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mercoledì 23 febbraio 2022

Conte: “Campo largo? Per me è una formula astratta. Se significa politiche per i cittadini annacquate, io non ci entro” – Video

“Possiamo parlare di tutte le formule astratte che volete. Vogliamo parlare di campo largo? Per me è una formula astratta, se significa politiche per i cittadini annacquate, io in questo campo largo non ci entra”. Così Giuseppe Conte parlando con i cronisti. “A me interessa parlare di salario minimo, mi interessa sapere chi firmerà questo ddl che è pronto. Mi interessa sapere che come intendiamo la politica e l’etica pubblica, interessa o no? Il contrasto dei privilegi, interessa o no? I politici hanno percorsi preferenziali? Cosa fanno sollevano conflitti di attribuzione, dicono che i Pm hanno violato la Costituzione? Se questo è il campo largo a noi questo non ci interessa…”, ha aggiunto il leader in pectore del Movimento 5 stelle che ha poi aggiunto: “M5s isolato? Siamo col paese”.

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Calenda, un leader che confonde così i nessi di causalità mi pare inadeguato

di Pietro Francesco Maria De Sarlo

Dopo un comizio De Gaulle fu avvicinato da un supporter che gli disse: “Mio generale, morte ai cretini!” Il generale rispose: “Programma troppo ambizioso!”.

Mi è venuto in mente questo aneddoto seguendo il congresso di Azione. Sono rimasto impressionato dal manifesto che porta la firma di Carlo Calenda. Non c’è solo la morte di quelli che per lui sono i cretini, populisti e sovranisti, ma c’è tutto. Dalla giustizia sociale alla scuola, dalla creazione dell’Europa federale alla sconfitta del cinismo. Manca solo, a voler essere pignoli, la fine della fame nel mondo e la pace universale. Però qualche dubbio mi rimane, a partire dall’incipit: “Nessuna maledizione ci condanna a dover scegliere tra i disastri dei populisti e quelli dei sovranisti.” A quanto mi risulta i populisti e sovranisti, che mi è parso di capire Calenda identifichi nel M5S e nella Lega, ma non in quella buona di Giancarlo Giorgetti, hanno governato il paese solo dal 1° giugno 2018 al 5 settembre 2019. Poi c’è stato un governo solo per metà populista e poi l’odierna ammucchiata generale.

Quindi credo che il grande successo elettorale del M5S del 2018 e il buon risultato della Lega siano stati la conseguenza e non la causa dei disastri in cui si trova il paese. In aggiunta mi risulta che il 2019, ultimo anno Covid free, sia stato il migliore in termini di rapporto deficit/Pil (-1,5 %) degli ultimi 20 anni dopo il 2007 (-1,3%). Potrei continuare con un insieme di indicatori sull’aumento delle povertà, delle disuguaglianze e della precarizzazione del lavoro che hanno avuto un fermo solo nel 2019. Senza contare che a partire dai primi anni ’90 sono stati cancellati, o quasi, tutti gli investimenti pubblici, si sia svenduto tutto il vendibile, dalle autostrade alla Sip e via cantando. Insomma, la gestione del paese è stata come quella di una azienda priva di strategia di mercato e di prodotto, che non investe, svende i propri asset, licenzia il personale e poi dà la colpa ai sindacati se porta i libri in tribunale.

Quando leggo “Siamo diventati una nazione profondamente ingiusta: con i giovani, con le donne, con le persone bisognose di assistenza, con chi vive al Sud” ebbene, caro Calenda, concordo, ma lo siamo diventati prima che arrivassero i sovranisti e populisti, quando governavano i Monti e i Renzi e, in periodi meno recenti, i Prodi e i Berlusconi. I primi hanno prodotto il Jobs act e la cancellazione dell’articolo 18, oltre a tagli di spesa indiscriminati alla scuola, ricerca, sanità. I secondi cancellarono infrastrutture essenziali, come la Lauria-Candela al Sud. Primi e secondi però sempre coadiuvati da Mario Draghi. Ovviamente la propaganda dei giornali di sistema è stata completamente diversa.

Con tutta franchezza, un leader politico che confonde in modo così vistoso e rozzo i nessi di causalità mi pare inadeguato, a dispetto di cotanta ostentazione di spocchia immotivata. In aggiunta leggo “Eppure oggi il voto è sempre meno convinto e sempre più spesso motivato solo dall’odio verso gli avversari.” In altra sede Calenda dichiara: “M5S? La più grande truffa della politica italiana. Deve scomparire”. Chi fa il seminatore di odio?

Uno che scrive nel manifesto “L’Europa oggi non funziona perché è l’Europa delle nazioni e non quella delle istituzioni comuni” poi chiede il Mes? Già, perché non c’è nessuna istituzione che rappresenti di più l’Europa delle nazioni della Bce e del Mes. Occorrerebbe invece chiedere, insieme alla fondazione Delors e come chiedeva David Sassoli, che queste istituzioni vengano poste sotto la giurisdizione del Parlamento Europeo, l’unica istituzione democratica e comune che c’è oggi in Europa. Mes e Bce sotto l’egida del Parlamento non avrebbero mai compiuto lo scempio di umanità e democrazia fatto con la Grecia.

La mia sensazione è che a Calenda, come a Draghi, faccia un poco schifo la democrazia e trovi disdicevole chiedere i voti a questi italiani che poi votano come gli pare.

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martedì 22 febbraio 2022

M5S, convocata il 10 e l’11 marzo l’assemblea per rivotare lo statuto sospeso dal Tribunale: ammessi solo gli iscritti da più di sei mesi

Il Movimento 5 Stelle ha convocato un’assemblea degli iscritti il 10 e 11 marzo per ripetere la votazione sulle modifiche allo statuto tenuta il 2 e 3 agosto scorsi e annullata dal Tribunale di Napoli. Nella stessa occasione saranno approvate correzioni in tema di democrazia interna richieste dalla Commissione di garanzia degli statuti – un organo composto da cinque magistrati con sede alla Camera – per poter iscrivere il M5s al registro dei partiti politici, passaggio necessario per l’accesso ai rimborsi elettorali del 2xmille, deliberato dalla base lo scorso novembre.

La sospensione del nuovo statuto M5S e della nomina di Giuseppe Conte a presidente era disposta in via cautelare dal Tribunale di Napoli lo scorso 7 febbraio, in accoglimento del reclamo di un gruppo di attivisti contro una decisione precedente di segno opposto. I giudici avevano ritenuto che l’esclusione dal voto degli iscritti da meno di sei mesi fosse stata imposta – violando il vecchio statuto – in assenza di un regolamento approvato dal Comitato di Garanzia. In seguito, però, il Movimento ha scelto di reagire per via giudiziaria e ha chiesto la revoca dell’ordinanza di sospensione producendo, come anticipato dal fattoquotidiano.it, uno scambio di mail tra Vito Crimi e Luigi Di Maio che dovrebbe provare l’esistenza di quel regolamento fin dal novembre del 2018. L’udienza sulla causa è fissata al 1° marzo, prima della nuova assemblea, che è stata convocata considerando valido proprio il regolamento del 2018.

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lunedì 21 febbraio 2022

Scambio di offese tra Calenda e Giarrusso su La7. Il 5 stelle: “Dice che non so scrivere? Ha una pancia orrenda e un fisico squallido. Fa bullismo”

Polemica a distanza a “L’aria che tira” (La7) tra il leader di Azione Carlo Calenda e l’europarlamentare del M5s Dino Giarrusso.
A Calenda, ospite della trasmissione prima di Giarrusso, la conduttrice Myrta Merlino chiede cosa pensa di una dichiarazione resa in una intervista dal politico pentastellato, ma erroneamente dice che l’ha scritta.
Che Giarrusso abbia scritto è già una notizia“, commenta il neo-segretario di Azione.

Alla fine dell’intervista, Merlino introduce i nuovi ospiti, ovvero Giarrusso e il leghista Edoardo Rixi, chiedendo a Calenda se vuole rimanere. Ma l’ex ministro fa una smorfia e risponde: “No, non c’ho voglia. Con Rixi parlerei molto volentieri, con l’altro (Giarrusso, ndr) ho un limite fisico. Non je la posso fa’. Ma lo saluto affettuosamente”.

Non ci sta Giarrusso che, appena presa la parola, rimprovera la conduttrice per non aver battuto ciglio con Calenda circa la sua battuta offensiva nei confronti dell’europarlamentare. E puntualizza: “Tu, Myrta, conosci la mia storia. Sul mio modo di scrivere mi hai fatto dei complimenti in privato insieme al tuo compagno. Credo di essere stato un bravo inviato televisivo e, come Calenda prima di fare politica, guadagnavo benissimo. Ma a differenza sua, non sono mai stato bocciato a scuola e non sono un figlio di papà – continua – È veramente intollerabile che qualcuno che parli di novità, di futuro e di politica abbia questo atteggiamento arrogante, spocchioso e di razzismo intellettuale nei confronti di altre persone che fanno politica, hanno preso voti, si sono laureati, si sono diplomati, hanno avuto un lavoro, sanno scrivere, sanno esprimersi in italiano probabilmente meglio di Calenda, si sono fatti da soli”. Andando poi oltre: “E hanno anche un fisico meno squallido del suo, ho visto delle foto di lui con quella pancia un po’ orrenda“.

Giarrusso conclude: “Non ne posso più di parlare di politica con queste persone e mi stupisco che venga dato tutto questo spazio mediatico senza contradittorio. Quante volte poi Calenda ha detto dei navigator ‘scappati di casa’? Ma poi non si confronta con me, è scappato. Questo bullismo quotidiano di Calenda sui social e in tv, a mio parere, non fa bene alla politica italiana“.

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sabato 19 febbraio 2022

Calenda disegna la mappa delle sue alleanze: “Col Pd solo se non c’è il M5s. Lega? Sì al dialogo se diventa europeista”

“A Letta dico che tutto è possibile, a condizione che non ci sia il Movimento 5 stelle. Ma sappiamo che non sarà possibile”. Così Carlo Calenda, in conferenza stampa, risponde a Enrico Letta, che ospite al congresso di Azione aveva detto: “Vinceremo insieme alle elezioni del 2023”. Calenda ha disegnato la mappa delle sue alleanze, chiudendo a M5s e Fratelli d’Italia, ma aprendo al dialogo alla Lega: “Se è quella di governo che accetta il destino comune europeo e diventa un partito popolare italiano insieme a Fi ci si deve dialogare”.

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Patuanelli a La7: “Draghi era oggettivamente arrabbiato coi partiti, ma nessuna strigliata”. Botta e risposta con Gruber su Superbonus

Non c’è stata una strigliata da parte di Draghi, ma una presa di coscienza che il governo è qui per fare le cose. Draghi lo ha detto in modo incisivo ed era oggettivamente arrabbiato. Ma dobbiamo ricordarci che siamo una Repubblica parlamentare e il Parlamento non può solamente mettere la luce verde sui provvedimenti del governo”. Così, a “Otto e mezzo” (La7), il ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli risponde alla conduttrice del talk show politico, Lilli Gruber, che gli chiede lumi sull’irritazione del presidente del Consiglio Mario Draghi nei confronti dei partiti della maggioranza, dopo che il governo è andato sotto per quattro volte sul milleproproghe.

Il ministro, che in qualità di capo delegazione del M5s è stato convocato dallo stesso Draghi, spiega: “Il presidente del Consiglio ha chiesto di evitare che succeda quello che è successo negli ultimi giorni. Abbiamo analizzato le motivazioni, io da tanto tempo chiedo a Draghi una condivisione preventiva dei provvedimenti del governo rispetto al momento del Consiglio dei Ministri, perché questo ci mette nelle condizioni di difendere le scelte con i nostri gruppi parlamentari”.
E aggiunge: “Quando c’è un governo così eterogeneo, le soluzioni che si mettono sul tavolo possono scontentare una o l’altra forza politica. Bisogna trovare un equilibrio, dobbiamo trovare gli strumenti perché si evitino queste situazioni. Pace fatta? Io credo che non sia mai stata fatta una guerra. Si è solo preso atto di una situazione che va evitata”.

Patuanelli ha un serrato botta e risposta con Lilli Gruber, che osserva: “Voi dei 5 Stelle potevate scegliere di non mettere 18 miliardi per il Superbonus, visto che abbiamo anche visto truffe vergognose”.
“E perché? – ribatte il ministro – È un settore che conosco parecchio bene, avendo fatto per 20 anni il progettista e il direttore dei lavori di una sessantina di opere pubbliche. Perché dovremmo abbandonare una misura che ha avuto un impatto incredibilmente positivo su un settore in crisi dal 2008?”.
”Vorrei anche vedere che non avesse un impatto positivo – commenta la giornalista – Sul Superbonus ci sono pochi controlli”.
“Non è assolutamente vero”, ribadisce il ministro.
Ma Draghi ha detto anche avete scritto male la legge”, incalza Gruber.
“Questa è una narrazione totalmente inversa della realtà – replica Patuanelli – Il 3% delle truffe riguarda il Superbonus. Il problema ha riguardato la cessione del credito, sulla quale peraltro il Superbonus prevede controlli che le altre misure non prevedevano, inclusi i bonus ordinari. La misura del M5s si chiama Superbonus 110%, dopodiché si sono accompagnate altre misure che non hanno un aspetto di efficientamento energetico, che era la cosa che ci interessava”.

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venerdì 18 febbraio 2022

Conte, M5s: “Il salario minimo è urgente. Necessaria una svolta o il mercato del lavoro rischia un circolo vizioso”

“In Italia questo fenomeno sta assumendo una dimensione così importante anche perché è ormai dagli inizi dell’ultimo decennio del secolo trascorso che non registriamo aumenti salariali. Al contrario, hanno subito una riduzione media di oltre il 2%”: il leader M5s Giuseppe Conte torna a parlare di salario minimo con un intervento sul blog di Beppe Grillo. “Il mercato del lavoro, però, in questo modo finisce per avvilupparsi in un circolo vizioso. Molti economisti, infatti, hanno dimostrato che l’introduzione di un salario minimo non produce effetti negativi”. Tuttavia, sottolinea, la proposta di introdurlo anche in Italia “Stenta a decollare. Il dibattito politico langue e le forze politiche che – è il caso del Movimento 5 Stelle – stanno portando avanti, con convinta determinazione, questo progetto di riforma, sono chiamate a superare vari ostacoli, che rischiano di tenere distante questa giusta meta”.

“Nessuno”, prosegue, “può dubitare che questa riforma sia pienamente attuativa di un principio costituzionale, tra i più incisivi e lungimiranti della nostra Carta, secondo cui il lavoratore ha diritto a una retribuzione che sia non solo proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro, ma in ogni caso “sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Eppure in Italia “ci sono all’incirca 4,5 milioni di lavoratrici e lavoratori che ricevono retribuzioni, in busta paga, ben al di sotto di quella soglia minima che vale a rendere libera e dignitosa la propria esistenza e quella dei propri familiari a carico. Questa penalizzante condizione affligge soprattutto giovani e donne. Se infatti assumiamo quale misura di riferimento, la soglia di 9 euro lordi l’ora, nell’area della “sotto-retribuzione” ritroviamo – sulla base dei dati forniti dall’Inps – il 38% di giovani e il 16% di over 35 anni; mentre il 21% sono uomini e il 26% sono donne. I settori di attività più esposti sono il turismo, la ristorazione, la logistica, i beni e le attività culturali, le attività di cura e assistenza delle persone”.

Secondo Conte i motivi di questa condizione sono da ritrovare nella “progressiva frammentazione del mercato del lavoro, che proponendo numerose varietà di forme, finisce per utilizzare – quantomeno in alcuni settori – il salario e la flessibilità come una leva di competizione alternativa alle innovazioni” e nella “scarsa propensione alla crescita della produttività”. Inoltre, prosegue, “Un’altra causa endogena al nostro sistema della contrattazione collettiva da tenere presente. Se nel passato i contratti collettivi sono stati sinonimo di aumenti salariali e più efficace distribuzione, va considerato che negli ultimi decenni hanno progressivamente smesso di svolgere questo ruolo in molteplici settori di attività. In particolare, la parcellizzazione dei contratti e la scarsa rappresentatività sindacali in alcuni settori hanno portato all’aumento continuo dei cosiddetti “contratti pirata” e al fenomeno dei ribassi salariali“. Continua: “Basti considerare che presso l’Inps e il Cnel risultano oggi registrati quasi mille contratti collettivi: più esattamente 985. La stragrande maggioranza di essi risultano sottoscritti da associazioni di modesta o pressoché nulla rappresentatività. Tutto questo è pienamente legittimo stante l’inattuazione della previsione contenuta nell’art. 39 Cost. A tutt’oggi i sindacati sono associazioni non riconosciute di diritto privato: possono costituirsi liberamente e svolgere liberamente le loro funzioni, senza requisiti minimi e senza vincoli di iscrizione a pubblici registri”.

Il problema del salario minimo, prosegue Conte, “finisce per intrecciarsi con quello della rappresentanza sindacale. Sono problemi che vanno affrontati con un approccio complementare” e quindi “da un lato, una buona legge sulla rappresentanza sindacale torna utile a evitare la proliferazione di contratti pirata, attraverso la individuazione di contratti di riferimento per settori di attività. Dall’altro lato, una legge che indichi un salario minimo legale può giovare a indicare la soglia minima per un’esistenza libera e dignitosa, lasciando che i reciproci poteri contrattuali delle parti si esplichino su molti altri aspetti regolatorii del rapporto di lavoro”. Cita la Germania come esempio cui ispirarsi e chiude: “Occorre una svolta: possiamo porre ordine all’attuale ginepraio della contrattazione collettiva operando una ripartizione per comparti, riconducendoli a differenti settori di attività. All’interno dei primi possiamo poi individuare i contratti collettivi che, sulla base della maggiore rappresentatività sul piano nazionale, svolgeranno funzioni di “guida” e che costituiranno, ai fini retributivi minimi, il quadro di riferimento”.

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Sondaggi, Ixé: il Pd guadagna due punti in tre settimane e sale al 23%. M5S in lieve ripresa, cala FdI, record negativo della Lega (16,6%)

Il Partito democratico cresce di quasi due punti in tre settimane e resta primo partito, aumentando il distacco dagli altri. In leggera ripresa anche il Movimento 5 Stelle, mentre calano Fratelli d’Italia e soprattutto la Lega, che tocca il valore più basso degli ultimi anni. A dirlo è il sondaggio pubblicato venerdì dall’istituto di ricerca Ixé, il primo realizzato interamente dopo la rielezione di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica. Rispetto alla rilevazione precedente, effettuata tra il 28 e il 31 gennaio, il Pd schizza dal 21,2% al 23,1%, il record da maggio 2019. Salgono a più di cinque i punti di distacco da Fratelli d’Italia, che nello stesso periodo cala dello 0,6%, dal 18,5% al 17,9%. Calo identico per la Lega, dal 17,2% al 16,6%.

Cresce invece in modo speculare Forza Italia: dall’8,6% al 9,2%, +0,6%. Anche in questo caso si tratta del valore più alto nella curva tracciata da Ixè, che parte dalle Europee di tre anni fa. La federazione tra Azione e +Europa, stimata al 5,7% a gennaio, cala al 5%, mentre restano stabili i due partiti a sinistra del Pd, Sinistra Italiana (dal 2,1% al 2,2%, + 0,1%) e Mdp-Articolo 1 (da 1,9% a 2%, +0,1%). Italia viva cresce dello 0,3% (dal 2,0% al 2,3%), Europa Verde cala dello 0,4% (dal 2,3% all’1,9%).

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Tetto al contante, M5S presenta emendamento per riabbassarlo a mille euro. “Non possiamo permetterci favori all’economia sommersa”

“Abbiamo presentato in Aula un emendamento soppressivo al decreto Milleproroghe rispetto all’innalzamento del tetto al contante, votato dal centrodestra contro il parere del Governo. Come spiega benissimo uno studio di Bankitalia del 2021, un intervento del genere costituisce un favore enorme all’economia sommersa. E in un Paese con circa cento miliardi annui di evasione questo non ce lo possiamo permettere”. Lo dichiarano i deputati M5S Vita Martinciglio e Giovanni Currò, capogruppo e vicepresidente della Commissione Finanze della Camera, dopo il blitz di giovedì notte con cui il centrodestra ha riportato a duemila euro fino al prossimo anno il limite massimo ai pagamenti cash, che dal 1° gennaio si era abbassato a mille. “Al contrario”, proseguono Martinciglio e Currò, “con incentivi al tracciamento dei pagamenti si potrebbero recuperare risorse ingenti per abbassare le tasse, costruire nuove strade, nuove scuole, nuovi ospedali e garantire maggiori servizi ai cittadini”.

L’abbassamento del tetto da duemila a mille euro a partire dal 2022 era stato previsto dal decreto fiscale del 2020. La soglia è la stessa fissata nel 2011 dal decreto Salva Italia (governo Monti) e poi elevata a partire dal 2016 dall’esecutivo Renzi, con il risultato – secondo un paper pubblicato a novembre 2021 da palazzo Koch – di aumentare di 0,5 punti percentuali la quota dell’economia illegale. Contraria al ritorno a mille euro anche la Cgil: “Il nostro Paese, agli ultimi posti in Europa per l’utilizzo della moneta elettronica, ma ai primi per evasione fiscale, segna un grave arretramento nella lotta a quest’ultima”, ha dichiarato venerdì la vicesegretaria generale Gianna Fracassi. “Chiediamo che nel primo provvedimento utile si intervenga per ripristinare, anzi ridurre ulteriormente, la soglia del contante e a partire dalla legge delega, si rafforzino le misure di contrasto all’evasione fiscale e di trasparenza e tracciabilità di tutte le transazioni”.

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mercoledì 16 febbraio 2022

M5s, Conte: “Doppio mandato? Per Grillo è una regola fondativa del Movimento. Per noi la politica non è professione ma servizio”

“Non è una posizione nuova, Beppe Grillo l’ha detto in più occasioni che per lui la regola del doppio mandato è una regola fondativa del M5s. Anche su questo ci confronteremo, la nostra è una comunità di teste pensanti, che si confrontano. Ovviamente la posizione del garante avrà un grande rilievo in questa valutazione che faremo”. Lo ha detto il leader del M5s, Giuseppe Conte, a proposito delle indiscrezioni secondo cui per il fondatore del Movimento il limite dei due mandati sarebbe inderogabile. È una regola inderogabile anche per Conte? “Non è che ogni giorno posso parlare del doppio e triplo mandato – ha replicato l’ex presidente del Consiglio -, ho detto che il principio ispiratore di questa regola, che assolutamente ha un valore identitario per il Movimento, è che la politica non è una professione ma un servizio, una vocazione. E perché sia un servizio, necessariamente deve essere temporaneo. Sennò è un mestiere e questo non lo vogliamo. Detto questo, ne parleremo”.

La conferma alle parole di Conte è stata raccontata ieri pomeriggio anche da ilFattoQuotidiano.it: Beppe Grillo, sceso a Roma per la vicenda giudiziaria che ha visto il Tribunale di Napoli congelare i vertici grillini, è tornato sul tema del doppio mandato, ribadendo che il vincolo resta. In particolare, chi ha già fatto due mandati in Parlamento al massimo può candidarsi all’Europarlamento o ai Consigli regionali, ma non potrà restare alla Camera o al Senato. La regola varrebbe a tutti i livelli elettivi: chi è stato europarlamentare per ben due volte, ad esempio, può ripiegare su un posto in Regione o ambire a un seggio alla Camera o al Senato, non restare a Bruxelles.

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M5s, Conte: “Voto online per decidere sui referendum. Respingere quelli sulla giustizia. Eutanasia? C’è nostro testo, basta attese”

Elaborare una linea comune sui referendum, da sottoporre al voto degli iscritti al Movimento 5 stelle. Dopo un mese tormentato dalle tensioni nell’elezione del presidente della Repubblica, dagli scontri con Luigi Di Maio e infine dalla sospensiva del Tribunale che ha congelato la sua elezione alla presidenza, Giuseppe Conte torna a muoversi da leader del M5s. E lo fa per trovare una quadra sulla linea da tenere sui referendum, attualmente al vaglio della Consulta. Che nel frattempo ha dichiarato inammissibile il quesito sull’eutanasia legale. “Non possiamo gettare al vento le firme e la partecipazione dei cittadini. È imperativo del Parlamento dare una risposta subito a tutela della dignità di tante persone e famiglie che soffrono. Il Movimento 5 stelle c’è, abbiamo già un testo: basta attese“, ha scritto su twitter l’ex premier.

Già ieri il premier ha aperto il confronto coi capigruppo di Camera e Senato e con quelli delle commissioni dei 5 stelle . E oggi lo ha proseguito in assemblea, spiegando che sugli altri referendum “ci piacerebbe fare una consultazione online, ci piacerebbe prendere un pò di tempo per farlo ma mi piacerebbe anche coinvolgere gli iscritti”. Sulla linea da tenere Conte anticipa che il M5s è pronto “ad abbracciare convintamente” il quesito sulla legalizzazione della cannabis, perché “consonante” con una proposta di legge avanzata dal deputato 5s Mario Perantoni. Sul fine vita, ha ripetuto Conte, “la grande partecipazione che c’è stata, il grande coinvolgimento nella raccolta di firme, impone all’intero Parlamento di sedersi con noi e discutere un progetto” che sia “ben costruito, articolato e ponderato”. Sui quesiti sulla giustizia, promossi dalla Lega e dai Radicali, in questi mesi il M5s si è espresso in maniera univoca in modo contrario con esponenti di primo piano che li hanno definiti “pericolosi“. Oggi Conte ha invitato “il Movimento a respingere queste proposte referendarie. Nessuno di questi quesiti – ha spiegato nel suo intervento prima di dare il via alla discussione – farebbe compiere un passo avanti per quanto riguarda l’efficienza della giustizia. Anzi, i quesiti dal numero 2 al 6 ci farebbero compiere un passo decisamente indietro, sarebbero disfunzionali e peggiorativi per il sistema giustizia”.

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martedì 15 febbraio 2022

Referendum, Conte: “Mi piacerebbe fare una consultazione online con gli iscritti al M5s”

“Ci piacerebbe fare” una consultazione online sui referendum, “ci prenderebbe un po’ di tempo per farlo ma mi piacerebbe anche coinvolgere gli iscritti“. Lo ha detto il leader del M5s, Giuseppe Conte, arrivando alla Camera per l’assemblea sui referendum. “Nel Movimento 5 stelle funziona in questi termini: si discute ampiamente – ha aggiunto -. Ho fatto ieri una riunione ristretta, ora sto entrando in un’assemblea congiunta di tutti i parlamentari. Voglio estendere questo dibattito a tutti gli iscritti, vedrete già questa sera verrà fuori una proposta molto articolata, all’esito di un dibattito ampio e sereno”.

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Superbonus, Battelli (M5s): “Superbonus? Faremo le barricate per mantenerlo e migliorarlo. Esagerato mettere in discussione l’impianto”

Le truffe del Superbonus sono il 3%. E sulla base di questo dato, dire che è il male dell’Italia mi pare esagerato”. Lo ha detto il deputato del Movimento 5 stelle, Sergio Battelli, intervenendo nel dibattito sul Superbonus dopo le dichiarazioni di Draghi in conferenza stampa e le critiche del ministro Giorgetti. “Il ministro Franco ha detto che sono tanti i bonus edilizi che hanno procurato infrazioni. Su tutte le norme che toccano il denaro pubblico bisogna vedere come funziona ‘la messa a terra’. Ora vanno limate le cose che non vanno, questo non significa che bisogna stralciare tutto. Noi faremo le barricate per mantenerlo e migliorarlo

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lunedì 14 febbraio 2022

M5s, Di Maio: “Movimento morto? Lo dicono da 10 anni. Il nostro peso politico deriva dal sostegno popolare, non dallo statuto”

“Il peso politico di un MoVimento come il nostro deriva dal sostegno popolare, non dalle norme di uno statuto. Chi gioisce per il provvedimento del Tribunale Di Napoli non ha ancora capito questo concetto. La politica va al di là delle questioni tecniche”. Al termine di una settimana difficile per il Movimento 5 Stelle, con la sospensione dello statuto da parte del tribunale di Napoli arrivata lunedì scorso, Luigi Di Maio sceglie di prendere posizione con un post su facebook per difendere il Movimento. Intervento non scontato, visto il rapporto teso con Giuseppe Conte, la cui leadership è formalmente “congelata” dal pronunciamento del giudice. Ma se al termine della partita del Quirinale fu proprio il ministro degli Esteri a lanciare un’accusa pubblica al presidente, questa volta Di Maio tiene fuori dal suo testo ogni riferimento al leader e usa parole nette per assicurare che questa vicenda non deve avere contraccolpi sul “peso” del Movimento sul piano politico. “A chi dice che siamo morti – continua Di Maio – rispondiamo dicendo di aggiungersi a chi lo ripete da 10 anni. Noi andiamo avanti. Gli appuntamenti che ci aspettano sono molto importanti, dobbiamo lavorare a questi obiettivi in maniera compatta, forti della pluralità di idee esistenti nel MoVimento e a sostegno del nuovo corso”. Un discorso di coesione, che arriva a una settimana dalle dimissioni del ministro dal comitato di garanzia del Movimento, “perché – disse – voglio avere la libertà di dire quello che non funziona”. Scelta che fu accolta da Conte come “un passo indietro dovuto“.

Già sabato Roberto Fico, il Presidente della Camera da sempre leale a Conte, aveva garantito sulla “salda” guida del MoVimento dell’ex premier. Di Maio non nomina mai Conte, ma nel suo post fa un appello al Movimento ad andare avanti: “Sono state giornate difficili, che però non devono né abbatterci né rallentare la nostra azione innovatrice. Azioni legali sono sempre legittime, ma di certo non possiamo farci scoraggiare“. L’auspicio di Beppe Grillo, nei giorni scorsi a Roma per riportare la concordia nella galassia pentastellata, oggi si fa più concreto. E anche il ministro dell’Agricoltura Stefano Patuanelli, capodelegazione M5s al governo, spinge sull’orgoglio e la compattezza. “Mi pare che la strategia sia ormai chiara: tutti contro il movimento. Se è già iniziata la campagna elettorale, basta che ce lo dicano”.

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sabato 12 febbraio 2022

Sondaggi, secondo YouTrend il Pd è il primo partito: Fdi insegue. I 5 stelle superano la Lega. E Italexit di Paragone è al 2,8%

La prima forza politica del Paese è il Pd, che supera la soglia dei venti punti percentuali. Secondo l’ultimo sondaggio di Quorum/YouTrend per Sky TgG24 , che si riferisce al periodo fra l’8 e il 10 febbraio 2022, i dem si attestano sul 20,8% e staccano Fratelli d’Italia di sette decimali. Il partito di Giorgia Meloni, infatti, è al 20,1. Seguono i 5 stelle che col 16,2% supererebbero la Lega, sprofondata a quota 15,5%: quasi un punto di differenza.

Staccata Forza Italia, all’8,3 percento, seguita da Azione /+Europa che è al 3,7, Italia viva di Matteo Renzi al 2,3% e Coraggio Italia che sfiora il punto percentuale. Un ipotetico “grande centro” dunque sarebbe al 15,2%, meno della Lega. Da segnalare che secondo YouTrend Italexit di Gianluigi Paragone è accreditato al 2,8%. Sotto la soglia del tre percento anche Sinistra Italiana (2,7%), Articolo Uno (2,4%), Verdi (2,2%). Gli indecisi e gli astenuti pesano comunque per il 38% degli intervistati: più di uno su tre.

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M5S, Fico: “Molti si divertono a farci causa ma leader è Conte, siamo tutti con lui. Il resto è un problema burocratico e faremo nostri passi”

Conte è il leader del Movimento 5 Stelle, stravotato e siamo con lui. Tanti, anche ex attivisti, si divertono a fare causa al Movimento, ma non ci arrenderemo mai”, così Roberto Fico a margine dell’inaugurazione del NauticSud a Napoli. Il presidente della Camera poi continua: “La situazione che descrivete è più semplice di quello che sembra. E’ una questione burocratica non di politica. La questione politica è che Conte è il leader del Movimento, non guardare sempre il dito, ma la luna”.

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Conte è una persona perbene: dubito ci sarà un lieto fine alla favola dei Cinquestelle

C’è un lieto fine per l’ormai lunga favola Cinquestelle? Ne dubito; da quando Beppe Grillo, nel suo eremo dorato di Sant’Ilario, si mise innanzi allo specchio fatato per porre la solita domanda mattutina (“specchio delle mie brame, chi è il più amato del reame?”) e si sentì rispondere: “qualcuno c’è che è più amato di te: Giuseppi”. Da quel momento la psiche contorta dell’Elevato subì un cortocircuito da Viale del Tramonto percepito; e cominciò a guatare attorno alla ricerca di un famiglio che potesse portargli il cuore sanguinante dell’avvocato del popolo sul piatto d’argento. Magari un killer d’area Magna Grecia. Sembrava poterlo essere il chierichetto mannaro, il politicante nelle grazie di un Carlo De Benedetti che non fa niente per niente (vedi gli scambi di informazioni con Matteo Renzi premier, sui migliori investimenti bancari), ossia l’azzimato ministro per caso Luigi Di Maio.

Poi è arrivato l’avvocato ex Fronte della Gioventù (e già difensore del criminale di guerra nazista Erich Priebke) Lorenzo Borrè con un ricorso contro Conte leader assolutamente lunare e – per dirla alla Eugenio Montale – falotico, che ha riaperto alla speranza un ex comico dalla voce chioccia nelle vesti di garante. Come si capì dalle sue dichiarazioni double face, in apparenza rasserenanti, quanto in realtà puro abbraccio mortale: l’invito a tacere (in mezzo ai latrati degli attacchi strumentali), il subdolo e volutamente fuori registro brocardo de “le sentenze vanno rispettate” (quando il Tribunale di Napoli ha emesso un semplice provvedimento in via cautelare).

Ordunque, chi segue questo mio blog sa che ho sempre riservato una rispettosa attenzione al Movimento pentastellato, che ipotizzavo essere – dopo i Girotondini di Nanni Moretti e Flores d’Arcais – la declinazione italica del vasto movimento internazionale degli indignati, da Madrid a New York: la ribellione del ceto medio alla degenerazione affaristica anti-democratica delle élites in questa fase storica. Ossia il sacrosanto Populismo, prima che i comunicatori lacchè del potere lo criminalizzassero alla stregua di un sinonimo della demagogia. Mentre non ho mai nascosto l’avversione nei confronti del Padre Fondatore mio concittadino, dai tempi non sospetti in cui villeggiavamo nel paesino appenninico di Savignone e nella pro-loco ci consigliavano di stare alla larga dai fratelli Grillo. Uno dei quali si è rivelato il falso profeta alla perenne ricerca di suggeritori che gli offrissero i contenuti, magari saccheggiando le battute di un vicino di casa (il copy di “pane e volpe” era di Orlando Portento, comico meno sgomitatore, quindi condannato all’oblio). Lasciando trasparire un profilo destrorso, xenofobo e maschilista, proprio di un borghese piccolo, piccolo in preda al timore di precipitare lungo la scala sociale e ossessionato dal possesso di status symbol che ne accreditassero l’ascesa. Fenomenologia imbarazzante, proprio per quella capacità di accalappiare chi se la beve, di cui ho scritto tanto da ritenere superfluo proseguire su questo tasto. Che comunque mi procurò la messa all’indice dall’allora vestale grillina in Regione Liguria, la desaparecida Alice Salvatore.

In tutta questa macroscopica finzione si salvava il dato positivo dell’intuizione (di Grillo o Casaleggio padre?) che anche in Italia si era formato lo spazio e la base elettorali per un soggetto promotore di AltraPolitica. Progetto che seguii con interesse da fiancheggiatore esterno. Specie quando comparve all’orizzonte l’avvocato Conte. Prima da professionista ingaggiato a svolgere compiti di mediatore tra i due azionisti del governo giallo-verde (con qualche vulnus d’immagine anche per lui). Poi giocando in proprio da premier giallo-rosa, con grandi meriti nella gestione della pandemia Covid e – soprattutto – nel riposizionamento vincente dell’Italia in Ue. Il grande successo Next Generation che la narrazione restaurativa vorrebbe attribuire ad altri.

Certo, il moroteismo era evidente, come fastidiosi apparivano i cedimenti alla cultura paleo-cattolica delle sue origini. Ma un dato era altrettanto indiscutibile: una persona perbene, totalmente fuori dai vincoli da establishment. Quel Palazzo diroccato che si voleva liberare di un corpo estraneo per mettere mano sul bottino.

Ma il primo a tentare l’incaprettamento del Conte leader dei 5S fu proprio Grillo, con il grottesco attacco dopo l’incoronazione plebiscitaria da parte della base, sproloquiando di “incapace privo di visione politica” (pensa da che pulpito!). E che probabilmente ci riproverà ancora delegittimando sottobanco chi ha preso il suo posto. Da qui l’invito a Giuseppe Conte degli amici a lasciar perdere la barca fallata e creare un proprio partito. Ma è in grado di farlo? In questi anni Conte ha rivelato più doti da mediatore che grinta (garra, dicono i calciofili portegni) da vero capo. E la leadership è soprattutto carattere. Se no la gentilezza declina in debolezza. Anche dalla Gruber.

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venerdì 11 febbraio 2022

M5S, depositato il ricorso per far revocare la sospensione dello statuto: “Il regolamento che esclude i nuovi iscritti esiste dal 2018”

A quanto apprende l’AdnKronos da fonti qualificate, “è stato depositato il ricorso per la revoca del provvedimento cautelarecon cui il 7 febbraio il Tribunale di Napoli ha sospeso l’efficacia delle modifiche allo statuto del Movimento 5 Stelle e della conseguente elezione di Giuseppe Conte a presidente. Il ricorso è basato sull’articolo 669-decies del codice di procedura civile, secondo cui “il giudice istruttore della causa di merito può, su istanza di parte, modificare o revocare con ordinanza il provvedimento cautelare (…) se si verificano mutamenti nelle circostanze o se si allegano fatti anteriori di cui si è acquisita conoscenza successivamente al provvedimento cautelare”.

In questo caso, la nuova evidenza su cui puntano i legali è lo scambio di mail tra Vito Crimi e Luigi Di Maio (di cui ilfattoquotidiano.it ha anticipato l’esistenza) che dimostrano – secondo il M5S – come il regolamento del comitato di garanzia che esclude dall’assemblea gli iscritti da meno di sei mesi fosse in vigore già dal novembre del 2018, al contrario di quanto si legge nell’ordinanza, che ha disposto la sospensione dello statuto perché “l’assemblea del 3 agosto 2021 è stata indetta con l’esclusione degli iscritti da meno di sei mesi (…) in assenza di un “regolamento adottato dal Comitato di garanzia, su proposta del Comitato direttivo”.

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M5s, la lunga traversata dello Statuto incompiuto mi spinge a una riflessione

di Luca Di Giuseppe

La lunga traversata dello Statuto “incompiuto” iniziò il 23 gennaio 2020, il giorno in cui Luigi Di Maio si tolse la cravatta e pronunciò il discorso con cui rassegnò le sue dimissioni da capo politico del Movimento 5 Stelle. Chiunque conoscesse il Movimento sapeva che la sua leadership nei gruppi parlamentari e tra gli eletti sarebbe rimasta inviolata. Nel concludere quel discorso, Di Maio diede il via alla stagione infinita degli Stati generali, e cedette lo scettro a Vito Crimi, che salì sul trono in virtù della sua posizione di membro più anziano del Comitato di Garanzia. Da quel momento lo Statuto del Movimento 5 Stelle iniziò ad essere violato costantemente, per mesi e mesi.

Attenendosi allo Statuto allora vigente, il Movimento 5 Stelle, ai sensi dell’articolo 7, avrebbe dovuto eleggere il nuovo capo politico entro il 23 febbraio 2020. Invece, si decise di seguire la linea dell’ex capo politico: “prima il cosa, poi il chi”. L’idea fu quindi quella di organizzare un Congresso nazionale chiamato “Stati generali”, che avrebbe dovuto dare una nuova identità politica al Movimento: una necessità resasi evidente a seguito del passaggio dal Governo giallo-verde al Governo giallo-rosso. I dirigenti del Movimento giustificarono i continui rinvii degli Stati generali con la crisi pandemica, che in quei mesi si stava amplificando sempre di più. Gli Stati generali avrebbero dovuto tenersi a marzo, ma furono posticipati ad ottobre 2020.

In ogni caso, quel Congresso si sarebbe dovuto occupare unicamente della linea politica, e non di quella organizzativa. La questione organizzativa, anzi, sembrava già essere stata risolta: nei mesi precedenti alle dimissioni di Luigi Di Maio furono introdotti ed eletti le figure dei coordinatori nazionali e regionali (i “facilitatori”). Ma Crimi concentrò il Congresso sulla riorganizzazione interna del Movimento e fece approvare alcune modifiche statutarie. Tra queste, il Capo Politico fu sostituito da un organo collegiale di cinque persone. Il tempo passò, si continuò ad aspettare e alla fine non fu mai eletto neppure l’organo collegiale appena introdotto nello Statuto. Si arrivò così alla crisi del Governo Conte II.

Dopodiché si decise di tornare nuovamente indietro: l’organo collegiale non serviva più, occorreva piuttosto un nuovo Capo, che fu identificato nella figura dell’ex Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Quest’ultimo – dopo alcune beghe con Grillo – fece approvare nuove modifiche allo Statuto, prevedendo l’introduzione della figura del Presidente (Capo) del Movimento. La collegialità fu così dimenticata.

Anche queste modifiche furono sottoposte alla votazione degli iscritti ma, diversamente da quanto imposto dallo Statuto in quel momento vigente, si tennero su una piattaforma diversa da Rousseau. Una volta approvate queste modifiche, fu votato il nuovo Capo. Curiosamente non fu data l’opportunità a nessuno di candidarsi e di correre per la leadership alternativamente a Conte.

Oggi alcune delle modifiche statutarie sono sospettate di essere illegittime dal Tribunale di Napoli. Nel frattempo bisognerebbe fare un’alta riflessione: l’articolo 49 della Costituzione stabilisce che i cittadini concorrono a determinare la politica nazionale, con metodo democratico, attraverso i partiti. Ma i soggetti politici, oggi, per come sono strutturati, consentono l’applicazione di questo principio? Berlusconi, Conte, Letta, Meloni. Nessuno di loro è stato eletto a seguito di votazioni democratiche.

In un mondo ideale, la proliferazione dei partiti sarebbe auspicabile, se ciascun cittadino – indipendentemente dalle rispettive condizioni economiche e sociali – avesse la possibilità di creare un soggetto politico che rappresenti le proprie idee. Ma essendo questo utopico, sarebbe preferibile iniziare a ragionare sulla stesura di una legge sui partiti, che obblighi chiunque intenda formarne uno a rispettare principi di democraticità interna e regole imposte dalla legge.

Il blog Sostenitore ospita i post scritti dai lettori che hanno deciso di contribuire alla crescita de ilfattoquotidiano.it, sottoscrivendo l’offerta Sostenitore e diventando così parte attiva della nostra community. Tra i post inviati, Peter Gomez e la redazione selezioneranno e pubblicheranno quelli più interessanti. Questo blog nasce da un’idea dei lettori, continuate a renderlo il vostro spazio. Diventare Sostenitore significa anche metterci la faccia, la firma o l’impegno: aderisci alle nostre campagne, pensate perché tu abbia un ruolo attivo! Se vuoi partecipare, al prezzo di “un cappuccino alla settimana” potrai anche seguire in diretta streaming la riunione di redazione del giovedì – mandandoci in tempo reale suggerimenti, notizie e idee – e accedere al Forum riservato dove discutere e interagire con la redazione. Scopri tutti i vantaggi!

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Le tre cose che il M5s doveva fare. E non ha fatto

Il M5S ha perso più di metà del suo elettorato e decine di parlamentari e ora si trova dilaniato, con Luigi Di Maio che attacca Giuseppe Conte e un generale stato di confusione, delusione e depressione. Cosa non ha funzionato?

Al convegno di fondazione delle Liste Civiche, 12 anni fa, fui invitato da Beppe Grillo a parlare. In un intervento applauditissimo posi due questioni: quella della formazione dei dirigenti e quella della selezione dei candidati alle elezioni. Proposi che solo i militanti che erano riusciti a organizzare delle iniziative pratiche vincenti nella loro città potessero candidarsi, sennò si rischiava di fare eleggere quelli che parlano bene e non sono capaci di fare niente di concreto. E ricordai che la storia è piena di movimenti che sono morti perché quelli bravi solo a far andare la bocca avevano preso il potere (qui il mio intervento: Prima parte. Seconda parte).

Disgraziatamente avevo ragione: il disastro di oggi parte dall’incapacità di formare con vere scuole i candidati e dall’incapacità di selezionare i più capaci. Certamente abbiamo eletto alcuni parlamentari e sindaci bravissimi, ma è anche indubbio che in Parlamento sono finite anche persone che non erano proprio all’altezza. E si sa, quelli con poca cultura sono a volte bravissimi a sembrare capaci e lungimiranti. E a volte si convincono di essere Dio e vogliono contemporaneamente fare il capo del movimento e gestire due ministeri.

Il reddito di cittadinanza è stata una grande istituzione che ha tolto dalla miseria un numero enorme di famiglie. Ma si poteva farla un po’ meglio… alcuni dettagli hanno ridotto l’efficienza del sistema, aperto le porte ai furbetti e buttato i poveri navigator allo sbaraglio.

La seconda questione riguarda la capacità di sfruttare tutte le opportunità per fare gli interessi della gente. Durante il primo governo 5Stelle, io e alcuni amici ci rendemmo conto che c’era una risorsa enorme male utilizzata: Invitalia aveva in cassa più di un miliardo di euro per finanziare start up giovanili ma riusciva a spendere meno di 100 milioni all’anno. Questo perché pochi sapevano di questa opportunità e perché redigere un progetto per ottenere il finanziamento era difficile. Proponemmo semplicemente di replicare il modello che aveva avuto straordinario successo in Francia: avevano organizzato una flotta di pulmini arancioni, con a bordo una squadra di consulenti che giravano per i piccoli centri e le periferie, informando i giovani e aiutandoli a fare i progetti per ottenere i finanziamenti pubblici. E proponemmo anche di aiutare chi riceveva il finanziamento durante il primo anno, fornendo consulenze gratuite in modo tale da aumentare le probabilità di successo.

La nostra proposta fu accolta con grande favore da parecchi parlamentari del M5S, e in particolare quelli della commissione industria del Senato, presieduta da Gianni Girotto, e ricevemmo l’incarico di incontrare i vertici di Invitalia che si dimostrarono molto favorevoli all’iniziativa. Anche la ministra Barbara Lezzi era molto favorevole, anche perché non si trattava di stanziare fondi ma di utilizzare quelli già assegnati per promuovere l’attività di Invitalia. Incontrai brevemente anche Di Maio, che conoscevo, che mi disse: “Molto interessante, ti telefono lunedì”. Non mi telefonò, ma arrivammo comunque alla giornata fatidica nella quale dare inizio all’opera con una squadra di esperti di comunicazione e di formazione e consulenti aziendali di grande esperienza. Il progetto prevedeva anche una serie di concerti nelle maggiori città del sud per far conoscere questa grande opportunità offerta ai giovani. I tempi erano pure perfetti perché i primi 50 pulmini e 200 consulenti sarebbero stati attivi due mesi prima delle elezioni europee. Il che non avrebbe guastato.

Poi improvvisamente il meccanismo si inceppò. La ministra Lezzi alla fine ci ricevette per sette minuti comunicandoci che non se ne faceva niente. Negli ambienti del parlamento si mormorava che Di Maio avesse bloccato tutto perché Invitalia era una creatura voluta dal Partito Democratico e bisognava distruggere tutto quello che era targato Pd e non farlo funzionare meglio. Non so se sia vero, ma i fatti dimostrano che qualche cosa del genere deve essere passata per la testa di qualcuno nel cerchio magico del M5S. Le elezioni europee furono il disastro che sappiamo.

L’altra questione drammatica è stata la comunicazione. Credo che pochi militanti del M5S sappiano che tra Camera, Senato e Presidenza del Consiglio il M5S aveva più di 200 esperti della comunicazione pagati il giusto a spese dello Stato. Io con 200 esperti ci faccio un quotidiano, una radio, una tv e incontri con la gente in tutta Italia. Loro riuscirono a scrivere un po’ di comunicati stampa e organizzare qualche comparsata in tv. A un certo punto venni chiamato dai membri del 5 Stelle della commissione Sanità di Camera e Senato e da altri parlamentari che mi chiesero qualche idea per rianimare la comunicazione del Movimento.

Mi offrii di realizzare, del tutto gratuitamente, pagando io operatori e montaggio, una serie di spot. Ad esempio, proposi di girarne uno nel quale la ministra della Sanità Giulia Grillo entrava in farmacia, comprava delle aspirine e poi si stupiva perché il prezzo è più del doppio di quel che si paga in Francia. È così per gran parte delle medicine da banco che arrivano a costare fino a cinque volte di più che in altri paesi europei. Un altro spot riguardava l’eccessivo uso di antibiotici e i rischi conseguenti. E poi ce n’era uno nel quale la ministra entrava in una casa di giovani sposi con figli e vedeva che vicino alla culla c’era un erogatore di insetticida acceso; allora la ministra spiegava che bisogna areare i locali dopo aver fatto funzionare l’erogatore e non bisogna tenerlo acceso quando si è in casa. L’idea era che la Grillo lanciasse una serie di spot che informavano i cittadini su questioni di base relative alla salute e agli sprechi del sistema sanitario italiano.

Mi pareva che molte trasmissioni televisive l’avrebbero invitata a parlare e avrebbero trasmesso gratis i suoi spot. Cioè avremmo fatto una campagna di informazione sanitaria a costo zero per lo Stato… insomma mi pareva che avremmo fatto una gran bella figura!

Esposi la mia proposta alla Grillo, durante un’intervista sulla sua geniale idea di tagliare i costi delle medicine organizzando aste per comprarle a livello nazionale ed europeo, ottenendo un risparmio di più di cinque miliardi all’anno per le casse dello Stato. Mi parve che la proposta le piacesse. Incontrai quindi una, non eletta, capa della comunicazione del M5S e le raccontai la mia idea; lei mi interruppe, balzò in piedi colpendo il tavolo con entrambe le mani aperte producendo un gran fragore e proferì alterata le seguenti parole: “Sei pazzo! Noi siamo al governo, non facciamo queste cose!”.

Le dissi che se non le avessero fatte non sarebbero riusciti a comunicare con la gente e le ricordai che erano al governo perché Beppe Grillo aveva realizzato una comunicazione divertente e fuori dagli schemi, tipo attraversare lo Stretto di Messina a nuoto. La riunione fu troncata e della mia proposta non si fece più niente.

Questi sono solo alcuni esempi del tipo di proposte che ho fatto ai vertici del M5S e che non sono andate da nessuna parte. Poi ho smesso. Il M5S ha ottenuto grandi risultati nell’interesse degli italiani. Ma non è stato in grado di raccontarli, non è stato in grado di usare molte grandi opportunità che si potevano sfruttare a costo zero; e non è stato in grado di selezionare i suoi leader in modo sensato. Ha ancora possibilità di risollevarsi? Credo di sì, ma serve cambiare logica.

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M5s, Conte e Grillo si abbracciano dopo l’incontro. Il garante: “La leadership dell’ex premier non è mai stata messa in dubbio”

La lunga giornata d’incontri del Movimento 5 stelle, termina con un abbraccio tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo. Se l’obiettivo era sfuggire a telecamere e cronisti, questo in parte è fallito. Il co-fondatore e Garante del Movimento 5 stelle ha svolto una serie d’incontri, a Roma, nell’Hotel Parco dei Principi. Prima con l’avvocato Giannavei, poi con Luigi Di Maio ed infine con i capogruppo pentastellati Davide Crippa e Mariolina Castellone. Successivamente, Grillo si è trasferito nella sede del notaio Luca Amato, sempre nel quartiere Prati, dove ha incontrato prima Virginia Raggi e poi Conte.

Al termine dell’incontro un abbraccio tra il presidente (sospeso) del M5s ed il Garante ha sancito la pace ritrovata all’interno della galassia pentastellata. “Abbiamo fatto una riunione antibiotica per ripristinare il sistema immunitario del Movimento, quindi state tranquilli”, dice Grillo che però evita (per il momento) di rispondere alla domanda se Conte resti o meno il leader M5S.

Dopo poco Grillo dà appuntamento all’ex premier in un ristorante. All’uscita, è Conte il primo a fermarsi con i cronisti, annunciando l’intenzione del Movimento di presentare un’istanza di revoca dell’ordinanza del Tribunale di Napoli, che ha annullato la votazione che ha incoronato l’ex presidente del Consiglio leader dei 5 stelle e sancito l’entrata in vigore del nuovo Statuto. “Abbiamo esaminato tutti gli aspetti giuridici e siamo fiduciosi, avendo offerto al tribunale un nuovo documento, che potrà essere riconosciuta la piena validità delle delibere assembleari contestate – dice Conte – Rousseau? Noi la piattaforma ce l’abbiamo”. Quindi il leader sospeso conclude: “La mia leadership? Non è un tema politico, ma solo giudiziario”. A chiudere le dichiarazioni è Beppe Grillo, lasciando il ristorante: “Se la leadership 5 stelle è di Conte? Certamente, nessuno ha mai messo in dubbio questa cosa”.

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giovedì 10 febbraio 2022

Csm, il premier Draghi vuole una riforma light delle porte girevoli tra politica e magistratura. Il no di 5 Stelle, Lega e Forza Italia

La modifica voluta da Mario Draghi alla riforma del Csm scatena le ire dei 5 stelle, della Lega e persino di Forza Italia. Quasi tutta la maggioranza di governo si è rivoltata contro l’ultima versione della norma su Palazzo dei Marescialli. A scatenare i partiti è la parte della legge che prevede il divieto per i magistrati che entrano in politica di tornare poi indietro a vestire la toga. Una norma che – sulla carta – trovava tutti d’accordo. Soprattutto i 5 stelle, che due giorni fa – come gli altri partiti – erano stati convocati dalla ministra per discutere della norma su Palazzo dei Marescialli. Sulle porte girevoli, facevano sapere gli esponenti M5s, la guardasigilli aveva garantito di voler lasciare l’impianto della riforma di Alfonso Bonafede: un magistrato che entra in politica non può tornare a fare il pm o il giudice.

La versione della riforma Cartabia, però, era diversa. Se ne è accorto poco dopo Enrico Costa, deputato di Azione lontanissimo dalle posizioni dei 5 stelle: “Tutti i giornali titolano che non ritorneranno in toga i magistrati che hanno fatto politica. M5S esultano. Basta scavare un po’ e si scopre che un magistrato potrà tranquillamente fare l’assessore regionale, il ministro o il sottosegretario e tornare a fare il Pm (dopo 5 anni)”, ha twittato già due giorni fa. La guardasigilli, insomma, ha spiegato a Costa che la sua norma prevede di vietare il ritorno alle funzioni di pm e giudice solo per i magistrati che si candidano alle elezioni. Non vale, invece, per chi ricopre incarichi politici ma non eletti, cioè per quei magistrati che vengono nominati nelle giunte comunali, regionali, o persino al governo come ministri o sottosegretari. Un grosso problema visto che in questo modo la strada per tornare a vestire la toga sarebbe sbarrata per i magistrati che si candidano e magari non vengono eletti. Al contrario chi fa parte di organi esecutivi poi può tornare tranquillamente a fare il giudice.

“Per noi non va assolutamente bene. Non esistono motivazioni giuridicamente e politicamente valide per queste esenzioni. Si tratterebbe solo di norme ‘ad personam’ e ne abbiamo già avute abbastanza in passato”, dice la responsabile Giustizia del M5s, Giulia Sarti. Stessa posizione anche per Giulia Bongiorno, responsabile Giustizia ed ex ministra del Carroccio: “La Lega è contraria al tema delle cosiddette porte girevoli: una volta che un magistrato decida di entrare in politica non può più ritornare a vestire la toga”. Pure Forza Italia, dopo aver incontrato Cartabia, si è detta contraria a questa parte della riforma: “Chiediamo non si possa essere candidati, deputati o consiglieri comunali e regionali, e poter poi fare ritorno immediatamente nella magistratura. Se si è candidati occorre un periodo di tempo prima di poter esercitare nuovamente la funzione di magistrato. Se si è eletti, non si può tornare a fare il magistrato, ma si può lavorare al ministero o ricoprire altri incarichi pubblici dello stesso livello”, ha detto Antonio Tajani. Il numero due di Forza Italia, tra l’altro, annuncia che i suoi ministri “non potranno votare se non c’è un testo scritto che può essere esaminato e studiato in maniera approfondita”.

Insomma: quasi tutti i partiti che fanno parte della maggioranza di governo – a parte il Pd e Leu – sono contrari all’ultima versione della riforma sul Csm. Un bel problema visto che gli emendamenti del governo alla legge Bonafede – e quindi, cioè, il testo della riforma di Palazzo dei Marescialli che andrà depositato in commissione giustizia – dovrebbero essere esaminati domattina alle 9 e 30 in Consiglio dei ministri. Ma viste le posizioni di Lega, M5s e Forza Italia è improbabile che il Cdm licenzi la riforma così come è. E’ probabile, dunque, che nelle prossime ore via Arenula intervenga sul testo. Il problema, da quello che trapela, è che quella norma sulle porte girevoli che consente ai tecnici prestati alla politica di tornare a indossare la toga è stata chiesta direttamente dal presidente del consiglio. “È una decisione di Draghi” è quello che, secondo il quotidiano La Stampa, si è sentito rispondere Costa da Cartabia e da Antonio Funicello, capo di gabinetto del premier.

Sempre secondo La Stampa, tra i partiti si è diffusa una convinzione: la versione light delle porte girevoli tra magistrati e politica è stato discussa dalla ministra con Roberto Garofoli, potente sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Giudice amministrativo, Garofoli ha sempre avuto molti incarichi nei ministeri: fino al 2018 era capo di gabinetto del ministero dell’Economia. Poi ha dato le dimissioni dopo essere entrato in contrasto con i 5 stelle, tornando a lavorare al consiglio di Stato come presidente di sezione. Quindi è tornato al governo con Draghi. La modifica che concede ai magistrati nominati dalla politica – e dunque non eletti – di tornare a vestire la toga riguarda dunque direttamente lo stesso Garofoli. E pure Luciana Lamorgese, la ministra dell’Interno che è pure consigliere di Stato. Da Palazzo Chigi fanno notare come la riforma non è retroattiva: non riguarda dunque il passato di Garofoli e Lamorgese. Varrebbe, però, per il futuro: quale magistrati accetterebbero incarichi politici – che sono a tempo – sapendo di non poter tornare a vestire la toga? Su questo punto i partiti sembrano fare muro. E dunque, come già era avvenuto ai tempi della riforma del processo penale, sarà probabilmente il premier a muoversi per provare a trovare un accordo. Infatti fonti dell’Esecutivo assicurano che in Cdm le proposte saranno illustrate direttamente dal premier ai partiti. E in serata da Palazzo Chigi è filtrata anche la possibilità di modificare quella norma sulle porte girevoli, tornando alla precedente versione della riforma Bonafede.

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M5s, Lezzi a La7: “A che titolo Di Maio viene convocato da Grillo? Non è più nel comitato di garanzia ed è un ministro come gli altri”

A che titolo Grillo incontra ancora Di Maio? Di Maio non è più nel comitato di garanzia e ci sono anche altri ministri M5s nel governo. Al limite, Grillo avrebbe dovuto incontrare Patuanelli, che è il rappresentante dei 5 Stelle nel governo. Ci sono ambiguità che ormai neanche gli elettori comprendono più. Chi comanda nel M5s?“. È il commento pronunciato nella trasmissione “Tagadà” (La7) da Barbara Lezzi, senatrice del Gruppo Misto ed ex militante del M5s, sull’incontro odierno tra Beppe Grillo e Luigi Di Maio.

Lezzi sottolinea: “L’unico interlocutore titolato all’incontro col garante del M5s è Giuseppe Conte, perché lui è quello che ha ricevuto la legittimazione. Per molti aspetti non sono d’accordo con la linea politica di Conte e non lo ero nemmeno quando sono stata nel suo governo come ministro. Però in questo momento nei confronti di Conte io vedo un attacco immeritato. Di questa fase difficile del M5s lui non ha colpe. Ricordo che buona parte degli elettori e quello che è rimasto della base del M5s hanno fiducia in lui”.

La parlamentare spiega anche quali siano, secondo lei, le ragioni della crisi del M5s: “Il tracollo del Movimento nasce da un peccato originale: la reggenza di Vito Crimi, che è stata tirata per troppi mesi in un momento in cui i vertici del M5s, passando dalla Lega al Pd, iniziano a voler correggere il Movimento e non a farlo evolvere. Quando si fa il governo col Pd, già si parla di alleanza strutturale e di fronte del centrosinistra. Tutto questo non è stato compreso non solo dagli elettori, ma neanche da molti eletti. C’è stata la gabbia della reggenza, che ha fatto allargare questa fase di indeterminatezza nella quale poi si è ritrovato Giuseppe Conte”.

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M5s, Lega e Forza Italia contro la riforma del Csm di Cartabia: “Se un magistrato entra in politica non deve più tornare a vestire la toga”

Era difficile mettere d’accordo i 5 stelle, la Lega e Forza Italia. Quasi tutta la maggioranza di governo, infatti, si è rivoltata contro l’ultima versione della riforma del Csm. A scatenare i partiti è la norma sulle cosiddette “porte girevoli”, cioè il divieto per i magistrati che entrano in politica di tornare poi indietro a vestire la toga. Una norma che – sulla carta – trovava tutti d’accordo. Soprattutto i 5 stelle, che due giorni fa – come gli altri partiti – erano stati convocati dalla ministra per discutere della norma su Palazzo dei Marescialli. Sulle porte girevoli, facevano sapere gli esponenti M5s, la guardasigilli aveva garantito di voler lasciare l’impianto della riforma di Alfonso Bonafede: un magistrato che entra in politica non può tornare a fare il pm o il giudice.

La versione della riforma Cartabia, però, era diversa. Se ne è accorto poco dopo Enrico Costa, deputato di Azione lontanissimo dalle posizioni dei 5 stelle: “Tutti i giornali titolano che non ritorneranno in toga i magistrati che hanno fatto politica. M5S esultano. Basta scavare un po’ e si scopre che un magistrato potrà tranquillamente fare l’assessore regionale, il ministro o il sottosegretario e tornare a fare il Pm (dopo 5 anni)”, ha twittato già due giorni. La guardasigilli, insomma, ha spiegato a Costa che la sua norma prevede di vietare il ritorno alle funzioni di pm e giudice solo per i magistrati che si candidano alle elezioni. Non vale, invece, per i tecnici, cioè per quei magistrati che vengono nominati nelle giunte comunali, regionali, o persino al governo come ministri o sottosegretari. Un grosso problema visto che in questo modo la strada per tornare a vestire la toga sarebbe sbarrata per i magistrati che si candidano e magari non vengono eletti. Al contrario chi fa parte di organi esecutivi – anche connotati politicamente – poi può tornare tranquillamente a fare il giudice.

“Per noi non va assolutamente bene. Non esistono motivazioni giuridicamente e politicamente valide per queste esenzioni. Si tratterebbe solo di norme ‘ad personam’ e ne abbiamo già avute abbastanza in passato”, dice la responsabile Giustizia del M5s, Giulia Sarti. Stessa posizione anche per Giulia Bongiorno, responsabile Giustizia ed ex ministra del Carroccio: “La Lega è contraria al tema delle cosiddette porte girevoli: una volta che un magistrato decida di entrare in politica non può più ritornare a vestire la toga”. Pure Forza Italia, dopo aver incontrato Cartabia, si è detta contraria a questa parte della riforma: “Chiediamo non si possa essere candidati, deputati o consiglieri comunali e regionali, e poter poi fare ritorno immediatamente nella magistratura. Se si è candidati occorre un periodo di tempo prima di poter esercitare nuovamente la funzione di magistrato. Se si è eletti, non si può tornare a fare il magistrato, ma si può lavorare al ministero o ricoprire altri incarichi pubblici dello stesso livello”, ha detto Antonio Tajani. Il numero due di Forza Italia, tra l’altro, annuncia che i suoi ministri “non potranno votare se non c’è un testo scritto che può essere esaminato e studiato in maniera approfondita”.

Insomma: quasi tutti i partiti che fanno parte della maggioranza di governo – a parte il Pd e Leu – sono contrari all’ultima versione della riforma sul Csm. Un bel problema visto che gli emendamenti del governo alla legge Bonafede – e quindi, cioè, il testo della riforma di Palazzo dei Marescialli che andrà depositato in commissione giustizia – dovrebbero essere esaminati domattina alle 9 e 30 in Consiglio dei ministri. Ma viste le posizioni di Lega, M5s e Forza Italia è improbabile che il Cdm licenzi la riforma così come è. E’ probabile, dunque, che nelle prossime ore via Arenula intervenga sul testo. Il problema, da quello che trapela, è che quella norma sulle porte girevoli che consente ai tecnici prestati alla politica di tornare a indossare la toga è stata chiesta direttamente dal presidente del consiglio. “È una decisione di Draghi” è quello che, secondo il quotidiano La Stampa, si è sentito rispondere Costa da Cartabia e da Antonio Funicello, capo di gabinetto del premier. E dunque, come già era avvenuto ai tempi della riforma del processo penale, sarà probabilmente il premier a muoversi per provare a trovare un accordo.

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Boccia: “M5s? L’alleanza resta solida, già al lavoro per amministrative”. E non esclude l’asse con Forza Italia in Sicilia: “Presto per parlare di intese”

L’asse tra Pd e Movimento 5 stelle? “Continuerà e resta solido“, al di là delle grane interne in casa pentastellata, tra le tensioni tra l’ex premier Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e la sentenza con cui il Tribunale di Napoli ha sospeso statuto e nomina dello stesso presidente. Almeno secondo Francesco Boccia, ex ministro degli Affari regionali nel passato esecutivo giallorosso (guidato dall’attuale presidente M5s) e ora responsabile Pd per gli Enti Locali e le Autonomie territoriali. “Siamo già al lavoro per le prossime amministrative, la coalizione che ha vinto quelle dello scorso ottobre cercherà di vincere ancora”, spiega ai microfoni del Fattoquotidiano.it, a margine della riunione della segreteria nazionale Pd.
E mentre tra le minoranze interne al Pd c’è chi invece spinge per un cambio di rotta sulle alleanze, guardando verso il centro e Forza Italia – a partire dal sindaco di Bergamo Giorgio Gori, secondo cui bisognerebbe lavorare a una “coalizione riformista per avere Mario Draghi premier anche dopo il 2023“, ndr – in casa dem i vertici prendono tempo: “Al momento siamo concentrati sulla stabilità di questo governo. Stiamo in una maggioranza larga e cooperiamo con tutte le forze. Guardiamo con rispetto alle dinamiche interne degli altri partiti, ma non ci immischiamo”, taglia corto la vicesegretaria vicaria del Pd, Irene Tinagli. Mentre è il deputato Enrico Borghi ad augurarsi che “al di là delle dinamiche interne al M5s, il confronto sbocchi in un percorso di rafforzamento dell’intesa, per costruire una coalizione per il 2023 alternativa alle destre sovraniste”. E Forza Italia? “Si è resa autonoma sul Quirinale, vedremo questo percorso dove porterà”, taglia corto per ora il deputato Pd.
Chi ragiona però già su un asse tra azzurri e democratici è il Pd siciliano, con un dialogo portato avanti con Gianfranco Miccichè (dopo le tensioni con il governatore Musumeci all’Ars) e i forzisti. Una possibile intesa che ha già creato non pochi malumori a Palermo, tra le forze a sinistra alleate dei dem, da Articolo Uno a Sinistra italiana, ma non solo. Ma da Roma è lo stesso Francesco Boccia a tagliare corto, pur senza escludere al momento alcuna opzione in vista di Regionali e amministrative: “Se non imbarazza un possibile asse in Sicilia con un partito co-fondato da un condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa (Marcello Dell’Utri, ndr)?: “Presto per parlare di alleanze, che tra l’altro si fanno con gli elettori. Capisco che sia partito quattro o cinque mesi prima il toto alleanze…”, ha rivendicato Boccia. E ancora: “Non sono abituato a personalizzare. Posso garantire però che l’alleanza con il M5s è solida, anche in Sicilia“. “Leggo di questa ipotesi sui giornali, ma mi sembra complicata. Anche le alleanze locali non possono discostarsi tanto dal percorso nazionale. Mi sentirei di escluderlo”, ha invece allontanato l’intesa l’ex presidente della Camera e deputata Pd, Laura Boldrini.

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mercoledì 9 febbraio 2022

Genova, Ariel Dello Strologo è il candidato sindaco di centrosinistra e 5 Stelle: sfiderà Marco Bucci alle comunali di giugno

Sarà Ariel Dello Strologo, presidente della comunità ebraica di Genova, lo sfidante di Marco Bucci per la carica di sindaco del capoluogo ligure alle elezioni comunali in programma a giugno 2022. Lo ha deciso – dopo lunghe trattative – il tavolo di coalizione tra centrosinistra e Movimento 5 Stelle, riunito fino alla mezzanotte di martedì nella sede regionale del Partito democratico. Dello Strologo, avvocato 55enne molto noto in città, è stato per otto anni presidente della controllata Porto Antico Spa (che gestisce l’area turistica dell’Expo), dimettendosi nel 2017 dopo la vittoria di Bucci.

Le uniche forze politiche a non aver (ancora) aderito alla coalizione sono Italia viva, +Europa e Azione: superato invece l’iniziale scetticismo di Ferruccio Sansa, capogruppo dell’omonima lista in Consiglio regionale, poco convinto dalla vicinanza di Dello Strologo all’ex governatore Claudio Burlando. “Siamo certi che la qualità della proposta politica per Genova e l’alto profilo del candidato sindaco che la incarna possano essere attrattori di un campo largo di forze politiche e sociali che condividono i nostri valori e si sentono radicalmente alternativi alla destra che governa la città”, si legge in una nota diffusa dal Pd.

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M5S, il tribunale riporta tutti al punto di partenza: così finisce un ideale

Alla fine ce l’hanno fatta. L’hanno aperta quella scatoletta di tonno. Purtroppo, non era il Parlamento, ma lo stesso Movimento 5 Stelle: oramai null’altro che una scatoletta di latta al cui interno sono rimasti appiccicati brandelli di ideali e qualche goccia d’olio. Il grande tragico greco Euripide non avrebbe saputo immaginare una punizione più sadica per la hybris manifestata da quei “comuni cittadini” illusi di farsi re di se stessi e di scalzare una tracotante aristocrazia impunita, immutata e immutabile.

Nella vicenda che coinvolge Giuseppe Conte, Beppe Grillo, Luigi Di Maio e tutti gli altri, attivisti o eletti che siano, l’eterogenesi dei fini ha avuto il suo più esemplare trionfo. Il risultato delle azioni intraprese non è stato affatto quello che ci si proponeva all’origine, “ma piuttosto la risultante della combinazione, del rapporto e del contrasto delle volontà e delle condizioni oggettive” (Wilhelm Wundt).

Come nel gioco dell’oca, l’ordinanza del Tribunale di Napoli apparentemente riporta tutti al punto di partenza degli “Stati Generali” del 2021, quelli che faticosamente decretarono la imprescindibilità di avere per guida del Movimento un Direttorio per evitare l’uomo solo al comando. Di Maio leader, del resto, dopo le Politiche del 2018 si era dimostrato un disastro, tra nomi paracadutati nelle liste (tutti evaporati per altri lidi) e sfracello elettorale europeo.

In realtà, questa decisione dei giudici decreta la definitiva fine di un ideale, quella della democrazia partecipativa. Impensabile che un Conte, ingolosito dalle sfrenate ambizioni casaliniane, voglia ridursi ad essere “uno dei cinque” a decidere. Impensabile che un Di Maio, ormai felicemente fagocitato e digerito dal mainstream del Potere, decida di tornare a fare l’attivista nei territori (nel suo caso, l’Avellinese) o a fare da guida e tutore per altri eletti dopo di lui e al posto suo.

Pittaco, filosofo a Mitilene nel quinto secolo avanti Cristo, aveva già capito tutto: “Se vuoi conoscere la vera natura di un uomo, devi dargli un grande potere.” Ormai abbiamo capito chi è davvero Di Maio, così come chi è Conte e mettiamoci anche Grillo, che dopo la morte di Gianroberto Casaleggio non ne ha più azzeccata una. Adesso è lui stesso ad annunciare cambiamenti “rivoluzionari” ma solo ora si decide a mettere nero su bianco una cosa, ovvia un anno fa, ma che con la crescita esponenziale delle velleità di Conte e di Di Maio era diventata un confuso ricordo: “Rotazione o limiti alla durata delle cariche, anche per favorire una visione della politica come vocazione e non come professione”. Ci sarebbe da sbellicarsi dalle risate, se a fare le spese di questa totale insipienza politica non fossero quei creduloni degli attivisti e in generale i cittadini italiani.

“Ricordatevi chi c’era prima di noi, ricordate cosa abbiamo fatto”, è il tormentone del “Fondatore” e degli attuali “portavoce” in Parlamento. Gli italiani se lo ricorderanno senz’altro. Per tanti di loro il Movimento è stata la speranza, una buona volta, di cambiare della politica. Una speranza schiacciata poi sotto il proprio naso. Come una scatoletta di tonno, vuota.

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M5s, Conte: “Vedrò Grillo, studiamo soluzioni. L’azione di una forza politica non può interrompersi per un provvedimento giudiziario”

Luigi di Maio non risponde alla domande dei cronisti che lo intercettando mentre lascia la Camera dei Deputati. Poco dopo, Giuseppe Conte rientra nella sua abitazione e afferma: “Se vedrò Beppe Grillo? Sì certo, ci incontreremo, ci confronteremo, stiamo studiando anche con i legali le varie soluzioni”. Parlando con i cronisti, il presidente (sospeso) del Movimento 5 stelle spiega: “L’azione di una forza politica non può interrompersi per un provvedimento giudiziario, peraltro provvisorio, cautelare. E quindi stiamo trovando delle soluzioni per procedere ancora più forti”. “Le urgenze degli italiani sono tante, il problema del caro bollette in questo momento è quello più serio – prosegue ancora l’ex premier – Il governo sta lavorando a una soluzione, noi come M5s chiediamo che sia una soluzione strutturale. Senza rimedi strutturali il rischio serio è che ci ritroveremo con una crescita compromessa e una ripresa dimezzata”.

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