26 aprile 2020

Sondaggi, la Lega in calo: perde quasi il 6% e adesso il Pd è a 4 punti. Balzo in avanti del M5s

La Lega perde quasi il 6% nei sondaggi, cala sotto il 30 e si ritrova il Pd molto vicino. E anche l’altra gamba della maggioranza, il Movimento Cinque Stelle, cresce e si assesta oltre il 18%. È questa l’ultima fotografia del consenso dei partiti scattata da Ipsos di Nando Pagnoncelli e pubblicata dal Corriere della Sera.

Il partito di Matteo Salvini, pur mantenendosi al primo posto con il 25,4 per cento, arretra del 5,7, scende al di sotto del 30% e ritorna sui valori del maggio 2018. Così il Pd – che mantiene al secondo posto con il 21,3% – grazie a una crescita dello 0,7% si riporta sui valori dell’estate scorsa, prima della scissione di Matteo Renzi, e si piazza ad appena 4 punti percentuali dal Carroccio. La crescita maggiore è però quella del M5S, che aumenta il gradimento del 3,3% attestandosi al 18,6. A seguire Fratelli d’Italia con il 14,1% (+1,1%), e Forza Italia con il 7,5% (+0,7%).

Nel complesso i tre principali partiti del centrodestra perdono il 4,2%, scendono per la prima volta nell’anno al di sotto del 50% (47%), e riducono a soli 2 punti il vantaggio sulle quattro forze della maggioranza (che salgono al 45%), dai quasi 10 di marzo. “Il M5S – spiega Pagnoncelli – sembra beneficiare dell’immagine positiva del governo e del presidente più del Pd che è stato a lungo silente a causa della malattia del suo segretario Zingaretti colpito dal coronavirus”.

Tra le forze di maggioranza, l’unica in contrazione è Italia Viva: il partito di Matteo Renzi balla ora sulla soglia del 3%, secondo Ipsos, perdendo mezzo punto percentuale in trenta giorni. Guadagna lo 0,4 Azione di Carlo Calenda (1,4) e avanza +Europa (+0,7 a 1,7). Stabili Sinistra ed Europa Verde attorno al 2%.

Crescono anche il gradimento del governo (58, +2) e del presidente del Consiglio Giuseppe Conte (66, +8). Le difficoltà della Lega si notano anche dal gradimento del suo leader: Salvini perde in un mese 8 punti (da 39 a 31). Ora è sostanzialmente appaiato a Nicola Zingaretti (stabile a 30) e viene superato sia da Roberto Speranza (da 33 a 37) che da Giorgia Meloni (anche lei in piacchiata, da 41 a 35). Stabili gli altri leader da Luigi Di Maio (29) a Matteo Renzi, ultimo per gradimento con 13 punti dietro anche a Bonafede, Crimi e Berlusconi.

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venerdì 24 aprile 2020

La7, Galli Della Loggia a Delrio: “Conte anomalia assurda, scelta incauta di Mattarella”. “No, esprime il partito di maggioranza in Parlamento”

“C’è un problema politico: Conte non rappresenta niente e nessuno. Ha rappresentato soltanto una decisione, a suo tempo chiesta da M5s e Lega, e poi incautamente accettata dal presidente della Repubblica”. Sono le parole pronunciate a “Omnibus” (La7) da Ernesto Galli Della Loggia, storico ed editorialista del Corriere della Sera, parlando del presidente del Consiglio che negli ultimi sondaggi è al 60% di preferenze. Sergio Mattarella, “accettando” il nome di Giuseppe Conte, ha applicato la Costituzione, arrivando invece a rifiutare, con un’azione senza precedenti, la nomina a ministro dell’Economia di Paolo Savona.

E aggiunge: ”Conte cerca disperatamente di costruirsi un ruolo politico e una base politica. Ci sono anche notizie di suoi tentativi di costruirsi un polo para-cattolico. Naturalmente la comunicazione politica aiuta moltissimo a costruirsi un’immagine e un seguito. Conte è il trionfo dell’anomalia politica italiana, perché a presiedere il governo c’è un signore assolutamente sconosciuto. È un’anomalia assurda e pazzesca del sistema politico – continua – incautamente accettata dal presidente della Repubblica e ancora più incautamente accettata quando c’è stato il Conte bis. Abbiamo avuto un signore non solo assolutamente conosciuto, ma candidatosi a presiedere una qualsiasi maggioranza, una cosa che contraddice profondamente la ragione d’essere delle democrazie parlamentari. E il risultato è poi che il poveretto sta lì, ogni momento che può, alla televisione a dire: ‘Guardate che esisto io, io, io’”.

A Galli Della Loggia replica Graziano Delrio, capogruppo Pd alla Camera: “Il presidente del Consiglio è stato espresso dal M5s come mediazione del partito di maggioranza. Quindi, rappresenta una sensibilità di quel tipo dentro il M5s, che aveva anche altre leadership. È chiaro che alcune scelte che fa il presidente del Consiglio e la sua permanenza nel governo dipendono dal fatto che il partito di maggioranza in Parlamento è un partito che ha espresso Giuseppe Conte. Non c’è alcuna anomalia rispetto al Parlamento. Su questo non mi sento d’accordo con lei”.

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Coronavirus, M5s rinvia ancora l’elezione del capo politico: “Per Beppe Grillo la proroga è indispensabile visto il momento eccezionale”

Il Movimento 5 stelle ha deciso di rinviare ulteriormente l’elezione del nuovo capo politico. Una decisione che, si legge sul Blog delle stelle, è stata autorizzata dal garante e fondatore M5s Beppe Grillo: “Ha ribadito che non solo è ammissibile, ma indispensabile, alla luce della eccezionale condizione in cui sta versando il Paese”. Dal 22 gennaio scorso, giorno delle dimissioni di Luigi Di Maio, la carica è stata assunta dal membro più anziano del comitato di garanzia M5s Vito Crimi. Crimi avrebbe dovuto traghettare il Movimento fino agli Stati generali di metà aprile, ma il congresso è stato rinviato. Oggi è stata comunicata agli iscritti la decisione di prorogare ulteriormente l’elezione che “dovrà svolgersi necessariamente entro la fine dell’anno e comunque prima se le circostanze dovessero consentirlo”.

“Stiamo attraversando”, si legge nel post pubblicato sul Blog delle stelle, “un momento di emergenza sanitaria, sociale ed economica senza precedenti e tutte le nostre forze devono essere concentrate nell’unico obiettivo di accompagnare questo paese a rialzarsi, e per fare questo serve compattezza e unità di intenti”. Il Comitato di garanzia prima di comunicare la decisione ha interpellato il garante del Movimento: “Il comitato”, si legge ancora, “ha ritenuto opportuno rinviare le elezioni del nuovo capo politico ad un momento successivo e su questo ha richiesto una interpretazione autentica al garante del MoVimento, Beppe Grillo, il quale ha ribadito che non solo è ammissibile, ma indispensabile, alla luce della eccezionale condizione in cui sta versando il paese, che si attenda la normalizzazione della situazione prima di procedere all’indizione della elezione del nuovo capo politico”.

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giovedì 23 aprile 2020

Coronavirus, Renzi sta con tutti: “Con Conte, ma anche con Fontana e Zaia. Mes? L’Italia è con l’acqua alla gola, ridicoli i no dentro M5s e Lega”

“Se non diamo liquidità ora alle aziende, rischiamo che non ci arrivino al prossimo anno. Si dice che tra un anno torna il tempo bello, ma se quest’anno muoio sai che me ne faccio? Ecco perché è giusto prendere i soldi in Europa, ecco perché sono ridicoli quei grillini e quei leghisti e dicono di no al Mes”. Sono le parole del leader di Italia Viva, Matteo Renzi, ospite di “Non stop news”, su Rtl 102.5.

“Il Mes è un prestito a condizioni agevolate – spiega – Quindi, se dici che non lo vuoi, non lo prendi ma a patto che tu possa permetterlo. Se, però, sei con l’acqua alla gola e te lo danno a condizioni buone, lo prendi eccome. E non a caso, di fatto, Conte ha trovato una formula abbastanza arzigogolata per dire che naturalmente prenderà questo prestito. Servono i soldi dell’Europa e di tutte le istituzioni, ma serve anche sapere che supereremo questa crisi prendendo i soldi a debito, prendendo, cioè, i soldi dai nostri figli. Noi stiamo indebitando le prossime generazioni, quindi stiamo attenti. Ma è giusto farlo. Abbiamo fatto questo complicato lockdown per salvare i nostri nonni, ma lo faremo coi soldi dei nostri figli. È bene saperlo”.

Circa il Consiglio europeo di oggi pomeriggio, Renzi osserva: “Secondo me, finirà benino. L’Ue ha indubbiamente commesso errori in partenza, però ha messo soldi sulla Bce. Se non ci fosse stata la Bce oggi, lo spread sarebbe stato a 600. La Bce ha messo i soldi per la Bei, ha tolto il patto di stabilità, ha messo cento miliardi per la disoccupazione, i trentasette miliardi del Mes. Oggi troveranno un compromesso positivo all’europea, per dire che si faranno i recovery fund. Macron chiede 2500 miliardi. Bene. Però la partita è in mano agli italiani”.

Su eventuali divergenze con Conte, il senatore puntualizza: “Penso che in questo momento non freghi a nessuno di capire se Italia Viva esca o meno dalla maggioranza. Quello che interessa a tutti è se gli italiano escono di casa. Ci sono 25mila morti, e purtroppo il numero crescerà, ci sono 60 milioni di italiani agli arresti domiciliari da un mese e mezzo per una scelta sicuramente giusta. E gli italiani sono stati bravissimi. Abbiamo visto delle scene obbrobriose di elicotteri che rincorrono i runner in diretta televisiva. Abbiamo perso un po’ il senso della ragione. Io – continua – dal giorno in cui il paziente 1 di Codogno è stato ricoverato, cioè circa due mesi fa, ho interrotto qualunque discussione su Italia Viva e sul governo. Io sto con Conte a livello nazionale, come sto con Fontana in Lombardia, con Zaia in Veneto, con Rossi in Toscana, con Zingaretti nel Lazio. Io sto con l’Italia. Tutto il resto verrà, perché bisognerà capire chi ha sbagliato e cosa non ha funzionato, ma oggi, piano piano, dobbiamo ripartire. E ogni settimana che perdiamo avrà delle ripercussioni a settembre-ottobre”.

E aggiunge: “Il rischio è che, se non moriamo di covid oggi, moriremo di fame tra 6-8 mesi, anche perché gli altri Paesi hanno chiuso meno. La crisi sociale ed economica sarà durissima. Per me l’Italia ce la può fare, ma bisogna mettersi tutti insieme e mettere da parte per una volta le polemiche. E se dico di non fare polemica, col background che ho, penso che sia davvero una fase in cui tutti devono dare una mano.

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mercoledì 22 aprile 2020

M5s, lettera dei probiviri a 4 eurodeputati: “Hanno votato in dissenso con il gruppo sulla risoluzione per emergenza Covid”

Ignazio Corrao, Piernicola Pedicini, Rosa D’Amato ed Eleonora Evi sono finiti sotto la lente dell’organo disciplinare del Movimento 5 Stelle. Il motivo della lettera ricevuta dai quattro europarlamentari è il voto contrario (nei casi di Corrao, Pedicini e D’Amato) o l’astensione (nel caso di Evi) sulla risoluzione riguardante i provvedimenti da intraprendere a livello europeo per il contrasto alle conseguenze economiche del coronavirus. I parlamentari di Bruxelles hanno adesso dieci giorni per inviare le controdeduzioni, spiegando i motivi che li hanno spinti a votare per due separati dal gruppo pentastellato. “Non ci sono i presupposti” per un’azione disciplinare, ha dichiarato Corrao, “siamo nel giusto al 100%”.

Già in passato i quattro avevano preso le distanze dalla posizione del gruppo facendo mancare il voto all’elezione di Ursula von der Leyen, Corrao e Pedicini votando contro, Evi e D’Amato astenendosi. Ma dopo l’espulsione dal Movimento che ieri ha raggiunto il senatore Mario Michele Giarrusso e il deputato Nicola Acunzo per mancate restituzioni, adesso fonti interne sentite dall’Adnkronos non escludono che lo stesso provvedimento possa essere preso anche per i tre deputati Ue che hanno votato contro alla risoluzione.

Un provvedimento così duro, fino a lunedì scorso, veniva escluso. Molto più probabile invece un richiamo formale o, al massimo, la sospensione. Ma nelle ultime ore, riporta l’agenzia, la possibilità ha preso campo anche per le pressioni dei colleghi a Bruxelles più vicini alle posizioni del Governo e che non condividono le scelte dei ‘ribelli’. Nessuna decisione è stata tuttavia presa, si attendono le controdeduzioni con cui i quattro europarlamentari – gli unici del gruppo europeo a votare, tra l’altro, l’appello di Alessandro Di Battista e colleghi contro la conferma di Claudio Descalzi come amministratore delegato di Eni – dovranno motivare le decisioni prese.

Da parte sua, Corrao sostiene che “non ci sono presupposti” per un’azione disciplinare: “È una questione politica per le posizioni forti espresse verso il governo”, ha spiegato. Nella lettera di risposta ai probiviri “spiegheremo le cose, molto serenamente. Sono sicuro al 100% di essere nel giusto”, ha poi aggiunto.

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M5s, espulsi Mario Michele Giarrusso e Nicola Acunzo: non erano in regola con le restituzioni

Il senatore Mario Michele Giarrusso e il deputato Nicola Acunzo sono stati espulsi dal Movimento 5 stelle perché in ritardo con le restituzioni di parte dello stipendio. Il procedimento dei probiviri incaricato di valutare la posizione dei parlamentari era stato aperto a inizio gennaio.

Giarrusso, senatore siciliano alla seconda legislatura, è uno dei volti storici del Movimento. La sua espulsione era stata rinviata fino a questo momento, tra le altre cose, anche per far fronte ai pochi voti di scarto su cui può contare la maggioranza a Palazzo Madama. Solo pochi giorni fa Giarrusso aveva firmato l’appello di Alessandro Di Battista contro la riconferma di Descalzi all’Eni, segnando l’ennesima presa di distanza dalla linea M5s.

A gennaio scorso inoltre, il senatore aveva motivato i suoi ritardi dicendo di aver messo da parte i soldi per far fronte alle cause dovute all’attività di parlamentare: “Non ho mai rinnegato gli impegni presi col Movimento”, era stata la sua giustificazione su Facebook, “né intendo abbandonare il Movimento. Semplicemente è cambiato il meccanismo della rendicontazione e quello nuovo non consente più l’accantonamento di quanto rendicontato. Perché questo ho fatto. Ho accantonato, da gennaio 2019, le somme che avrei dovuto restituire, per costituire una riserva per far fronte alle spese legali per alcuni processi pendenti a mio carico, scaturiti dalla mia attività di parlamentare”.

E’ stato inoltre espulso anche Nicola Acunzo, l’attore “arruolato” nel M5s nel 2018 ed eletto attraverso i collegi uninominali in Campania. Il deputato era in ritardo con le restituzioni, una situazione che non ha mai sanato nonostante le promesse. Acunzo nel 2019 non ha mai versato i fondi che, da regolamento, i parlamentari 5 stelle si decurtano dallo stipendio.

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martedì 21 aprile 2020

Coronavirus, una bussola per programmare la scuola nella fase 2

Ci sono momenti di choc come quelli che stiamo vivendo dove sembra che tutta la conoscenza acquisita venga per un attimo azzerata. Sappiamo che non è così e tanta della struttura e sovrastruttura che abbiamo creato nel corso dei secoli resta in piedi. Ma è anche vero che in poche settimane, dall’inizio dell’emergenza Covid-19, tanti punti fermi sono andati in frantumi. Quando accade questo è da ingenui pensare che tutto possa ritornare come prima e bisogna invece attrezzarsi con bussola, taccuino, libri, motore di ricerca e tante domande per ricostruire le rotte e la mappa del domani.

Io ho deciso di farlo affidandomi alla conoscenza e agli studi di ricerca che il M5S aveva commissionato in tempi non sospetti, il taccuino, la bussola e le domande erano semplicemente nel cassetto ed è bastato aprirlo e rispolverare tutto.

Era il 2017 quando, sotto la spinta di Beppe Grillo, il M5S decise di investigare il futuro della cultura. Ho collaborato dal principio alla ricerca previsionale “Cultura 2030” affidata a Domenico De Masi, professore emerito di Sociologia del lavoro presso l’Università “La Sapienza” di Roma, la sua conduzione attraverso il metodo Delphi con il coinvolgimento di 11 esperti in differenti discipline: Remo Bodei (filosofia), Derrick De Kerckhove (sociologia dei media), Juan Carlos De Martin (ingegneria informativa e rivoluzione digitale), Piergiorgio Odifreddi (matematica e scienze esatte), Nuccio Ordine(letteratura), Maria Rita Parsi (Psicologia), Pier Cesare Rivoltella (didattica generale e tecnologie dell’educazione), Severino Salvemini (scienze organizzative), Raffaele Savonardo (Comunicazione culture giovanili), Mario Sesti (Critica Cinamatografica), Marino Sinibaldi (Giornalismo e cultura).

Dobbiamo interrogarci insieme su quali aspetti previsionali nel mondo della cultura ci possono tornare utili per programmare il prossimo futuro, quella fase 2, durante la quale dovremmo imparare a convivere con il virus finché un vaccino non lo debellerà.

Parte dall’interrogativo più grande che sembra sollecitare in questo momento l’interesse della stragrande maggioranza dei cittadini italiani che si troveranno coinvolti come genitori, come studenti o come docenti in una nuova organizzazione della scuola che già in queste ore ha stravolto le nostre abitudini quotidiane. Quale educazione e quale scuola bisogna progettare per l’inizio dell’anno scolastico nel 2020? Quale pensiero, quali esigenze devono guidare la riorganizzazione della scuola, della sua didattica affinché sia possibile realizzare un’apprendimento di qualità, sviluppare le potenzialità di tutti i bambini e i ragazzi garantendo completamente la loro sicurezza?

Sono temi che approfondirò utilizzando la bussola della ricerca Cultura 2030 che ci può intanto indicare la direzione del nostro lavoro: “Nel 2030 l’educazione perderà ogni accezione relativa all’addestramento e alla mera trasmissione di nozioni e regole precostituite. Essa muterà significato in un’azione competente, tesa a favorire la crescita di persone che saranno in grado di partecipare alla vita della propria comunità d’appartenenza in maniera autonoma e consapevole, selezionare le informazioni, avere un pensiero critico”. Ed ancora: “L’educazione sarà intesa come guida alla realizzazione delle proprie potenzialità per essere efficace in un contesto sempre più stimolante. Sarà ancora più improntata all’esperienza, alla relazione, alla cura dell’ambiente, all’autonomia, alla libertà”.

Una sfida enorme quella di dedicarci alle relazioni nell’epoca delle mascherine e del distanziamento sociale, una sfida enorme quella dell’autonomia e della libertà nell’epoca della quarantena quando bisogna garantire contemporaneamente sicurezza dei nostri bambini e dei nostri ragazzi e sviluppo del proprio potenziale considerando che anche le comunità scolastiche hanno avuto perdite significative del personale scolastico a causa del Covid-19. E questa sfida dobbiamo affrontarla responsabilmente insieme.

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Poltrone di Stato, ai vertici di Eni, Enel, Leonardo e Poste restano i manager scelti da Renzi e Gentiloni: cambiano solo i presidenti. I 5 Stella indicano gli ad di Enav, Mps e Terna

La partita delle nomine di Stato ha incrociato l’emergenza coronavirus. E il risultato – nell’impossibilità di rinviare di un anno la scelta – è che ai vertici delle maggiori partecipate pubbliche restano saldi i manager scelti dai governi dem di Renzi e Gentiloni. Il Movimento 5 Stelle, tra le proteste di Alessandro Di Battista e di un gruppo di dissidenti che comprende le ex ministre Giulia Grillo e Barbara Lezzi, ha dunque accettato anche la riconferma di Claudio Descalzi all’Eni nonostante le vicende giudiziarie che lo coinvolgono. Dalle liste depositate dal Tesoro lunedì notte (fuori tempo massimo, la scadenza era il 18 aprile) emerge totale continuità anche in Enel, Leonardo e Poste: cambiano solo le presidenze, un ruolo usualmente di rappresentanza e non operativo come quello degli amministratori delegati.

Pronte ma non ancora pubblicate le liste per le altre tre società che avevano i vertici in scadenza: Mps, Terna ed Enav. Qui i 5 Stelle piazzano i loro candidati Guido Bastianini, Stefano Donnarumma e Paolo Simioni. Sono solo lo cinque le donne su un totale di 14 ruoli apicali. E si tratta in tutti i casi di presidenze. Più equilibrata, grazie all’obbligo delle “quote rosa”, la composizione dei cda.

In Eni, Enel, Leonardo e Poste restano gli uomini scelti da Renzi e Gentiloni – Alla guida del gruppo dell’oil&gas il Tesoro lascerà il manager nominato nel 2014 dal governo di Matteo Renzi. Descalzi è imputato a Milano per corruzione internazionale per la presunta tangente da oltre 1 miliardo pagata a politici nigeriani e mediatori internazionali ed è indagato per il conflitto d’interessi in Congo, dove società controllate dalla moglie Marie Madeleine Ingoba hanno fornito a Eni servizi logistici. Il leader di Italia Viva, pur da “spettatore”, incassa anche la conferma all’Enel di Francesco Starace, entrato nella stessa tornata. Tanto che l’ex premier commenta: “Io esco vincitore pur non avendo partecipato perché le persone che avevamo individuato sono talmente brave da essere riconfermate senza che io abbia dovuto fare una battaglia per loro”. Sono stati invece nominati dal successore Paolo Gentiloni, oggi commissario Ue agli affari economici, gli attuali numeri uno di PosteMatteo Del Fante – e LeonardoAlessandro Profumo – che incassano un nuovo mandato dal governo Conte 2. I 5 Stelle si erano opposti alla conferma di Profumo, imputato per l’errata contabilizzazione dei derivati Alexandria e Santorini quando era presidente di Mps.

Calvosa, Crisostomo e Carta presidenti – Nei quattro maggiori gruppi pubblici cambiano, come detto, i presidenti. Il ministero dell’Economia indica per il Cane a Sei Zampe – al posto di Emma Marcegaglia – Lucia Calvosa, docente universitaria di diritto commerciale con esperienze da consigliere indipendente nei cda di Tim, del Monte dei Paschi di Siena e di Seif, la società editrice del Fatto Quotidiano. Mentre all’Enel Starace sarà affiancato dall’avvocato pugliese Michele Crisostomo, l’uomo che preparato il ricorso contro la Commissione Ue che ha visto l’Italia vincente nella vicenda dell’acquisto di Banca Tercas da parte della Popolare di Bari. Alla presidenza di Leonardo, invece, i 5 Stelle hanno chiesto e ottenuto Luciano Carta, ex capo di stato maggiore della Finanza e oggi alla guida dell’Agenzia informazioni e sicurezza esterna (Aise). Infine Poste dove si è deciso di riconfermare la presidente uscente Maria Bianca Farina.

In Mps, Terna ed Enav manager vicini al M5s – Si rimescolano le carte, invece, in Mps, Terna ed Enav. A guidare la banca senese, di cui il Tesoro resta il principale azionista visto che la dismissione è stata ulteriormente rinviata, viene chiamato Guido Bastianini, sostenuto dal Movimento 5 Stelle. È stato vicedirettore generale di Capitalia e presidente di Banca Profilo prima di approdare alla guida di Carige. Alla presidenza arriva Patrizia Grieco, oggi in Enel. Per la poltrona di ad del gestore della rete elettrica viene invece indicato Stefano Donnarumma, il manager scelto dalla giunta di Virgina Raggi nel 2017 per guidare Acea. E sempre dall’esperienza nella Capitale, questa volta all’Atac, viene un altro candidato dei Cinque Stelle, Paolo Simioni, scelto per la guida dell’Enav. Saranno affiancati dalle presidente Valentina Bosetti, professoressa associata di Economia ambientale e Economia dei cambiamenti climatici alla Bocconi, e Francesca Isgrò, avvocato amministrativista nello studio Orrick, che dal 2017 era entrata nel cda di Poste su indicazione del governo Gentiloni.

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sabato 18 aprile 2020

Coronavirus, Enrico Letta su La7: “In Ue il voto diviso degli europarlamentari italiani è stato irresponsabile e devastante”

“La settimana prossima sarà molto importante, perché il 23 aprile ci sarà il Consiglio Europeo, da cui dipenderà il futuro dell’Italia. Immaginiamo soltanto l’ipotesi di una rottura in quel Consiglio Europeo: la mattina dopo le Borse arriverebbero al disastro e noi andremmo sott’acqua. Sarà necessario un bell’accordo “. Sono le parole dell’ex presidente del Consiglio, Enrico Letta, nel corso della trasmissione “Propaganda Live”, su La7.

Durissima la critica di Letta sul voto disunito delle forze politiche italiane al Parlamento Europeo, dove sulla risoluzione per la crisi sul coronavirus Pd e M5s si sono divisi sul Mes, mentre Lega e Forza Italia hanno votato contro i coronabond: “Il voto di oggi mi ha davvero esterrefatto. Mi metto nei panni di un altro Paese europeo, che deve immaginare di fare un accordo con l’Italia e guarda come hanno votato i partiti italiani al Parlamento europeo. E’ stata una Caporetto, una giornata devastante: tutti divisi. La maggioranza degli europarlamentari italiani hanno votato contro le cose che il governo Conte sta chiedendo in questo momento agli altri partner, come i coronabond e tutte le altre cose necessarie”.

E aggiunge: “Perché è successo questo? Forse comincia a esserci il clima ‘rompete le righe rispetto all’emergenza’ e quindi viene fuori l’irresponsabilità più totale. Noi abbiamo bisogno dell’opposto, e cioè di rappresentanti italiani uniti in Europa, perché la battaglia contro gli olandesi e i tedeschi è dura e complicata. Siamo riusciti a costruirci un’alleanza con Francia, Spagna, Portogallo, Irlanda, Belgio. Credo che ci siano tante possibilità per farcela, però francamente, dopo una giornata come questa, come fa la gente a fidarsi dell’Italia – chiosa – se i nostri europarlamentari si comportano così? Io sono esterrefatto. Adesso che si comincia a parlare di ‘riapertura’, si lavora in una logica di irresponsabilità, perché il M5s si è diviso in 4 modi diversi, la Lega e Forza Italia hanno votato contro i coronabond. Se metti tutto questo insieme, francamente non c’è una logica”.

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venerdì 17 aprile 2020

Coronavirus, i recovery bond non bastano ma sono un ottimo punto di partenza

Era già sera abbastanza inoltrata quando il vicepresidente del gruppo Verde al Parlamento Europeo (Pe), l’olandese Bas Eickhout, mi ha inviato un messaggio molto irritato informandomi del fatto che i voti contrari di Lega e Forza Italia, insieme a quelli dei conservatori spagnoli e alle astensioni dei liberali di Renew, avevano fatto cadere per soli 44 voti l’emendamento dei Verdi che introduceva nella risoluzione del Pe sulla risposta europea al Covid-19 la possibilità della mutualizzazione del debito pubblico che esploderà sicuramente in tutti i paesi della Ue.

“Un aiuto potente a Mark Rutte e al mio ministro delle Finanze” mi ha detto. E infatti i commenti in Olanda sono stati proprio questi: se manco il Pe vuole parlare di mutualizzazione del debito perché mai dovremmo farlo noi?

Il Parlamento europeo non ha un potere diretto sulle decisioni operative che non siano legate a leggi o al bilancio (cose ovviamente importanti, che infatti ha votato in questi due giorni in materia di agricoltura e fondi strutturali), ma in questa fase la sua voce in quanto espressione di una rappresentanza europea, in un mondo nel quale si ascoltano solo le voci dei singoli governi, ha un peso certo. Capire meglio le dinamiche del dibattito fra le forze politiche e i gruppi del Pe ci può aiutare anche a decifrare che cosa si stia davvero muovendo tra i vari attori in campo in attesa dell’appuntamento del 23 aprile.

Innanzitutto, non c’è da sorprendersi tanto dei voti negativi di Lega e Forza Italia rispetto al tema della mutualizzazione del debito e neppure del voto a favore di Fratelli d’Italia. Il primo si spiega con l’istinto ben noto a sparare a zero su qualsiasi strumento comune tranne poi lamentarsi dell’egoismo altrui e ribadire l’inutilità dell’Europa; su questo fanno i guastatori come tutti i sovranisti, dagli olandesi agli ungheresi.

Il secondo con il fatto che il testo poi approvato rappresenta il massimo di compromesso possibile con i falchi del Nord dentro il Ppe e qualsiasi ulteriore concessione avrebbe determinato la rottura del punto di caduta comune (il punto 17 della risoluzione): e cioè un programma massivo di ricostruzione e aiuto per sostenere l’economia europea, che vada oltre il Mes, la Bei e la Bce e che faccia parte integrante del bilancio comunitario; ovviamente il bilancio multi-annuale attualmente in discussione (oggi un mero 1% del Pil ci tutta la Ue) dovrebbe essere radicalmente aumentato e corredato appunto da obbligazioni europee, da garantire con il bilancio della Ue.

Viene anche precisato che il debito pregresso non può essere mutualizzato. L’emendamento dei Verdi poi respinto aveva come obiettivo di fare un passo in avanti e anche una operazione di verità. Considerato che il bilancio Ue è e probabilmente sarà troppo piccolo per potere garantire le enormi quantità di denaro necessario, bisogna che ci sia un impegno preciso a una mutualizzazione dei debiti contratti per il Covid-19 da garantire anche da parte degli Stati.

Ma così facendo ci si espone ai veti dei vari governi e quindi l’emendamento non è passato: il Ppe, di cui fa parte Forza Italia e che esprime posizioni rigoriste nella sua leadership, avrebbe votato contro la risoluzione rischiando di farla cadere. Da qui la spiegazione anche della astensione dei Liberali sull’emendamento dei Verdi.

C’è poi tutta la discussione sul Mes che è diventato in Italia un imbroglio quasi inestricabile e che ha portato i 5stelle all’assurdo di votare contro il “Recovery Fund” perché si parlava nello stesso paragrafo del Mes, che è diventata una parolaccia per loro più o meno come la parola “mutualizzazione” fa mettere mano alla pistola da parte dei conservatori del Nord Europa.

Al punto 23 della risoluzione, il Pe sostiene che il Mes deve essere attivato con la sua potenza di fuoco di 410 miliardi di euro per tutti i paesi che ne fanno richiesta per rispondere ai bisogni immediati rispetto al Covid-19, “con tempi di rimborso molto lunghi, prezzi competitivi e con condizioni che dipendono dal recupero delle economie”. I leghisti ci hanno visto delle condizionalità capestro. Io non capisco come fanno: in pratica sono le stesse identiche condizioni che hanno scandalosamente ottenuto loro per il rimborso dei 49 milioni di euro

In ogni caso, il testo, adottato al netto della sua insufficiente chiarezza sul tema dei coronabond e della reale necessità che si presenterà molto presto di trovare una soluzione all’esiguo bilancio comunitario come garanzia dei debiti che tutti gli stati si troveranno a fare (cosa che spiega l’astensione sul voto finale dei Verdi), rende ancora più chiare quale saranno le partite al vertice del 23 aprile e dopo: i recovery bond e chi li deve garantire, il bilancio comunitario e il suo ammontare.

E’ sempre più chiaro (anche alla Germania) che deve essere radicalmente rivisto (almeno raddoppiato) per riuscire a dare un reale contributo comune a questo dramma comune: questa impellente necessità dovrà per forza aprire la strada a fonti di finanziamento della Ue che non dipendano dai contributi nazionali, ma da vere e proprie risorse proprie, magari che aiutino la transizione verde, dall’aggiustamento del prezzo del carbonio alla frontiera, alla web tax, alla plastic tax, etc.

Insomma, questo testo rappresenta una base di compromesso in cui ognuno può trovare in questo momento qualcosa. Insufficiente a rispondere al dramma che stiamo vivendo nel medio periodo, sicuramente. Punto di partenza e non di arrivo. Ma utile per iniziare ad avvicinare posizioni per ora lontanissime e anche a dimostrare che lavorando in un ambito istituzionale comune e pubblico gli accordi sono più facili e costruttivi che dietro le porte chiuse e i conciliaboli segreti delle battaglie navali fra i governi nazionali.

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venerdì 10 aprile 2020

Coronavirus, dopo ci attendono cemento e asfalto. Alla faccia della coerenza

Una smania, una frenesia sta percorrendo l’intera penisola da nord a sud, quella di ritornare al lavoro. In teoria, ovviamente, legittima, per la carità. Se non fosse che per lavoro si intende sempre lo stesso di prima, anzi, rafforzato. Chi si aspettava/sperava ingenuamente (eppure erano anche intellettuali o sedicenti tali, e anche di una certa età…) che potesse cambiare qualcosa, rimarrà amaramente deluso. Già, perché il lavoro in Italia è sempre e solo e banalmente e stancamente e ripetitivamente quello: il cemento. E l’asfalto.

Del resto, in piena emergenza virus, con la pandemia che faceva strage, Luigi Di Maio e Vito Crimi avevano il coraggio di indire una conferenza stampa dall’illuminante titolo di “Piano rilancio cantieri e lavoro”. Lo scopo era banale: tranquillizzare il partito del cemento: “Presto tornerete a operare”.

Del resto che oramai il M5S si sia appiattito sulla linea di governo che senza soluzione di continuità ha dominato dal dopoguerra in poi (e denunciata in epoca non sospetta da Antonio Cederna e Mario Fazio e con altre parole da Pier Paolo Pasolini) è confermato da una intervista rilasciata a questo giornale il 6 aprile da Giancarlo Cancelleri.

Una intervista terribile perché conferma che per accelerare le opere (non chiamiamole pubbliche, per favore, solo i danni sono pubblici, i vantaggi sono privati) si nomineranno dei commissari (che già si sa avranno ius vitae necisque anche in campo ambientale e territoriale) e sarà accelerato anche il controllo sugli appalti e l’antimafia. Il bello è che l’intervistatore gli pone la domanda: “Voi del M5S siete sempre stati contrari alle grandi opere, e ora volete facilitarle.” E lui risponde candidamente “Di fronte ad un contesto politico e ad un quadro economico totalmente diverso da qualche anno fa, è necessario cambiare l’agenda politica. La priorità adesso è creare lavoro, usando soldi pronti ma fermi.”

Non so se questo Cancelleri (tra l’altro un miracolato: già magazziniere, poi geometra e adesso viceministro) si rende conto di ciò che dice: i grillini sono sempre stati contrari alle grandi opere perché erano soldi nostri buttati dalla finestra e in compenso avevano pure pesanti ricadute sul territorio (cito Torino-Lione, Terzo Valico, Tap). Quindi c’erano valide ragioni a monte per contrastarle. In realtà poi non l’hanno fatto (vedasi il mandato di Danilo Toninelli e l’inutilità della commissione sulle grandi opere, denunciata da Marco Ponti nel suo Grandi operette) fatta salva la lotta – peraltro solo di facciata – contro il Tav. E adesso invece confermano che bisogna farle (tutte) perché creano lavoro. Alla faccia della coerenza!

E riesce persino arduo conteggiare quanti via libera vogliano dare. Io ne enumero alcuni, ma invito i lettori ad integrare il molto sommario elenco. Dunque, vediamo, si va dalle varie tratte ad alta velocità quali la Brescia-Verona, la Napoli-Bari, la Fortezza-Ponte Gardena, la Salerno-Reggio Calabria, alle autostrade, la Orte-Mestre, la Termoli-San Vittore, la Ragusa-Catania, la Campogalliano-Sassuolo. Oltre alle Pedemontane, quella lombarda e quella veneta.

Il tutto finanziato con soldi pubblici: ricordatevelo la prossima volta che andrete a votare (io in quella cabina non ci metto più piede). Soldi pubblici per devastare il territorio, piuttosto che per metterlo in sicurezza, piuttosto che costruire ospedali, piuttosto che rifare acquedotti, piuttosto che finanziare ricerca e cultura. Soldi pubblici, perché il liberismo selvaggio va bene, ma dove il privato non interverrebbe perché non gli conviene ecco in aiuto Babbo Natale.

Giorgio Meletti afferma a commento di questa politica: “Questa classe dirigente è più lenta degli spiantati a capire che cosa ci sta arrivando addosso, e che bisognerà fare scelte e rinunce dolorose, decidere se dare da mangiare ai camerieri dei ristoranti rimasti a piedi o scavare tunnel ferroviari.”

Nel muovere la critica, il giornalista crede che questi politici si ravvedranno perché i tempi sono cambiati. Io non lo credo: essi sono come i ciechi di Bruegel il Vecchio che, tenendosi per mano, cadono tutti nel fosso.

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giovedì 9 aprile 2020

Coronavirus, La Russa aggredisce un senatore M5s: “Lei è un untore, quella mascherina non va bene”. Bagarre in Aula, interviene Casellati

Tensione, a Palazzo Madama, tra M5s e Fratelli d’Italia nel corso della discussione sul decreto Cura Italia. Il senatore Ignazio La Russa, a un certo punto, ha accusato un collega del Movimento 5 stelle (non è chiaro se si tratti di Alberto Airola, Vincenzo Presutto o Vincenzo Santangelo): “Ma lei lo sa che quella mascherina non va bene? Lei è un untore, lei è un untore”, ha ripetuto più volte l’esponente di FdI, costringendo la presidente Maria Elisabetta Alberti Casellati a intervenire.

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