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mercoledì 3 febbraio 2021

M5s diviso sul sostegno a Draghi. I vertici sono per il No: “Insistiamo con l’esecutivo politico”. Ma c’è chi chiede di valutare l’appello del Colle

Se il Pd ha già dato la sua disponibilità a collaborare e si rivolge agli ex alleati perché facciano lo stesso, la grande incognita di queste ore è se il Movimento 5 stelle deciderà di votare la fiducia al governo del presidente a guida Mario Draghi. La paura è che il M5s, rimasto indenne alle scissioni annunciate e di fatto mai avvenute degli ultimi anni, sull’appello del presidente della Repubblica si spacchi in due gruppi: da una parte chi “terrà la linea dura del voto contrario all’establishment”, dall’altra chi dice di “scegliere la via della responsabilità”. Fonti interne hanno fatto sapere che si aspettano almeno un 20 per cento di parlamentari che non seguirà la strada del No, ma qualsiasi previsione in termini di numeri è ancora prematura.

Il capo politico reggente Vito Crimi, già ieri sera, ha garantito che il Movimento non sarà della partita e la linea che circola in queste ore è quella di spingere perché si difenda il governo Conte (o almeno un esecutivo politico) e si valuti di farlo tornare alla prova delle Camere. Uno scenario che però, al momento, non sembra praticabile. Anche per questo la linea della chiusura totale non trova l’unanimità dentro i 5 stelle. Decisiva sarà l’assemblea congiunta in corso in questo momento, ma soprattutto le voci dei leader. Non a caso, poco prima dell’inizio della riunione è stata fatta circolare una velina attribuita a Beppe Grillo, rilanciata dall’Adnkronos ma rimasta senza conferme, che ribadirebbe “il sostegno a Conte e il no a Draghi”. Anche Alessandro Di Battista, dopo la condanna di ieri sera, ha subito rilanciato: “Che se lo voti l’establishment”. Tace invece Luigi Di Maio, l’ex capo politico che proprio quest’estate incontrò Draghi per un colloquio privato e disse: “Mi ha fatto una buona impressione”. Le sua parole saranno molto importanti per capire dove il Movimento intende andare. Intanto il Pd chiede un incontro con Pd e Leu per arrivare a una linea condivisa e Dario Franceschini ha fatto un appello, ma al momento per i 5 stelle la priorità è scegliere una strada e tenere compatte le truppe.

“Non lo votiamo” – Per i vertici M5s invece, è il momento di serrare le fila. Con loro, stando alle ultime indiscrezioni, hanno la maggioranza dei gruppi parlamentari. Almeno per ora. “Abbiamo già dato con i governi tecnici”, ha detto, a quanto apprende l’Adnkronos, Crimi aprendo l’assemblea dei gruppi. “Proviamo con esecutivo politico ancora una volta. Per qualunque misura a livello parlamentare si deve sempre o comunque passare da noi. Questo è un patrimonio che non dobbiamo disperdere, noi siamo determinanti anche nel caso in cui dovesse nascere questo governo. Se non possiamo far nascere un governo tecnico noi possiamo però essere determinanti nelle scelte, su qualunque cosa”. La strategia sarebbe quella di “spingere il Colle a ripiegare su un governo politico“: l’idea è che se il governo del presidente non dovesse avere i numeri, il Movimento potrebbe chiedere un nuovo voto su Conte. Ma questo non considera le consultazioni dei partiti con Draghi e le intenzioni del Pd di rispondere all’appello di Mattarella in segno positivo. Al momento la linea Crimi è sostenuta da molti dei big: da Riccardo Fraccaro a Paola Taverna, Maria Edera Spadoni.

C’è chi chiede di ascoltare Draghi – Le prime parole del presidente incaricato sono state “mi rivolgerò con rispetto al Parlamento”. E tra i 5 stelle c’è chi chiede che almeno si ascolti cosa ha da dire e quali sono le sue proposte. I malesseri ci sono sia alla Camera che al Senato. A Montecitorio, solo ieri Emilio Carelli ha lasciato i 5 stelle, giusto in tempo per potersi schierare con il governo istituzionale. Ma c’è un’altra voce che si fa sentire da tempo ed è quella di Giorgio Trizzino, ritenuto vicino a Sergio Mattarella e che oggi ha chiesto ai colleghi di rispondere con responsabilità all’appello del Colle e partecipare al governo Draghi. Anche tra i senatori però non mancano i malumori: in mattinata c’è stata un’assemblea congiunta online che ha preceduto quella del pomeriggio con i deputati. Nel corso della discussione sono emerse 4-5 voci in dissonanza con la linea del “no al dialogo a tutti i costi”. Oltre al senatore Mattia Crucioli, anche Primo Di Nicola ha preso la parola: “No alle pregiudiziali sul governo del presidente”, ha detto il senatore secondo quanto riferito da fonti interne. “Vediamo cosa propone, è un dovere di fronte all’appello del presidente della Repubblica e un dovere per il Paese“. Di Nicola, interpellato da ilfattoquotidiano.it, non ha voluto commentare. Altri senatori, nel loro intervento, hanno poi fatto presente che “è molto difficile” andare in Parlamento e “opporsi a un governo fatto per aiutare i cittadini in una situazione di estrema difficoltà”. E chiedono almeno di “scegliere una strategia più attendista, per valutare a “quali condizioni sarà richiesta la fiducia”.

Ma le richieste di aprire una discussione sul punto non sono isolate. Chi ha lasciato intendere aperture è Carla Ruocco, presidente della commissione Banche alla Camera che già più volte si è espressa in dissenso con la linea dei vertici del Movimento. “Bisogna lasciare lavorare il presidente della Repubblica e nel rispetto attenderei queste ore per ascoltare cosa dirà anche Draghi”, ha detto alle telecamere del fattoquotidiano.it. “E’ prematuro sbilanciarsi”. Ruocco non ha escluso l’ipotesi voto su Rousseau: “Questo lo vedremo nelle prossime ore: ora non siamo in grado di rispondere”. Disponibile a discutere la questione in assemblea anche il viceministro uscente Stefano Buffagni: “Mario Draghi ha un profilo inattaccabile, nulla da dire. Così come nessuno può dir nulla sulle competenze di Giuseppe Conte”, ha detto all’agenzia Adnkronos. Salvo poi precisare che la linea “sarà decisa dall’assemblea”. E sui timori che il Movimento non tenga e si spacchi? “Il M5s, a sentire i giornalisti e i rumors di palazzo, sembra sempre che si spacchi, poi gli irresponsabili sono sempre altri…”, ha detto. Un’apertura è arrivata anche da Parole Guerriere, corrente da sempre vicina al centrosinistra a Montecitorio: “Basta giocare a nascondino”, ha detto Dalila Nesci. “Per dire no alla soluzione individuata dal Presidente Mattarella bisognerebbe avere pronta una valida alternativa politica. Chi ha condotto le trattative e ci ha portato sin qui dovrebbe farsi delle domande sul proprio ruolo”.

Sono ore molto delicate per il Movimento, anche perché a essere messa in discussione è anche tutta la gestione della crisi politica. E, è molto chiaro a tutti, il fatto di avere un capo politico reggente (e in scadenza fra due settimane) di certo non aiuta. “Il problema è che dovremmo imparare a prendere tempo”, commenta una fonte interna a ilfattoquotidiano.it, “in fasi così delicate non possiamo schierarci da una parte o dall’altra senza neanche confrontarci”.

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