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giovedì 30 dicembre 2021

Covid, dopo il decreto la critica di Conte al governo: “Subito i ristori e calmierare le Ffp2. Non solo restrizioni, si incentivi lavoro agile”

All’indomani del decreto con le nuove regole su quarantene e super green pass il presidente M5s Giuseppe Conte è l’unico tra i leader di maggioranza a criticare il governo sollecitando interventi per ristorare le attività danneggiate dalle restrizioni, calmierare i prezzi delle mascherine Ffp2 e tornare ad incentivare il lavoro agile. “Quando si chiedono sacrifici alle persone si deve anche saper dare, e lo Stato deve farlo velocemente”, dice in un video pubblicato su Facebook. “Servono subito interventi massicci e un nuovo scostamento di bilancio” per dare “ristori e segnali concreti di vicinanza a chi non ce la fa: la sopportazione è al limite e gli aiuti devono essere rapidi”. Perché questo appello? I 5 stelle ovviamente sono al governo “ma non siamo soli“, ricorda Conte, “e non è sempre facile trovare gli equilibri per fare le cose come e quando vorremmo noi. Lotteremo con le unghie e con i denti per dare risposte. Possiamo commettere errori ma non perderemo mai di vista la realtà che vivete voi non nei palazzi ma nelle fabbriche, negli uffici, nelle scuole, nelle periferie, nelle aree isolate del Paese”.

La prima sollecitazione riguarda nuovi aiuti, in particolare per “gestori di discoteche, di locali, di strutture che hanno dovuto chiudere nonostante avessero predisposto tutto il necessario per continuare le loro attività. Vanno subito stanziati ristori e va dato un segnale concreto di vicinanza anche ai ristoranti e bar messi in difficoltà dalle nuove regole adottate”. Poi c’è il problema della speculazione su tamponi e mascherine andata di pari passo con l’avanzare della quarta ondata: “Mentre parlo ci sono intere famiglie in fila per i tamponi, e i prezzi sono alle stelle. Non possiamo accettare speculazioni. Vanno subito aumentate le dotazioni e i posti in cui è possibile fare i test, imponendo un taglio immediato dei costi. Anche le mascherine Ffp2 vengono vendute a prezzi inaccettabili, e sono difficilmente reperibili. Che cosa aspettiamo? Il paese ci chiede di tagliare rapidamente i prezzi e vedere garantite le forniture“. Il decreto di mercoledì prevede sì il contenimento dei prezzi, ma solo a valle di un’intesa tra il commissario Figliuolo e le farmacie e rivenditori.

Nel frattempo occorre puntare sullo smart working. “Ai lavoratori non possiamo solo imporre norme di condotta, restrizioni, per mandarli poi in giro ad affollare uffici e mezzi pubblici. Torniamo ad incentivare il lavoro agile in questi giorni di picco, in cui in tutta Italia vengono anche cancellati dei treni a causa dei contagi tra il personale”. E occorre, secondo Conte, rinnovare anche i bonus baby sitter per chi da gennaio avrà di nuovo i figli in dad.

Infine, “con quale faccia chiamiamo eroi gli infermieri se poi non vengono loro riconosciuti quei riconoscimenti economici peraltro già stanziati? Occorre dare attuazione ai provvedimenti predisposti dal mio governo per gli indennizzi del personale sanitario”. Attenzione anche alle famiglie che stanno subendo i rincari dell’energia: occorre fare di più, per il leader M5s, per calmierare gli aumenti di luce e gas.

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mercoledì 29 dicembre 2021

FqChart di fine anno – Sondaggi concordi: il Pd è primo partito. Nel 2021 FdI guadagna 3 punti, la Lega ne perde 4,5. Un punto in più per M5s

FQChart è la media aritmetica settimanale dei sondaggi sulle intenzioni di voto degli italiani in esclusiva per Il Fatto Quotidiano. Concorrono alla media tutti i sondaggi pubblicati dai maggiori istituti demoscopici nella settimana appena conclusa.

Settimana dal 21/12 al 28/12/2021

Abbondante infornata di sondaggi per l’ultima media del 2021: sono infatti ben nove gli istituti che hanno pubblicato le rilevazioni di fine anno (Swg, Emg, Ixè, Demos, Demopolis, Euromedia, Bidimedia, Tecnè e Ipsos), tutti concordi nell’assegnare al Pd il ruolo di primo partito italiano.

Infatti, i Dem guidano la nostra Chart con un valore medio del 21,3% e staccano di quasi due punti il partito di Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia, secondo con il 19,5% ma in leggera flessione in almeno la metà delle rilevazioni considerate. Uno stallo che permette alla Lega di recuperare qualcosa a destra portandosi al 18,9%, terzo partito d’Italia (secondo per Ixè, Ipsos e Bidimedia).

Perde ancora qualche decimale il M5s, che chiude l’anno al 15,3% tra segnali ondivaghi (oltre il 16% per Demos, Ipsos, Ixè, sotto il 14% per Swg). Forza Italia si trova all’otto per cento, Azione al 3,3%, A1+SI al 3,7%, mentre ItaliaViva rimane intorno al due per cento (2,2) nonostante il generoso quattro per cento che Emg attribuisce da mesi al partito di Matteo Renzi.

Guardando indietro di 12 mesi è possibile notare che nel 2021 non ci sono state grandi evoluzioni degli equilibri politici, eccezion fatta per il calo di un solo partito.

Molte analisi di fine anno sottolineano risultati che, dati alla mano, non sono per niente sorprendenti. Prendiamo il caso del Partito Democratico: nella FQChart del 28/12/2020, giusto un anno fa, il partito oggi guidato da Enrico Letta era al 20,9%, solo pochi decimali al di sotto del dato odierno.

È vero, c’è stato un breve periodo di crisi in conseguenza delle dimissioni di Nicola Zingaretti da segretario (17,1% nella media del 15/3/2021), ma è durato solo qualche settimana. Insomma, il Pd rispetto allo scorso anno è rimasto stabile nelle intenzioni di voto degli elettori. Similmente per i Fratelli d’Italia che, nel 2021 hanno sì guadagnato circa tre punti percentuali e mezzo, ma avevano già chiuso il 2020, l’anno del vero exploit, con un ottimo 16,1%.

E ancora, mettendo a confronto i dati di fine anno si nota come il 2021 non sia stato l’anno del crollo del M5s, come piace sottolineare alla maggior parte della stampa, giacché alla fine dello scorso anno erano scesi al 14,1% medio, ovvero più di un punto indietro rispetto al dato odierno. E Azione dopo 12 mesi esatti è rimasto perfettamente stabile al 3,3%, nonostante la popolarità del fondatore Carlo Calenda, grande protagonista sotto il profilo mediatico per tutto il 2021, insomma un altro exploit più “pubblicizzato” che reale.

Chi, invece, ha vissuto un 2021 di cambiamenti (in negativo) è la Lega che ha perso 4,5 punti percentuali in 12 mesi, sebbene abbia mantenuto lo status di primo partito per i primi sei mesi dell’anno, fino al crollo della scorsa estate. Similmente a Salvini anche l’altro Matteo della politica italiana non può guardare con soddisfazione ai numeri dell’anno che si avvia alla conclusione. ItaliaViva, infatti, nel 2021 perde quasi un punto rispetto all’anno precedente e con esso anche la speranza di superare la soglia di sbarramento del 3% prevista dalla legge elettorale vigente. Che ironia della sorte è quel Rosatellum fortemente voluto e difeso dai renziani…

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Il M5S di Conte su una nuova strada: dobbiamo costruire un’alternativa al pensiero unico

I cambiamenti passano per una connessione potente con l’ambiente che ci circonda, dalle foreste alle spiagge, dal mare alle montagne, dagli alberi agli animali, dagli orti alle persone che ci circondano. Una connessione con il pianeta per avvinghiarci alla sua bellezza, alla sua straordinaria unicità, ancor prima che a tutte le straordinarie forme di vita nate su questo mondo blu. Una connessione necessaria per riparare le profonde ferite aperte e sanguinanti che l’attuale modello di sviluppo della crescita infinita e dello sfruttamento infinito causano a tutti noi, all’ambiente e alle specie viventi intorno a noi.

Questa follia di prezzare ogni forma di vita, ogni relazione, ogni ecosistema è una forma di potere che ci sta schiacciando e sta distruggendo le condizioni per una nostra permanenza lunga su questo pianeta. Le future generazioni lo hanno compreso. I partiti attuali si dividono tra quelli che balbettano e quelli che rallentano e soffocano il cambiamento reale di cui abbiamo bisogno, perché arresi o conquistati dalle pressioni delle lobby e dello status quo, o chiusi nell’orizzonte del minuto successivo, bloccano la strada verso la trasformazione della società in un luogo desiderabile, nella nostra casa, dove sono in equilibrio tutti gli elementi.

Il nuovo M5S con Giuseppe Conte imbocca una strada nuova, al servizio di una nuova evoluzione della società, che costruisca antidoti, che impari dalle comunità che ce la fanno, che riconosca i bisogni reali, che utilizzi tutte le informazioni scientifiche e ai dati che sono già in nostro possesso. A questo servirà la Scuola di Formazione, la nascita dei Forum del Movimento 5 Stelle e i gruppi territoriali che saranno lo spazio per riscrivere il modello di partecipazione e di trasparenza, attraverso lo studio degli open data come diritto alla conoscenza e accesso alle fonti dirette senza manipolazione dei partiti, dei governi e delle tv.

Bisogna costruire nuove cellule politiche, gruppi di benessere sostenibile che diventino antidoti all’attuale emergenze democratiche, che producano con la pratica e azioni quotidiane la riduzione delle disuguaglianze e che sappiano invertire la rotta sulle devastazioni ambientali. Immagino queste nuove cellule politiche come una sorta di evoluzione dei gruppi di acquisto solidale che siano loro stessi pensiero, forma e azione di autogoverni comunitari agendo sulla formazione, sul coworking, sulla creazione di comunità energetiche, di comunità di sostegno alla salute e su ogni attività che diventa più facile da realizzare in forma collettiva e troppo difficile da realizzare in forma individuale.

Il vuoto del nostro viaggio individuale può tornare a vibrare e a innamorare se diventa collettivo, se si può toccare, ascoltare, vedere e amare. L’inquietudine, il senso di marcio, il sapore del tradimento dietro la lingua può trovare spazio in una ricerca collettiva e nella costruzione di un modello alternativo al pensiero unico del neoliberismo. Come sono caduti tutti gli imperi sta crollando anche questo ma non possiamo aspettare le macerie o le barbarie. Dobbiamo costruire ora l’alternativa e demolire il palazzo con cariche controllate in modo che non produca vittime collaterali ma imploda su se stesso.

Il nuovo modello da costruire deve essere capace di condurci in luoghi diversi dalla distruzione e dalla distrazione, luoghi diversi dalle disuguaglianze e dalle discriminazioni, luoghi in cui andare in massa, noi, il 99% dei cittadini a cui viene propinato un grande show che nasconde il fallimento dell’attuale modello economico nel garantire un benessere duraturo e la sopravvivenza della specie umana.

Sappiamo che la risorsa più preziosa è il tempo, che l’unico senso sono le relazioni, che il nostro habitat naturale è la natura, la nostra terra promessa è questo pianeta, il nostro paradiso è oggi, che il nostro nemico non si annida più dietro un cespuglio con i suoi denti affilati, o nei terreni duri per l’aratro ma in quelli inquinati, nelle montagne sventrate, nelle foreste che bruciano, nei ghiacciai che si sciolgono e nelle ecatombe della biodiversità, negli ecosistemi che collassano, per sempre. Ma tutto questo diventa un mix esplosivo se si somma alla fame, ai morti di inquinamento, alla povertà, all’assenza di dignità. Il nostro nemico è nel modello che abbiamo impiantato nella nostra materia grigia sotto la calotta cranica, ed è un modello falso, malato, avido e antiscientifico.

Sappiamo che la cultura è il nostro nutrimento, che la formazione e la conoscenza sono la nostra leva e la nuova dimensione della rivolta, che la curiosità e l’apprendimento sono la nostra strada che ci libera dalle catene. Tocca a noi rivoluzionare il sistema politico globale, non perché siamo ambiziosi, ma perché nessun altro lo farà per noi. Possiamo partire da un cambiamento prima interno e poi esterno. Dobbiamo riconoscere il nostro ecosistema e rigenerarlo.

Le domande sono nuove, le risposte anche e non possiamo aver paura di sfidare le convenzioni.

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martedì 28 dicembre 2021

Cambi di casacca alla Camera: due deputate passano a Italia viva, Scanu (M5s) entra nel Misto – Video

Le deputate Maria Teresa Baldini (Coraggio Italia) e Flora Frate (eletta col M5s, espulsa a gennaio del 2020, e poi passata al Misto) hanno comunicato di aver aderito al gruppo di Italia viva. Lucia Scanu passa dal gruppo del M5s al gruppo Misto. A renderlo noto è stato il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli, in apertura della seduta a Montecitorio.

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giovedì 23 dicembre 2021

Renzi attacca il M5S sul 2xmille: “Si sono fatti l’emendamento ad hoc”. Ma a firmarlo è la sua senatrice con le Autonomie (e nessun grillino)

“Che i grillini siano cambiati lo vedo dal fatto che hanno fatto un emendamento ad hoc per cambiarsi la legge sul finanziamento pubblico ai partiti”. Matteo Renzi sembra sicuro: il Movimento 5 Stelle ha sfoderato un trucchetto degno della peggior politica, infilando nella manovra una postilla per rientrare nei termini che gli consentirebbero di ottenere i fondi del 2xmille già nel 2022. “L’avessi fatto io mi sarei beccato un avviso di garanzia“, si indigna il leader di Italia Viva intervistato da Repubblica, forse imbeccato dalla ricostruzione di alcune agenzie di stampa. Senza sapere che, in un certo senso, “l’ha fatto lui” per davvero. Perché l’emendamento incriminato – il 7.0.30, approvato mercoledì in Commissione Bilancio al Senato – porta la firma della sua senatrice Donatella Conzatti. E soprattutto non ne porta nemmeno una dei 5 Stelle. “Quella di Renzi è un’accusa totalmente infondata, l’emendamento non c’entra nulla con noi”, dice al fattoquotidiano.it il relatore pentastellato della manovra, il presidente della Commissione Daniele Pesco. In più, la norma non riguarda affatto il finanziamento pubblico, ma solo quello privato.

Se Renzi avesse letto l’emendamento che attacca, infatti, saprebbe che non ha niente a che vedere col 2xmille. O meglio, la legge è la stessa (la 149 del 2013 che ha abolito i rimborsi elettorali) ma la norma è diversa: in questo caso si interviene sull’articolo 11, che disciplina le “detrazioni per le erogazioni liberali in denaro in favore di partiti politici”. L’articolo 12 – quello sul 2xmille – non è mai citato. “I partiti politici che hanno presentato oltre i termini la richiesta per accedere, per l’anno 2021, al finanziamento privato in regime fiscale agevolato di cui all’articolo 11 (…) possono produrre una nuova istanza per essere ammessi al beneficio entro 30 giorni dall’entrata in vigore della presente legge”, recita la modifica fatta approvare (all’insaputa del capo) dalla senatrice di Italia Viva. Per chiedere le detrazioni per i donatori, però, bisogna essere già iscritti nell’apposito registro, mentre il Movimento (che vuole iscriversi per accedere al 2xmille) deve ancora ottenere il nullaosta dalla Commissione di garanzia sugli statuti (ma in ogni caso i contribuenti non potranno destinargli i fondi prima del 2023, come ha raccontato questo giornale).

Oltre all’esponente renziana (che non ha risposto alla richiesta di chiarimenti del fatto.it), i firmatari dell’emendamento sono gli autonomisti Dieter Steger, Luis Durnwalder e Albert Laniece. A quanto si apprende, lo scopo è quello di permettere ad alcuni partiti a dimensione regionale di accedere agli sgravi fiscali per chi li vuole finanziare in forma privata. Lo si capisce anche dalla relazione che ha accompagnato la presentazione: “Il funzionamento della macchina amministrativa e burocratica di molti partiti politici avviene – soprattutto per i partiti più piccoli – attraverso l’impegno di personale assunto a tempo determinato e quindi non in possesso dell’esperienza necessaria (…) Inoltre spesso ci si avvale di persone volenterose che, gratuitamente e in forma di servizio, mettono il loro tempo a disposizione”, si legge. Gli autonomisti lamentano che “l’irregolare invio della richiesta annuale (…) provoca senza alcun preavviso l’esclusione dall’elenco e quindi la perdita di ogni agevolazione finanziaria, una conseguenza decisamente spropositata, considerando che lo stesso partito magari è stato sempre iscritto al registro”. Una descrizione che difficilmente si adatta al Movimento 5 Stelle (che come detto deve ancora iscriversi).

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Contro le disuguaglianze il M5s ha fatto più della sinistra: Conte deve ricostruire fiducia

La “politica” sembra sempre più confondersi con parole come “individualismo”, “profitto”, “mercato”, “utilitarismo” e “lobbismo”. In pratica si sta ponendo al servizio dei desideri neoliberisti, costringendo i cittadini a scegliere tra leader e salvatori della patria, invece che impegnarsi verso obiettivi di una società desiderabile in cui vivere.

La vera emergenza è ricostruire i legami con le storie, le persone e i luoghi significativi dove nascono le alternative del nostro tempo e con loro attivare lavori di ricerca e approfondimento. Serve un nuovo modello di società da costruire dopo il crollo del comunismo, la crisi delle religioni e la vittoria del neoliberismo, che ci lascia un mondo dove le disuguaglianze aumentano e la sopravvivenza come specie umana su questo pianeta viene messa ogni giorno sempre più a rischio.

Nessuna organizzazione politica di sinistra negli ultimi trent’anni in Italia ha dimostrato di essere capace di migliorare la vita dei più poveri e della classe media di questo paese e in Europa. Nessuna organizzazione ha fatto dell’ecologia un tratto politico strategico per il cambiamento urgente e indispensabile, entro il 2050, con una tempistica che non dovrebbe farci dormire la notte. Nessuna organizzazione, prima che il M5S in pochi anni imponesse al governo del Paese un’agenda che ha ridotto le disuguaglianze e accelerato le misure di Transizione Ecologica necessarie come quella del Superbonus e le Comunità Energetiche.

Nel 2020, sulla base delle stime dell’Istat, l’intervento pubblico dei governi del M5S ha realizzato attraverso l’imposizione fiscale e contributiva una riduzione della diseguaglianza di 14,1 punti percentuali dell’indice di Gini: da un valore di 44,3 punti misurato sul reddito primario a uno di 30,2 in termini di reddito disponibile. A redistribuire il reddito sono stati i trasferimenti pensionistici, la Cassa integrazione, il Reddito di cittadinanza e tutte le misure straordinarie per fronteggiare il Covid-19, come il Reddito di emergenza e i bonus per i lavoratori autonomi. L’indice di Gini si è ridotto da 31,8 a 30,2 e il rischio di povertà dal 19,1 al 16,2%.

La sfida ora è che tutto questo si consolidi con riforme strutturali come quella sul fisco, mixata con le detrazioni per i cittadini più poveri e con l’assegno unico per i figli che è una misura progressiva che porterà un aumento del reddito per le famiglie più svantaggiate e che si applicherà anche a disoccupati e partite Iva (175 euro a figlio per redditi sotto i 15 mila euro). Entrambe le misure risultano progressive rispetto al reddito delle famiglie e dovrebbero produrre una riduzione dell’indice di Gini da 30,2 a 29,9 (-0,3 punti).

Una società dove i più ricchi diventano sempre più ricchi e potenti e i più poveri sempre più poveri non può reggere a lungo. Trent’anni di disuguaglianze e oltre trent’anni di devastazioni ambientali rischiano di produrre un mix che può portare entro cinque-dieci anni a un grosso conflitto sociale a carattere rivoluzionario. Il M5S ha compito di farsi interprete di queste vere necessità del nostro tempo, come dieci anni fa ha già fatto anticipando molte questioni che oggi sono nell’agenda politica.

Il nuovo corso del M5S, con una carta dei principi e dei valori, fornisce la cornice di un’identità che ha scelto un modello di economia eco-sociale di mercato e il nuovo presidente del M5S Giuseppe Conte è la persona più adatta a ricostruire fiducia nella nuova azione politica del M5S, a partire dai risultati raggiunti durante gli anni di governo. L’élite e l’establishment di questo paese stanno utilizzando tutti i mezzi per rallentare e soffocare il cambiamento reale, per screditare sogni e modelli che stanno funzionando. Per evitare una stagione di violenze servono riforme radicali e chi ha di più dovrà cedere di più di quanto ha fatto fino a oggi, altrimenti arriverà la storia a chiedere il conto.

Per non perdere la rotta e rilanciare soluzioni e visioni organiche, o meglio ecosistemiche, per trasformare realmente la società in un luogo desiderabile, dobbiamo costruire insieme un nuovo progetto, un nuovo modello, una nuova identità individuale e delle organizzazioni sociali e per farlo dobbiamo attivare al più presto i Forum del Movimento per discutere insieme con la società civile e affrontare le due principali questioni del secolo: i limiti alla crescita che dovremo imporre all’attuale modello economico e il contrasto alle disuguaglianze.

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M5s, il Consiglio di garanzia del Senato reintegra nel gruppo 6 senatori anti-Draghi. Lezzi: “Dirò ancora no alla fiducia”

Erano stati espulsi dopo che avevano votato no alla fiducia al governo Draghi. Ma ora 6 parlamentari del Movimento 5 Stelle dovranno essere reintegrati nel gruppo del Senato: tra loro ci sono l’ex ministra Barbara Lezzi e il “veterano” – già parlamentare con l’Italia dei Valori – Elio Lannutti. La decisione per il reintegro è stata decisa dal Consiglio di garanzia, l’organo di appello di Palazzo Madama. In sostanza, da quanto spiegato da Luigi Vitali (Forza Italia, presidente del Consiglio di garanzia), l’espulsione è stata ritenuta non valida perché il M5s – a differenza di tutti gli altri gruppi parlamentari – non prevede il doppio grado nel procedimento sanzionatorio. “Noi – dice Vitali – abbiamo preso in esame un’ordinanza delle sezioni unite della Cassazione a seguito del ricorso fatto da un senatore espulso che si era rivolto al tribunale di Roma, il tribunale però si era dichiarato incompetente. Oggi abbiamo detto che la natura giuridica del gruppo parlamentare è assimilabile a quella di un’associazione privata e in quanto tale soggetta a dei principi previsti anche dalla Costituzione. L’espulsione in sé per sé era un atto regolare, quello che mancava era un grado di appello alla sanzione disciplinare”. In sostanza, secondo la posizione del Consiglio di garanzia, chi viene espulso deve poter fare un ricorso per dire se l’espulsione è corretta o meno. Il secondo motivo per cui l’espulsione è stata annullata è che “il gruppo parlamentare deve essere autonomo dal partito politico invece nel provvedimento che è stato fatto nei confronti degli ex 5s c’era un richiamo che diceva, ‘visto la determinazione del capo politico ti espello dal gruppo’. Questo è impossibile, non ci può essere invasione di campo. Per tutti questi motivi abbiamo dichiarato la nullità”.

Oltre a Lezzi e Lannutti, gli altri reintegrati nel gruppo M5s del Senato sono Rosa Silvana Abbate, Luisa Angrisani, Margherita Corrado e Fabio Di Micco. “Tutta questa vicenda mi lascia dentro una profonda amarezza – dice tra gli altri Abbate – perché dal primo momento non è stata valutata con serenità la nostra posizione. Sin da subito è stato chiaro che era stato un provvedimento affrettato e preso in pochi minuti”. “Da oggi faccio di nuovo parte del gruppo parlamentare del M5s – dichiara la senatrice Lezzi – ed osserverò principi e valori che mi hanno permesso di rivestire il ruolo di senatrice compresi quelli di non concedere la fiducia ad un governo Draghi ma di valutare i provvedimenti nel merito e concorrere all’approvazione solo se aderenti alle esigenze dei cittadini”. Stessa posizione di Lannutti: “Per me oggi è una giornata triste, non festeggio quelli che hanno massacrato il M5s, che si assunsero la decisione di espellerci dal Movimento. Certamente continuerò a non votare la fiducia al governo Draghi”. “Chi si è macchiato di questa colpa – continua – credo che dovrà fare ammenda. Hanno contribuito a uccidere l’ultima speranza rappresentata dal Movimento”.

Non pare però questo lo stato d’animo di Vito Crimi, che decise le espulsioni come capo politico reggente dei 5 Stelle. Si pente?, gli chiede l’agenzia AdnKronos. “Assolutamente no. Attendiamo le motivazioni, ma da quel che mi risulta sono solamente procedurali e non hanno alcuna attinenza né col merito né con la legittimità della decisione”. Quanto all’anticipazione di Lezzi e Lannutti sul voto contrario al governo Draghi Crimi ritiene “davvero assurdo politicamente, oltre che impraticabile per come è organizzato il Senato, che possano coesistere maggioranza e opposizione (non occasionale ma stabile) nello stesso gruppo parlamentare“. “L’adesione al gruppo parlamentare – spiega – prevede l’accettazione del Codice etico che prevede l’obbligo di conformarsi alle decisioni dell’assemblea degli iscritti cosa che i senatori non hanno fatto”. Insomma, sembra quasi che la vicenda si trasformi in un gioco dell’oca per cui potrebbe arrivare una nuova espulsione sempre per lo stesso motivo: in quel caso il M5s dovrà però tenere a mente i rilievi del Consiglio di garanzia del Senato.

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mercoledì 22 dicembre 2021

Draghi al Colle, la Lega scettica: “Preoccupati dall’instabilità”. Il M5S: “Senza un governo seri problemi”. E anche FI chiede di andare avanti

Chi l’ha presa peggio l’uscita del presidente del Consiglio Mario Draghi (“sono un nonno al servizio delle istituzioni“) che suona come una disponibilità a salire al Quirinale? Di sicuro la Lega. Dopo la conferenza stampa di fine anno, in cui il premier ha sottolineato che “l’azione di governo può proseguire al di là di chi lo guida, fonti del Carroccio da una parte confermano il “grande apprezzamento” per il lavoro dell’esecutivo, ma dall’altra esprimono “preoccupazione per eventuali cambiamenti che potrebbero creare instabilità“. D’altronde il segretario federale Matteo Salvini ripete da giorni che Draghi deve rimanere a Palazzo Chigi. Scettiche anche le reazioni che arrivano dal Movimento 5 Stelle: “C’è ancora tanto lavoro da fare: è appena stato rinnovato lo stato d’emergenza e i dati sui contagi preoccupano tutti gli italiani”, riferiscono alle agenzie alcune fonti grilline, sottolineando che “è importante che continui una guida capace di tenere insieme una maggioranza larga e composita. Pertanto il MoVimento 5 Stelle ritiene necessaria una continuità dell’azione di governo, per non lasciare i cittadini e le istituzioni in condizioni divacatio“, senza un governo, che comporterebbe seri problemi per tutti“. Tradotto, è meglio se il presidente del Consiglio non cambia.

Anche da Forza Italia – il cui fondatore, Silvio Berlusconi, aspira in modo esplicito al Quirinale – si confermano “la stima e il grande apprezzamento per il difficile lavoro che sta portando avanti il presidente del Consiglio, Mario Draghi”, con l’augurio “che l’azione del governo possa proseguire nei prossimi mesi con la necessaria continuità e la medesima energia”. Il Partito democratico, invece, sembra aver sposato subito la linea del premier, che in sostanza chiede per la propria successione un esecutivo in continuità con quello uscente, sostenuto da una maggioranza più larga possibile. “Condividiamo il giudizio positivo sul bilancio dell’anno di governo e anche l’auspicio che la legislatura vada avanti in continuità con l’azione di governo fino al suo termine naturale”, dettano fonti del Nazareno. Giusta e opportuna, aggiungono, la sottolineatura sulla crescente preoccupazione sulla situazione sanitaria. “Adesso per il Pd è momento di tenere alta la guardia e rendere ancora più stringenti le misure per contenere la pandemia. Noi siamo pronti a sostenere con forza tutti gli interventi che il governo intende predisporre”. Mentre Giorgia Meloni, mettendoci la faccia, scrive in una nota che “più che una conferenza di fine anno, quella di Draghi è sembrata una conferenza di fine mandato. Dal premier due ore e mezza di autocelebrazioni: dice tra le righe che i suoi obiettivi sono stati raggiunti ma questo non ci risulta da nessuna evidenza”.

A esprimersi per “fonti” è anche il gruppo parlamentare di Liberi e Uguali, che diversamente dal Pd sembra non caldeggiare l’ipotesi di un cambio di governo. “Fonti di LeU esprimono pieno apprezzamento e condivisione per le parole del premier sull’esigenza di proseguire nell’esperienza di governo con l’obiettivo di continuare a tutelare la salute degli italiani e favorire una ripresa economica più inclusiva e improntata alla riduzione delle diseguaglianze sociali e territoriali”, riportano le agenzie. “Appare evidente che il raggiungimento di questi risultati – viene sottolineato – verrebbe inevitabilmente messo in discussione da una fase di incertezza istituzionale che alterasse gli attuali delicati equilibri di governo e di maggioranza”. Mentre Carlo Calenda, il leader di Azione, twitta di un “Draghi davvero in splendida forma”, con “alcuni passaggi già da presidente della Repubblica”. Ma anche lui spera che l’ex banchiere non cambi ruolo: “Solo con un impegno forte e unitario dei partiti e l’assicurazione di un sostegno convinto per un ambizioso patto di fine legislatura, riusciremo a tenere Draghi alla guida del governo”.

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giovedì 16 dicembre 2021

Intercettazioni Open, Conte: “Voto M5s? Nessun dissidio nel Movimento, rimaniamo contro privilegi dei politici”

“Il mio post di ieri sera è assolutamente in linea con quelli che sono i principi e i valori del Movimento 5 Stelle su cui non possiamo negoziare alcunché.
Siamo sempre convinti che i politici non debbano avere privilegi, al pari degli cittadini comuni, anzi forse hanno qualche obbligo in più rispondere in piena trasparenza difendersi nei processi e non dai processi”. Il presidente del M5S Giuseppe Conte, arrivando all’assemblea annuale di Coldiretti, torna nuovamente sul voto in Giunta per le immunità e autorizzazioni del Senato, nel quale gli esponenti M5s si sono astenuti rispetti alla proposta della relatrice di Forza Italia di proporre un conflitto di attribuzione dinnanzi alla Corte Costituzionale nei confronti dell’autorità giudiziaria che ha indagato nell’inchiesta Open, tra gli altri, sul senatore Matteo Renzi. “Non c’è stato dissidio nel Movimento. Quella è stata una votazione improvvisa mentre ancora si chiedeva di acquisire tutti i decreti del Tribunale, quindi c’è stata un’astensione tecnica – ha ribadito – perché non si poteva valutare nel merito ma non è. He i nostri principi son cambiati”

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mercoledì 15 dicembre 2021

Open, col voto in Giunta non si è voluto salvare Renzi ma rispettare la Costituzione

La bellezza della nostra Costituzione, utilizzata spesso a piacimento ma dimenticata quando non piace. Per buona pace del populismo giustizialista grillino, la Costituzione rimane sempre al suo posto ad indicare i principi di civiltà giuridica. Dispiace che ancora una volta questa inciviltà grillina abbia contagiato la ditta del fu Pd.

La Giunta di competenza del Senato ieri mattina ha ripreso l’esame della documentazione fatta pervenire dal senatore Matteo Renzi in relazione ad un procedimento penale pendente nei suoi confronti presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze. Vicenda “Open”.

Questo il comunicato della Giunta di ieri: “Dopo gli interventi dei senatori Grasso, Malan, Ginetti, Rossomando, la Giunta ha approvato, a maggioranza, la proposta avanzata dalla relatrice, senatrice Modena, volta a proporre all’Assemblea l’attivazione nei confronti della competente autorità giudiziaria di un conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale, atteso che il sequestro della posta elettronica e in particolare delle quattro mail dell’agosto 2019, dei messaggi Whatsapp mandati dal senatore Renzi quando era in carica ed altresì dell’estratto conto inviato dalla banca al senatore relativo all’intero periodo 2018-2020 non è stato mai autorizzato dal Senato, al quale l’autorità giudiziaria avrebbe dovuto rivolgere preventivamente una richiesta di autorizzazione”. Questi i fatti oggettivi.

Il Pd e il Movimento 5Stelle si sono astenuti. Già questo semplice voto di astensione dimostra, a mio avviso, l’inciviltà giuridica precostituita dei reduci grillini e del rimasto Pd. In questo caso, infatti, non si doveva decidere una questione politica o di merito, ma semplicemente il rispetto dell’art. 68 della nostra Costituzione, il quale recita: “I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni. Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza. Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza”.

Come ha già detto Matteo Renzi, qui, non si vuole evitare un processo di per sé assurdo e già fatto tra l’altro sui giornali, ma dimostrare ancora una volta la violazione della Costituzione e delle norme processuali da parte dei pm che indagano il senatore. Tutti elementi oggettivi. Tale questione non potrà mai ripagare Renzi per tutto il fango gettato gratuitamente ed illecitamente ma serve e deve servire per dimostrare e ricordare che la Costituzione e le norme devono essere rispettate anche dai pm.

I magistrati inquirenti devono sottostare alla nostra Carta fondamentale. Troppo spesso – a mio avviso – vanno oltre le proprie prerogative i propri poteri senza mai risponderne. E merita evidenziare che lo stesso pm Antonino Nastasi è protagonista in questi giorni per altre presunte gravissime violazioni e/o reati. Infatti, nell’ultima testimonianza resa del colonnello Pasquale Aglieco, davanti alla Commissione parlamentare istituita nel marzo scorso per far luce sulla tragedia relativa alla morte sospetta di David Rossi, sono emersi scenari inquietanti per i quali si potrebbero ipotizzare, secondo quanto filtra dai vertici della Procura, i reati di favoreggiamento, omissione d’atti d’ufficio e falso. L’ex comandante provinciale dei carabinieri di Siena, ha riferito in audizione che i pm Nastasi, Marini e Natalini, sarebbero entrati prima della polizia scientifica nell’ufficio di Rossi e avrebbero toccato il suo pc, rovesciato il contenuto del cestino sulla scrivania, chiuso la finestra e risposto al cellulare di Rossi (secondo Aglieco lo avrebbe fatto il pm Nastasi).

Insomma, questioni che meritano essere approfondite e non lasciano tranquilli per come vengono affrontate le indagini.

Un punto fermo però deve rimanere: il rispetto della legge deve valere per tutti, anche e soprattutto per i magistrati. Su questo si combatte la vera battaglia di civiltà giuridica. Per questo il Pd che si definiva garantista e riformista sta completamente naufragando per seguire un matrimonio populista-giustizialista alternato e a convenienza di Giuseppe Conte e del mondo grillino rimasto.

Ma non basta: i giustizialisti e odiatori seriali ieri si sono incazzati con i grillini per l’astensione. Non bastava l’astensione, bisognava votare contro Renzi a prescindere. Per tale motivo Giuseppe Conte è corso ai ripari dichiarando: “E’ stata un’astensione tecnica, perché mancavano decreti vari del tribunale. Il fascicolo, a detta dei parlamentari, era incompleto: di qui l’astensione, che significa non entrare nel merito. Posso preannunciare che in Aula potremo esprimere pienamente un voto politico contrario a che questo conflitto arrivi alla Corte costituzionale”.

Tali dichiarazioni dimostrano ancora una volta la gravità e l’inciviltà giuridica di Conte, che è passato da Avvocato del Popolo (mai stato) ad Avvocato Populista- giustizialista. Un ossimoro di persona. Votare politicamente contro Renzi su una questione oggettiva credo renda definitivamente palese l’inutilità politica di Conte. Ma non mi sorprendo: un Movimento 5Stelle che nella realtà non esiste più; un Conte che si atteggia a leader solo di se stesso sconfessato più volte da Grillo e dagli stessi parlamentari grillini; un Conte tenuto in piedi e legittimato da un altro leader senza consenso e polso, ossia Enrico Letta; un Pd alla deriva che vive di silenzi e paure.

La realtà è che il Movimento e il Pd non esistono più. Esistono Conte e Letta che cercano di sopravvivere e che non rappresentano nessun valore riformista e democratico. Non hanno una linea, non hanno un vero progetto, fatto tutto e il contrario di tutto. Si nascondono dalle vere problematiche ed escono fuori solo quando devono dire qualcosa contro Renzi. Politicamente piccoli e umanamente deplorevoli.

Ma stiano sereni: il meglio deve ancora venire.

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martedì 14 dicembre 2021

Intercettazioni Open, la Giunta del Senato vota a favore di Renzi. Trionfa l’asse centrodestra-Italia Viva, solo 2 contrari. M5s-Pd: non ci hanno messo in condizione di decidere

La Giunta per le immunità del Senato ha approvato la relazione della senatrice Fiammetta Modena (Forza Italia) che nella seduta del 16 novembre aveva concluso per “l’opportunità che la Giunta proponga all’Assemblea la proposizione nei confronti della competente autorità giudiziaria di un conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale” rispetto al caso Renzi-Open. A favore si è espresso tutto il centrodestra insieme a Italia viva (14 senatori), mentre i quattro membri di Pd e Movimento 5 stelle si sono astenuti, sostenendo di non essere stati messi nelle condizioni di studiare il dossier. Contrari soltanto in due, l’ex M5s Gregorio De Falco (ora nel gruppo Misto) e il senatore di Liberi e uguali Pietro Grasso. L’Aula di Palazzo Madama si esprimerà probabilmente a marzo 2022. Nella stessa seduta, con 12 voti contro 7, l’asse centrodestra-renziani ha respinto anche la richiesta del gip di Napoli Nord di sottoporre agli arresti domiciliari il senatore Luigi Cesaro, indagato per concorso esterno in associazione mafiosa.

La versione di Renzi – Il 7 ottobre scorso Renzi si era rivolto per lettera alla presidente dell’assemblea Elisabetta Casellati chiedendo di tutelare le proprie “prerogative costituzionali” che considera violate dai pm di Firenze che lo indagano per finanziamento illecito ai partiti: secondo l’ex premier, che ha deposto davanti alla Giunta nella seduta del 24 novembre, i magistrati avrebbero dovuto chiedere l’autorizzazione preventiva al Senato per sequestrare la corrispondenza telematica di altre persone (non coperte dall’immunità parlamentare) che hanno avuto scambi con lui. In particolare Renzi ha citato le chat Whatsapp con l’imprenditore Vincenzo Manes nel giugno 2018 (in cui si parla del volo Roma-Washington da 135mila euro pagati dalla fondazione Open), quattro mail scambiate con Marco Carrai nell’agosto 2019 e il proprio estratto conto bancario acquisito dai pm, che l’ex premier paragona a corrispondenza con l’istituto di credito. Renzi sostiene che il sequestro della corrispondenza a Manes e Carrai fosse un modo indiretto per intercettare lui: una tesi sposata dalla senatrice Modena, che nella relazione ha scritto che il sequestro “non è stato mai autorizzato dal Senato, al quale l’autorità giudiziaria avrebbe dovuto rivolgere preventivamente una richiesta di autorizzazione”.

Respinta la pregiudiziale di Pietro Grasso (Leu)… – Prima di approvare la relazione Modena, la Giunta aveva respinto una nuova questione pregiudiziale sollevata da Grasso. L’ex presidente del Senato sosteneva che la Giunta non fosse competente a esprimersi sull’istanza del leader di Italia viva perché la legge prevede un’interlocuzione tra l’organo e il gip, mentre in questa fase gli atti d’indagine sono stati compiuti soltanto dai pm, Luca Turco e Antonino Nastasi, “senza alcun provvedimento da parte del giudice per le indagini preliminari sui profili in questione”. Grasso, pur non escludendo “che possa essere attivato un conflitto una volta che il Giudice per le indagini preliminari avrà emesso la propria ordinanza in ordine al mezzo di prova in questione”, ricordava che “attualmente si versa ancora in una fasepreliminare“, nella quale non è ancora attivabile la competenza della Giunta e del Senato”.

…e quella di Anna Rossomando (Pd) – L’organo ha respinto anche una pregiudiziale istruttoria della senatrice del Pd Anna Rossomando che chiedeva l’acquisizione di ulteriori atti: i verbali relativi alle perquisizioni presso terzi nel corso delle quali sono state sequestrate mail e i messaggi, nonché i verbali e gli atti relativi al sequestro stesso. “Senza tali indispensabili elementi conoscitivi – aveva sostenuto – l’istruttoria della Giunta sarebbe assolutamente incompleta e inadeguata, atteso che i profili di complessità del caso in questione sono evidenti. Occorre capire se sia stato scaricato tutto il contenuto dal cellulare, oppure se ci sia stata una ricerca con delle “parole-chiave” come sostenuto dal senatore Renzi nel corso dell’audizione” per avvalorare la tesi dell’intercettazione indiretta. “Inoltre – aggiungeva Rossomando – occorre comprendere se le mail ed i messaggi siano stati sequestrati attraverso perquisizioni effettuate in locali nella esclusiva disponibilità di terzi o, viceversa, in locali nella disponibilità del senatore”.

Nella prima seduta, lo scorso 16 novembre, Pietro Grasso aveva posto un’ulteriore questione pregiudiziale, sostenendo che Renzi, in base alla legge, avrebbe potuto rivolgersi al Senato “solo rispetto alla prerogativa dell’insindacabilità delle opinioni espresse di cui all’articolo 68, primo comma, della Costituzione. Invece, rispetto alle prerogative di cui al secondo e terzo comma (l’immunità da intercettazioni e sequestro di corrispondenza, ndr) l’attivazione del procedimento parlamentare spetta esclusivamente all’autorità giudiziaria, che ha l’onere di chiedere l’autorizzazione a procedere”. Anche questa pregiudiziale era stata bocciata dall’organo, con quello che Grasso aveva definito al fatto.it un atto di “dispregio della legge”.

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Navigator, blitz del governo che li rinnova solo per scaricarli alle Regioni. Delegazione a Roma: “Così finiamo dalla padella alla brace”

L’emendamento al decreto Recovery è stato già ribattezzato “salva navigator”. Eppure sono proprio i diretti interessati a non sentirsi tranquilli. Anzi, lo considerano “una presa in giro”. E una loro delegazione si è data appuntamento oggi di fronte al ministero del Lavoro e alle prefetture di molti capoluoghi per chiedere che la proroga di sei mesi al loro contratto contenga le necessarie garanzie professionali e occupazionali. “Da Anpal passiamo alle Regioni, alle quali l’emendamento concede una discrezionalità che non ci dà certezze, soprattutto in regioni da sempre critiche nei nostri confronti”, rilancia la navigator campana Ilenia De Coro, presente a Roma. E tocca un punto ribadito anche da Cgil, Cisl e Uil nei rispettivi comunicati. “Solo rassicurazioni e la promessa di interloquire con il ministro Orlando, ma nessuna risposta: le motivazioni di questa piazza non si spostano”, ha riferito il segretario della Nidil Cgil Silvia Simoncini all’uscita dalla Camera, dove insieme alla Uiltemp e a una delegazione di navigator ha incontrato alcuni parlamentari del Pd. Ulteriori modifiche in commissione Bilancio alla Camera sono ancora possibili, e il M5s ha presentato oggi una modifica all’emendamento per inserire garanzie là dove mancano. Ma il tempo stringe: il 31 dicembre il contratto dei navigator scade definitivamente, e dopo i lavori in commissione alla Camera, il decreto deve ancora passare dal Senato.

Tutti convinti che il loro destino si sarebbe deciso al Senato, dove è in corso l’esame della legge di Bilancio e dove la solidarietà espressa ai navigator da più parti si è tradotta in alcuni emendamenti al testo governativo, a partire dal rinnovo del loro contratto. Invece i lavori del Senato sembrano essersi già trasformati in uno sterile confronto tra anime belle. È bastato un emendamento al decreto Recovery, un fulmine a ciel sereno caduto sull’altro ramo del Parlamento, in commissione Bilancio alla Camera. Una modifica presentata dagli stessi relatori del decreto, “e quindi un testo concordato col governo se non addirittura dettato direttamente dal ministero per accelerare e lavarsi definitivamente le mani della questione navigator”, spiegano alcuni deputati che preferiscono restare anonimi in attesa che il decreto concluda l’iter in commissione. Insomma, un dribbling del governo che si riappropria della palla, ma solo per poterla lanciare nel campo delle Regioni, alle quali l’emendamento intende affidare la proroga dei contratti dei navigator. “Così passiamo dalla padella alla brace”, è l’amaro commento di Ilenia De Coro, giunta stamattina da Napoli per protestare davanti al ministero. “Un passaggio di mano, da Anpal alle Regioni, lasciando a queste di decidere se e come utilizzarci, senza alcuna garanzia sul piano professionale né sul futuro occupazionale”. Che la proroga nasconda la definitiva disarticolazione della neonata categoria di lavoratori, partorita dal primo governo Conte e divenuta in poco tempo l’ennesima Cenerentola d’Italia, è quanto scrivono anche i sindacati. “Ora si rischia di generare soluzioni disomogenee sul territorio nazionale”, si legge nei comunicati. E ancora: “Nell’emendamento non viene individuato alcun percorso di valorizzazione delle professionalità acquisite da questi lavoratori”. Con buona pace di quanti si sono spesi perché la formazione e l’esperienza acquisita dai navigator non venisse buttata al vento. Una su tutti, la sociologa Chiara Saraceno, che lo stesso premier Mario Draghi ha voluto alla guida del comitato scientifico per la riforma del Reddito di cittadinanza, salvo poi non raccogliere nemmeno una delle raccomandazioni partorite dal comitato stesso.

E così l’Italia si avvia all’ennesimo spreco di risorse e alla dispersione di qualche migliaio di giovani laureati, arruolati tra i precari della pubblica amministrazione e già abbandonati al loro destino, o meglio alle Regioni che fin dall’inizio li hanno osteggiati. Da qui l’appello rivolto al ministro Andrea Orlando dai navigator, perché mantenga a livello centrale la regia dell’operazione che li riguarda. “Il destino della categoria deve essere unico: tutti o nessuno”, riflette la navigator De Coro. Al contrario, l’emendamento governativo non prevede garanzie nemmeno sul fronte di un’eventuale, futura stabilizzazione della categoria. “Aggiunge semplicemente questi lavoratori ad un elenco lunghissimo di soggetti destinatari dello stesso titolo preferenziale”, scrivono i sindacati. Insomma, quando scadrà l’ennesima proroga, iscrivetevi ai concorsi regionali e chi si è visto, s’è visto. Ma non corriamo troppo, perché i guai potrebbero essere già dietro l’angolo. “Se cosa fare di noi lo decideranno le singole regioni, per chi come me viene dalla Campania di Vincenzo De Luca l’orizzonte è cupo”, aggiunge De Coro, ricordando come nella sua regione i navigator sono partiti in forte ritardo proprio a causa della contrarietà del governatore alla loro missione. “E anche in Veneto c’è da temere il peggio, visto che l’assessorato al Lavoro di Zaia è sempre stato tra i più duri nei nostri confronti”.

Ormai il tempo stringe e il contratto sta per scadere. Le delegazioni di sindacati e navigator accolte in Parlamento e al ministero del Lavoro non hanno portato a casa nulla, o quasi. “Il ministero si è detto disponibile a ulteriori modifiche per garantire una corsia preferenziale alla categoria nei concorsi pubblici”, ha riferito la delegazione. Parole. Mentre il passaggio alle regioni è ormai scontato. Anzi, per il ministero si tratta di un “passaggio fisiologico”. Il decreto e l’emendamento in questione rimarranno alla Camera ancora un paio di giorni, e il M5s conta di poter inserire modifiche che garantiscano maggiormente i navigator sul piano professionale e occupazionale. Ma si tratta di mettere d’accordo tutti: ministero, regioni, funzione pubblica, ragioneria dello Stato, nonché i gruppi parlamentari. Gli unici ai quali non sembra si debba badare troppo sono i navigator, dei quali tra poche settimane, in un modo o nell’altro, la politica nazionale sarà finalmente riuscita a disfarsi per sempre.

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sabato 11 dicembre 2021

Il voto per il Colle passa dalle suppletive: dopo il no di Conte, il Pd punta su D’Elia. Calenda: ‘Non si confrontano, il campo largo non esiste’

La corsa per il Quirinale, ma pure le strategie in vista delle prossime politiche, passano da Roma. Non solo a livello metaforico visto che si tratta delle elezioni suppletive per il seggio lasciato libero alla Camera da Roberto Gualtieri. A Roma 1, collegio in cui storicamente il Pd ha un buon successo, Enrico Letta avrebbe voluto candidare Giuseppe Conte. Il leader dei 5 stelle, però, ha preferito declinare. E adesso il Pd ha deciso di puntare su Cecilia D’Elia, presidente della conferenza delle donne dem. La proposta è stata approvata per acclamazione all’unanimità da parte della direzione del partito, dopo la proposta del segretario Andrea Casu. “Ringrazio il partito romano. Sento emozione e responsabilità”, ha detto D’Elia.

A questo giro, però, le suppletive di Roma centro non sono un’elezione isolata ma s’inseriscono all’interno di un complesso risiko politico. Dopo pochi giorni dal voto per il seggio della Capitale (previsto per il 16 gennaio), infatti, ci sarà da eleggere il presidente della Repubblica. Un passaggio delicatissimo quello sul Colle, visto che questa volta influenzerà il seguito della legislatura, rischiando di provocare anche il ritorno alle urne con un anno di anticipo. Ecco perché l’elezione del presidente della Repubblica rischia di avere un riflesso anche sul tipo di coalizioni che si presenteranno alle prossime politiche.

Un puzzle delicato che comincia proprio dal seggio da deputato del centro di Roma. E’ anche per questo motivo che Carlo Calenda e Matteo Renzi hanno attaccato a testa bassa l’ipotesi di una candidatura di Conte a Roma 1, che avrebbe avuto come effetto quello di rinsaldare i rapporti tra 5 stelle e Pd. Dopo che l’ex premier ha declinato la proposta di Letta, però, il leader di Azione e quello di Italia viva hanno cambiato strategia. Il partito di Renzi sta ragionando sul nome di Elena Bonetti, ministra della Pari opportunità. Calenda, invece, ha ritirato la sua candidata, proprio con l’obiettivo di aprire al Pd e provare ad allontanare i 5 stelle. “Il Pd potrebbe candidare Cecilia D’Elia, Italia Viva Elena Bonetti, noi abbiamo raccolto le firme per Valentina Grippo. Tre donne di grande valore. Andare così vorrebbe dire essere tutti sconfitti. Abbiamo deciso di ritirare la nostra candidatura come gesto di responsabilità”, ha scritto su Twitter l’europarlamentare. Che, però, non ha poi preso bene la scelta dei dem, che hanno praticamente ignorato la sua apertura: “Dopo il disastro della pseudocandidatura Conte e di fronte alla disponibilità di ritirare la nostra candidata, il Pd decide di andare avanti senza confronti. Abbiamo cercato un punto d’incontro per l’ultima volta. Il campo largo non esiste. Non evocatelo più”, ha scritto su twitter, taggando direttamente Letta.

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venerdì 10 dicembre 2021

M5s, Conte: “La regola dei due mandati è intuizione rivoluzionaria. Quirinale? Non escludo che gli iscritti voteranno online”

La regola del limite dei due mandati è “un’intuizione rivoluzionaria” ma se mantenerla o meno lo deciderà la comunità del M5s, compreso il voto degli iscritti. A dirlo è il leader del M5s Giuseppe Conte, ospite di AdnKronos Live, una lunga intervista nella quale ha toccato tutti i temi di attualità stringente, inclusa l’elezione del presidente della Repubblica, sulla quale l’ex premier ribadisce lo scetticismo sull’eventuale orientamento sul nome del presidente del Consiglio Mario Draghi, ritenuto “elemento di equilibrio del governo”. L’altra certezza è che Silvio Berlusconi non sarà votato dai 5 Stelle, anche se nei confronti del leader di Forza Italia Conte usa il fair play e i toni soft già registrati nei giorni scorsi.

M5s e regola dei due mandati
La strada per arrivare a una decisione sul mantenimento della regola d’oro del limite dei due mandati è ancora lunga, fa capire Conte: “Ci faccia aprire la discussione, ora tra legge bilancio, elezione del Presidente della Repubblica e altri impegni…. Quando saremo sgombri da queste urgenze ci metteremo insieme e rifletteremo come comunità del M5s, e come sempre atterreremo al voto offrendo alternative agli iscritti”. Ma lui quella regola la vorrebbe mantenere? “La mia idea la maturerò nel confronto interno – risponde – voglio prima ascoltare loro, prima di dire Giuseppe Conte cosa pensa. Ma, al di là di questo, credo che quella regola nasca da un’intuizione che per me è rivoluzionaria, e cioè che la politica non deve diventare un mestiere. Se è un servizio, allora non può essere permanente. Poi per carità, della durata si può discutere, quindi non voglio entrare nel merito se” la regola del massimo “due mandati sia giusta o meno, ma l’intuizione è stata forte e giusta. Poi chiaramente troveremo una soluzione, la voteremo e sarà anche quello un grande esercizio di democrazia“. Quanto al rapporto con Grillo, che ascolta “costantemente”, precisa: “Ci tengo molto a questo. Ci tengo molto a trovare una modalità per diffondere ancora di più il nostro messaggio anche attraverso canali non ufficiali… E credo che i canali che appartengono a Beppe, frutto del suo lavoro di tanti anni, siano il naturale strumento per diffondere il nostro messaggio politico. Il suo blog è quello più compatibile con i valori e i principi del Movimento. Ci sto lavorando, per trovare una formula che sia quanto più efficace possibile, nel reciproco interesse”.

Quirinale, Draghi, Berlusconi
Sul Quirinale Conte “non esclude” un “passaggio sulla rete, on line” con gli iscritti M5s per la scelta del candidato alla presidenza della Repubblica. A questo proposito racconta che “con Matteo Salvini e Giorgia Meloni “ci incontriamo, ci siamo incontrati anche oggi all’assemblea del Cna, io, nei giorni scorsi, ho accolto l’invito di Meloni ad Atreju, ci si incontra e abbiamo un dialogo come è normale che sia”. Sulla partita del Quirinale, “adesso c’è la legge di bilancio che assorbe il nostro impegno, le nostre energie, ma subito dopo l’approvazione della manovra, essendo il leader della forza di maggioranza relativa, avverto la responsabilità per primo di coinvolgerli in un dialogo” sul Colle, un invito al confronto “di cui mi farò sicuramente premura”.

Conte mantiene i suoi dubbi su un eventuale “trasferimento” di Draghi da Palazzo Chigi al Quirinale: “E’ una questione che va valutata in tutte le implicazioni. Questa operazione non è una cosa” che avverrebbe “del tutto senza conseguenze”. C’è un rischio di tenuta della maggioranza? “Sicuramente Draghi – replica Conte – con il suo prestigio contribuisce a dare un equilibrio di governo alle forze politiche attualmente. Quindi pensare che sia indolore uno spostamento del genere non credo sia nell’ordine delle cose e mi fermo qui”.

Non sarà Berlusconi il candidato che il M5s voterà al Quirinale, comunque. “Io non sono una persona che gioca sulle ambiguità – dice il leader del M5s – Berlusconi non sarà il nostro candidato al Colle perché abbiamo delle visioni diverse per quello che sarà la persona in grado di rappresentare tutti gli italiani, o possa raccogliere il più ampio consenso possibile. Rispetto Berlusconi, ma con altrettanta chiarezza, non sarà votato da noi”. L’ultima volta che l’ha sentito, per altro, aggiunge, è stato 6 mesi fa. “Non ho mai demonizzato in passato Berlusconi, io ho sempre pensato che il conflitto di interessi gli abbia nuociuto”.

Le offerte dalle multinazionali e il rifiuto per non mischiare affari e politica
Conte è tornato sulla sua uscita sulla sua retribuzione raccontando un aneddoto che rimanda a un parallelo sul suo principale “antagonista”, il suo predecessore Matteo Renzi: “Quando ho assunto l’incarico da presidente del Consiglio – spiega – ho tracciato una linea e liquidato tutte le pendenze: la carica era incompatibile, non ho più svolto attività. Quando ho lasciato la carica” da premier “non c’è stato subito l’impegno alla guida del M5S, ci sono stati dei mesi” di vuoto “e devo dire che, subito dopo l’incarico” a Palazzo Chigi “ho avuto proposte molto vantaggiose economicamente, anche da multinazionali, e avrei potuto accettarle perché, in quel momento, non avevo una prospettiva concreta. Tuttavia ho preferito declinarle, perché una volta dichiarato ‘io ci sono e ci sarò'”, a poche ore dalla caduta del suo governo, “predisponendomi ad assumere un incarico di carattere politico, pur non essendo incompatibile, ho preferito non mischiare affari e politica“. Assumere quegli incarichi “un domani avrebbe potuto, anche solo per l’apparenza, far dubitare del mio operato e sul fatto che sono qui a difendere non i miei interessi personali ma gli interessi dei cittadini”.

Centrosinistra, Renzi e Calenda
Infine la questione delle alleanze e di eventuali accordi per il “campo largo” che significa una coalizione che arriva fino ad Azione e Italia Viva. “Io non ho fatto lite con Renzi, semplicemente basti leggere le loro uscite… – dichiara Conte – Renzi e Calenda sono degli interlocutori politici che non hanno nessun senso di responsabilità e consapevolezza, innanzitutto, di rispettare non solo Giuseppe Conte, ma un Movimento che ha preso oltre il 30 per cento dei voti degli italiani, la prima forza in Parlamento. Sono, ripeto, atteggiamenti sguaiati. Come si può ragionare con degli interlocutori politici che hanno l’obiettivo di distruggere una forza politica che è la prima forza del Parlamento… Non c’è prospettiva politica, tutto qui. Io, se c’è da perseguire gli interessi degli italiani, parlo con chiunque, sono disposto a compromessi, naturalmente sono disposto a compromessi nobili, non miserabili…”.

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Riorganizzazione M5s, la base approva la nomina dei 5 vicepresidenti e la nascita dei 17 comitati politici. Conte: “Il 90% a favore”

Gli iscritti M5s hanno ratificato una delle ultime fasi della riorganizzazione del Movimento proposta da Giuseppe Conte. I cinque vicepresidenti scelti dall’ex premier hanno ottenuto l’approvazione con 25.061 sì e 3261 no. E quindi, da oggi, la segreteria è ufficialmente composta da Michele Gubitosa, Riccardo Ricciardi, Paola Taverna, Alessandra Todde e Mario Turco. I militanti hanno anche approvato la composizione dei quattro Comitati previsti dallo Statuto e dei 13 facoltativi. I voti favorevoli ai comitati sono stati tutti superiori alle 25mila unità, tranne il Comitato per gli Enti locali, che ha ricevuto 23.214 sì e 5.108 no. La partecipazione elettorale rimane molto bassa: gli aventi diritto al voto sono 131.760. Nella scorsa consultazione sull’accesso al 2xmille e sulla destinazione dei fondi avevano votato 33.967 iscritti.

“La nostra base si è espressa con alte percentuali, con una media che sfiora il 90%, a favore della nuova organizzazione del Movimento. Partiamo con entusiasmo a sostegno dell’Italia”, ha commentato Giuseppe Conte commentando il voto on line. Poco dopo ha parlato anche il ministro degli Esteri Luigi Di Maio: “Congratulazioni e in bocca al lupo ai colleghi del MoVimento 5 Stelle eletti nei Comitati politici previsti dallo Statuto, e ai cinque vice presidenti. Il nostro impegno prosegue, anche grazie a strumenti nuovi e a persone che lo porteranno avanti – ne sono certo – con la massima dedizione. Un ringraziamento agli iscritti per avere, ancora una volta, partecipato attivamente a momenti centrali della vita politica del MoVimento”.

Mentre Paola Taverna, vicepresidente vicaria, ha commentato su Facebook rilanciando una foto che ritrae tutti e cinque i vice insieme al leader Conte: “Nel percorso di rinnovamento e riorganizzazione che stiamo facendo insieme al presidente del Movimento 5 Stelle, oggi si compie un’altra tappa fondamentale”, si legge nel post. “Non è un semplice passaggio formale: è il richiamo a quella partecipazione che ci distingue dalle altre forze politiche. Ed è soprattutto un’occasione per cementare l’unità della grande comunità del Movimento 5 stelle, fatta di cittadini che sul territorio rappresentano i valori e l’impegno che noi portavoce portiamo nelle Istituzioni. Abbiamo raggiunto molti risultati in questi anni, di cui andiamo fieri, perché hanno contribuito a riavvicinare la politica alla gente e soprattutto ci hanno permesso di dare la giusta considerazione a chi a lungo è stato dimenticato”.

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giovedì 9 dicembre 2021

M5s, Crippa rieletto capogruppo alla Camera al primo turno con 131 voti su 147. Lo sfidante Tofalo si era ritirato

Davide Crippa è stato rieletto capogruppo alla Camera al primo turno. Il direttivo presentato dal presidente uscente, unico candidato in corsa, ha raccolto 131 voti su 147. 18 le schede bianche, 3 le nulle. La conferma del deputato alla guida del direttivo M5s di Montecitorio segna un passaggio importante nelle dinamiche interne dei 5 stelle: proprio Giuseppe Conte nelle scorse settimane aveva incentivato e spinto per un rinnovo, ma sia al Senato che alla Camera non sono mancate le resistenze. Se a Palazzo Madama si è arrivati al ritiro del candidato Ettore Licheri, considerato vicino all’ex premier, in favore della sfidante Castellone, a Montecitorio le cose sono andate più o meno allo stesso modo. Qui a fare un passo indietro è stato l’ex sottosegretario Angelo Tofalo che avrebbe corso in quota Conte: per evitare ulteriori spaccature, si è scelto di convergere sul nome del capogruppo uscente.

Subito dopo l’elezione, il presidente del M5s si è recato personalmente alla Camera, per congratularsi e ha assicurato che la squadra è compatta. “L’affluenza e l’esito finale testimoniano la compattezza dell’intero Gruppo”, ha detto respingendo le accuse di tensioni interne. “Questo ci permette di affrontare più forti e coesi l’appuntamento che riguarda la scelta del nuovo presidente della Repubblica e le sfide che ci attendono da qui alla fine della legislatura”. Se i vertici M5s smentiscono divisioni, negli ultimi tempi Crippa era stato identificato come il nome più apprezzato sia da Beppe Grillo che da Luigi Di Maio. Quest’ultimo è stato il primo a congratularsi con il collega: “Auguri di buon lavoro. Sono certo che continuerà a presiedere il gruppo del MoVimento 5 Stelle a Montecitorio con grande senso di responsabilità Sono sicuro, inoltre, che Davide continuerà a portare avanti con determinazione, fino al termine della legislatura, le proposte M5s”.

La squadra di Crippa che è stata eletta è composta da: Alessandra Carbonaro, vicepresidente vicaria; Francesca Galizia tesoriere; Maria Soave Alemanno, Elisa Tripodi e Nicola Provenza come segretari d’Aula. “Ringrazio di cuore i colleghi del gruppo parlamentare che mi hanno rinnovato la loro fiducia, confermandomi nel ruolo di capogruppo”, ha dichiarato Crippa dopo il voto. “Il nuovo direttivo, ancora più che in passato, rappresenterà tutte le istanze e tutte le anime del Movimento alla Camera dei deputati, in piena sintonia col nuovo corso avviato insieme a Giuseppe Conte”.

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Riorganizzazione del M5s, gli iscritti al voto per approvare la nomina dei 5 vicepresidenti e la formazione di 17 comitati politici

È in corso sulla piattaforma SkyVote la consultazione online della base M5s per ratificare le nomine dei cinque vicepresidenti del Movimento 5 stelle e i nuovi Comitati politici formati dal presidente Giuseppe Conte. L’assemblea degli iscritti è convocata dalle ore 12.00 del 9 dicembre alle ore 12.00 di domani venerdì 10. Accedendo alla piattaforma informatica di voto, si legge sul sito 5 Stelle, gli iscritti aventi diritto potranno votare: “a favore o contro la proposta di nomina dei Vicepresidenti, unitariamente, e a favore o contro la proposta di elezione dei componenti dei Comitati previsti dallo Statuto, unitariamente per ciascun Comitato; a favore o contro la istituzione dei Comitati previsti dallo Statuto in via facoltativa e dei relativi componenti, unitariamente per ciascun Comitato”.

I nomi dei 5 vicepresidenti scelti da Conte per far parte della sua segreteria sono stati annunciati il 21 ottobre scorso, durante un’assemblea congiunta dei parlamentari. Il voto di ratifica della base è stato poi rinviato più volte, fino ad arrivare alla consultazione di queste ore. Per quanto riguarda i comitati invece, i nominativi proposti sono stati annunciati nei giorni scorsi. In totale sono 17: oltre ai quattro già previsti dallo Statuto (Comitato nazionale progetti, Comitato per la formazione e l’aggiornamento, Comitato per i rapporti europei e internazionali, Comitato per i rapporti territoriali) gli iscritti al M5s sono chiamati a votare l’istituzione di 13 nuovi Comitati: Comitato per la salute, Comitato per le politiche del lavoro, Comitato per la legalità e la giustizia, Comitato per l’economia e la finanza, Comitato per la sicurezza, Comitato per l’inclusione sociale, Comitato per l’istruzione e la cultura, Comitato per la transizione digitale, Comitato per la transizione ecologica, Comitato per le politiche di genere e per i diritti civili, Comitato per gli enti locali, Comitato per le politiche giovanili, Comitato per le infrastrutture e la mobilità sostenibile. L’Assemblea delibera, per ciascuna votazione, “con la maggioranza dei voti espressi, quale che sia il numero degli iscritti aventi diritto di voto partecipanti alla votazione”.

Sui 17 organismi creati, soltanto 4 esponenti M5s avranno un posto nel prossimo Consiglio nazionale. Si tratta del coordinatore del Comitato nazionale progetti, affidato a Gianluca Perilli (di cui fanno parte Gianluca Castaldi, Sebastiano Cubeddu, Filomena Maggino e Sabrina Ricciardi), Chiara Appendino a nome del Comitato per la formazione e l’aggiornamento (composto da Barbara Floridia, Giuseppe L’Abbate, Domenico Surdi e Manuel Tuzi), Fabio Massimo Castaldo per il Comitato per i rapporti europei e internazionali (Laura Agea, Iolanda Di Stasio, Manlio Di Stefano e Filippo Scerra) e Alfonso Bonafede in rappresentanza del Comitato per i rapporti territoriali (dove siedono Francesco D’Uva, Sabrina De Carlo, Mariassunta “Susy” Matrisciano e Francesco Silvestri).

A seguire quelli ‘senza portafoglio’: Comitato per la salute (coordinatore Pierpaolo Sileri), Comitato per le politiche del lavoro (Nunzia Catalfo), Comitato per la legalità e la giustizia (Giulia Sarti), Comitato per l’economia e la finanza (Stefano Buffagni), Comitato per la sicurezza (Giuseppe Brescia), Comitato per l’inclusione sociale (Stanislao Di Piazza), Comitato per l’istruzione e la cultura (Lucia Azzolina), Comitato per la transizione digitale (Luca Carabetta), Comitato per la transizione ecologica (Gianni Pietro Girotto), Comitato per le politiche di genere e per i diritti civili (Alessandra Maiorino), Comitato per gli enti locali (Roberta Lombardi), Comitato per le politiche giovanili (Vittoria Baldino) e Comitato per le infrastrutture e la mobilità sostenibile (Agostino Santillo).

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Conte: “Stipendio da leader M5s? Sono vari mesi che non prendo una lira, sono in aspettativa dall’università e ho rinunciato a fare l’avvocato”

“Se mi pagano per fare il leader del Movimento 5 stelle? “Sono da vari mesi che non prendo una lira perché sono in aspettativa dall’Universitùà e ho rinunciato a fare l’avvocato, perché non voglio mischiare affari e politica”. Così ad Atreju il leader Movimento 5 stelle, Giuseppe Conte.

“Le mie dichiarazioni dei redditi sono trasparenti. Quando sono stato chiamato a fare il presidente del Consiglio, ho dovuto chiudere lo studio e tutte le questioni in sospeso e ovviamente ho mandato le fatture ai clienti – ha spiegato – Ho incassato un po’ di più e camperò di quello fin quando potrò”.

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lunedì 6 dicembre 2021

Giuseppe Conte, l’ex premier declina la candidatura alle suppletive: “Ringrazio Letta, ma in questo momento devo dedicarmi al M5s”

Giuseppe Conte non si candiderà alle elezioni suppletive della Camera nel collegio Roma 1 lasciato libero da Roberto Gualtieri. Lo ha annunciato durante la conferenza stampa di presentazione dei nuovi Comitati del Movimento 5 stelle: “Ringrazio il Pd e Letta per la disponibilità e la lealtà nella proposta“, ha detto l’ex premier, “ma dopo un supplemento di riflessione ho capito che in questa fase ho ancora molto da fare per il M5s. Non mi è possibile dedicarmi ad altro“. “Non credo – ha aggiunto Conte – che la mia presenza in Parlamento sia necessaria: senza gli impegni parlamentari potrò viaggiare sul territorio e certamente non mi impedirà di partecipare da protagonista all’elezione del presidente della Repubblica, per il semplice fatto che sono il leader della forza di maggioranza relativa. Non avere uno scranno non sarà d’impedimento nel raggiungere l’obiettivo che vogliamo: eleggere una personalità di alto profilo, anche morale, che sia quanto più possibile rappresentativa delle diverse sensibilità anche politiche del Paese”.

Conte ha anche risposto a una domanda del fattoquotidiano.it sulle parole di Matteo Renzi e Carlo Calenda che hanno attaccato la potenziale intesa di Pd e 5 stelle sul suo nome. “Quando uno vede delle uscite saccenti, un po’ anche sguaiate, è inevitabile prendere atto che più che un campo largo rischiamo di diventare un campo di battaglia“, ha detto. Le dichiarazioni dei due leader sono “un ulteriore elemento che si unisce a una serie di uscite quantomeno improvvide“, per cui al momento “non ci sono i presupposti per costruire una collaborazione così larga”. “Ho imparato che non è tanto importante allargare il campo, ma offrire al Paese una proposta politica coerente, solida, coesa. Se si allarga il campo ma si perde in coesione e in coerenza non si riesce a realizzare alcunché”, spiega il leader M5s.

Conte ha detto la propria anche sulla nuova avance ai grillini da parte di Silvio Berlusconi, che dopo aver benedetto (tardivamente) il reddito di cittadinanza ha elogiato il M5s delle origini, che – ha detto – “nasceva da motivazioni tutt’altro che ignobili o irragionevoli”, “dallo stesso disagio e dallo stesso fastidio per un certo tipo di politica” che hanno ispirato Forza Italia. “A me fa piacere che Berlusconi dimostri di apprezzare l’utilità del reddito di cittadinanza, non credo a qualche lettura maligna in vista dell’elezione del capo dello Stato”, dice l’ex premier. “Detto questo, la posizione del Movimento 5 Stelle non è cambiata: il presidente Berlusconi non sarà il candidato del Movimento 5 stelle, guardiamo ad altri”.

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M5s, conferenza stampa di Giuseppe Conte sull’organizzazione del Movimento: la diretta

Conferenza stampa del leader del M5s, Giuseppe Conte, per illustrare la proposta riguardante i Comitati politici del Movimento.

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La nuova apertura di Silvio Berlusconi al M5s in vista del Quirinale: “Ha dato voce a un disagio reale che merita rispetto e attenzione”

Il voto per eleggere il nuovo presidente della Repubblica si avvicina e Silvio Berlusconi continua le avances a tutto l’arco parlamentare, cullando il sogno di essere il successore di Sergio Mattarella. Dopo aver benedetto il reddito di cittadinanza, diventato una misura di contrasto alla povertà dopo essere stato definito una “paghetta”, il fondatore di Forza Italia torna alla carica con i Cinque Stelle.

Questa volta l’ex presidente del Consiglio punta dritto alle fondamenta dei grillini: “Il voto al Movimento 5 stelle, dal quale siamo lontanissimi, nasceva da motivazioni tutt’altro che ignobili o irragionevoli”, ha spiegato Berlusconi in un’intervista che sarà pubblicata sul numero speciale dei 35 anni di Milano Finanza, in edicola l’11 dicembre. “Nasceva dallo stesso disagio e dallo stesso fastidio per un certo tipo di politica per la quale è nata Forza Italia”, ha sottolineato rivendicando la sua discesa in campo nel 1994.

Poi è tornato ad elogiare il Movimento, almeno le basi sulle quali è nato: “I Cinque stelle non sono riusciti a dare una rappresentanza a questa Italia, ma hanno dato voce a un disagio reale, che merita rispetto, attenzione e anche delle risposte”. Si tratta della nuova – e con ogni probabilità non ultima – apertura di Berlusconi ad altre forze politiche quando mancano meno di due mesi al momento in cui il Parlamento sarà chiamato a scegliere il nuovo presidente della Repubblica. Tra la ricerca di voti tra gli ex M5s, la brochure inviata a deputati e senatori del Pd e apprezzamenti al Movimento, continua la sua “campagna elettorale” per il Quirinale, un tentativo di ascesa al quale hanno detto ‘no’ finora oltre 150mila persone firmando la petizione lanciata da Il Fatto Quotidiano.

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Risparmiatori truffati: la legge di bilancio deve continuare a stare dalla parte giusta della storia

Nessuno avrebbe mai creduto che il M5S al governo riuscisse a invertire gli equilibri di forza di alcuni poteri come quello tra banche e risparmiatori.

Che stesse iniziando una nuova stagione è stato evidente quando Giuseppe Conte, allora alle consultazioni come Presidente del Consiglio e oggi leader del M5S, volle incontrare, come uno dei sui primi atti pubblici, una delegazione di risparmiatori vittime di alcune banche del Nord: “Queste persone hanno il diritto di essere ascoltate dalle istituzioni, chiedono il rispetto dei loro diritti e che il loro risparmio venga tutelato” furono le sue parole mentre si apprestava a incontrare gli obbligazionisti di Banca Etruria, di Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca.

Fu uno dei primi gesti dirompenti di Conte, che poneva se stesso dal lato giusto della storia contro la finanza predatoria. Non è stato solo un manifesto programmatico, ma una misura di come si può governare “alzando l’asticella” rispetto a sfide che finora nessuno aveva mai provato ad affrontare.

E, infatti, il primo Fondo Indennizzi Risparmiatori (Fir) venne istituito nella legge di bilancio 2018 del governo Conte con la dotazione di 525 milioni di euro per ciascuno dei tre anni successivi, per indennizzare i risparmiatori danneggiati dalle banche e le loro controllate. Fu un fatto storico, anche considerando che l’ex fondo Parmalat per risarcire i risparmiatori non ha mai visto la luce. Un successo che si è ottenuto superando ogni ostacolo tecnico che gli organi competenti e i dirigenti del ministero tentarono con forza di disseminare sul cammino della giustizia. Lo dimostrano le votazioni nelle commissioni competenti in Parlamento, avvenute quando sussistevano ancora resistenze tecniche dagli organi competenti, resistenze che sono state spazzate via dalla realtà e dalle 114.406 istanze, per un importo complessivo pari a circa 701 milioni di euro di pagamenti già eseguiti per i truffati.

E’ in questo quadro che il M5S chiede giustizia verso i risparmiatori truffati da società italiane che hanno esercitato abusivamente raccolta di risparmio, come per il caso Deiulemar Spa, ribattezzata dai giornalisti la “Parmalat del Mare”. Una società in cui gli amministratori legali sono stati condannati in appello per reati di raccolta abusiva di risparmio e bancarotta fraudolenta, portando l’azienda al fallimento. È chiaro che senza una tutela piena dei risparmiatori, valida anche per i casi di aziende che abusano dell’attività di raccolta del risparmio, l’articolo 47 della Costituzione “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito” verrà calpestato.

A oggi, quindi, i risparmiatori truffati per reati finanziari commessi da aziende non hanno fondi per essere parzialmente risarciti. C’è una disuguaglianza tra risparmiatori di banche e aziende e tra risparmiatori del Nord e Sud, considerato che l’ultimo caso eclatante come quello di Deiulemar Spa riguarda 13mila risparmiatori per lo più residenti in Campania per circa 780 milioni di truffa.

Per questo la legge di bilancio deve essere lo spazio in cui trovare uno strumento che ripercorra i meccanismi del Fir per continuare a stare dalla parte giusta della storia.

Piercamillo Davigo ci ricorda che i “colletti bianchi” corrotti possono compiere danni enormi rispetto ai comuni delinquenti e i truffati: oggi rischiano di ricevere oltre al danno economico anche la beffa di un processo in Cassazione che il 4 luglio 2019 ha commutato la pena e sospeso l’esecuzione in attesa di una rimodulazione delle pene che dopo due anni ancora deve avvenire, nonostante la lettera che ho inviato alla ministra Cartabia.

Tutto verso una probabile prescrizione che si trasformerà in una pagina orribile per la giustizia di questo Paese.

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