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lunedì 31 marzo 2025

Borghi (Italia Viva): “Calenda contro M5s? Una delle sue uscite fuori misura. Faccia pace con se stesso”

Sui 5 Stelle Calenda ha fatto una delle sue tante uscite fuori misura. Se uno si professa liberale, non può usare frasi del genere. Chiunque faccia politica dovrebbe sapere che contenere anche le uscite verbali è una delle condizioni essenziali per una leadership adeguata”. Così, ai microfoni della trasmissione Battitori liberi, su Radio Cusano Campus, il senatore di Italia Viva Enrico Borghi boccia l’infelice uscita del leader di Azione contro i 5 Stelle (“L’unico modo per avere a che fare con il M5s è cancellarlo”).

Ancora più sferzante è il commento del parlamentare sull’auspicio che Calenda ha espresso durante il congresso del suo partito: costruire un’alternativa con Paolo Gentiloni (“lo metterei domani mattina a fare il presidente del Consiglio”) e far sì che un governo guidato dal dem sia sostenuto da un gruppo di ‘volenterosi’ di centro, ovvero Forza Italia, Azione, + Europa e un pezzo del Pd. Non è gradito a Calenda il suo ex alleato Italia Viva, perché, a suo dire, è favorevole al riarmo europeo.

“Calenda può dire ciò che vuole – osserva Borghi – ma siccome in politica contano i fatti e non le chiacchiere, è facile oggi mostrare in modo stentoreo i muscoli con declamazioni retoriche. Però, quando si passa all’azione pratica, vediamo che Calenda ha portato a far sì che ci siano oggi 7 o 8 europarlamentari italiani sovranisti e non 7 o 8 europarlamentari riformisti. Ricordo anche che il rappresentante in Europarlamento di Italia Viva, Sandro Gozi, ha votato il piano von der Leyen, quindi mi chiedo di che cosa stia parlando Calenda. Infine, credo che lui non abbia la patente per definire la correttezza o l’ortodossia degli altri partiti“.

E conclude: “Lui non è l’ufficiale in capo della coalizione di centrosinistra, l’ufficiale in capo è il Pd. E il Pd ha detto che vuole fare un’operazione con tutte le opposizioni. Noi stiamo a quello che dice il PD. Peraltro Calenda, da una parte, apre alla Meloni e dall’altra dice che vuole riorganizzare il centrosinistra. Insomma, faccia un po’ di pace con se stesso, definisca una linea che duri qualcosa di più di due ore e poi magari ne riparliamo“.

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Il “liberale” Calenda: “L’unica cosa da fare col M5s è cancellarlo. Noi mai nel campo largo se c’è Conte”

“Chiunque sostenga che esiste la pace senza la forza o è un ignorante che non conosce la storia o è un pusillanime che vuole lucrare sul voto delle persone. Perché non stiamo nel campo largo? Perché l’unico modo per avere a che fare che con il M5s è cancellarlo. Amici del Pd ponetevi quindi voi il problema perché siete nel campo largo”. Lo ha detto Carlo Calenda dal palco del congresso di Azione, in corso a Roma, al termine del suo intervento introduttivo, poco prima di quello di Giorgia Meloni.

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sabato 29 marzo 2025

Congresso di Azione, Meloni e Calenda uniti dalle armi e dagli attacchi a Conte e i 5 stelle

Accoglienza calorosa e scambio di complimenti con Carlo Calenda, con due punti di convergenza su tutti: il sostegno all’Ucraina e l’attacco al Movimento 5 stelle. Si riassume così la partecipazione di Giorgia Meloni al congresso di Azione a Roma, a cui ha accettato l’invito insieme ai ministri Guido Crosetto, Antonio Tajani e Giancarlo Giorgetti (mentre non ci sono leader dell’opposizione). La premier sale sul palco subito dopo l’accesa relazione introduttiva di Calenda (rieletto segretario con l’85% dei voti) che le fa i complimenti per la linea sulla guerra: “Sono contento di avere la presidente del Consiglio perché difendere l’Ucraina e mandare aiuti all’Ucraina stando al governo, signori, non è una cosa né popolare né facile, e io voglio riconoscerla”. L’ex ministro nega di avere in corso un flirt con la maggioranza: “Ma qual è l’apertura a destra? Come funziona questa democrazia? Che non si parla con l’avversario perché è un nemico? Perché se la democrazia funziona così l’abbiamo già persa. Funziona che non dovremmo votare provvedimenti che riteniamo giusti perché li presenta il governo? Non dovremmo votare la chiusura del Superbonus o la riapertura al nucleare?”.

Per spingere il piano di riarmo europeo, poi, Calenda chiama in causa il leader pentastellato Giuseppe Conte e le sue posizioni pacifiste: “Chiunque sostenga che esiste la pace senza la forza o è un ignorante che non conosce la storia o è un pusillanime che vuole lucrare sul voto delle persone. Se chi lo dice ha buttato 200 miliardi in bonus edilizi è un mentitore seriale. Con 200 miliardi di euro questo Paese metteva a posto la sanità, la scuola, arrivava al 2% di spese militari. Mi chiedete perché non stiamo nel campo largo? Non ci stiamo perché c’è un piccolo problema col M5s: l’unico modo per averci a che fare è cancellarlo (video). Non ponetevi il problema del perché noi stiamo nel campo largo, amici del Pd: ponetevi il problema di perché ci siete voi”.

Meloni inizia il suo intervento con l’ironia: “Abbiamo fatto un po’ discutere con questa presenza, ho letto che vengo qui per dare segnali agli alleati che sarei pronta a sostituirli o la teoria secondo la quale volevo concedermi una “scorribanda tra i moderati”, ma ora devo dire che dopo l’intervento di Carlo Calenda porterò io un po’ di moderazione“, dice. “La ragione vera per cui sono qui è molto più banale e profonda, perché vengo da una storia politica di una comunità che ha fatto del confronto con le idee anche più distanti la sua cifra, senza che il confronto potesse mai mettere in discussione l’identità. Ad Azione voglio riconoscere la capacità di essere una forza politica che si confronta nel merito delle cose, che non ha paura di condividere le sue soluzioni, di metterle a disposizione degli altri e della nazione. Quindi la capacità di guardare al risultato prima che al posizionamento”, afferma.

Anche lei poi lancia una stilettata al presidente del M5s: “Chi crede davvero in qualcosa non ribalta le sue posizioni, come fa chi quando è al governo sottoscrive l’impegno di arrivare al 2% di spese per la Nato e quando è all’opposizione scende in piazza contro chi cerca di mantenere quell’impegno”, accusa, suscitando un’ovazione dalla platea. “Io sono presidente di un partito che ha avuto il coraggio di dire, quando era all’opposizione, che le spese in difesa e sicurezza sono il prezzo della libertà, e se chiedi a qualcuno di garantire la tua difesa non lo farà gratis, gli interessi di quel qualcuno a qualsiasi tavolo varranno più dei tuoi”, rivendica. Riferimento aggressivo a Conte anche dal ministro della Difesa Guido Crosetto, che interviene successivamente in un panel insieme al deputato calendiano Ettore Rosato: “L’Italia ha consentito a persone che in altri Paesi continuerebbero a fare gli avvocati di sesta fila in qualche studio minore di arrivare a governare il Paese”.

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Anche Alessandro Barbero sarà al corteo contro le armi organizzato dai 5 stelle

Alessandro Barbero sarà presente alla piazza contro le armi convocata dal Movimento 5 Stelle il prossimo 5 aprile a Roma. Lo storico torinese, noto esperto di Medioevo, è atteso in piazza per un evento che si pone contro il riarmo e la guerra, temi al centro dell’iniziativa voluta da Giuseppe Conte. Barbero dovrebbe anche intervenire dal palco.

In vista della mobilitazione, il M5S ha depositato una mozione alla Camera e al Senato per chiedere al governo di non sostenere il piano di riarmo europeo promosso da Ursula von der Leyen. Conte rilancia l’appuntamento: “Il 5 aprile ci ritroveremo per dire no al riarmo”, ribadendo che si tratta di un evento aperto a tutte le forze politiche e ai cittadini. L’invito all’unità è stato raccolto da diversi intellettuali, giornalisti e diplomatici che, in una lettera pubblicata sul Fatto Quotidiano, hanno chiesto di trasformare la manifestazione in una mobilitazione di massa.

Un appello simile è arrivato anche da Luciana Castellina, Luigi Ferrajoli e Gian Giacomo Migone, che hanno sollecitato una partecipazione congiunta di Elly Schlein, Nicola Fratoianni, Angelo Bonelli e Maurizio Acerbo, sotto le sole bandiere della pace e di un’Europa diversa. Il corteo partirà da piazza Vittorio e si concluderà su via dei Fori Imperiali, dove interverranno diversi ospiti, tra cui il missionario Alex Zanotelli e alcuni giornalisti. Tra questi, dunque, anche Barbero.

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venerdì 28 marzo 2025

Il 5 aprile tutt@ in piazza per fermare questa follia: serve un movimento unitario contro la guerra

In questi giorni, su iniziativa degli Stati Uniti, la Russia e l’Ucraina hanno raggiunto dei primi parziali accordi che aprono la strada ad una discussione più ampia su un possibile accordo di pace tutto da costruire. Di fronte a queste notizie positive cosa fa l’Unione Europea? Assume posizioni ed iniziative che boicottano la trattativa. Diamo conto di questa follia criminale.

In primo luogo Macron non perde occasione per riproporre l’invio di truppe europee in Ucraina. E’ evidente che questo proposito, se realizzato, è destinato a dar vita ad incidenti militari tali da cercare di far saltare le trattative in corso e la prospettiva della pace. Non sfugge a nessuno che sino ad ora nessuna nazione della Nato abbia ufficialmente inviato truppe in Ucraina: tutti i militari occidentali, dai soldati ai generali che sono in Ucraina a combattere risultano essersi dimessi dai rispettivi eserciti in modo che la loro appaia come una iniziativa individuale che non coinvolga il loro esercito. La scelta di Macron di inviare in forma ufficiale truppe francesi in Ucraina non potrebbe che portare ad una escalation del conflitto, perché è chiaro che queste truppe, non farebbero in alcun modo parte di truppe di interposizione dell’Onu ma sarebbero a tutti gli effetti truppe belligeranti a fianco delle truppe ucraine. Non ci vuole un genio per capire che Macron o parla perché ha la bocca sotto il naso (cosa possibile), oppure sta attuando un tentativo di sabotare la trattativa e di produrre una escalation che allarghi la guerra a tutta Europa.

In secondo luogo è noto a tutti che nell’ambito della trattativa triangolare tra Usa, Russia ed Ucraina, è stato concordata una tregua relativa alla guerra nel Mar Nero. Una delle condizioni di questo accordo è che alla Russia venga ripristinato l’accesso ai mercati mondiali per quanto riguarda i suoi prodotti agricoli e dei fertilizzanti. Affinché tale condizione si realizzi è necessario che i paesi occidentali facciano cadere le sanzioni alle banche e alle società commerciali russe che si occupano dell’esportazione di cereali e fertilizzanti. Mentre gli Usa hanno dato assicurazioni in tal senso – e il governo ucraino ha concordato – il Financial Times ci fa sapere che l’Unione Europea avrebbe respinto l’ipotesi di rivedere le sanzioni alla Russia con l’effetto di rendere impossibile l’applicazione del cessate il fuoco sul Mar Nero concordato tra Russia e Ucraina. Quindi l’Unione Europea, pur di far proseguire la guerra, non accetta nemmeno le mediazioni raggiunte dagli ucraini.

Non procedo oltre ma occorre sottolineare il salto di qualità in corso: l’Unione Europea è il principale ostacolo alla trattativa che punta ad arrivare alla pace in Ucraina. Negli anni scorsi l’Unione Europea è stata corresponsabile con gli Usa di aver posto le condizioni per arrivare alla guerra: dall’allargamento della Nato al golpe di Maidan al non rispetto degli accordi di Minsk. Adesso l’Unione Europea non è più corresponsabile ma sta – da sola e contro l’opinione di tutti i paesi del mondo – attivamente boicottando la ricerca di tregue parziali che portino alla fine del conflitto, alla pace.

Quell’Unione Europea così decantata da Benigni, quella pace giusta invocata da Michele Serra, quella creazione di un esercito europeo a cui anela Prodi, sono semplicemente la copertura della più stupida e criminale avventura bellica che le classi dominanti europee abbiano mai intrapreso. Perché bisogna purtroppo prendere atto che non solo le nazioni europee si sono fatte guerra per secoli ma che l’Unione Europea ha migliorato la situazione: continuano a pensare che la guerra e non la pace sia la strada per risolvere le controversie internazionali.

Per fermare questa follia è necessario che i popoli facciano sentire la loro voce e per questo è importantissimo che la manifestazione convocata per il 5 aprile dal Movimento 5 Stelle abbia una piena riuscita come propone Rifondazione Comunista e come giustamente chiede l’appello lanciato da Elena Basile e Angelo D’Orsi.

La piazza del 5 deve produrre una “eccedenza” che permetta di innescare un processo partecipato in cui si arrivi alla costruzione di un vero e proprio movimento unitario contro la guerra, il riarmo e per la pace. Un movimento unitario che possa mobilitare i milioni di italiani che rifiutano le politiche di guerra, l’aumento delle spese militari e la distruzione del welfare. Perché oggi è evidentissimo che la guerra è l’ultima carta disperata dell’élites neoliberista che cerca di nascondere col riarmo il proprio fallimento sociale, politico, economico e geopolitico. Far partire dalla piazza del 5 un movimento unitario per la pace, contro la guerra e contro il neoliberismo è la vera sfida che abbiamo oggi dinnanzi a noi. Questa sfida la possiamo vincere se sconfiggiamo queste classi dominanti guerrafondaie di destra e di centro sinistra e se costruiamo qui ed ora una alternativa popolare a questa follia che fa rigirare nella tomba il povero Altiero Spinelli. Il 5 tutt@ in piazza e firmiamo l’appello.

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giovedì 27 marzo 2025

Carotenuto (M5s): “Ranucci? Scenario da dittatura, non da democrazia. Meloni e il governo chiariscano”

“Solidarietà al giornalista e conduttore di Report Sigfrido Ranucci. Quello che ha denunciato in queste ore è gravissimo, ovvero di essere stato controllato dai nostri servizi segreti e che dietro questa operazione ci sia il sottosegretario Fazzolari, capo della comunicazione del governo. Si dipinge uno scenario inquietante, su cui serve immediata chiarezza”. Così il deputato del Movimento 5 stelle, Dario Carotenuto, intervenendo nell’aula della Camera. “Ranucci e il suo programma – prosegue il parlamentare 5stelle – sono oggetto di una costante azione intimidatoria, uno stillicidio, in particolare da quando hanno realizzato un’inchiesta sulla famiglia Meloni. Questo governo non solo non offre trasparenza, ma è capace di mentire anche di fronte all’evidenza. E chiunque prova a fare chiarezza viene sottoposto a indebite pressioni. E allora, Fazzolari non può limitarsi ad annunciare denunce, che risuonano come ulteriori intimidazioni, ma deve chiarire nelle sedi opportune”. “Noi chiediamo – conclude Carotenuto – che il governo, che la presidente Meloni, chiariscano in Parlamento. La presidenza della Camera deve farsi carico della nostra richiesta. Perché quello che ho descritto è uno scenario da dittatura, non da democrazia“.

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mercoledì 26 marzo 2025

Insulti di Donzelli al giornalista del Fatto, Ricciardi (M5s) in Aula: “Comportamento squadrista e violento”

“Si è raggiunto il limite quando il vicepresidente del Copasir, nonché responsabile dell’organizzazione del primo partito d’Italia, Donzelli, dice a una platea di giornalisti: ‘Fino a che c’è quel pezzo di merda io non parlo’. Un politico che insulta un giornalista in questa maniera, squadrista e violenta, è inaccettabile. Ricordiamo a Donzelli che se c’è un giornalista che fa il proprio mestiere, e rivela i segreti di un partito, quella si chiama democrazia. È lui che, insieme al suo amico Delmastro, non deve rivelare cose coperte da segreto di Stato e usarle per propaganda. Mi auguro che tutti i giornalisti con la schiena dritta di questo Paese, ogni qualvolta avranno davanti Donzelli in una televisione, gli risponderanno ‘fino a che c’è quel pezzo di merda io non parl0′”. Lo ha detto alla Camera Riccardo Ricciardi, capogruppo M5s, in riferimento agli insulti che Giovanni Donzelli ha rivolto al cronista de il Fatto Quotidiano, Giacomo Salvini.

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martedì 25 marzo 2025

Abruzzo, la Giunta aumenta le tasse per coprire il buco nella sanità: opposizioni sul piede di guerra

La Giunta regionale dell’Abruzzo ha approvato all’unanimità un aumento dell’addizionale regionale Irpef per colmare il buco nel bilancio della sanità nel 2024, stimato in 67 milioni di euro. Il provvedimento, che ora dovrà passare al vaglio del Consiglio regionale per l’approvazione definitiva, prevede un sistema di tassazione a scaglioni simile a quello nazionale: per i redditi fino a 28mila euro l’aliquota scenderà dall’1,73% all’1,63%, mentre per chi guadagna tra 28mila e 50mila euro salirà al 3,23% e per i redditi superiori ai 50mila euro toccherà il 3,33%. Secondo le stime della Regione, l’operazione porterà un gettito aggiuntivo di circa 44,7 milioni di euro. Il presidente Marco Marsilio (FdI) l’ha presentata come “manovra di equità, non una stangata sul ceto medio come qualcuno sostiene. Con questa riforma alleggeriamo la pressione fiscale su oltre il 70% degli abruzzesi. Chiediamo un sacrificio solo a chi può permetterselo”. Il governatore ha respinto le accuse dell’opposizione, che definisce il provvedimento “un colpo alle fasce medie della popolazione”, sostenendo che “l’Abruzzo tutela i più fragili e investe nel futuro”.

Pd e Movimento 5 Stelle contestano duramente la scelta della Giunta, annunciando proteste e mobilitazioni. Il Pd parla di “stangata fiscale” e sottolinea come l’Abruzzo, con queste aliquote, si collochi tra le regioni con la tassazione più alta d’Italia rispetto alla qualità dei servizi sanitari offerti. “I cittadini pagheranno più tasse per una sanità inefficiente, con livelli essenziali di assistenza tra i peggiori in Italia”, attacca Silvio Paolucci, capogruppo del Pd in Consiglio regionale ed ex assessore alla Sanità. Anche il capogruppo del M5S, Francesco Taglieri, si unisce alle critiche: “Marsilio parla di riduzione fiscale, ma la realtà è diversa. L’unica fascia che beneficia di una riduzione è quella fino a 28mila euro, con un taglio irrisorio, che non basta nemmeno a coprire il costo di un caffè al mese. In compenso, il peso dell’aumento ricadrà su insegnanti, infermieri, forze dell’ordine, le stesse categorie che Lega e Forza Italia dicevano di voler difendere”. Secondo Taglieri, inoltre, il disavanzo sanitario è strutturale e il rischio è che questi aumenti si protraggano.

Ma le tensioni non arrivano solo dalle opposizioni. Anche all’interno della maggioranza il provvedimento ha creato divisioni. Durante un acceso summit sul tema nei giorni precedenti, il presidente Marsilio avrebbe avuto un duro scontro con Carla Mannetti, consigliera della Lega contraria all’aumento dell’Irpef, tanto da spingerla ad abbandonare la riunione. Con lei si sarebbero allontanati anche il capogruppo leghista Vincenzo D’Incecco e il vicepresidente della Giunta Emanuele Imprudente. Un episodio che ha messo in evidenza le frizioni tra i partiti della coalizione, con la Lega che, almeno ufficialmente, ha scelto la strada del silenzio, mentre diversi esponenti di Forza Italia e Fratelli d’Italia hanno espresso pubblicamente perplessità sulla misura. Nonostante questo, Marsilio ha messo a tacere le polemiche nella sua maggioranza: “Non ci sono bracci di ferro tra partiti o guerre tra Giunta e Consiglio. Se ci saranno proposte valide le valuteremo”.

A rendere ancora più incandescente il clima c’è un retroscena che getta ombre sulla decisione della Giunta. Secondo quanto emerso, l’assessore alla Sanità Nicoletta Verì, durante un incontro riservato, avrebbe affermato che la Regione aveva già trovato parte delle coperture necessarie e che il deficit si sarebbe potuto gestire con una spending review, riducendo le spese su altri capitoli di bilancio. Tuttavia, questa ipotesi sarebbe stata scartata da Marsilio e da una parte della maggioranza, che avrebbero preferito procedere con l’aumento delle tasse per garantire risorse anche ad altri settori, tra cui attività culturali ed eventi. Una scelta definita “ingiustificabile” dalle opposizioni e che avrebbe contribuito a irrigidire ulteriormente i rapporti interni al centrodestra. La questione ora è sul tavolo del Consiglio regionale, dove il dibattito si preannuncia infuocato. Il Pd e il M5S promettono battaglia per bloccare l’aumento dell’Irpef, mentre nella stessa maggioranza non mancano le incognite su come i singoli consiglieri si esprimeranno in sede di voto. Intanto, il provvedimento ha diviso anche l’opinione pubblica, con l’annuncio di possibili manifestazioni di protesta da parte di cittadini e associazioni di categoria.

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Quando sento Draghi e Prodi che esaltano le armi mi chiedo: ci stanno prendendo in giro?

Mi piace interagire con chi commenta i miei articoli. Trovo stimolanti le opinioni che esprimono disaccordo. Rifugiarsi in una bolla di consenso, interagendo solo con chi la pensa come te, genera frustrazione al momento degli esiti elettorali. Al tempo dei democristiani, non conoscevo nessuno che si dichiarasse tale: e invece erano la maggioranza. Le mie statistiche percettive erano falsate dalla selettività del campione. I commenti mi permettono di ampliare le mie vedute.

Ho conosciuto Beppe Grillo, e ho apprezzato molto la sua pars destruens (un eufemismo per lo slogan: vaffanculo), ma non mi ritrovavo nella pars construens. Parlava di sostenibilità quando non ne parlava nessuno, ma non ne ha mai considerato la componente ecologica, dando l’impressione che ritenesse sufficiente quella tecnologica. Impressione confermata quando il ministero della transizione ecologica fu affidato a un tecnologo totalmente digiuno di ecologia. Insomma, non ho votato il M5S quando ha vinto. Non avevano quadri, uomini politici con esperienza. L’uno vale uno non era equivalente a uno vale l’altro, però.

E gradualmente il M5S selezionò una classe dirigente capace e competente, che emanò leggi che, secondo me, avrebbe dovuto fare la sinistra. Il reddito di cittadinanza, ad esempio, sancisce un diritto. I politici di “prima” avevano risolto il problema del reddito con il clientelismo, assumendo centinaia di migliaia di persone nelle strutture pubbliche, elargendo favori. Il miracolato dal posto a vita resta per sempre grato. E la promessa del posto a vita garantirà ulteriore consenso.

Ovviamente la cosa pubblica, intasata da personale elefantiaco, va al collasso. E così si privatizza, facendo favori ai privati, che mandano in pensione anticipata gli esuberi, tanto paga l’Inps, e poi fanno andare in malora le aziende pubbliche, una volta privatizzate. I 5S, arrivati al potere, hanno premiato prima di tutto l’onestà, derisa da chi la chiama onestah, un disvalore. E poi hanno iniziato a mettere persone competenti o comunque, in grado di affidare le cose a persone competenti. Tanto che un ministro definito proverbialmente incompetente, Danilo Toninelli, affidò la ricostruzione del ponte di Genova al sindaco della città, di sponda politicamente opposta. Il ponte è stato fatto a tempo di record e pare che non ci siano state ruberie.

Il modello Genova non è una novità. Lo adottò Bertolaso con la protezione civile. Fecero due sedi per un G8 (lasciandosi ruderi alle spalle) per non parlare di stadi del nuoto e altre amenità. Il metodo non basta, bisogna vedere chi lo applica. Non parliamo della legge Spazzacorrotti, e di innovazioni nella giustizia, dove i ministri 5S sono competenti. Per l’ambiente mi viene in mente la legge Salvamare, dell’ottimo Costa. La lista sarebbe lunga, arrivando dalla gestione del Covid, basata sulla scienza, espressa dal Comitato Tecnico Scientifico, per non parlare del Pnrr, negoziato a condizioni che tutti ritenevano impossibili da accettare da parte della Commissione, e invece…

Non dico che non ci siano stati errori, ce ne sono stati molti e confido che i commentatori mi faranno l’elenco. Comincio io con due: accettare Draghi, chiamandolo un grillino, e mettere Cingolani al ministero della transizione ecologica (oggi dirige una fabbrica di armi). Ma solo chi non fa non sbaglia. Gli errori mi danno fastidio, ma mi consolo con le cose che approvo e che tutti gli altri non hanno mai fatto prima.

A fronte di questo decido di votare i 5S alle ultime elezioni. E le perdono. Il loro elettorato li accusa di essere diventati un partito come tutti gli altri e di aver perso la carica iniziale. Avrebbero voluto che continuasse la politica del vaffanculo. Ma questa va bene se sei all’opposizione: le cose cambiano quando sei al governo. Li accusano di essere attaccati alle poltrone, anche se non ci sono casi di corruzione e di politici macchiati da accuse infamanti (qualcuno al governo c’è, invece). Il bello è che gli elettori di Meloni l’hanno votata per proposte irrealizzabili e discutibilissime, dal pizzo di Stato, alle accise, ai blocchi navali. La poveretta, arrivata al governo, si è dovuta rimangiare tutto, ma il suo consenso permane, mentre quello dei 5S crolla. Gli elettori di sinistra non votano i 5S perché sono come tutti gli altri e, per questo motivo, non votano più. Mentre gli elettori di destra sanno che “sono tutti uguali” ma intanto votano i loro partiti di riferimento. Inoltre, anche se sono tutti uguali, tutti vedono i 5S come fumo negli occhi. Risultato: vincono le destre.

Dicono che la più importante conquista del diavolo sia di aver convinto moltissimi che “il diavolo non esiste”; la conquista di chi vuole continuare a gestire un potere opaco è di aver convinto moltissimi che “tanto sono tutti uguali” spingendo gli elettori di sinistra verso il non voto.

Che ne sa un naturalista di queste cose? Eh beh, quando sento Draghi che dice che il riarmo darà una scossa all’economia e leggo le interviste di Prodi, che esalta le armi, mi chiedo: ma questi ci stanno prendendo in giro? Il riarmo si fa con fondi pubblici e serve per costruire strumenti di morte. Il bonus edilizio si fa con fondi pubblici e serve per adeguare le abitazioni a criteri di risparmio energetico. Le armi sono una benedizione per l’economia, le case no. Mi spiace, ma se questi sono i grandi saggi non ci siamo. Saggi che dovrebbero anche gestire la transizione ecologica ma che non sanno niente di ecologia. Ve lo dice un naturalista.

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martedì 18 marzo 2025

L’attacco di Meloni al M5s: “Non ci sono soldi per welfare e sanità perché sono stati bruciati in misure che servivano solo a creare consenso”

“Lascio volentieri ad altri, in quest’Aula e fuori, quella grossolana semplificazione secondo cui aumentare la spesa in sicurezza equivale a tagliare i servizi, la scuola, le infrastrutture, la sanità o il welfare. Non è, ovviamente, così, e chi lo sostiene è perfettamente consapevole che sta ingannando i cittadini, perché maggiori risorse per la sanità, la scuola o il welfare non ci sono, attualmente, non perché spendiamo i soldi sulla difesa, ma perché centinaia di miliardi sono stati bruciati in provvedimenti che servivano solo a creare consenso facile. La demagogia non mi interessa”. Lo ha affermato la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nelle comunicazioni al Senato in vista del prossimo Consiglio europeo attaccando, senza mai citarli, i 5 stelle.

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giovedì 13 marzo 2025

Orrico (M5s) in Aula: “Io vittima di violenza da giovane, mi aiutarono le amiche. Oggi ci sono strumenti, no alla stretta sulle intercettazioni”

“Da giovane sono stata vittima di violenza. Ho avuto un fidanzato che non capiva il senso del no. Quando lo lasciai iniziò a seguirmi, sotto casa, si faceva trovare dietro agli angoli del mio quartiere. Vent’anni fa non si parlava di violenza contro le donne, non c’era nessun meccanismo di prevenzione e nessuno strumento per agire. Ne uscii grazie alle amiche alle quali confessai la difficoltà in cui mi trovavo, faccio un appello a quest’Aula ad approvare questo emendamento perché oggi gli strumenti di indagine ci sono e le intercettazioni sono uno di questi, nessuna donna è tutelata finché non è consapevole e le istituzioni” non la proteggono. Lo ha detto la deputata M5s Anna Laura Orrico chiedendo in Aula alla Camera l’approvazione di un emendamento delle opposizioni sul ddl intercettazioni per escludere i reati del Codice Rosso dalla stretta prevista dalla proposta in discussione i reati del Codice Rosso. L’emendamento è stato poi bocciato dall’Aula.

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mercoledì 12 marzo 2025

Caso Scutellà, i senatori del M5s abbandonano l’Aula. La Russa: “Ma di quale furto parlate?”

“Ma di quale furto parliamo, non c’è mai stata legislatura in cui qualcuno, a seguito di un riconteggio, non abbia dovuto lasciare il seggio a un altro, l’ultima volta è capitato a uno di Fratelli d’Italia, e ne abbiamo preso atto”. Lo dice il presidente del Senato, Ignazio La Russa, intervenendo in Aula sul tema della decadenza della deputata Scutellà, su cui i pentastellati hanno inscenato una dura protesta in Aula, con il tentativo di occupare i banchi del governo, fronteggiati dal questore Nastri e dai commessi. “Furto è un reato” mentre “siamo di fronte a un percorso deciso dalla Giunta della Camera”, ricorda La Russa. Parole che non sono bastate a riportare la calma in Aula, tanto che subito dopo, il capogruppo dei M5s, Stefano Patuanelli, ha fatto sapere che il gruppo avrebbe abbandonato i lavori d’Aula, cosa da lì a poco avvenuta.

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Caso Scutellà, il M5s cerca di occupare i banchi del governo: bagarre in Senato e seduta sospesa

Bagarre in Senato, per il caso Scutellà, la deputata del M5s esclusa dalla Camera dopo il riconteggio dei voti da parte della Giunta per le Elezioni. Il M5s ha cercato di occupare i banchi del governo, dopo la denuncia in Aula da parte della senatrice Alessandra Maiorino. La presidente di turno, Licia Ronzulli ha per questo sospeso la seduta.

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Gentile (Fi) prende il posto di Scutellà (M5s) alla Camera: tensione in Aula. La deputata decaduta: “Sopruso”. Conte: “Una truffa”

Fuori una deputata del Movimento Cinque Stelle, dentro un esponente di Forza Italia. La Camera ha approvato con 183 voti favorevoli (127 i contrari) la relazione della Giunta delle elezioni che ha stabilito la riassegnazione di un seggio della Calabria dopo il riconteggio delle schede: è di Andrea Gentile, figlio dell’ex sottosegretario Antonio, e non di Elisa Scutellà. L’ultimo tentativo del M5s di trattare ulteriormente l’argomento in commissione avanzata è stato respinto a maggioranza dall’Aula. A Montecitorio si è vissuta una seduta tesa, con pesanti accuse dei pentastellati ai partiti di governo al termine di un iter tortuoso e tormentato.

Al centro della discussione c’è l’esito del voto nel 2022 in un collegio della Calabria. La Giunta delle elezioni, su ricorso dell’azzurro Gentile, ha conteggiato di nuovo le schede nulle e bianche dandogli ragione. Gentile entra in Parlamento al posto della pentastellata Scutellà in seguito ad un’articolata catena di conseguenze: il ricorso ha riguardato il collegio uninominale di Catanzaro dove Gentile è arrivato secondo a 482 voti dall’esponente del M5s Anna Laura Orrico. Col riconteggio, a Gentile sono stati assegnate 240 schede in più rispetto a Orrico. La quale era stata però eletta anche nel collegio proporzionale, che aveva “ceduto” alla collega di partito Scutellà.

Orrico si “riprenderà” il seggio che aveva ceduto a Scutellà, mentre Scutellà dovrà lasciare Montecitorio. Il M5s, già in passato, ha protestato per diversi aspetti della vicenda. Diverse le tensioni anche tra pentastellati e Pd, che esprimono il presidente della Giunta delle elezioni. “Siamo arrivati alla fine di una vicenda contrassegnata da dati surreali e soprusi. Un’ingiustizia – ha detto Scutellà prendendo la parola – Tutti, anche chi ha spinto questo ricorso, mi hanno detto in privato è un’ingiustizia ma andava fatto. Ma va fatto per chi e per cosa? Sapete cosa andava fatto? Andava rispettato il voto dei cittadini calabresi”.

L’ormai ex deputata ha continuato: “Avete cambiato le regole, perché nel 2022 il ministero dell’Interno ha dettato le linee guida: una X è valida e due o tre sono nulle. Voi avete cambiato questi criteri rendendoli retroattivi. I calabresi hanno votato bene e non hanno votato per Forza Italia e Andrea Gentile. Oggi state facendo una porcata, e vedo che nel plotone di esecuzione c’è anche Tajani in Aula che invece di risolvere le guerre viene qua per far entrare Gentile”, l’accusa della pentastellata rivolta al ministro degli Esteri, presente a Montecitorio.

A quel punto si sono levate urla in Aula: “Vergogna, vai a lavorare”. E il presidente di turno dell’Aula, Giorgio Mulè, ha richiamato all’ordine due volte il pentastellato Leonardo Donno per gesti compiuti all’indirizzo della presidenza. “Oggi mi buttate fuori ma io sarò più forte di prima da fuori e continuerò a combattere questo sistema clientelare e di famiglie che i calabresi per bene non vogliono, quel sistema che vede in campagna elettorale non dei politici ma dei signorotti. Fate schifo, questo sistema fa schifo”, ha tuonato Scutellà prima di lasciare l’Aula in lacrime tra gli applausi dei colleghi e l’abbraccio di Giuseppe Conte.

Proprio il presidente del Movimento si è speso in un lungo intervento a suo sostegno: “Quest’Aula dovrebbe essere concentrata da mesi a risolvere problemi urgenti, dal caro vita al caro bollette – ha detto rivolgendosi a Tajani nelle dichiarazioni di voto sul caso Scutellà – Lei oggi è qui per riscuotere un seggio nell’interesse di partito, quando parleremo del piano di riarmo? Si ribalta il risultato. Duecento schede recuperate al voto? Una truffa. Questo è l’espediente vergognoso per avvantaggiarvi, voi in coalizione”.

Quindi ha continuato: “La procura indagherà anche se siete allergici ai giudici”. L’ex presidente del Consiglio ha puntato il dito contro “gli artifici per scippare un posto in Parlamento, non al M5s ma ai cittadini calabresi che hanno espresso un voto libero”. Una cosa “gravissima” è “togliere questo seggio alla nostra collega per darlo al signor Gentile, che ha un merito: è di nobile lignaggio politico e pretende per propensione ereditaria questo seggio. Ed è riuscito ad assoggettare tutta la giunta per le elezioni”, ha aggiunto Conte. Il leader ha parlato di “anomalie” e di un “sistema clientelare”. Per poi concludere: “Ci ritroviamo con il voto democratico stravolto”.

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martedì 11 marzo 2025

Pina Picierno (Pd) torna ad attaccare il M5s dopo la protesta a Strasburgo: “Facile lucrare consensi con cartelli contro il riarmo”

“Molto facile” arrivare a Strasburgo portandosi “cinquanta parlamentari da Roma” per protestare con i “cartelli“, con l’obiettivo di “lucrare un po’ di consenso elettorale“. L’europarlamentare del Pd, Pina Picierno, torna ad attaccare Giuseppe Conte e il Movimento 5 stelle: questa volta la protesta al Parlamento europeo dei parlamentari italiani pentastellati contro il piano ReArmEu.

“In nessun Paese d’Europa – prosegue Picierno che è vicepresidente dell’Eurocamera – il dibattito intorno alla difesa europea diventa una polarizzazione tra i cosiddetti guerrafondai e i cosiddetti pacifisti. È una cosa che succede solo in Italia. Questa cosa viene molto amplificata, e mi spiace doverlo sottolineare, anche da questi tentativi di Giuseppe Conte e dei Cinque Stelle di trascinare il dibattito su una semplificazione che non è all’altezza, secondo me, della sfida che noi abbiamo di fronte”, aggiunge. La posizione di Picierno sul piano di riarmo dell’Ue è, tra l’altro, molto distante da quella della sua stessa segretaria del partito: “Riteniamo che la strada proposta da von der Leyen non sia quella che serve all’Ue: noi vogliamo una difesa comune, non il riarmo dei 27 paesi”, ha ribadito più volte Elly Schlein. Picierno, infatti, fa parte della minoranza interna ai dem favorevole al piano lanciato da Ursula von der Leyen.

Meno di un mese fa Picierno era stata protagonista di uno scontro aperto con il Movimento 5 stelle. Aveva parlato di “sintonia ritrovata” tra Lega e M5s a proposito delle reazioni dopo gli attacchi russi al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. La replica non si era fatta attendere: l’eurodeputato 5stelle Gaetano Pedullà ha accusato la parlamentare di svegliarsi ogni mattina “pensando qualche sciocchezza da dire sul M5s. Picierno è un’infiltrata dei fascisti nella sinistra“, ha aggiunto osservando che è “una signora che chiede più guerra, più armi, più povertà, più morti che cosa ha a che fare con la sinistra?”.

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I 5 stelle sono a Strasburgo, Marattin li prende in giro così: “Si lavora tanto bene in Aula, chiudiamo le frontiere”

Bagarre in aula alla Camera durante la discussione della proposta di legge sulla revisione della modalità di accesso alla facoltà di Medicina. “Oggi si lavora particolarmente bene in questo Parlamento. Sarà la primavera non lo so… sono quei casi in cui verrebbe da dire ‘chiudiamo le frontiere…’“, ha detto Luigi Marattin, deputato del Partito liberaldemocratico, riferendosi ai banchi vuoti del Movimento 5 stelle, impegnati a Strasburgo per dire no al piano di riarmo presentato da Ursula von der Leyen, e facendo scattare in aula applausi da una parte, in particolare da Fdi e Lega, e fischi dall’altra.
“Fa sempre piacere lavorare bene in quest’aula, ma che rallegrarsi dell’assenza di deputati eletti in questo Parlamento sembra una cosa piuttosto fuori luogo, e che la maggioranza si rallegri della mancanza dell’opposizione sembra ancora più fuori luogo, e sembra allinearsi a un pensiero che in questo tempo è sempre piuttosto preoccupante, cioè che si possa governare, anzi comandare perché si è preso un voto più degli altri. Questo ci preoccupa e a lei che rappresenta l’istituzione glielo restituiamo con piacere”, ha detto invece Paolo Ciani, del Partito democratico.

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Il M5s al Parlamento Ue con cartelli contro il piano di riarmo. Conte: “Ursula von der Leyen ci sta portando verso un’escalation militare”

Prima si sono riuniti davanti la sede del Parlamento europeo di Strasburgo srotolando uno striscione che recita “Basta soldi per le armi”. Poi la delegazione del Movimento 5 stelle al Parlamento europeo, assieme ad altri deputati e senatori del M5s in Italia ed eurodeputati del gruppo The Left, ha protestato dalle tribune nell’aula della plenaria a Strasburgo contestando il piano di riarmo Ue. Sugli spalti anche il leader Giuseppe Conte, mentre Ursula von der Leyen spinge l’Ue alla vigilia del voto sulla risoluzione su Rearm Europe“, il piano in cinque punti da 800 miliardi di euro per aumentare la spesa europea nel settore della difesa, già approvato dal Consiglio europeo del 6 marzo.

“Non è vero che l’Europa investe meno della Russia, è vero che investiamo peggio. Se ci fossero governanti seri dovrebbero ritrovarsi per settimane e mesi e tirar fuori un serio progetto di difesa comune, con un’unità di comando che non vorranno raggiungere”, ha detto il presidente del M5s, Giuseppe Conte a Strasburgo. “Stiamo andando verso un’escalation militare – ha aggiunto – oggi Ursula Von der Leyen ci sta portando verso una economia di guerra. Non votiamo la proposta di Ursula von der Leyen. Ha recuperato la sua dimensione passata, quella bellica”. “Da Meloni – ha sottolineato Conte – l’ennesima presa in giro. Le basta cambiare nome al piano del riarmo. Almeno Ursula von der Leyen ci mette la faccia e parla chiaramente di riarmo”, ha sottolineato Conte a Strasburgo. Il leader del M5s è tornato anche a parlare della piazza del 15 marzo, sfilandosi: “Ho apprezzato le parole di Michele Serra contro il riarmo, gli fa onore. Ma oggi ho assistito a un dibattito qui a Strasburgo delle istituzioni europee, anche Costa, in cui la maggioranza degli interventi era per il riarmo. Manifestare oggi vuol dire battersi contro il riarmo. I cittadini non vogliono l’ambiguità di una piazza dove tanti porteranno le bandiere di guerra“, ha concluso.

I parlamentari hanno esposto alcuni cartelli con le scritte: “Basta armi”, “No al riarmo” “Più lavoro meno armi“. “Volete la Terza Guerra Mondiale per nascondere i vostri fallimenti, ma noi ve lo impediremo: non un euro per le armi”, ha detto nel suo intervento l’eurodeputato del M5S Danilo Della Valle. Lo stesso ha poi srotolato una bandiera dell’Ue cucita con una bandiera arcobaleno della pace, che intendeva consegnare a Ursula von der Leyen, la quale però non era in Aula per il dibattito lasciandola nei banchi della commissione. Von der Leyen, ha aggiunto Della Valle, “verrà ricordata come quella che ha tradito i valori e la democrazia. L’Europa senza pace è morta. Per questo lascio nei banchi della Commissione la bandiera europea cucita con quella della pace. Per non dimenticarlo mai”.

“Con questa protesta vogliamo portare alle Istituzioni europee la netta contrarietà dei cittadini al piano RearmEu che prevede uno stanziamento fino a 30 miliardi per l’industria bellica da parte dell’Italia. Un salasso che porterà con l’ok di Giorgia Meloni e di tutto il suo governo a ulteriori taglia a sanità, istruzione, welfare e investimenti per le imprese”, ha dichiarato la delegazione M5s. “Gli eurodeputati di sinistra del Parlamento europeo si sono schierati fermamente contro il programma di corsa agli armamenti di Ursula von der Leyen, sottolineando che l’Ue deve dare priorità alle persone rispetto alle lobby delle armi. Dobbiamo lottare per la pace e la giustizia sociale, non alimentare l’industria delle armi a spese delle persone”, scrive il gruppo The Left su X.

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domenica 9 marzo 2025

“Leoni, tigri ed elefanti via dai circhi entro un anno”: ecco la proposta di legge del M5s

Stop a leoni, tigri ed elefanti nei circhi. Incentivi a chi continuerà a esibirsi facendo a meno degli animali. È la proposta di legge – ancora una bozza, visionata dall’Adnkronos – che su iniziativa del deputato Alessandro Caramiello il M5S depositerà alla Camera. Il testo – titolato “Introduzione graduale del divieto dell’uso di animali nei circhi, nelle esibizioni e negli spettacoli viaggianti nonché disposizioni per la loro riconversione” – ricorda come già molti altri paesi hanno fatto questa scelta. Un elenco lunghissimo, in Europa e fuori dai confini del Vecchio Continente, a cui il pentastellato vorrebbe aggiungere anche l’Italia.

Nella proposta, che prevede 9 articoli, si parte con il riconoscere “la funzione sociale dei circhi, delle esibizioni e degli spettacoli viaggianti senza la detenzione e l’utilizzo di animali”. L’articolo 2 stabilisce, entro un anno dall’entrata in vigore della legge, che tutti i circhi si adeguino allo stop agli animali. A quel punto nascerà il “Registro nazionale dei circhi, delle esibizioni e degli spettacoli viaggianti senza animali”.

Solo questi circhi, quelli certificati “animali-free” saranno ammessi a presentare domanda per l’accesso ai contributi per lo spettacolo. Previsto un fondo nazionale per la riconversione e il reinserimento professionale di domatori e di operatori fino a oggi impiegati con gli animali da circo. Il fondo, pari a 100 milioni di euro, è destinato, inoltre, a sovvenzionare gli stabilimenti che ospitano gli animali a seguito di cessione definitiva o di provvedimenti di sequestro o confisca.

Se si prevedono spazi gratuiti messi a disposizione dai comuni per i nuovi circhi, quelli senza animali, non mancheranno sanzioni pecuniarie per le violazioni della legge, che possono arrivare a fino a 200mila euro. Caramiello ricorda nella proposta come gli animali nei circhi siano già proibiti in una cinquantina di Paesi, tra i quali Austria, Belgio, Bosnia-Erzegovina, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Portogallo, Spagna, Regno Unito, Colombia, Ecuador, Messico, India e Singapore. “Ora tocca a noi”, dice il deputato pentastellato.

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giovedì 6 marzo 2025

Salva Milano, M5s e Avs chiedono informativa in Parlamento: “Il governo deve parlare”. Schlein: “Il ddl muore in Senato”

Movimento 5 stelle e Alleanza Verdi e Sinistra chiedono un’informativa urgente in Parlamento sul Salva Milano, la norma, in discussione al Senato dopo l’approvazione alla Camera, che punta a sanare i presunti abusi edilizi commessi nel capoluogo lombardo, oggetto di varie indagini della magistratura. Dall’ordinanza di custodia cautelare che ha portato ai domiciliari Giovanni Oggioni, ex direttore dello Sportello unico edilizia del Comune, è emerso come il testo dell’emendamento al ddl “Salva casa” sia stato scritto su misura dai dirigenti pubblici indagati – e trasmesso ai loro referenti politici – allo scopo di neutralizzare le inchieste. “Intervengo per richiedere un’informativa urgente da parte del governo a seguito dei fatti emersi sull’iter normativo della proposta di legge Salva Milano, e quindi sull’intendimento a proseguire l’iter al Senato. Chiediamo anche di sapere se si intende anche intervenire con delle iniziative volte a prevenire e contrastare questo fenomeno corruttivo, che emerge sempre più evidente”, ha detto in Aula il deputato M5s Agostino Santillo. E rivolgendosi ai colleghi del Partito democratico, che a Montecitorio avevano votato il provvedimento, ha incalzato: “Se questo Parlamento ha ancora un briciolo di dignità, è giunto il momento di cestinarlo”.

In realtà già mercoledì, la sera stessa dell’arresto, la segretaria dem Elly Schlein aveva detto parole chiare sul tema: “Dopo i gravi fatti emersi oggi è evidente che non ci sono le condizioni per andare avanti”. Un concetto ribadito la mattina dopo a SkyTg24, ricordando che lo stesso Comune di Milano sta considerando di costituirsi parte civile: “Quel ddl a questo punto muore in Senato. Questo non vuol dire che non ci sia in futuro da pensare a come intervenire sulla rigenerazione urbana”, ha affermato. Sulla stessa linea il capogruppo dem a Palazzo Madama Francesco Boccia: “Mi pare che quanto emerso ieri dalle indagini in corso getti una luce molto opaca sul quadro della discussione. Sarà necessario fare piena luce su una vicenda che ci preoccupa. Ora, anche per tutelare l’amministrazione milanese, riteniamo che sia necessario fermare il proseguimento dell’iter in Commissione Ambiente”. Alla richiesta di un’informativa avanzata dal M5s si è associato in aula anche Angelo Bonelli, leader di Europa Verde e deputato di Avs: “Quanto accaduto ieri evidenzia un fatto di una gravità inaudita. Un parlamentare non può esaminare un testo scritto da un indagato, vorrei essere tutelato da questo punto di vista. Abbiamo inviato la nostra pregiudiziale di costituzionalità alla Procura di Milano, ma il governo deve parlare“, attacca.

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martedì 4 marzo 2025

“L’azzardo non è un gioco”, il M5S contro la reintroduzione della pubblicità sul gioco d’azzardo nel mondo del calcio. Segui la diretta

In sala Zuccari al Senato, alle 11 di martedì marzo, è in programma la conferenza “L’azzardo non è un gioco“, un’iniziativa definita dal Movimento 5 stelle “cruciale per ribadire l’opposizione alla reintroduzione della pubblicità sul gioco d’azzardo nel mondo del calcio”. L’evento – spiega una nota M5s – “rappresenta un ultimo appello alla maggioranza affinché venga stralciata dal documento in votazione domani pomeriggio in commissione Cultura la norma che riapre al ritorno degli sponsor delle scommesse sportive sulle maglie e negli stadi di Serie A”.

“Il gioco d’azzardo rappresenta un fenomeno con gravi ripercussioni sociali, soprattutto tra i giovani. L’Italia, con il divieto attualmente in vigore, è diventata un modello a livello internazionale: molti campionati stranieri guardano con attenzione alle nostre scelte di tutela dei cittadini. Tornare indietro sarebbe un regalo ai club di Serie A e alla lobby dell’azzardo, a discapito della salute pubblica e della protezione delle fasce più vulnerabili della popolazione”. Interverranno: Stefano Patuanelli, capogruppo M5s Senato; Luca Pirondini, M5s Senato; Francesco Silvestri, M5s Camera; Carolina Morace, M5s Europa; Maurizio Fiasco, sociologo e presidente ALEA; Beppe Dossena, dirigente sportivo, ex calciatore e allenatore; Massimiliano Dona, presidente Unione Nazionale Consumatori.

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