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domenica 31 gennaio 2021

Crimi al Congresso di Sinistra Italiana: “Il percorso avviato col centrosinistra non sia mera alleanza temporanea, va declinato in altre forme”

“Il percorso di collaborazione avviato con il centrosinistra non può essere delegato a una mera alleanza di governo temporanea, ma dovrà essere declinato in altre forme che possano contribuire a trovare modi comuni per trovare soluzione ai problemi del Paese”. Lo ha detto il leader politico del M5s, Vito Crimi, intervenendo al congresso di Sinistra Italiana. Crimi ha parlato anche dell’esperienza di governo con la compagine di sinistra della coalizione: “Un’ottima collaborazione e compagni di viaggio leali”, ha detto, “tutti presupposti necessari per chi affronta una sfida di governo”.

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sabato 30 gennaio 2021

Consultazioni, Crippa (M5s): “Italia viva? In un progetto di governo ma con Conte premier. Boschi ministra? Non si è parlato di nomi”

“Se siamo disposti a cedere su Alfonso Bonafede alla Giustizia pur di dare vita al Conte Ter? Non si è parlato di nomi, sono l’ultimo dei problemi in questo momento”. A sottolinearlo è Davide Crippa, capogruppo alla Camera del M5s, nel primo giorno delle consultazioni a Montecitorio con il presidente della Camera Roberto Fico, al quale il capo dello Stato Sergio Mattarella ha affidato l’incarico esplorativo per verificare la possibilità di un esecutivo che riparta dalla stessa maggioranza uscente, Italia viva compresa. Se il partito di Matteo Renzi che ha scatenato la crisi aveva fatto filtrare la sua volontà di cambiare alcuni ministeri chiave, come quello della Giustizia a guida M5s, e quello dell’Economia con a capo il dem Roberto Gualtieri, né l’ex premier né i suoi più stretti collaboratori hanno voluto parlare di nomi nel giorno delle consultazioni.
Restano invece le divisioni in casa M5s. “Le critiche di Nicola Morra, Alessandro Di Battista e Barbara Lezzi che minacciano l’addio dopo la riapertura ai renziani? Non ci sono maggioranza alternative, noi vogliamo Conte premier, quindi diciamo sì a Italia Viva per far parte di questo progetto di governo affinché Conte possa andare avanti”, ha aggiunto lo stesso Crippa. Dal Pd, così come dal M5s, invece si cercano di allontanare i temi più divisivi, nel tentativo di ritrovare un accordo nella maggioranza, dopo la crisi: “Renzi potrà dettare l’agenda al nuovo esecutivo? Basta parlare di divisioni, c’è un Paese che ha bisogno urgente di un governo che faccia le riforme importante, come quella fiscale e quella degli ammortizzatori sociali. Di fronte a questo, bisogna mettere in secondo piano i personalismi”, ha tagliato corto l capogruppo Pd alla Camera, Graziano Delrio. “Se sono più fiducioso? Stiamo lavorando”, ha concluso.

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Consultazioni, M5s a Fico: “Mes tema provocatorio, accantoniamolo. Pronti a sfida di governo con tutti gli alleati” – Video

“Siamo pronti ad affrontare questa sfida con tutte le forze di maggioranza dell’ultimo anno e mezzo”. Lo ha detto il capo-delegazione del Movimento 5 stelle, Vito Crimi, dopo un’ora di colloquio con Roberto Fico, incaricato dal presidente Sergio Mattarella di verificare che esista una maggioranza in Parlamento che possa sostenere un esecutivo stabile.

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venerdì 29 gennaio 2021

Roberto Fico, dalle tensioni con la Lega al dialogo col Pd: ecco chi è il “mediatore” del M5s che piace a sinistra. E che dovrà stanare Renzi

“L’anima dialogante” in un Movimento 5 stelle di strappi. Quello “pacato” che non alza i toni. L’ortodosso e movimentista per eccellenza, uno che c’era dal giorno 0 del M5s, da sempre la faccia più di sinistra. Se c’è una cosa che Roberto Fico si è costruito negli ultimi otto anni in Parlamento è il curriculum di progressista e mediatore. Una carta che dovrà giocare bene nelle prossime ore, quando per la seconda volta nella stessa legislatura dovrà svolgere il mandato esplorativo per capire se in Parlamento c’è una maggioranza praticabile. Ad aprile 2018 fu proprio lui a presentarsi al Colle dicendo che le interlocuzioni tra Pd e M5s avevano dato “esito positivo”. Ironia della sorte, ma neanche tanto, anche lì fu Matteo Renzi a mandare tutto all’aria presentandosi in diretta su Rai1 a dire che non era vero niente. Si ricominciò tutto da capo e si riparti con la Lega. Il seguito lo conosciamo, ma resta il fatto che Fico non è solo la terza carica dello Stato, ma è anche una delle poche pedine che il governo Conte ter può giocarsi per ricucire legami che al momento sembrano a brandelli. E’ vero, ci sono segnali di distensione, ma il rancore e l’acredine sono duri a passare. Spetta al presidente della Camera riuscire a decifrare le intenzioni dei partiti e capire se un futuro per questa maggioranza esiste davvero.

Il napoletano che aprì il primo Meetup: chi è – Classe 1974, Roberto Fico è laureato in Scienze della comunicazione e ha un inizio come addetto stampa. Prima del grande ingresso nei palazzi della politica, Fico lo conoscono tutti come quello del Meetup di Napoli. E’ il 2005 e fonda uno dei primi luoghi di incontro per gli attivisti, folgorato da uno spettacolo di Beppe Grillo. Esistono sue foto a uno dei primi raduni di Sorrento, con un Luigi Di Maio giovanissimo e gli esponenti dei primi 40 Meetup tutti in una stanza. Preistoria di un Movimento che ora praticamente non c’è più, ma anche il precedente fondamentale per capire tutto quello che è venuto dopo. Le prime candidature nel 2010 e 2011: Regionali in Campania e Comunali a Napoli, si ferma all’1 per cento. Succede quel che succede e nel 2013 viene eletto alla Camera dei deputati. Nel suo primo mandato in Parlamento diventa presidente della commissione di Vigilanza Rai: poltrona fondamentale per un Movimento che ha da sempre uno slogan ambizioso come “fuori i partiti dalla Rai” e dove da leader dell’opposizione riesce a fare ben poco. Si ricandida nel 2018 come parlamentare semplice e lo fa dopo aver digerito l’investitura a Di Maio come candidato premier. È ormai materiale d’archivio, ma i 5 stelle fecero le primarie online che videro un plebiscito per l’attuale ministro degli Esteri. Fico non condivise il modo e il metodo e in occasione di Italia 5 stelle a Rimini decise di non salire neanche sul palco, facendosi eliminare dalla scaletta degli interventi. E’ quello un momento chiave: Fico non lascia. Anzi, in privato accetta il dialogo con Di Maio e con una dirigenza di cui non condivideva e non condivide ogni scelta. Così nel 2018 si candida come deputato, viene rieletto e al momento delle nomine pesanti, l’ex capo politico lo premia (diranno i maliziosi anche per tenerselo buono). Così diventa presidente della Camera. “Roberto Fico è la storia del Movimento 5 stelle”, scrisse Luigi Di Maio subito dopo l’elezione ed è esattamente la frase che serve a spiegare le tante fasi che verranno dopo. E anche il motivo per cui Fico non ha mai davvero mollato. Di lui ricordano tutti il primo giorno da leader di Montecitorio: si presentò al lavoro in autobus, creando non pochi problemi alla scorta e guadagnandosi le critiche degli avversari. Un simbolo, dirà. Come la decisione di rinunciare all’indennità di presidente. Era l’inizio dell’epoca 5 stelle al governo.

Il volto istituzionale: dalle frizioni con la Lega alla distensione con il Pd – In questi anni di presidenza della Camera Fico lo abbiamo sentito parlare poco, come si addice in realtà a una carica istituzionale: pochi interventi e solo su temi accuratamente selezionati. La prima scelta di rottura con i colleghi l’ha fatta sul fronte della comunicazione, evitando uscite scomposte, retroscena e protagonismi. La fase più complessa è stata quella del governo gialloverde: Fico cerca di stare nell’ombra, ma sceglie di fare alcune uscite contro la linea dell’esecutivo Lega-M5s. Il fronte a cui tiene di più è sicuramente quello dei migranti: è uno dei primi a chiedere lo sbarco dalle navi Aquarius e Diciotti, e sul tema non mancano gli scontri con Matteo Salvini. Un episodio tra tutti: la cerimonia del 2 giugno, quando Fico dice che è la festa della Repubblica e “anche dei migranti”. Frasi che gelano la Lega e che lo fanno iniziare ad apprezzare dal centrosinistra. Fico si fa poi sentire sul No alla Tav: lo dice più volte, lo ricorda ai suoi più che altro, e lo fa ogni volta che il tema torna nel dibattito sul governo. Era un pilastro per il primo Movimento 5 stelle e su quello non riesce a tacere.

La festa dell’Unità – I suoi no alla Lega e al centrodestra, le uscite centellinate ma nette, lo illuminano agli occhi dell’altro emiciclo del Parlamento. E il 3 settembre 2018 fa un esordio sul palco più difficile di tutti: quello della festa dell’Unità di Ravenna. A onor di cronaca, poche settimane dopo va anche ad Atreju alla festa di Fratelli d’Italia, perché, dice, “il presidente della Camera parla con tutti”. Ma quell’uscita pubblica in casa dei democratici fa un gran scalpore perché di fatto rompe un tabù e stende una mano ai nemici giurati del Partito democratico. Sul palco con lui c’è Graziano Delrio e le telecamere immortalano una folla di militanti dem che applaude e chiede selfie. “L’ultima volta a una Festa dell’Unità per me è stata 15 anni fa”, scherza Fico dando la conferma che da quelle parti ha bazzicato spesso. Su quel palco Fico non prese mai le distanze dal suo governo, dimostrando che non c’è più grillino di lui e vanno bene le critiche, ma fino a un certo punto.

Il caso Regeni – A farlo piacere a sinistra ha poi contribuito sicuramente l’aver scelto la battaglia a fianco della famiglia Regeni. A novembre 2018 è stato Fico a decidere di interrompere i rapporti con il Parlamento egiziano: un atto simbolico certo, ma che dà un segnale soprattutto all’esecutivo gialloverde e perfino al collega Luigi Di Maio, che aveva visto Al-Sisi pochi mesi prima e se ne era uscito con quella frase infelice: “Ha detto: Giulio uno di noi”. E proprio a Montecitorio, tre anni dopo l’uccisione del ricercatore friulano nasce la commissione d’inchiesta sulla sua morte. Lo Stato è accanto ai genitori“, dice periodicamente Fico. Più una promessa che un fatto, di cui lui cerca di farsi portavoce.

I buoni rapporti con Grillo e Conte. E cosa potrebbe succedere ora – Insomma, ci hanno provato per anni a dire che Fico avrebbe potuto essere il leader dei dissidenti, quella fantomatica “ala fichiana” che non si è mai veramente materializzata. Perché Fico, rifiutandosi di lasciare il Movimento che ha contribuito a fondare, di fatto ne è diventato uno dei pilastri. Chi lo sa bene è Beppe Grillo: se negli anni non ha mai nascosto le preferenze per il carattere istintivo di figure come Di Battista, il garante del Movimento sa che ha in Fico uno dei figli più fedeli. Ma non solo. Fico è a suo modo un garante di un’essenza di M5s che a volte perfino Grillo sembra non vedere più. Ma non solo.Il presidente della Camera ha anche buoni rapporti con il presidente Conte. E’ un aspetto che non è mai finito molto sui giornali, complice anche la decisione di mantenere il massimo riserbo sul tema. Ma i colloqui tra i due sono frequenti: Fico e Conte condividono molte visioni su alcuni temi fondamentali dell’agenda di governo. Ma soprattutto anche su un modo “pacato” e rispettoso delle istituzioni di fare la politica. Quel legame di fiducia ora si prepara ad affrontare la prova più complessa: Fico va a fare il mediatore per Conte e lo fa da esploratore, ma pure da esponente 5 stelle. Dovrà tutelare i paletti del suo Movimento, ma anche ascoltare le richieste di un Pd che teme di essere schiacciato tra i due avversari. E soprattutto fronteggiare i continui rilanci di un Matteo Renzi che gioca a distruggere e non certo a costruire nuove maggioranze. La prova è complessa. E a Fico potrebbe succedere di tutto: dal fallimento con le urne dietro l’angolo all’incoronazione del Conte ter. O, perché no, se non ci fosse alternativa, diventare lui stesso quella figura che mette d’accordo tutti. “Non è mai successo a un esploratore fino adesso”, commentano le fonti più vicine al presidente della Camera. Ma siamo nella terza Repubblica e ormai sappiamo che può succedere di tutto.

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“Il comizio di Renzi ha offeso il Colle. Tra i colleghi d’Italia viva c’è insofferenza, si liberino del loro leader e torniamo a dialogare”

Un appello ai colleghi d’Italia viva: “Abbandonate una strada sbagliata“. Che vuol dire in soldoni: liberatevi di Matteo Renzi e torniamo a dialogare. Giorgio Trizzino, medico di Palermo eletto alla Camera dal Movimento 5 stelle nel 2018, è rimasto negativamente colpito dal comizio tenuto da Matteo Renzi al Quirinale dopo il colloquio con Sergio Mattarella. Lo definisce uno “spettacolo da dimenticare”.

Onorevole, non le è piaciuta la conferenza stampa del leader d’Italia viva al Colle?
No, trovo abbia offeso profondamente il luogo che l’ospitava, cioè l’istituzione della presidenza della Repubblica.

Alle politiche del 2018 lei venne presentato come un grillino di rito mattarelliano.
Io conosco il presidente da 40 anni, ho vissuto i momenti più bui della sua famiglia. Mia zia Maria Trizzino fu capo di gabinetto del fratello del capo dello Stato, il presidente della Regione Piersani Mattarella.

Secondo lei il capo dello Stato ha apprezzato il comizio di Renzi?
Non voglio e non posso interpretare il pensiero del presidente. Ieri però abbiamo assistito a una vuota requisitoria, pronunciata appropriandosi di un palcoscenico che si chiama Palazzo del Quirinale. Ora: teatrini simili li abiamo visti pure con Berlusconi, ma non è tollerabile un comizio simile durante le consultazioni. Significa non avere rispetto. Secondo me gli si ritorcerà contro.

In che senso?
C’è insofferenza crescente tra i colleghi di Italia viva.

Glielo dicono i renziani alla Camera?
Guardi, non voglio entrare in casa d’altri ma certo un conto è avere divergenze politiche, un altro è urlare, offendendo profondamente le istituzioni. È chiaro che una cosa come quella di ieri non può che creare disagio anche tra i renziani.

Vuole lanciare un appello ai colleghi d’Italia viva?
L’ho già lanciato con una mia riflessione su facebook. Ovviamente non chiedo ad alcuno di lasciare il proprio partito, ma spero che si allontanino da una strada sbagliata che è quella imposta da Renzi. Il Paese non può più accettare una deriva simile.

La situazione è delicata, si rischia di scivolare verso il voto anticipato. Lei cosa si augura?
Io credo ci sia un’unica via per la maggioranza che sostiene il presidente Conte.

Quale?
Aprire un dialogo con un’Italia viva derenzizzata, libera da Renzi e svincolata da rese dei conti personali, in contrasto con l’interesse del Popolo.

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Con il governo dimissionario De Luca non si tiene più: ‘In altri Paesi alcuni ministri M5s non sarebbero neanche parcheggiatori abusivi’

Duro attacco del presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, contro il governo e i 5 Stelle, nel suo solito video-appuntamento su Facebook.
Il politico esordisce commentando la crisi dell’esecutivo: “So che tutti avrete dei brividi di commozione quando ascoltate le dichiarazioni delle diverse delegazione parlamentari, ma non voglio privarvi di questa commozione. Tenetevela tutta per voi”.

Poi cita la sentenza di condanna della sindaca di Torino, Chiara Appendino, occasione per fare una lunga filippica contro i 5 Stelle: “Non dico nulla sulla sentenza, ma credo che sia opportuno sottolineare che questo sindaco appartiene al M5s, cioè a quel Movimento che per 10 anni ha raccontato che bastava un avviso di garanzia per mettere all’indice chiunque e a maggior ragione chi ricopriva responsabilità pubbliche. Per un decennio ci sono state persone la cui dignità è stata calpestata e la cui vita è stata rovinata dalla demagogia pseudo-giustizialista – continua – Dopo la sentenza su Appendino, le vicende di Raggi e dell’ex sindaco di Livorno Nogarin, tanti esponenti 5 stelle hanno cambiato completamente opinione e oggi esprimono solidarietà. C’è da riflettere e c’è anche da chiedere scusa a chi in questo decennio è stato oltraggiato e offeso per vicende giudiziarie poi rivelatesi totalmente inesistenti”.

De Luca accusa i 5 Stelle anche per la diversa visione attuale sulle alleanze politiche: “Oggi siamo addirittura arrivati all’eccesso opposto. Non solo si parla di alleanze, ma si va alla contrattazione parlamentare per parlamentare. A me pare che questa sia un’immagine indegna della politica e delle istituzioni. Altro che la battaglia contro la casta. Stiamo assistendo a uno spettacolo vergognoso. L’immagine che sta arrivando dalle istituzioni ai cittadini italiani è vergognosa, è un’immagine di mercato della politica. E’ entrato in crisi il governo – chiosa – ed è caduto il mito dell'”uno vale uno”. E abbiamo visto che quando si dà vita a governi di persone improbabili si fa fatica ad andare avanti. Per delicatezza non voglio dirvi nominativamente quello che penso di alcuni ministri del governo che si è dimesso. Ci sono stati ministri che in qualunque Paese civile del mondo avrebbero fatto fatica a essere impegnati anche come parcheggiatori abusivi. Ma chiudiamola qui”.

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Quirinale, terzo e ultimo giorno di consultazioni. Alle 16 le delegazioni del centrodestra: segui la diretta tv

Terzo e ultimo giorno di consultazioni. Nel pomeriggio saliranno al Quirinale per i colloqui con Mattarella le delegazioni del centrodestra con Lega-FI-FdI e quella del Movimento 5 stelle

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giovedì 28 gennaio 2021

Consultazioni, dopo le ambiguità di Renzi oggi i 5 stelle al Colle. Reincarico a Conte, mandato esplorativo e nuovo giro: le ipotesi

L’ultimo giorno di consultazioni è quello dei gruppi più grandi. Ed è pure quello decisivo. Dopo due giorni al Quirinale non si è materializzata nè una maggioranza nè un nome. Certo c’è quello di Giuseppe Conte, fatto dal Pd, da Leu, dagli Europeisti e poi ovviamente dal M5s. Ma ci sono pure le condizioni d’Italia viva, anche se pare che nel colloquio col Colle siano state manifestate in modo meno perentorio rispetto a quanto fatto filtrare alle agenzie. Ma andiamo con ordine.

Italia ambigua – Il terzo giorno di consultazioni comincerà nel pomeriggio, visto che in mattinata è prevista l’inaugurazione dell’anno giudiziario. Scontato il no a Conte ter da parte del centrodestra, atteso in delegazione unitaria, anche se bisognerà capire se davvero Forza Italia alla fine manifesterà un atteggiamento identico rispetto a quello della Lega e soprattutto di Fratelli d’Italia. Sulla carta, comunque, fino a questo momento l’opposizione chiede o un governo di centrodestra (che non avrebbe i numeri) o il ritorno alla urne. Diventa quindi fondamentale il colloquio tra il presidente Sergio Mattarella e il Movimento 5 stelle. Ieri Matteo Renzi ha tenuto un vero e proprio comizio con i giornalisti al Colle, senza spiegare quanto aveva comunicato al capo dello Stato. Lo ha fatto poco dopo con una velina: Italia viva è contraria a dare subito un nuovo incarico a Conte. Un atteggiamento ambiguo quello del piccolo partito di Renzi, che ha chiesto un mandato esplorativo a una personalità diversa dal premier per verificare le possibilità di ricomposizione della coalizione Pd-M5e-Leu con Italia viva. E un mandato esplorativo, è la posizione dei renziani, non può essere certo affidato al presidente del consiglio dimissionario.

Le opzioni del Colle – A questo punto Mattarella dovrà capire la posizione dei 5 stelle, che chiederanno ovviamente il reincarico per Conte. Dopo le parole di Renzi il primo partito in Parlamento porrà un aut aut tipo “mai più con Italia Viva” ? O invece nonostante tutto i 5 stelle non chiuderanno a priori la porta ai renziani? Nel caso di questa seconda ipotesi Mattarella avrebbe due opzioni: assegnare un nuovo incarico a Conte – nonostante il veto d’Italia viva, è l’unico nome sul tavolo che gode del sostegno di Pd, M5s, Leu ed Europeisti– per vedere se il premier uscente riesce davvero ad allargare la sua maggioranza. In subordine c’è quello che ha chiesto Renzi: un incarico esplorativo per il quale in pole c’è il presidente della Camera Roberto Fico, grillino di rito progressista.

Fico esploratore – I tempi, certamente, si allungherebbero ma è un tentativo obbligato se si vuole davvero battere la strada del ritorno d’Italia viva in maggioranza. Solo a quel punto potrebbe essere riconferito a Conte l’incarico di formare un nuovo governo. Nel frattempo, ovviamente, bisognerà capire se Renzi riuscirà a mantenere compatti i suoi gruppi parlamentari: eletti nel Pd, in tanti non vedono di buon occhio una crisi tirata per le lunghe, che danneggia il Paese in una fase fondamentale. “Penso che Renzi sia stato astuto ad assumere una posizione di astensione prima e di vaghezza poi sul reincarico a Conte perché tiene insieme posizioni molto diverse all’interno del proprio gruppo. Aver mantenuto questa ambiguità ha garantito anche l’unità di Italia Viva”, ha riflettuto ieri sera il vicesegretario del Pd, Andrea Orlando. Sul tavolo, dunque, c’è anche l’ombra di una terza via: una maggioranza che si manifesta senza Renzi ma col supporto dei renziani in fuga da Italia viva.

Un nuovo giro e il ritorno al voto – Sono ovviamente tutte ipotesi. Non è neanche escluso che i 5 stelle, dopo le parole di Renzi, chiudano nettamente a Italia viva. In questo caso il presidente della Repubblica dovrebbe concedere un altro po’ di tempo, almeno il fine settimana, prima di convocare un altro giro di consultazioni. La situazione è delicata, l’emergenza coronavirus non accenna a placare i suoi effetti e lo stesso Mattarella ha chiesto più volte di fare presto. Il capo dello Stato, però, sa che non si può rischiare di mandare il Paese al voto senza aver fatto decantare la situazione. Nel caso la situazione non si sbloccasse neanche col secondo giro di incontri, alla fine, il capo dello Stato sarebbe comunque obbligato a sciogliere le Camere. Lo spettro del voto anticipato alla fine si paleserebbe, ma probabilmente solo dopo aver formato un governo di scopo che salvaguardi il Recovery plan. E il “governo del presidente” chiesto in subordine da Italia viva: per i renziani dovrebbe durare almeno fino a dopo l’elezione del capo dello Stato. Per il capo dello Stato avrebbe come obiettivo massimo quello di traghettare il Paese alle urne in primavera. È l’ipotesi più estrema, ma è il caso di non scartarla a priori.

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Il deputato M5s Riccardo Tucci indagato per evasione fiscale: “Fatture relative a operazioni inesistenti per oltre 700mila euro”

Il deputato del Movimento Cinque Stelle Riccardo Tucci secondo l’accusa ha consentito al suo ex socio di evadere le tasse emettendo fatture per 701.500 euro per “operazioni oggettivamente inesistenti”. L’inchiesta che lo riguarda è un po’ più complicata di come il parlamentare grillino la sintetizza sulla sua pagina facebook subito dopo che sul sito del Corriere della Calabria è stata pubblicata la notizia che è indagato per evasione fiscale. “La Guardia di Finanza di Vibo Valentia, – scrive Tucci – stamattina, mi ha notificato un decreto di sequestro preventivo di beni, per un procedimento penale a carico dell’azienda e del relativo titolare per cui lavoravo. I fatti contestati sono precedenti all’inizio della mia attività politica. Ho già avvisato di quanto successo i vertici del Movimento 5 Stelle, il comitato di garanzia e il collegio dei probiviri. Ho piena fiducia nella magistratura e sono sicuro di poter dimostrare la mia totale estraneità ai fatti contestati”. La realtà, però, è diversa. Su richiesta della Procura di Vibo Valentia, il gip Marina Russo ha emesso un decreto di sequestro preventivo e un’ordinanza di misura cautelare interdittiva nell’ambito di un procedimento penale a carico di cinque soggetti indagati, a vario titolo, per reati tributari. Tra questi ci sono il deputato grillino e suo cugino Adriano. A quest’ultimo, le fiamme gialle hanno notificato un sequestro per 19.200 euro.

Le indagini, coordinate dal procuratore della Repubblica Camillo Falvo e dal pm Concettina Iannazzo, hanno consentito alla guardia di finanza di fare luce su “una complessa e insidiosa ed articolata frode fiscale” ideata da Vincenzo Maria Schiavello, titolare della “Autoelettrosat” ed ex socio di Riccardo Tucci. A seguito di una verifica fiscale sull’azienda di Schiavello, per il quale è stato disposto un sequestro di 775 mila euro, i militari del Nucleo di Polizia Economico- Finanziaria di Vibo Valentia, guidati dal maggiore Giuseppe Froio, “hanno acclarato la verosimile esistenza – è scritto nel decreto di sequestro – di un complesso meccanismo di frode fiscale messo in atto attraverso l’utilizzo di società ‘cartiere’, apparentemente terze rispetto alla società verificata”. Tra queste c’era la cooperativa “Assistenza servizi telematici satellitari”, di proprietà del deputato. Dopo che Riccardo Tucci è diventato parlamentare, suo cugino ha assunto la carica di amministratore unico della società che, secondo gli inquirenti, ha continuato a prestare “i relativi servizi esclusivamente in favore della società verificata e della ditta individuale di Schiavello”.

“Gli accertamenti espletati dalla Guardia di Finanza – scrive il gip – rassegnano con palmare evidenza la sussistenza di un’unica realtà imprenditoriale, avente quale effettivo dominus Schiavello Vincenzo Maria, che, grazie allo schermo di società formalmente terze, mediante emissione di fatture per operazioni inesistenti e le conseguenti fraudolente dichiarazioni, ha acquisito profitti illeciti”. Tutto sarebbe stato finalizzato, secondo gli inquirenti, a permettere alla società di Schiavello e alla sua ditta individuale di dedurre, ai fini delle imposte sui redditi e dell’Irap, l’imponibile delle fatture emesse dalle cooperative. In questo modo, inoltre, l’ex socio di deputato del M5S poteva detrarre ai fini dell’Iva l’imposta relativa alle suddette fatture e aumentare i costi al fine di ridurre il reddito fiscale da sottoporre a tassazione. Uno stratagemma al quale, secondo i pm, Riccardo Tucci si sarebbe prestato e dall’ottobre 2014 al febbraio 2018, quando è stato eletto alla Camera, con la sua cooperativa ha emesso fatture per 701.500 euro per consentire alla società del dominus Schiavello “l’evasione delle imposte sui redditi e dell’Iva”.

Fatture che la guardia di finanza ha ricostruito essere “relative ad operazioni oggettivamente inesistenti”. Il parlamentare grillino inoltre, avrebbe anche usufruito di questo sistema per evadere le tasse con la sua società. Riccardo Tucci, infatti, “nella sua qualità di rappresentante legale dell’ ‘Assistenza servizi telematici satellitari’ fino al 19 marzo 2018, – è scritto nel capo di imputazione – al fine di evadere le imposte aumentando i costi da portare in deduzione del reddito e in detrazione dell’imposta sul valore aggiunto, dopo aver fatto annotare nella contabilità della società la fattura n. 411 del 10.03.2015 emessa dalla “Autoelettrosat Srl” relativa ad operazioni oggettivamente inesistenti, la utilizzava nelle dichiarazioni delle imposte dirette e dell’Iva dell’anno2015, ed in tal modo evadeva le imposte per un ammontare pari a 9.900,00 euro”.

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Governo, Paragone: “Tutti mi schifano, sono l’unico del Gruppo Misto che non è stato chiamato”. E a Di Battista: “Esci dal M5s”

Tutti mi schifano e non sto scherzando. Sono forse l’unico parlamentare del Gruppo Misto che non ha ricevuto nessuna chiamata. Il mio gruppo Italexit è composto da me, Mario Giarrusso e Carlo Martelli. Loro due sono stati contattati mille volte volte, io no”. Sono le parole pronunciate ai microfoni della trasmissione “L’Italia s’è desta” (Radio Cusano Campus) da Gianluigi Paragone, senatore del Gruppo Misto e fondatore di ‘No Europa per l’Italia – Italexit con Paragone’ che aggiunge, sempre a proposito delle trattative per il Conte Ter: “Addirittura ancora oggi uno dei miei è costretto ad andare a parlare con un importante governativo, ex capo politico del M5s, che gli dice: ‘Ti prego, parliamo, magari possiamo trovare un’intesa’. Non faccio nomi, ma l’identikit è chiaro. Io orgogliosamente posso dire di essere incorruttibile. Manco m’hanno chiamato, questo pessimo governo di inciucioni vari almeno ha avuto la decenza di rispettare la mia dignità”.

Paragone dà ragione a Matteo Renzi: “Denuncia lo schifo di trattative, che io stesso sto vedendo sotto i miei occhi. E’ veramente imbarazzante. Il nuovo gruppo degli Europeisti? Fino a poco tempo fa quelli del M5s raccoglievano le firme per uscire dall’euro, tanto che alcune settimane fa hanno definitivamente chiuso il sito Fuori dall’euro e hanno messo in vendita il dominio. Loro si vergognano della loro storia. Questi sono passati da Gianroberto Casaleggio a Bruno Tabacci, da Dario Fo a Mario Monti. Il M5s con l’ultimo schifo completerà la sua transizione”.

L’ex M5s, infine, si sofferma su Alessandro Di Battista: “Il suo peso nel M5s è zero. Se ne dovrà fare una ragione: Renzi non solo entra nel governo, ma dà le carte perché il pallottoliere al Senato finora ha acquisito solo Vitali come voto nuovo. Quindi, o Di Battista fa uscire dal Movimento i suoi oppure il valore dei dibbatistiani è zero. Ingoieranno questa roba, dopodiché si saranno fatti anche il palato. Di Battista è innamorato del M5s, ma in questi giorni le cotte vanno lasciate ai ragazzini. Qui siamo in piene trattative da mercato delle vacche. Quindi – conclude , appellandosi all’ex collega – se Alessandro vuole rimanere immune dagli schizzi di fango, se ne deve andare. Devono uscire e avere il coraggio di dire che non votano quello schifo. Alessandro, sei un amico, una persona sincera e onesta e ti voglio bene: se hai qualcuno là dentro, devi farlo uscire. Renzi entrerà nel governo, Conte se ne andrà a casa e anche se dovesse riuscire con l’operazione del Conte Ter, sarebbe un perdente perché, dopo aver ridicolizzato Renzi, dovrà prendere i suoi voti”.

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mercoledì 27 gennaio 2021

M5s risponde alle provocazioni di Renzi: “Da lui solito atteggiamento irresponsabile. Non gli interessano le sorti del Paese”

“Prendiamo atto che Matteo Renzi è tornato ad avere lo stesso atteggiamento che ha portato a una crisi incomprensibile e scellerata. La complessità e delicatezza dell’attuale fase politica dovrebbe richiamare tutte le forze politiche alla responsabilità, per il bene dei cittadini italiani. Un comportamento che il Movimento 5 Stelle sta tenendo, insieme ad altre forze politiche. Evidentemente a tutto questo il senatore di Italia Viva non è interessato”. Così in una nota il Movimento 5 stelle.

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Governo, Toninelli e Mantero (M5s): “Impossibile maggioranza con Renzi, meglio il voto. Sì a esponenti di Italia viva che non lo stimano”

Non solo Barbara Lezzi e Alessandro Di Battista. All’interno dei senatori Movimento 5 stelle monta il ‘no’ al ritorno in maggioranza con Matteo Renzi. “Meglio il voto”, scandiscono all’unisono i senatori pentastellati Danilo Toninelli e Matteo Mantero. “È oggettivamente impossibile una riapertura a Renzi che ha creato questo incredibile disastro – afferma Toninelli che però spera che una parte dei senatori di Italia viva raccolga l’appello di Giuseppe Conte – sono convinto che lì dentro non tutti amino e stimino Renzi perché sta distruggendo tutto”. Di fronte alla proposta di un premier del Movimento suggerito da Renzi? “L’unico che può far le cose senza fermarsi è Conte”. Le strade sono strette e se non arrivano voti a favore di un Conte-ter da Italia viva, devono per forza arrivare da senatori in uscita da Forza Italia. “È ovvio che non è bello – ragiona Toninelli – ma è molto meglio di tutte le altre soluzioni, oppure meglio andare al voto”. “Se rifacessimo una maggioranza con Renzi saremmo di nuovo suo ostaggio. L’alternativa per me è andare al voto”, afferma Matteo Mantero. Per il sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento, Gianluca Castaldi, “il Movimento è responsabile rispetto agli interessi e le priorità degli italiani”.

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martedì 26 gennaio 2021

Il M5s entra nella giunta di Michele Emiliano: Barone nominata assessora al Welfare. Crimi: “Ingresso con riserva, ora parola agli attivisti”

L’ultimo passo è compiuto, seppur con “riserva”: il Movimento Cinque Stelle entra nella giunta di Michele Emiliano. La capogruppo pentastellata in Consiglio regionale della Puglia, Rosa Barone, è stata nominata assessora al Welfare, Politiche di benessere sociale e pari opportunità, Programmazione sociale ed integrazione socio-sanitaria. L’ingresso era nell’aria da tempo, visto che il centrosinistra e il M5s avevano già stretto un “accordo politico” votando insieme le figure di garanzia e nei mesi successivi anche la legge regionale di Bilancio. Lo sbarco in giunta, secondo quanto era emerso negli scorsi mesi, sarebbe dovuto passare dalla piattaforma Rousseau con il voto degli iscritti, che comunque ci sarà “a giorni”, assicura il capo politico Vito Crimi. Intanto però la nomina di Barone è ufficiale.

“Esiste una buona politica – ha dichiarato il presidente Emiliano – che parla di programmi, di persone, di scelte condivise. Che si ritrova su obiettivi comuni, stabiliti prima del voto e consacrati dalla legittimazione popolare, attraverso percorsi trasparenti, pubblici, rivolti solo ed esclusivamente al bene comune. L’allargamento della nostra Giunta al Movimento 5 Stelle nasce con questo spirito”. Quindi Emiliano ha ringraziato Movimento 5 Stelle, “a cominciare dal capo politico Vito Crimi” che “oggi ha ripercorso i passi istituzionali e i valori comuni che ci hanno condotto sino a qui”. L’augurio del governatore è che “questo percorso possa trovare adesso un’ulteriore spinta anche dalla base” del Movimento. L’ingresso in giunta è infatti con “riserva”, perché come annunciato dal capo politico Vito Crimi su Facebook l’ultima parola spetterà agli attivisti attraverso il voto su Rousseau.

L’unica a non sorridere nel gruppo consiliare pugliese è Antonella Laricchia, già candidata presidente contro Emiliano e vicina all’ex ministra Barbara Lezzi, e ferma sulla sua contrarietà ad un’alleanza con il governatore. Laricchia, infatti, non ha firmato la nota di “auguri” alla collega inviata dagli altri tre consiglieri pentastellati. “Ai nostri consiglieri – ha annunciato per primo Crimi su Facebook – è stato proposto un incarico da assessore regionale. La scelta sarà sottoposta al voto degli iscritti, che avverrà tra alcuni giorni. Tuttavia, è dall’atto della formazione della giunta pugliese” che la stessa “è priva di un assessore, e questa situazione non fa il bene dei cittadini pugliesi. Pertanto ho autorizzato i nostri consiglieri ad accettare la proposta, con riserva”. Il voto degli iscritti in Puglia – evidenzia il capo politico del Movimento – “potrà poi confermare o meno questa scelta, e la loro decisione sarà insindacabile”.

“Abbiamo deciso di accettare di buongrado questa nomina perché in un momento critico come quello che sta vivendo tutto il nostro Paese, e di conseguenza anche la Regione Puglia, non potevamo lasciare vacante un assessorato così importante”, ha commentato la neo assessora Barone. Emiliano già nel 2015, in avvio della sua prima legislatura, nominò assessori tre consigliere grilline, tra cui Barone e Laricchia, che però rifiutarono l’offerta. Laricchia si era anche opposta fermamente a un’alleanza pre-elettorale, spinta anche Giuseppe Conte, quando a settembre le elezioni regionali, in Puglia come altrove, sembravano poter essere favorevoli al centrodestra.

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Governo, Spadafora (M5s): “Voto sta diventando una possibilità, non è più l’ultima strada. Il nostro nome rimane Conte”

“Sono certo che l’unica nostra indicazione alle consultazioni sarà quella di Conte“. Lo ha ribadito il ministro dello Sport ed esponente del Movimento 5 stelle, Vincenzo Spadafora, fermato dai cronisti e interpellato sugli sviluppi della crisi di governo

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lunedì 25 gennaio 2021

Un ‘partito di Conte’? C’è chi ha da ridire, ma su alcune cose dovremmo essere tutti d’accordo

Su una cosa siamo tutti d’accordo: la crisi di governo era l’ultimo intralcio di cui aveva bisogno l’Italia. Eppure, anche in questa crisi emerge con più forza l’esigenza di un nuovo soggetto politico capace di fare da cerniera riformista ad una coalizione fra Partito Democratico e Movimento 5 Stelle. Un partito che abbia come punto di riferimento il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e che guardi a un’ampia fetta di cittadini che non si sentono pienamente rappresentati dagli attuali schieramenti.

Attenzione, però: non solo non è ancora tempo, ma non si può nemmeno immaginare di ridurre questa esigenza a una operazione parlamentare, seppur necessaria. Un supporto di senatori e parlamentari responsabili si giustifica per altre ragioni, che riguardano l’interesse generale del Paese: l’esecuzione rapida e ottimale delle vaccinazioni, la supervisione dell’andamento della pandemia, l’adozione del Recovery Plan e infine – non meno importante – la riforma della legge elettorale.

Su questo ultimo aspetto alcuni a destra hanno avuto da ridire. Non mi sorprende. Per loro la democrazia è solo un dato formale, una pratica plebiscitaria da sbrigare frettolosamente per andare al potere. Quelle regole sono importanti invece, in particolare in una condizione di crisi come quella che stiamo vivendo. Plasmeranno le regole del nostro agire collettivo. Non è secondario quindi come decideremo di realizzare la legge elettorale, che dovrà rispecchiare al meglio le forze politiche presenti nel Paese. E sono d’accordo con Conte e i partiti di maggioranza sul fatto che una legge proporzionale, con dei correttivi a favore della governabilità, possa rispondere a queste esigenze.

Il ruolo del nuovo soggetto politico però è un altro. Deve avere lo sguardo oltre queste stesse sfide e presentarsi al Paese come forza politica nuova di un riformismo gentile. Ma se i presupposti di questa operazione risiedono nelle migliori esperienze degli ultimi mesi di governo, bisogna tenere presente che sono lo specchio di qualcosa di più grande. Di un europeismo critico, ma ostinato. Orientato più alla giustizia sociale che non al timore reverenziale verso i mercati.

Lo dico anche sulla base della mia esperienza al Parlamento europeo: non capitalizzare il grande successo politico del governo italiano nella risposta alla pandemia sarebbe un errore imperdonabile. Un anno fa abbiamo capovolto l’atteggiamento dell’Europa riguardo a solidarietà fiscale e politiche industriali. Se daremo continuità a questo percorso, possiamo davvero collocare l’Italia – uno dei Paesi fondatori e terza forza economica del continente – alla testa di una riforma dell’Unione europea. E si badi bene, tutte le iniziative che dovremo intraprendere sul piano interno non basteranno, se non saranno collocate all’interno di una profonda riforma delle istituzioni europee in chiave più democratica e solidale.

Soltanto con un’Italia forte, guidata da una maggioranza convintamente europeista, si potranno ottenere risultati concreti. Questo è il senso dell’operazione politica di cui deve incaricarsi il presidente del Consiglio. E con un progetto del genere si possono anche vincere le elezioni. Senza paura.

In questo ultimo anno è cambiato tutto, la nostra vita, le nostre abitudini. Per alcuni, solo le burocrazie dei partiti devono rimanere uguali. Per fortuna, non è così.

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giovedì 21 gennaio 2021

Leggi sul crimine organizzato di tipo mafioso in tutti gli Stati Ue: sì dell’Europarlamento. M5s: “Passa la nostra linea, ora fare in fretta”

Il Parlamento europeo, nella plenaria del 20 gennaio, ha approvato con 504 voti a favore, 123 contrari e 61 astensioni la risoluzione sull’applicazione del diritto europeo dal 2017 al 2019. Il testo, a prima firma Movimento 5 stelle, chiede agli Stati dell’Unione di introdurre nel proprio ordinamento giudiziario delle leggi specifiche sul crimine organizzato di tipo mafioso. Ad esempio un reato analogo a quello italiano di associazione mafiosa. “Solo così si potrà migliorare la collaborazione europea nella lotta alle mafie e alla criminalità organizzata, che ormai agiscono a livello transnazionale”, ha dichiarato l’europarlamentare pentastellata Sabrina Pignedoli nel comunicare il risultato della votazione. “Con questa risoluzione si manda un messaggio importante alla Commissione europea: al Parlamento europeo c’è una maggioranza forte che chiede una direttiva specifica per contrastare la criminalità organizzata a livello europeo“, si legge. “Questo voto dà seguito alla relazione sulla lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata approvata nel 2016 a firma della collega Laura Ferrara. Dopo quasi 5 anni reiteriamo la richiesta alla Commissione: bisogna fare in fretta per contrastare in modo efficace le mafie in tutta Europa”, conclude.

La risoluzione è il primo mattone per avviare una vera discussione a Bruxelles. E se dovesse portare a una direttiva antimafia comunitaria, sarebbe una rivoluzione per la lotta alla criminalità organizzata in tutta l’Unione. Un primo passo è già stato compiuto con il regolamento Ue 2018/1805, entrato in vigore dal 19 dicembre 2020, secondo cui i provvedimenti di congelamento e confisca di beni mafiosi emessi dall’autorità giudiziaria possono essere riconosciuti – e quindi applicati – in tutti i Paesi dell’Unione. “L’associazione di stampo mafioso deve essere considerata una fattispecie autonoma per cui scatta un regime specifico, separato e più severo di quello previsto per la semplice associazione a delinquere”, scrive il Movimento sul Blog delle Stelle. “Noi oggi facciamo un passo in avanti importante nella giusta direzione e mettiamo fiato sul collo alle Istituzioni europee: alzare adesso, in piena pandemia, un muro contro le mafie e la criminalità organizzata significa proteggere la nostra società e aiutarla a ritornare a crescere nel modo più sano ed equo possibile”.

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mercoledì 20 gennaio 2021

“Non avete idea di cosa vuol dire alzarsi alle 6 del mattino…”. Caos alla Camera per l’intervento di Donno (M5s): Fico sospende la seduta

Caos nell’Aula della Camera dei deputati durante le dichiarazioni di voto sullo scostamento di bilancio. I deputati del centrodestra sono insorti dopo le parole del deputato Movimento 5 stelle Leonardo Donno che, rivolgendosi ai colleghi in Aula, ha detto: “Alcuni non hanno la minima idea di cosa vuol dire alzarsi alle 6 della mattina…”. Per calmare gli animi, il presidente Roberto Fico è stato costretto a sospendere la seduta per 5 minuti. Alla ripresa il deputato 5 Stelle si è scusato, specificando di non voler offendere nessuno

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Licheri (M5s) bacia e abbraccia i colleghi in Senato ignorando le regole anti-Covid – Video

Hanno fatto discutere, ieri, gli assembramenti e il mancato distanziamento tra senatori, a Palazzo Madama, nel corso della lunga giornata che ha portato alla fiducia per il governo Conte. Tra i vari episodi di violazione delle norme anti-contagio c’è quello che ha coinvolto Ettore Licheri e i suoi colleghi del M5s. Quando Licheri ha terminato il suo intervento, con la dichiarazione di voto del gruppo parlamentare, ci sono stati baci e abbracci coi compagni di partito.

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lunedì 18 gennaio 2021

Sondaggi, balzo del M5s con la crisi di governo e il Pd oltre il 20%. Arretrano Lega e Fratelli d’Italia, avanza Forza Italia. Renzi cala al 2,7%

La crisi di governo ‘chiama’ stabilità nell’elettorato. Secondo l’ultima rilevazione di Swg per La7 nella settimana che ha aperto l’impasse dell’esecutivo sale il gradimento delle forze che non si sono sfilate dalla maggioranza e di Forza Italia, il partito moderato del centrodestra. Stando al sondaggio, nella settimana tra l’11 e il 18 gennaio, il Movimento 5 Stelle ha guadagnato 1,1 punti percentuali assestandosi al 15,8.

L’avanzata non è isolata tra le forze che sostengono il governo Conte 2, in bilico per l’uscita di Italia Viva. Anche il Partito Democratico infatti guadagna lo 0,7 e torna al 20,1% avvicinandosi alla Lega. I dem hanno rosicchiato 1,5 punti al partito di Matteo Salvini, in calo dello 0,9% e ora al 22,3 secondo Swg.

Il calo leghista non è isolato tra le destre. Anche Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni arretra pesantemente, passando dal 17,2 al al 16,5 per cento. Nel centrodestra l’unica forza che guadagna nell’ultima settimana è Forza Italia, in ascesa di mezzo punto percentuale: dal 5,9 al 6,4%. Nell’area di centro cresce anche Azione, che guadagna lo 0,2% e sale al 4,3 quasi doppiando Italia Viva. Lo strappo di Renzi penalizza Iv, in calo dal 2,9 al 2,7. Stesso scostamento, ma positivo, per Sinistra Italiana-Mdp Articolo 1, data al 4%. Stabile +Europa al 2,2 (+0,1), mentre arretrano i Verdi, passati dal 2,4 al 2 per cento.

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Crisi di Governo, Taverna (M5S): “Movimento compatto con Conte. Tempo di stabilità e di costruttori, no a egoismi personali”

“M5S è compatto con il presidente Conte. Il paese ha bisogno di stabilità e continuità. I cittadini stanno aspettando cig, ristori e un paese in rilancio grazie al Recovery fund. È il momento di essere costruttori. Non c’è spazio per egoismi personali” sono le parole della senatrice del Movimento 5 Stelle Paola Taverna.

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sabato 16 gennaio 2021

Crisi, M5s chiude a Renzi anche se non ci sono i numeri: “Governo tecnico? Non con noi”. E ai responsabili: “Ora o mai più”

In ore confuse di trattative e discussioni, il M5s si aggrappa a una sola certezza: non tornerà mai più al tavolo con Matteo Renzi e Italia viva. E’ un paletto fondamentale perché arriva nel sabato più difficile, quando l’ottimismo sui numeri per tenere in piedi la maggioranza sembra essersi infranto contro il no dell’Udc e le resistenze dei “responsabili” che al momento neanche si sono palesati. Spiegano fonti 5 stelle a ilfattoquotidiano.it, il Movimento è “compatto intorno a Conte”, questa è la linea, ma se dovessero non esserci i numeri per sostenerlo in Parlamento, è “fuori discussione” che vadano a trattare con Italia viva. E non solo: i 5 stelle si sfilano già dall’ipotesi di sostenere un eventuale governo tecnico (il sogno di Matteo Renzi). “Se gli altri partiti puntano a questo”, è il ragionamento, “lo faranno senza i nostri voti e poi vediamo come finisce”. L’unica alternativa possibile a quel punto sarebbe “un governo istituzionale che porti al voto”, spiegano, “magari già a giugno”. Un modo come un altro insomma, per chiarire che per i responsabili “il momento di farsi avanti è ora o mai più “. Una linea allarmista che, almeno in parte, il Pd condivide: “Ognuno in Parlamento si assumerà le sue responsabilità”, hanno scritto infatti in una nota diffusa in serata.

Tra le fila dei 5 stelle l’impressione è che la partita sia ancora da giocare, ma pure che lo scenario peggiore non sia per forza negativo per il Movimento. Liberarsi dell’ex premier, nemico giurato per anni, è già un buon motivo per ricompattare un gruppo sfibrato da scontri interni e tensioni sulla leadership. In questi giorni hanno volutamente scelto il silenzio per evitare di indebolire il presidente del Consiglio, ma dietro le quinte i vertici sono al lavoro. I contatti sono innanzitutto con gli ex M5s che, è stato precisato nell’assemblea congiunta di venerdì sera, sono persone che “hanno commesso errori”, ma che, a parte chi ha già aderito ad altri progetti, “non hanno mai veramente disconosciuto la linea del Movimento”. Insomma, per dirla semplice, mai come ora la porta per loro rimane aperta. E questo vale anche per i singoli del centrodestra, “a patto che non siano impresentabili e non abbiano particolari criticità”. Ma al momento quella strada sembra bloccata: è vero che la senatrice Paola Binetti (Udc) continua in maniera ufficiosa a far sapere che sarebbe disponibile, ma le chiusure del partito rendono difficile andare avanti nella trattativa. Il sospetto della maggioranza è che il centrodestra abbia già fatto promesse per il futuro e soprattutto abbia offerto un ruolo legittimato in prossimi eventuali esecutivi.

Ma i movimenti in Parlamento sono molto più complicati e vanno in tutte (o quasi) le direzioni. I 5 stelle sono stati anche contattati dai parlamentari di Italia viva. Non c’è solo l’ex premier a ribadire che l’unico perimetro di dialogo è nell’ambito della vecchia alleanza e quindi con lui. Ma anche i suoi, confermano fonti M5s, si stanno muovendo per chiedere di tornare a sedersi al tavolo. E’ questa evoluzione della partita che preoccupa il Movimento: se si torna al punto zero, magari con il benestare del Pd (anche se al momento lo escludono tutti), i 5 stelle non possono permettersi di accettarlo. Insomma, hanno già una volta ingoiato il boccone amaro di Renzi e dei renziani, una seconda e a queste condizioni sarebbe davvero dura da digerire e per molti corrisponderebbe alla loro fine. Proprio questo hanno detto nel vertice del pomeriggio tra il capo politico Vito Crimi, il capodelegazione Alfonso Bonafede e i direttivi dei gruppi parlamentari. “E’ impossibile”, hanno fatto sapere, “qualunque riavvicinamento con Renzi, che ha voluto lo strappo nonostante i nostri parlamentari avessero lavorato bene su tanti progetti” con deputati e senatori di Iv, è stata la conclusione della riunione. Quindi è “emersa netta la volontà di non voltarsi più indietro: il Movimento continua a lavorare pensando solo al bene del Paese”.

Il futuro del M5s insomma dovrà giocarsi intorno a quel paletto, tenendo conto dello spirito di sopravvivenza che anima gran parte degli eletti M5s (tra chi è al secondo mandato e chi rischia di non essere neanche ricandidato). Gli occhi sono puntati sul neogruppo al Senato Maie-Italia23 e su chi potrebbe aderire a quella “casa politica” che nella migliore delle ipotesi per Conte potrebbe garantire la maggioranza “certa e definita” che chiede il Colle. Ma al momento le adesioni attese non si stanno concretizzando. Maurizio Buccarella, ex M5s e tra i primi ad aderire, spiega a ilfattoquotidiano.it: “Siamo sicuri che ci sarà la maggioranza relativa, è presto per quella assoluta. Noi vogliamo dare un’opportunità a chi crede nella stabilità. L’auspicio sarebbe quello di riuscire a creare un vero e proprio gruppo parlamentare”. Ma quello che manca è un leader? “Forse è anche meglio, così non c’è nessuno con atteggiamenti ingombranti”, chiude.

Al momento però l’offerta non sembra bastare. Per questo non sono escluse altre strade. Tanto che, secondo alcuni, il presidente del Consiglio potrebbe decidere di dimettersi dopo le comunicazioni alla Camera e quindi non andare al voto in Parlamento. In questo modo, presumibilmente il Colle affiderebbe l’incarico a Conte di cercare un’altra maggioranza e il voto di fiducia sarebbe direttamente sul nuovo governo Conte ter. Un modo per “prendere tempo” e strutturare meglio l’apporto del gruppo di responsabili. Al momento è solo un’ipotesi, una delle tante in uno scenario che cambia di ora in ora. Ma proprio questo è il discorso che viene fatto a chi è tentato dal presentarsi come “costruttore”: bisogna fare in fretta perché l’occasione non sarà valida sempre. E, è l’avvertimento che circola nei corridoi, “a furia di dire che ‘tanto non si va a elezioni’ e a non volersi esporre”, si rischia che “il filo si rompa davvero”.

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Crisi di governo, non a caso il M5s aprì a un Pd solo se “de-renzizzato”. Ora abbiamo una grande opportunità

Non è un caso se, già subito dopo le elezioni, il MoVimento 5 Stelle, in quanto primo partito di maggioranza relativa dell’allora costituendo esecutivo, nel portare avanti le consultazioni per individuare un possibile alleato di governo, chiarì subito una cosa: possibile un governo con il Pd su un’agenda politica di temi specifici, a patto che si tratti di un “Pd de-renzizzato”.

Venivamo infatti dalla precedente legislatura in cui avevamo avuto modo di conoscere, da opposizione, l’operato di Renzi come presidente del Consiglio, e non ci era piaciuto quello che avevamo dovuto combattere e denunciare. Innanzitutto nel merito, dal “Salva-Banche”, che metteva al riparo gli interessi dei banchieri e all’angolo le istanze dei risparmiatori, fino allo “Sblocca Italia”, che destinava i nostri territori ad una nuova ondata di cemento e i nostri mari ed ecosistemi ad essere martoriati da nuove trivellazioni che oltretutto avrebbero devastato le economie locali senza portare nessun valore aggiunto alle imprese del posto. Ma soprattutto non ci era piaciuto il metodo di una gestione personalistica, sempre e costantemente alla salvaguardia del proprio ruolo da ‘prima donna’, a qualsiasi costo. A costo di sacrificare sull’altare del proprio ego gli interessi del Paese e del suo stesso partito e gruppo politico.

Oggi, all’interno di un contesto nazionale vessato dalla pandemia globale, assistiamo, drammaticamente, alla stessa dinamica: un intero popolo allo stremo in balìa delle esigenze di visibilità di un singolo individuo.

Per questo oggi ribadire piena fedeltà e sostegno al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e al progetto politico condiviso per il quale Conte è stato scelto, trovo che, in fondo, potrebbe essere una grande opportunità: non tanto quella di far ricompattare il M5s, che invece dà il meglio di sé quando riesce a convogliare le proprie energie sugli stessi temi e obiettivi più che sull’affermazione o eliminazione di un dato personaggio politico, quanto quella di porre fine una volta per tutte, non alle velleità di Renzi, che aprendo la crisi di governo ha celebrato da solo il proprio funerale politico, quanto al “renzismo” e a quella malsana abitudine di anteporre la propria immagine al Bene Comune, che di recente, da Salvini a Renzi, si è rivelata essere il tratto distintivo che accomuna i due ‘Matteo’.

Questo è lo scatto in avanti che questa crisi di governo, innescata dentro questa crisi epocale, può far fare alla politica ed ogni parlamentare che da lunedì, 18 gennaio, sarà chiamato a votare la fiducia a Conte e a quella roadmap con cui il governo potrà portare avanti tutti i provvedimenti necessari a fronteggiare la pandemia Covid-19 e a gettare le basi per ripensare all’#ItaliaCheVerrà.

#ConTe

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“Uniamoci per salvare l’Italia”: l’appello per un’alleanza antifascista promosso da Anpi, sindacati, Pd, sinistra, Sardine e M5s

“Per sconfiggere la pandemia, ricostruire il Paese, promuovere una democrazia più ampia e più forte, urge l’impegno delle forze migliori della società. Occorre una nuova visione per il nostro Paese. Cambiare per rinascere, ricomporre ciò che è disperso, unire ciò che è diviso, donare vicinanza dove c’è solitudine, vincere la paura costruendo fiducia“. Comincia così l’appello per una grande alleanza democratica e antifascista promosso da associazioni, Movimenti, partiti e sindacati nazionali. La società civile che si compatta di fronte alla crisi istituzionale al buio aperta da Italia viva. “Uniamoci per salvare l’Italia“, si intitola il documento che punta a far convergere energie e volti “dell’associazionismo, del volontariato, del Terzo settore, del movimento sindacale, della cooperazione, delle giovani generazioni, del mondo della cultura, dell’informazione, delle arti e della scienza, della società civile, della buona economia, col sostegno delle istituzioni e dei partiti democratici“.

Lo hanno sottoscritto 29 sigle del mondo politico, sindacale e sociale, tra cui l’Associazione nazionale partigiani d’Italia, l’Aned, l’Anppia, la Fondazione Cvl, Arci, l’Istituto Alcide Cervi, Legambiente e Libera. Ci sono anche le tre grandi confederazioni sindacali, Cgil, Cisl e Uil. E poi gli studenti universitari dell’Udu e la Rete della conoscenza. Uniti anche i partiti che hanno aderito: da Articolo1 al Pci, dal Pd a Rifondazione comunista fino al Movimento 5 stelle, dalle 6000sardine a Sinistra italiana. L’obiettivo è quello di costruire un’alleanza che promuova “una nuova cultura politica dell’ascolto e dell’incontro, ma guardi anche al futuro, affinché l’Italia del dopo Covid non sia la restaurazione dei vecchi e fallimentari modelli economici e valoriali, ma si avvii verso il cambiamento sulla strada tracciata dalla Costituzione”.

Nell’appello si ribadiscono i valori dell’antifascismo, dal rispetto della dignità della persona umana al lavoro come fondamento della Repubblica. Oggi più che mai, si legge, è necessario contrastare “l’insopportabile crescere delle diseguaglianze” e “l’avanzare incessante delle mafie e della corruzione“, rimettendo al centro la scuola, la libertà di informazione, “il valore e la cultura della differenza di genere“. “Un’alleanza che unisca giovani e anziani, donne e uomini, laici e religiosi, persone di diverse opinioni, ma unite sui principi dell’antifascismo, per un Paese che torni a progredire pienamente, su basi nuove, sulla strada della democrazia e della partecipazione e dove l’economia sia finalmente al servizio della società e della persona, come più volte ricordato anche da Papa Francesco“.

La società civile rappresentata dalle 29 sigle ritiene “non negoziabili” i valori “della pace e dei diritti umani“, per cui va fermata “l’escalation dei focolai di guerra che generano una insensata corsa alla produzione di armamenti”. In agenda deve esserci inoltre la “difesa dell’ambiente” e di un’Europa che sia vista “come una risorsa e non come un nemico”. Per farlo, va assicurata la centralità del Parlamento nei processi politici e decisionali. “La democrazia infatti non è un bene acquisito per sempre, ma richiede cure quotidiane, come dimostrano i drammatici fatti di Capitol Hill e le gravissime responsabilità di Trump”, si legge. L’auspicio è di trasformare nei fatti il manifesto, arrivando a una “inedita, pacifica e potente mobilitazione nazionale“. “Abbiamo alle spalle una straordinaria esperienza di valori chiamata Antifascismo e Resistenza. È giunto il momento di promuovere con lo sguardo di oggi un impegno democratico e antifascista che viene da lontano: uniamoci per salvare l’Italia, uniamoci per cambiare l’Italia”.

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Crisi di governo, Orlando: “Se Conte otterrà la fiducia, subito dopo allargare la maggioranza a forze europeiste con un nuovo patto”

A due giorni dall’appuntamento decisivo in Parlamento, quando il premier Giuseppe Conte si presenterà in Aula per spiegare prima ai deputati e poi ai senatori quali sono le sue priorità per l’Italia, chiedendo a chi ci sta di supportarlo fino a fine legislatura, l’esito della crisi di governo aperta da Matteo Renzi è ancora un grande punto interrogativo. Secondo i retroscena di molti quotidiani, dal Corriere al Messaggero, a Palazzo Chigi c’è una certa tranquillità sul fatto che i “costruttori” che in queste ore si stanno raccogliendo intorno a due cardini – da un lato il neonato gruppo Maie-Italia23 e dall’altro i centristi dell’Udc, al momento ancorati al centrodestra – alla fine possano garantire la sopravvivenza dell’esecutivo. Se non proprio con 161 voti, con quanto basta per permettere a Conte di restare in sella e lavorare nelle prossime settimane a un ulteriore allargamento della maggioranza, per arrivare quindi al tanto agognato patto di legislatura che chiede il Pd. È questa la strada maestra indicata dal vicesegretario dem Andrea Orlando in un’intervista a Repubblica: “È evidente che si può evitare la crisi avendo un numero in più, ma non pensare di governare. Perciò il tema che si porrà un minuto dopo la fiducia, se ci sarà, è consolidare la maggioranza, siglare un nuovo patto di legislatura e lavorare alla ricostruzione di un campo con le forze che hanno dato segnali ma che non si sono ancora sentite di fare questo passo, pur volendo prendere le distanze dalla destra sovranista“.

Si guarda quindi a pezzi di Forza Italia, ai centristi dell’Udc e a “responsabili” dentro la stessa Italia viva per arrivare a una maggioranza “stabile” come chiesto dal Quirinale. “Noi a Fi abbiamo sempre guardato come una forza che sostiene posizioni europeiste. Ultimamente questo profilo si è indebolito, quindi non so se si ci possa rivolgere a Fi nel suo complesso o a quei settori di Fi che rifiutano l’annessione” da parte di Lega e Fdi, ragiona Orlando. Ma le preoccupazioni restano. “Avvertiamo una disponibilità di forze intermedie a garantire la stabilità in questa fase, ma non abbiamo alcuna sicurezza“, avverte. “Però riteniamo giusto che sia il Parlamento a verificare se c’è o non c’è una maggioranza. E che chi ha aperto una crisi al buio, senza nessuno sbocco politico, si assuma davanti al Paese la responsabilità di aver prodotto un vulnus gravissimo per l’Italia”. Nessuna possibilità di dialogo, quindi, con l’ex alleato. “Le parole non bastano e mi pare che i margini siano pressoché esauriti“, continua Orlando, sostenendo che l’attacco a Conte di Renzi aveva come obiettivo “destrutturare l’alleanza politica che il Pd ha creato con M5S e Leu. Anche in questo caso, non ci nascondiamo i limiti di tale alleanza, ma siamo consapevoli che si tratta dell’unico punto di partenza per costruire un campo alternativo alla destra”.

La strada per arrivare al traguardo, però, è lastricata di insidie. A partire dalle mine piazzate da Italia viva in queste ore. In un’intervista al Messaggero Matteo Renzi porta avanti l’opera già iniziata ieri dai suoi: far ripartire non si sa bene quali trattative nonostante solo mercoledì abbia ritirato le sue ministre. “Sono pronto a parlare di contenuti“, dice. Un’opzione che nella tarda serata di ieri la presidenza del Consiglio ha sbarrato ancora una volta, ribadendo di “escludere assolutamente” un ritorno con i renziani. Anche perché i toni del leader di Iv non sono affatto cambiati. Nell’intervista torna ad attaccare la gestione della pandemia da parte del governo, sostenendo che l’Italia ha il “peggior numero di morti” per Covid e “mandiamo a scuola i nostri ragazzi meno di tutti gli altri”. Renzi chiede quindi di “uscire dall’immobilismo”, accettare il Mes e “tornare a fare politica“, visto che a suo dire senza Iv l’esecutivo “non ha i numeri” per governare. “Io penso che tutti i senatori di Italia viva – Psi voteranno allo stesso modo”, sostiene.

In effetti le parole rilasciate al Corriere dal senatore del Psi Riccardo Nencini – l’uomo che ha concesso a Renzi di avere un gruppo autonomo a Palazzo Madama – suonano quantomeno ambigue, nonostante lui stesso nei giorni scorsi sia uscito allo scoperto annunciando l’intenzione di restare in maggioranza. Un Conte ter senza Italia viva “è una prospettiva che non è all’altezza né di questa fase politica né della situazione”, spiega. Si dovrebbe ripartire “dalla maggioranza che c’era e che può essere rinnovata“. Nencini registra “le aperture di Pd e Iv. Poi ci sono Regioni e Comuni governati insieme da Pd, Iv, Psi e M5S”. Per Renzi il Mes resta una pregiudiziale ma “la politica, diceva Machiavelli, è l’arte di trovare una congiunzione. L’hanno trovata personalità come Togliatti, Nenni e De Gasperi, Craxi e De Mita. Possono farlo anche Conte e Renzi“. Il primo passo, secondo Nencini deve farlo “chi ha la maggiore responsabilità: il premier“. Il senatore del Psi lavorerà per ricucire la maggioranza fino a martedì mattina e “domando: il bene comune è rappresentato meglio da un governo con una rinnovata solidità o con una pesca magica“.

Tutte discussioni che però agitano chi sta lavorando per dare una “casa politica” ai “costruttori”. A partire da Clemente Mastella, innervosito dall’atteggiamento di Italia viva e di una parte del Pd. “Nessuno faccia scherzi. Non siamo i polli di “Renzi”. Attenti cari Conte e Zingaretti, lunedì potreste avere sorprese. Noi siamo responsabili ma non fessi”. Stando al Messaggero, un modo per mettere al riparo l’operazione potrebbe essere quella di offrire alla nuova quarta gamba della maggioranza non solo un futuro politico vicino al premier, ma anche dei posti in Consiglio dei ministri. I nomi sarebbero quelli dell’ex M5s Vono all’Agricoltura e della centrista Paola Binetti alla Famiglia, nonostante una fetta del Pd, dei 5 stelle e di Liberi e uguali potrebbero ritenere inaccettabile che sia proprio lei a ricoprire quella casella, viste le sue ben note posizioni in materia di diritti civili per le persone lgbt+. L’alternativa, che piace anche a Zingaretti, è quella di mettere sul piatto le dimissioni di Conte subito dopo la fiducia in Parlamento, in modo tale da avviare il tavolo per dare vita al Conte ter su nuove basi programmatiche.

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Sondaggi, con la crisi Renzi cala al 2,4%: per uno su due insegue i suoi interessi. L’81% degli elettori Pd: “Governo continui”. Fi risale al 10

La crisi di governo al momento costa a Matteo Renzi un calo nei sondaggi dello 0,6%. Non poco, per un partito che a metà dicembre era dato al 3% e ora si ritrova al 2,4%, cioè sotto la soglia di sbarramento prevista dall’eventuale legge elettorale. Se si votasse oggi, quindi, secondo la rilevazione condotta da Ipsos per il Corriere della Sera Italia viva sarebbe fuori dal Parlamento. Per il 44% degli intervistati, infatti, lo strappo con il resto della maggioranza è dovuto al desiderio di Renzi di inseguire i propri interessi personali o della sua parte politica. Solo il 16% ritiene che alla base ci siano “questioni politiche di merito”, cioè distanze troppo ampie tra Iv e Conte su temi importanti per il Paese. Il 9% legge dietro all’intera operazione uno scontro personale tra Renzi e il premier, mentre il 6% accusa Palazzo Chigi di perseguire i suoi interessi. Sommando le precedenti percentuali, resta fuori un 25%, cioè un italiano su quattro, che ammette di non saper rispondere alla domanda.

Il sondaggio Ipsos fotografa quindi un generale smarrimento dei cittadini nei confronti di una crisi di cui si stentano a capire le ragioni. Il 45% degli intervistati sostiene di averle comprese, mentre il 42% risponde con un secco no e il 13% non sa rispondere. Di conseguenza, la maggioranza dei cittadini ritiene che l’esperienza del governo Conte debba “andare avanti”. Il 43% pensa che sia stata una fase positiva, il 36% ritiene invece che sia arrivata al capolinea. Uno su cinque non sa rispondere. Le percentuali ovviamente variano all’interno dell’elettorato di ciascun partito. È significativo che sia soprattutto la base dem ad apprezzare l’esecutivo giallorosso: l’81% di chi vota Pd pensa che debba andare avanti, mentre tra i pentastellati il dato cala leggermente al 77% e al 64% a sinistra. Gli elettori della Lega e di Fratelli d’Italia sono in larga maggioranza per un cambio della guardia, mentre il fronte dei moderati è più spaccato: uno su due vuole la caduta del governo, mentre il 38% dei forzisti preferisce che Conte resti in sella.

E se si votasse oggi? Come detto, Italia viva otterrebbe il 2,4%, ben lontano dal 6,2 che Ipsos gli assegnava a fine ottobre 2019, cioè poco dopo la sua nascita. Il Pd è dato al 19,9%, leggermente al di sotto del 20,2 di un mese fa. In leggera risalita il Movimento 5 stelle, ora al 16,3%, così come Liberi e uguali, che guadagna un buon 0,5% e cresce al 3,5%. Azione di Carlo Calenda è dato al 3,3%, mentre +Europa ed Europa verde sono entrambi al di sotto della soglia di sbarramento. Sul fronte del centrodestra, il primo partito resta la Lega di Matteo Salvini, nonostante continui a perdere terreno: se si votasse oggi, otterrebbe il 23,1% dei voti. In netta risalita Forza Italia, che passa dal 9,3% di metà dicembre al 10,2%. Tutto a discapito di Giorgia Meloni: Fratelli d’Italia lascia sul terreno un 1% e cala al 15%. Gli astenuti sono al 39,1%. Nella rilevazione non viene presa in considerazione un’ipotetica lista Conte, ma a gennaio il gradimento del premier è ancora sopra i 50 punti (passa dal 57 al 56). Un dato superiore all’ottobre 2019, quando approdò a Palazzo Chigi con il sostegno di Pd e M5s con un apprezzamento di 53 punti. Stabile il giudizio positivo nei confronti dell’esecutivo (49), anche in questo caso superiore al 42 delle fasi iniziali.

Il sondaggio è stato realizzato da Ipsos per il Corsera presso un campione casuale nazionale rappresentativo della popolazione italiana maggiorenne secondo genere, età, livello di scolarità, area geografica di residenza, dimensione del comune di residenza. Sono state realizzate mille interviste (su 5.725 contatti), condotte mediante mixed mode Cati/Cami/Cawi tra il 13 e il 14 gennaio 2021. Per dare stabilità alle stime pubblicate, i risultati presentati sono il prodotto di un’elaborazione basata, oltre che sulle 1.000 interviste prima citate, su un archivio di circa 5.000 interviste svolte tra il 9 dicembre 2020 e l’8 gennaio 2021.

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mercoledì 13 gennaio 2021

Crisi di governo, Buffagni: “Renzi? Scelta non intelligente rispetto agli interessi del Paese”

“Credo che la scelta di Matteo Renzi non sia molto intelligente nei confronti degli interessi del Paese. Ci sono morti tutti i giorni, la malattia non è debellata. Affrontiamo la situazione dando la priorità agli italiani”. Sono le parole del viceministro allo Sviluppo economico ed esponente del Movimento 5 stelle, Stefano Buffagni, dopo la conferenza stampa con cui il leader di Italia viva ha annunciato il ritiro delle ministre Teresa Bellanova ed Elena Bonetti e quello del sottosegretario Ivan Scalfarotto dal governo.

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Le reazioni – Zingaretti: “Errore gravissimo contro l’Italia, ora tutto è a rischio”. Crimi: “Incomprensibile”. Il centrodestra: “Non disponibili a sostenere governi di sinistra”

Errore gravissimo contro l’Italia”, scelta “incomprensibile” che mette a rischio la ripresa, un atto che porterà il Paese “in una situazione ancor più drammatica“. Usano toni pesantissimi i leader dei partiti che sostengono il governo Conte dopo la scelta unilaterale di Matteo Renzi di ritirare la sua delegazione, aprendo la tanto temuta crisi al buio. Nicola Zingaretti spiega al Tg1 che “Conte aveva assicurato la disponibilità per un patto legislatura e questo rende scelta Italia viva ancora più incomprensibile. Ora è a rischio tutto, dagli investimenti nel digitale alla sanità”. Per il segretario dem, quello dei renziani è appunto “un errore gravissimo contro l’Italia“, specie di fronte al fatto che solo oggi ci sono stati “circa 500 morti” a causa del coronavirus. “E noi apriamo una crisi di governo? Io francamente non lo capisco“. Sconcerto anche tra i 5 stelle, con il capo politico reggente, Vito Crimi, che commenta così su Facebook: “Mentre il Paese affronta con fatica, impegno e sacrificio la più grave crisi sanitaria, sociale ed economica della storia recente, Renzi sceglie di ritirare la propria delegazione di ministri. Credo che nessuno abbia compreso le ragioni di questa scelta”.

Di fronte a una fase così difficile, quindi, il Movimento 5 stelle “continuerà ad assicurare la stabilità che serve adesso all’Italia per affrontare la crisi che stiamo vivendo ed uscirne al più presto“. Sulla stessa linea è il ministro della giustizia Alfonso Bonafede, che fa quadrato intorno al premier e rassicura sulla tenuta dei suoi: “Il MoVimento 5 Stelle continuerà a lavorare per i cittadini al fianco di Giuseppe Conte“. Usa toni durissimi anche il vicesegretario del Pd Andrea Orlando, tra i primi a reagire alla decisione di Iv: “È un grave errore fatto da pochi che pagheremo tutti“, scrive su Twitter dopo che fino all’ultimo minuto i dirigenti del suo partito avevano tentato di ricucire lo strappo tra Renzi e il premier.

La notizia della crisi sta già facendo il giro delle cancellerie europee, come conferma il ministro dem Enzo Amendola. “Ai colleghi europei che mi chiamano per chiedere spiegazioni dico questo: che Mattarella è la garanzia della tenuta politica e sociale del Paese”. Quello di Renzi è “un grave errore: aprire la crisi in questo passaggio apre a qualsiasi scenario, ma blocca il lavoro che si stava facendo”, ha dichiarato al Tg4. Il vicepresidente del Parlamento Ue in quota 5 stelle, Fabio Massimo Castaldo, chiede di “voltare pagina, per proteggere l’Italia”, mentre il leader di Sinistra italiana ed esponente di Leu, Nicola Fratoianni, è caustico: “Non so quanto coraggio serva ad una ministra per abbandonare il proprio incarico. So però che agli italiani e alle italiane serve tantissimo coraggio per affrontare quello che sta accadendo nella vita reale, dalla crisi sanitaria alla crisi sociale, il lavoro che non c’è più, il reddito che scompare. È a questo coraggio che dovremmo tutti portare un grande rispetto evitando di aprire crisi al buio e di precipitare il Paese in una situazione ancor più drammatica“.

Maggioranza a parte, la mossa di Renzi fa storcere il naso anche a chi è politicamente vicino al suo campo. “Se apri una crisi spiegando per mezz’ora che il Presidente del Consiglio è completamente inadeguato e poi dici ‘non abbiamo pregiudiziali su Conte’ o sei molto confuso o sei molto squinternato”, ragiona su Twitter Carlo Calenda, leader di Azione, riferendosi al fatto che il leader di Iv non ha affatto escluso dal tavolo l’opzione di un Conte ter. “In questo momento entrambe le cose – conclude – sono inaccettabili“.

Di fronte a questo scenario in continua evoluzione si innesta l’appello congiunto delle opposizioni a tornare alle urne: “Il centrodestra – prima forza politica del Paese – chiede che il Presidente del Consiglio prenda atto della crisi e si dimetta immediatamente o, diversamente, si presenti domani in Parlamento per chiedere un voto di fiducia. Se non ci sarà la fiducia, la via maestra per riportare al governo del Paese una maggioranza coesa ed omogenea” è quella “delle elezioni“. Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia si dicono quindi indisponibili “a sostenere governi di sinistra“. Giorgia Meloni usa su Facebook toni ancora più duri: “Italiani in ginocchio, governo allo sfascio. L’Italia non può permettersi di perdere altro tempo. Conte si dimetta. Elezioni subito”. E Matteo Salvini si accoda: “Gennaio, voto in Portogallo. Febbraio, voto in Catalogna. Marzo, voto in Olanda, Israele e Bulgaria. Aprile, voto in Albania. Maggio, voto in Scozia, Galles e Cipro. Giugno, voto in Francia. Settembre, voto in Norvegia, Russia e Germania. Ottobre, voto in Repubblica Ceca. Il governo in Italia non c’è più? Che si fa? Elezioni”.

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