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sabato 31 luglio 2021

Un appello a Giuseppe Conte: non ceda sul reddito di cittadinanza, anzi chieda di rafforzarlo

di Gianluca Pinto

Sembrerebbe che si sia in presenza di una possibile mediazione sulla controriforma Cartabia. Non so se alla fine ciò cui si arriverà sarà sufficiente, se soddisferà la base del Movimento 5 Stelle, se si arriverà a un voto negativo sulla fiducia o se non se ne farà nulla. Il dato politico, tuttavia, c’è ed è che Lei sia in grado di organizzare una posizione e di farla pesare.

Vorrei fare un appello a Lei, professor Giuseppe Conte, riguardo la prossima battaglia che si prospetta: il Reddito di Cittadinanza. Il RdC, come testimoniano numerose fonti (tra cui la Caritas), ha avuto il pregio di tamponare la ferita sociale durante la pandemia e il suo effetto come misura di intervento sul reddito si è notato. Esiste però, anche un altro ruolo fondamentale del RdC che, pur essendo tuttavia sottovalutato e quindi non valorizzato anche a livello di comunicazione, appare evidente: si tratta dello svelamento della contraddizione presente del nostro modello economico, tra sopravvivenza e lavoro. È per assurdo un effetto collaterale – ma in realtà importantissimo – della misura in questione.

Lo si vede nitidamente da quanto emerge nella tesi, costantemente ripetuta, secondo cui in alcuni settori della nostra economia non si trovino lavoratori a causa del RdC che offre danaro “senza contropartita lavorativa”. Si afferma che le persone, avendo a disposizione fino a 780 euro, preferiscano “stare sul divano” – posto che ne abbiano uno – piuttosto che andare a a lavorare. Questo però, ci si dimentica di dirlo, potrebbe essere vero nel caso in cui le condizioni di lavoro di cui si parla fossero senza tutele, magari con spese a carico e/o, per assurdo, con 8-10 ore di impegno giornaliere sottopagate.

Qualora tali condizioni fossero reali, quello che si dovrebbe avere il coraggio di sostenere rispetto all’effetto eventuale (non dimostrato) del RdC sul “lavoro” , è che sia giusto che sia così. Solo in caso di lavori in condizioni umane, con le tutele, pagati decorosamente, si potrebbe discutere la tesi di cui sopra, ma fino a quel momento l’unica cosa certa a oggi è che il RdC fa emergere in modo netto e chiaro la contraddizione esistente tra diritto alla sopravvivenza e lavoro sottopagato posto come ricatto: “o così o niente”.

Questo emerge senza ombra di dubbio nelle discussioni su questo provvedimento. Il RdC diviene, quindi, anche un probabile strumento di emersione a livello di dibattito pubblico di questo problema, e quindi perlomeno un potenziale “ostacolo” allo sfruttamento. Questo ruolo del RdC andrebbe considerato come primario, perché lo scoperchiare il “vaso di Pandora” del mondo del lavoro sottopagato è un valore sociale e democratico al pari e complementare a quello della lotta alla povertà.

Il RdC, oltre ad essere un fattore attivo di giustizia sociale, ha quindi anche questo significato: è un primo timido strumento dato allo Stato per porsi di traverso nella corsa dell’erosione dei salari e dei diritti in nome della competizione sul profitto incessante, ed è uno strumento che permette, senza averlo voluto, di vedere la nudità del Re nel mondo del lavoro.

Non ceda su questo strumento, Presidente, semmai per assurdo proponga di rafforzarlo in quest’ottica. Non molli su questo; cerchiamo di evitare che al detto “Il lavoro nobilita l’uomo” sia definitivamente necessaria l’aggiunta della specifica “… quando e se e solo se lo nobilita”.

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venerdì 30 luglio 2021

Giustizia, anche se Conte ha migliorato la riforma non me la sento di gioire

di Andrea Maglia

Dopo lunghe e travagliate trattative tra il leader in pectore del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, e la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, il Consiglio dei ministri ha approvato all’unanimità il testo della riforma del processo penale. Le modifiche ottenute da Conte sono le seguenti: “Per i reati con l’aggravante mafiosa è previsto termine transitorio di 6 anni per concludere il processo d’Appello, valido fino al 2024: dal 2025 in poi scenderà a 5 anni. Mentre i processi per associazione di stampo mafioso e voto di scambio politico-mafioso (416-bis e ter) potranno prolungarsi ‘sine die’”.

Ora, non metto in dubbio che queste siano delle importanti e significative migliorie alla riforma che, come ha tuonato Nicola Gratteri, avrebbe soppresso in appello importantissimi processi di mafia. Tuttavia, non mi sento di gioire: questa riforma è profondamente ingiusta in se stessa. Difatti, pur essendo salvi i processi di mafia, andranno in fumo moltissimi altri processi per reati assai gravi, come ad esempio la corruzione, vero cancro del nostro Paese, e tutti gli altri: dal furto d’auto alla rapina. Questa riforma, inoltre, renderà assai convenienti gli appelli dilatori e le perdite di tempo in appello, allungando così i già prolissi tempi della giustizia penale.

Ma, come se questo non bastasse, c’è un secondo punto in questa riforma del processo penale: infatti, d’ora innanzi, a decidere con quale priorità le Procure della Repubblica dovranno indagare e perseguire un reato piuttosto che un altro sarà nientemeno che il Parlamento. Ora, secondo voi a quali reati verrà accordata una corsia prioritaria? Forse a quelli più dannosi per il Paese, come la corruzione e i reati dei colletti bianchi? Giammai, verrà accordata ai soliti reati predatori della strada, che – come ci ha ben insegnato Piercamillo Davigo con l’esempio del processo per “Parmalat” – fanno danni in misura enormemente minore rispetto a quest’ultimi.

Ad esempio, il processo “Parmalat” aveva 45mila vittime, le quali avevano perso con la bolla dei bond Parmalat i risparmi di tutta una vita. Ora, uno scippatore quanto tempo impiega per fare un simile numero di vittime? E, anche qualora lo facesse, queste verrebbero private, al massimo, di una mensilità di pensione, non dei risparmi di tutta una vita!

Questa riforma non è un fulmine a ciel sereno nel panorama della politica: è l’ennesima dimostrazione di come in questo Paese il legislatore si ostini a rendere il delinquere assai più conveniente dell’essere onesti. E, se la strada che intendiamo percorre sarà sempre più questa, non dovremo lamentarci del fatto che l’Italia sia ancorata a uno stato di disonestà e illegalità diffusa che ne impedisce la crescita economica!

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giovedì 29 luglio 2021

Giustizia, Toninelli: “Conte? La persona giusta per trattare, conosce bene il diritto”. E sulla riforma: “Occhio ai reati spia della mafia”

“Quando si parla di reati di mafia che non devono restare impuniti attenzione anche ai reati spia della mafia. Penso a reati come il falso in bilancio o il traffico illecito di rifiuti” così il senatore M5S Danilo Toninelli sulla riforma della giustizia. E su Conte: “Sto riscontrando una grandissima fiducia nei confronti di Giuseppe Conte. Questa riforma la può trattare una persona che conosce bene il diritto. Conte è la persona giusta”.

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Le accuse degli ex M5S a Fico e D’Uva in Aula: “Manca trasparenza sulle indennità. Dovete rendere conto a chi vi ha votato, cialtroni”

Gli ex deputati del M5S, ora componenti del gruppo Alternativa c’è e del gruppo Misto, hanno dato battaglia alla Camera sul tema della trasparenza. In particolare hanno contestato la riformulazione di un ordine del giorno che chiedeva di pubblicare sul sito della Camera dei deputati le indennità aggiuntive di carica previste per chi ricopre un incarico di presidente, vicepresidente o segretario di una commissione parlamentare. La riformulazione proposta in Aula non ha trovato la soddisfazione del gruppo e, uno dopo l’altro, non hanno mancato di sottolinearlo. Alvise Maniero: “Mi fa specie che perplessità di questo tipo vengano avanzate da chi è stato eletto con il M5S, seguo con preoccupazione questo dibattito”, più duro il collega Raffaele Trano: “C’è un punto politico, c’è una forza parlamentare che ha detto a 360 gradi che avrebbe rinunciato a queste indennità. Presidente, cavolo, un po’ di dignità. I cittadini devono sapere chi ha rinunciato all’indennità, perché non lo possono sapere gli elettori? Lo dovete spiegare ai vostri elettori che siete solo buffoni e cialtroni”. Tra gli altri anche Elisa Siragusa del gruppo misto: “Sottoscrivo questo ordine del giorno ed è imbarazzante la riformulazione, dovrebbe essere votato da tutti i colleghi del M5s perché siamo entrati qui chiedendo trasparenza. Gli elettori che ci hanno portato qui non l’hanno fatto per farci diventare presidente e questore per fare le dirette Twitch, ma per fare quello che abbiamo promesso”.

Le risposte sono arrivate da Piero Fassino e dal leghista Raffaele Volpi: “Mi rivolgo ai colleghi di Alternativa c’è – ha detto il deputato dem -, non c’è nessuna forma di indennità occulta per presidenti e questori. Quale trasparenza? È tutto trasparente e leggibile sul sito della Camera”. E Volpi aggiunge: “Io ho un’antica passione per la politica risalente al secolo scorso. Sono abituato ad ascoltare i congressi in radio. Se devo assistere al postumo congresso del M5s non ne ho una gran voglia, discutiamo sul merito, se volete vi trovo una sala e dopo riparliamo del bilancio della Camera”.

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M5s, la senatrice Elena Botto lascia il gruppo e va nel Misto: è il primo addio dell’era Conte. “Troppi accordi al ribasso, non è più casa mia”

“Nella politica il compromesso, la mediazione, hanno un valore positivo e persino nobile se sono al rialzo, non al ribasso. Nel tempo ci sono stati troppi ribassi”. Con un post su Facebook, la senatrice genovese Elena Botto annuncia l’uscita dal gruppo del Movimento 5 stelle e l’ingresso nel Misto: è il primo addio dell'”era Conte”. Il riferimento sembra alla trattativa in corso sulla riforma della Giustizia, orientata al mantenimento dell’improcedibilità con l’esclusione di alcune categorie di reati. “È un post difficile, un post di addio – scrive Botto -, me ne vado dal Movimento 5 Stelle che, ormai da troppo tempo, non è più la mia casa politica. Ho atteso, ho sopportato e ho provato, ma non ha senso continuare a vivere nella speranza di miglioramenti che non vedo e far parte di una forza da cui non mi sento più rappresentata e che non riesco più a rappresentare con convinzione“.

La crisi personale, spiega, “ha avuto inizio della fiducia al Governo Draghi e si conclude oggi, con l’auspicio che saprò meglio rappresentare i cittadini dai banchi dell’opposizione nel Gruppo Misto. Auguro buon lavoro ai miei ex colleghi nella speranza che possano realizzare risultati utili per il Paese. Per quanto mi riguarda, le nostre battaglie le continuerò a portare avanti come ho sempre fatto, più libera da quelle logiche di potere che paralizzano ogni iniziativa, con spirito critico ma costruttivo e con rinnovato entusiasmo. Al Movimento e a Rousseau ho versato tutto quanto mi ero impegnata a versare fino ad ora. Continuerò a destinare parte del mio stipendio a iniziative a favore dei cittadini e degli “ultimi”. Per chi vorrà continuare a seguirmi un grazie di cuore. Un addio, senza rancore, a tutti gli altri. Ogni fine è anche un nuovo inizio”, conclude.

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mercoledì 28 luglio 2021

Riforma Cartabia, Conte: “Il Parlamento decide la priorità dei reati da perseguire? Norma critica”

Giuseppe Conte, leader in pectore del M5s, dopo aver terminato gli incontri con i deputati pentastellati, lasciando la Camera dei deputati per dirigersi al Senato, ha risposte ad alcune domande dei giornalisti. L’ex presidente del Consiglio, alla domanda se vada cambiata la norma della riforma Cartabia che delega al Parlamento le priorità dei reati da perseguire come segnalato anche dalla sesta Commissione del Csm ha dichiarato che “ritengo anche quella una norma critica perché, anche se in altri ordinamenti indirizzi del genere sono anche previsti, quando lo caliamo nel nostro, conosciamo i rapporti difficili del passato tra politica e magistratura, quindi io ritengo che quella norma sia critica. È bene lasciare e realizzare appieno il principio costituzionale dell’obbligatorietà dell’azione penale e gli interventi su questo del Parlamento possono essere molto, molto critici”.

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lunedì 26 luglio 2021

La riforma Cartabia è la conferma che si vuole ritornare a com’era prima del M5s

di Maurizio Contigiani

Sappiamo che è un colpo di Stato mascherato, ne conosciamo il sicario ma non sappiamo se a voler decapitare Giuseppe Conte e il Movimento 5 Stelle sia stata l’Europa, i poteri marcio/lobbistici italiani oppure entrambi perché, parliamoci chiaro, il Movimento 5 Stelle stava sulle scatole a tutti, compresi gli italiani che nella loro vita non possono fare a meno di un pizzico di illegalità, di una seppur piccola evasione fiscale, di un favore, di una raccomandazione che consenta di passare avanti a chi è migliore di te.

La riforma Cartabia è l’ultima, decisiva conferma che tutto questo è stato organizzato per restaurare quello che esisteva prima che i 5s iniziassero a dare un sostegno a chi non ce la faceva e a mandare in galera coloro che nessuno mai aveva osato perseguire. Adesso è tutto fin troppo chiaro, l’Europa chiede solo che i processi siano più brevi? Perfetto, dopo due anni dal primo grado, il 50% dei procedimenti a carico di personaggi ricchi o potenti, in condizione di permettersi avvocati di grido, saranno dichiarati improcedibili, l’altro 50%, i pezzenti, arriveranno a sentenza.

Questa grottesca soluzione per accorciare i processi e soddisfare l’Europa è sinergica all’impunità richiesta dal business prodotto dalla valanga di soldi del Recovery Fund e anche se qualcuno obietta che i delitti di mafia beneficeranno di questo “privilegio”, la ministra Cartabia specifica che il suo capolavoro non rientra nei procedimenti in cui è contemplato l’ergastolo e infatti il mafioso che si becca l’ergastolo è l’ultima ruota del carro, quello che spara e uccide, quello del quale non frega niente a nessuno.

I mafiosi non sono più i vari Riina, Provenzano, Bagarella, Graviano. Lo dicono tutti che la mafia è ovunque, nelle istituzioni, nella società civile, nella finanza, nell’industria, nelle multinazionali e forse anche in parlamento. La mafia che conta non prende l’ergastolo e questa legge è a misura loro, loro che gestiranno quella montagna di soldi, che oggi non pressano i governi per ammorbidire il 41 bis bensì per avere piena libertà di movimento all’interno di un business paragonabile solo al piano Marshall, con la differenza che allora c’era bisogno di ammazzare chi osava intromettersi nella gestione democristiano/americana ed oggi è sufficiente un calcio nel culo a qualche ragazzino eletto per sbaglio in parlamento nel 2018.

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Riforma Cartabia, il M5S non può tradire la fiducia dei suoi elettori

Non servono tanti giri di parole: la famigerata riforma del processo penale della ministra Marta Cartabia, rappresenta una sberla in pieno volto verso chi crede nella Giustizia. Come ha sintetizzato il procuratore Nicola Gratteri: “Con la riforma Cartabia delinquere conviene di più”.

E’ evidente che prevedere soltanto 2 anni per un processo d’appello e 1 per la Cassazione, equivale a porre in essere un’amnistia per migliaia e migliaia di processi. Processi anche complessi come (se fosse già in vigore la riforma) quello sulla strage ferroviaria di Viareggio, il crollo del ponte Morandi, le torture compiute a Genova durante il G8 e persino quello sulla trattativa Stato Mafia. In un Paese come l’Italia non si può permettere di veicolare questo messaggio che sarebbe devastante per tutti quei cittadini che credono nella Giustizia.

Tutti auspicano che i processi siano più brevi, ma non è attraverso un colpo di spugna che si risolve un problema atavico. E’ indispensabile investire nella magistratura, ampliando gli organici specie in alcune realtà delicate come Napoli e Catanzaro, dove sarebbe reso vano tutto quel lavoro svolto dalla polizia giudiziaria e dei pubblici ministeri. A riceverne beneficio sarebbero solo migliaia di criminali a cui sarebbe garantita l’impunità, mentre le vittime non avrebbero giustizia. Il tutto anche attraverso un insopportabile raggiro semantico che sostituisce il termine prescrizione con improcedibilità.

Il M5s, sin dal suo inizio, è nato per essere un baluardo contro la corruzione e il malaffare e questa riforma rappresenta l’antitesi di tali valori su cui siamo cresciuti e su cui abbiamo ricevuto la fiducia da milioni di cittadini. Una fiducia che non possiamo tradire ed è per tale ragione che questa riforma, senza sostanziali modifiche, a mio avviso, non possiamo votarla.

La nostra forza politica ha attraversato un delicato e lungo momento di passaggio, ora con Giuseppe Conte la nostra linea è definita, sono sicuro che anche su questo argomento per noi fondativo, si agirà con determinazione e coraggio. Reputo inopportune le minacce di porre la fiducia bypassando il Parlamento, che è sovrano e deve poter intervenire in un provvedimento così importante e tanto criticato. Anche il Csm e innumerevoli esperti del settore hanno bocciato la riforma, ma la ministra sembra disinteressarsi e questa mancanza di ascolto la reputo una forma di debolezza. In questo momento, invece, dovrebbe prevalere proprio il confronto e la volontà di trovare una mediazione.

Una mediazione possibile potrebbe consistere nel posticipare la riforma per sfoltire gli arretrati e permettere un massiccio incremento negli organici che renderebbe i processi più celeri. Ma soprattutto eliminare, come del resto suggerito dal Csm, alcuni reati che non possono essere oggetto di improcedibilità. Penso, ad esempio, ai disastri ferroviari e ambientali, quelli legati alla mafia, al crollo di costruzioni e altri disastri dolosi che non possono assolutamente restare senza colpevoli. Le vittime e i loro familiari hanno il sacrosanto diritto di ricevere giustizia e questa non può venir meno per un mancato funzionamento del sistema.

La riforma Cartabia rappresenta un assist alla mafie e a quei colletti bianchi che hanno disponibilità economica per allungare i processi e sfuggire alle condanne. Con la riforma Bonafede che prevede lo stop alla prescrizione dopo una sentenza di condanna di primo grado, si garantisce la certezza della pena e questo ha fatto tremare tutto quel sottobosco di malaffare che è presente in Italia e che è ben rappresentato da certi partiti che vorrebbero ancor di più estendere l’impunità rispetto a ciò che vorrebbe la Ministra.

Gli iscritti al M5s votarono per il nostro sostegno a questo governo di unità nazionale anche con l’obiettivo di difendere “i principali risultati raggiunti”. La riforma sulla prescrizione e la certezza della pena è uno dei più importanti risultati che se volessero smantellare dovrebbe, a mio avviso, rappresentare per noi un inevitabile point break.

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Riforma Cartabia, l’apertura di Draghi alla proposta di Conte: stop all’improcedibilità per i processi di mafia e terrorismo

Il punto d’incontro tra Draghi e Cartabia (da un lato) e il Movimento 5 stelle col suo presidente in pectore Giuseppe Conte (dall’altro) può arrivare su un concetto semplice: nessuna improcedibilità nei giudizi su reati di mafia e terrorismo. All’inizio della settimana decisiva per la riforma della giustizia – il cui arrivo in Aula alla Camera è fissato a venerdì – un retroscena di Repubblica dà l’accordo per fatto: nell’elenco dei reati per cui la “ghigliottina” non vale, oltre a quelli puniti con l’ergastolo, entrano le fattispecie di criminalità organizzata di stampo mafioso e terroristico (i cui processi, peraltro, già adesso godono di una corsia preferenziale, essendo gli imputati quasi sempre detenuti). Cioè una delle principali modifiche chieste dai pentastellati al testo del governo.

Una mediazione, quindi, per scongiurare i rischi sulla tenuta del sistema di contrasto alle mafie paventati da voci autorevoli, quali il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri e il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, ascoltati nei giorni scorsi in audizione alla Camera. E su cui – riporta sempre Repubblica – c’è anche l’accordo di Enrico Letta, allineato a Conte nell’esigenza di mettere al sicuro procedimenti delicati. “In questa settimana si faranno gli ultimi aggiustamenti, poi un testo andrà votato”, dice il segretario Pd al Corriere della Sera, “il nodo giustizia doveva arrivare e si stanno cercando soluzioni. Io sono fiducioso, perché Draghi e Cartabia hanno mostrato grande flessibilità”.

Questa mattina, intanto, si riunisce l’ufficio di presidenza della Commissione giustizia della Camera che dovrà decidere su un altro nodo emerso nei giorni scorsi: l’ammissibilità o meno degli emendamenti di Forza Italia – sostenuti dal resto del centrodestra e da Italia Viva – che vogliono allargare il campo d’azione della riforma, modificando gli articoli del codice penale che disciplinano l’abuso d’ufficio e gli altri reati contro la pubblica amministrazione. Per il presidente, il 5s Mario Perantoni, sono inammissibili, perché non rientrano nell’oggetto del testo del governo. Ma il capogruppo di Forza Italia in Commissione, Pierantonio Zanettin, insiste a volerli inserire, argomentando che la riforma prevede “un doppio binario tra i reati comuni e quelli contro la p.a.”. Deciderà l’ufficio di presidenza, che si riunisce alle 10.30 con la partecipazione dei capigruppo: se gli emendamenti passassero, i tempi della discussione e del voto dovrebbero giocoforza slittare.

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sabato 24 luglio 2021

M5S, Di Maio: “Saremo forza strutturale e grazie a Giuseppe Conte potremo allargare la coalizione per governare ancora”

Luigi Di Maio intervistato alla festa di Articolo Uno a Bologna: “Credo che il nuovo statuto proposto da Giuseppe Conte e la successiva elezione di Giuseppe a presidente del Movimento 5 stelle sarà una rivoluzione copernicana. Saremo protagonista strutturale della scena politica italiana e non più il raccoglitore della rabbia sociale“. Poi conclude: “Un salto che stiamo facendo in questa fase storica, non so come andrà, ma sono fiducioso perché credo che il processo legato a Giuseppe Conte nel Movimento 5 Stelle ci permetterà di allargare questa coalizione e di mirare a governare ancora questo paese insieme”.

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Riforma Cartabia, Di Maio: “Il Movimento non ha posizioni ideologiche. Io tifo per la mediazione, Conte riuscirà a mettere d’accordo le parti”

Alla festa di Articolo Uno di Bologna il ministro Luigi Di Maio è stato intervistato da Fabio Squillante, che gli ha chiesto di chiarire la posizione del Movimento sulla riforma della giustizia: “Il Movimento 5 stelle sta tenendo un approccio, portato avanti dal presidente Giuseppe Conte, che è di ragionevolezza. Non stiamo portando avanti un approccio ideologico sul tema della riforma della giustizia. Stiamo portando avanti una mediazione sull’impianto della riforma Cartabia. Credo nelle mediazioni, credo che si possa trovare una posizione che metta d’accordo tutti e soprattutto a evitare che la politica discuta troppo davanti ai cittadini che in questo momento hanno delle priorità rispetto alla tutela della salute, rispetto ai problemi economici e alla crescita economica. Questa mediazione sta andando avanti, il presidente Draghi si è detto disponibile ad accogliere modifiche che evitino lacune nella riforma, ad esempio sul tema dell’impunità”. Poi, ha concluso: “Serve grande responsabilità, in questo momento non ci possiamo permettere di giocare con la stabilità dell’Italia che deve spendere i 230 miliardi di euro del recovery fund, io tifo per la mediazione e credo che Giuseppe Conte riuscirà nell’intento di trovare una mediazione che metta d’accordo le parti in causa e che costruisca una riforma in favore dei cittadini italiani che esigono il diritto alla giustizia”.

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venerdì 23 luglio 2021

M5s, la moglie del deputato Niccolò Invidia è stata eletta in Bulgaria con il partito anti-sistema dello showman Slavi Trifonov

C’è un filo che lega il M5s e il partito bulgaro anti-sistema “Ima takav narod” (“C’è un popolo così”) e non è più solo teorico: Pavela Vasileva Mitova, moglie del deputato 5 stelle Niccolò Invidia, è stata eletta parlamentare del partito arrivato primo alle ultime elezioni in Bulgaria.

Tutto è iniziato quattro anni fa quando il conduttore e cantante bulgaro, Slavi Trifonov, ha promosso un referendum sul taglio del finanziamento pubblico ai partiti. Dal successo di quell’evento è nato un movimento in opposizione al governo di Boyko Borisov, che l’anno scorso è poi diventato un vero e proprio partito. Dopo le elezioni di aprile risolte in un nulla di fatto, quelle di domenica 11 luglio scorso hanno regalato il primo posto proprio alla formazione di Trifonov con il 24% dei voti. Una cifra non sufficiente per governare da soli, ma sufficiente per superare il partito socialista, fino a qualche mese fa il maggiore partito di opposizione.

“Nella notte magica di Euro 2020 e del volo della Virgin Galactic”, ha scritto il deputato M5s Invidia su Facebook, la Bulgaria “ha messo fine a dieci anni di corruzione”. E sempre secondo il parlamentare 5 stelle eletto in Lombardia, il partito Itn ha molte somiglianze con il M5s perché “è un partito giovane, post-ideologico nato dal basso”. E a ilfattoquotidiano.it ha aggiunto: “Siamo due millennial mossi dagli stessi ideali una generazione bistrattata da tutti. La nostra non è una storia nata in politica, ci conosciamo dall’università e abbiamo sempre cercato di seguirci negli anni”. Adesso “stiamo imprimendo un cambiamento nei nostri Paesi”. La similitudine tra i due movimenti\partiti è sicuramente in alcuni dei temi come la riforma della giustizia, la lotta alla corruzione, la spinta per una maggiore trasparenza e rinnovamento. Anche se proprio il partito Itn e il suo leader sono stati criticati per non aver presentato un programma in campagna elettorale e per non aver ancora definito le prossime mosse politiche. Senza dimenticare che la stessa figura di Slavi Trifonov ha fatto molto discutere negli ultimi mesi in patria e non solo. Se le similitudini sono evidenti, tra le differenze con il M5s “c’è sicuramente il contesto” ha detto Invidia. Quella della Bulgaria “è una democrazia giovane, lì è più facile costruire un nuovo corso” e questo potrebbe portare a “grandi cambiamenti in maniera più veloce rispetto all’Italia”. Il partito Itn ora punta a collaborare con gli altri schieramenti su singoli temi. “C’è grande aspettativa” ha concluso il deputato.

Intanto oggi il presidente bulgaro Rumen Radev ha avviato le consultazioni con le sei forze politiche entrate nel nuovo parlamento. Ed è partito proprio dal partito antisistema “C’è un popolo come questo” (Itn). Si prevede che la settimana prossima sarà affidato a Slavi Trifonov il mandato per formare un governo. Vasileva Mitova ha giurato ieri al Parlamento e si dovrebbe occupare soprattutto di Affari esteri e sicurezza.

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Lettera aperta a Conte di un gruppo di giovani attivisti M5s: ‘Serve un ricambio generazionale’

Siamo un gruppo di giovani attivisti iscritti al Movimento 5 Stelle che ha sempre condiviso, sin da subito, i principi fondamentali e caratterizzanti del Movimento rispetto ad altre forze politiche. Esso ha sempre favorito il ricambio generazionale per far sì che i cittadini non fossero rappresentati a lungo sempre dalle stesse persone, e per far sì che nei palazzi non si cristallizzassero le posizioni di potere.

Entrando più nel merito, noi crediamo che la partecipazione sia fondamentale in un sistema democratico di tipo rappresentativo, il quale però presuppone ancora una netta separazione tra popolo e istituzioni. Oggi risulta anacronistico conservare a tutti i costi questo modello di rappresentanza, perché viviamo in una società “liquida”, che evolve a una velocità decine, centinaia di volte superiore rispetto a 10 e 100 anni fa.

Parte del fallimento degli Stati è dovuto proprio all’incapacità di intercettare le esigenze volatili del popolo e le sfide multiformi del secolo, a causa della concezione elitaria delle istituzioni, considerate un fortino dove difendere i propri interessi e i privilegi accumulati. Noi oggi vogliamo un modello di società diversa, all’avanguardia, dove lo Stato non sia soltanto lo specchio della Società, ma che si identifichi con la Società stessa.

Affinché questo cambiamento epocale si realizzi nel XXI secolo, dobbiamo fare i conti con l’animo umano che, diversamente dalle tecnologie, è rimasto immutato dall’alba dei tempi. La legge e le regole ci aiutano a tracciare una strada piuttosto che un’altra, dobbiamo avere il coraggio di remare nella direzione di Società che vogliamo.

Abbiamo scritto questa lettera con l’intento di rimarcare questi principi che per noi sono molto importanti, con l’obiettivo di farli entrare nel nuovo Statuto. Il cambiamento, infatti, è sempre fonte di innovazione e crescita, ma le radici non dovrebbero mai essere cancellate. Con la petizione
abbiamo raccolto in poco più di 24 ore 50 firme di attivisti iscritti al Movimento e 100 sostenitori.

Al presidente in pectore del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte.

Gentile professore Giuseppe Conte,

Lei si sta candidando a coordinare una grande comunità di cittadini con una lunga storia alle spalle. Donne e uomini, in centinaia, poi migliaia, sono scesi in piazza a manifestare perché avevano un sogno, anzi, tanti sogni: l’acqua pubblica, istituzioni libere da mafia e corruzione, un paese ecosostenibile, uguaglianza e diritti. Eppure, c’è una battaglia più grande che implicitamente racchiude tutte le altre, un ideale in principio urlato e poi udito con voce sempre più flebile all’interno dei palazzi.

Quella battaglia è l’abolizione del potere, presidente, intesa come superamento delle gerarchie e azzeramento della distanza tra cittadino e istituzioni. Da che mondo è mondo il potere ha origine dall’egoismo, da quando si inizia a dire “io” al posto di “Noi”, dando inizio al declino di una comunità. Lei però, da servitore dello Stato, ci insegna che l’interesse collettivo si antepone sempre all’interesse personale, che la morale è una bussola che non dovremmo mai perdere di vista.

Tanti giovani e adulti hanno creduto e continuano a credere nel Movimento per la sua unicità, quella di essere una forza fluida e dinamica che non si cristallizza nei palazzi, piuttosto li pervade sempre di rinnovata energia, attraverso volti, storie ed esperienze nuove, che sono linfa vitale della democrazia nel nostro Paese. Affinché questi principi vengano rispettati, professor Conte, le chiediamo due proposte di modifica allo Statuto chirurgiche e sottili, ma che racchiudono alcuni pilastri fondanti della nostra comunità associativa.

La prima è l’aggiunta del seguente capoverso al punto d) dell’articolo 2*:

‘Al fine di rafforzare la capacità rappresentativa delle istituzioni è essenziale adottare regole chiare che assicurino un ricambio generazionale e una rotazione delle cariche continui, volti anche a scongiurare l’eventuale accumulo di potere e privilegi da parte di pochi’.

La seconda consiste nella sostituzione dell’attuale punto e) dell’articolo 2** col seguente testo:

‘Gli eletti sono portavoce dei cittadini. La politica è l’attività privilegiata di governo della complessità, chiamata a farsi carico del destino di una intera comunità. Essa deve muovere dalla valutazione complessiva di tutti gli interessi in gioco e deve esprimere visioni prospettiche, con l’obiettivo di migliorare la società e, in particolare, le condizioni di vita delle persone. È da condannare inequivocabilmente il perseguimento di utilità o vantaggi particolari a beneficio esclusivo di singoli gruppi o persone. A tal proposito compito della politica è quello di avvicinare il cittadino alle istituzioni, eliminando la differenza di classe attualmente ancora esistente tra il popolo e i suoi rappresentanti’.

Siamo certi che anche lei crede in questi ideali e che darà speranza a migliaia di giovani che desiderano un futuro di uguaglianza e prosperità, dove la Politica si fa ovunque e lo Stato è dappertutto.

La ringraziamo per l’attenzione.

Cordialmente,

gli iscritti e i sostenitori del Movimento 5 Stelle

Nutriamo profonda stima e rispetto nei confronti del professor Giuseppe Conte, per questo motivo ci rivolgiamo a lui con spirito costruttivo affinché accolga le nostre istanze.

* Il punto d) dell’Articolo 2, della Carta dei Principi e dei Valori, recita: “Il rapporto tra cittadini e i propri rappresentanti deve essere costantemente alimentato. È alla base del buon funzionamento della nostra società. In questa prospettiva si inseriscono interventi diretti a migliorare la qualità del sistema rappresentativo, ma anche a rafforzare gli istituti di democrazia partecipativa, attraverso i quali i cittadini sono direttamente coinvolti nell’assunzione delle decisioni di interesse collettivo”.

**Il punto e) dell’Articolo 2, della Carta dei Principi e dei Valori, recita: “La politica è l’attività privilegiata di governo della complessità, chiamata a farsi carico del destino di una intera comunità. Essa deve muovere dalla valutazione complessiva di tutti gli interessi in gioco e deve esprimere e visioni prospettiche, con l’obiettivo di migliorare la società e, in particolare, le condizioni di vita delle persone, evitando di perseguire utilità o vantaggi particolari a beneficio esclusivo di singoli gruppi o persone”.

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Sulla giustizia i cinquestelle devono essere duri e puri. Quello è il loro Piave: da lì non si passa

di Bruno Maggioni

Voglio dire due cose: una sui grillini e una sul governo.

Si discute di tutto e ci possono essere mille sfumature delle diverse opinioni su tutto, ma ad un certo punto, per certe cose, o si è qua o si è là. Sembrano scelte difficili, ma in realtà sono le situazioni più belle, più facili da dirimere: bianco o nero. Lì devi dire chi sei. I grillini non si sa se siano di destra o di sinistra (le famose ideologie!), infatti Grillo è stato bravo, oramai tempo fa, ad evitare i temi divisi focalizzandosi su quelli su cui si era d’accordo: l’ambiente, l’acqua pubblica, la connettività, i trasporti, lo sviluppo. Ma il fulcro, anzi la base perché tutti possano andare nella giusta direzione e dare esiti positivi è la Giustizia.

Mancare di capire questo punto è un ‘fatal error’. E’ vero che, come ha detto più di uno: “meglio disonesti che incompetenti”? Vera stupidaggine: se uno è bravo e disonesto, secondo voi, le sue capacità le mette per fare una cosa onesta? Il tecnico onesto fornirà dati e progetti corretti, il politico onesto esporrà i dati correttamente e proporrà leggi oneste e sarà più facile fare le scelte giuste per tutti.

Qualunque legge e attività andrà nella direzione sbagliata se fatta e gestita in maniera disonesta e qui per la legge Cartabia non si tratta di sfumature, di ideologia, di pagliuzze nell’occhio, ma di travi in mezzo al cammino di tutti i processi in corso e dei processi futuri.

Quindi i grillini devono essere duri e puri, devono diventare IL muro contro l‘ingiustizia e l’impunibilità. Devono alzarsi in piedi e dirlo ad alta voce cosa sono: rappresentanti dei cittadini onesti che pagano le tasse o lacchè del sistema e sfruttatori essi stessi dei fessi che non rubano. Uomini o caporali! Questo è un tema per cui vale la pena impegnarsi e vale la pena farlo diventare identificativo dell’intero Movimento.

Se fanno passare questa legge, saranno “come tutti gli altri”, per distinguerli bisognerà guardare le sfumature, la punteggiatura di questa legge. Se si oppongono, anche se dovessero perdere la votazione, saranno invece ben identificati come le persone oneste come noi. E nessuno andrà neanche ad offrire loro mancette per portarli dall’altra parte, perché avranno definito il loro fiume Piave: il punto da non attraversare, di lì non si passa.

Il governo, la signora Cartabia così come il nostro presidente del Consiglio, devono rendersi conto che è chiaro a tanti che non si sta discutendo di fare un ponte o di favorire il fotovoltaico rispetto all’eolico, non si tratta di opinioni, ideologie o di un modello economico, ma si sta andando a scavare sotto i piedi della struttura dello Stato civile. Loro saranno protetti o altrove, ma noi che siamo normali cittadini senza grandi risorse e senza agganci, saremo alla mercé del più forte, sia esso il bullo del quartiere, sia la banca, sia il costruttore che ci sistema la casa. Saranno ricordati come quelli che hanno gettato questo paese nella giungla, la gente dovrà affidarsi a forme alternative di garanzia e tutela, come le organizzazioni criminali sul territorio ed esserne schiavi, o dovranno andare via.

Siamo ancora un paese di emigranti, ma a differenza di 100 e più anni fa quando emigravano le fasce povere della popolazione per cercare fortuna nel nord Europa o nel Nuovo Mondo, adesso vanno via quelli che possono permetterselo o per possibilità economiche o per studi. I figli di chi ha possibilità studiano all’estero e poi lavorano all’estero perché l’Italia sta sempre di più diventando il Paese dei Furbi e ci sono tanti che non vogliono essere furbi a discapito degli altri.

…e stanno ancora cercando chi li rappresenta.

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mercoledì 21 luglio 2021

Comunali Torino, Valentina Sganga è la candidata sindaca del M5s. Scelta con la prima votazione sulla nuova piattaforma SkyVote

Valentina Sganga è la candidata sindaca del Movimento 5 Stelle di Torino. Il nome della capogruppo uscente in consiglio comunale è stato quello più votato sulla nuova piattaforma online del M5s, SkyVote. L’annuncio è stato fatto dal capo politico reggente Vito Crimi. Sganga, 35 anni, ha ottenuto il 54,24 per cento delle preferenze. Il suo avversario, il presidente della commissione comunale Commercio Andrea Russi, si è fermato al 45,76. “In bocca al lupo a Valentina e ad Andrea – dice Crimi -, confido che entrambi insieme possano proseguire questo percorso come una squadra, come è sempre stato nelle nostre corde, e possano quindi portare a riconfermare nella città di Torino il governo del Movimento 5 Stelle. Grazie a Chiara Appendino per il grande lavoro fatto e sono sicuro che accompagnerà il passaggio del testimone a Valentina, che potrà proseguire il bellissimo lavoro svolto da lei in questi 5 anni”. Il M5s a Torino non correrà con il centrosinistra che avrà come candidato Stefano Lo Russo. E’ stato invece già annunciato un cartello elettorale con Europa Verde. Sia il M5s che i Verdi alle primarie del centrosinistra avevano sostenuto il candidato Enzo Lavolta (che però è arrivato terzo).

Laureata in Scienze del Governo e dell’Amministrazione all’università di Torino, Sganga è entrata per la prima volta in Consiglio comunale cinque anni fa, quando Appendino a sorpresa ha vinto le elezioni contro Piero Fassino. Dopo due anni di apprendistato, il Movimento 5 Stelle torinese le ha assegnato il ruolo di capogruppo dell’aula consiliare. La sindaca uscente si è congratulata con entrambi i candidati in corsa: “Ora è tempo di continuare a lavorare, tutti insieme, per il bene della nostra città. Sono certa che Valentina saprà fare squadra per valorizzare al massimo i risultati ottenuti in questi anni, che saprà raggiungerne di nuovi e che, con la sua squadra, permetterà a Torino di continuare quel processo di cambiamento avviato nel 2016. In bocca al lupo, Valentina!”.

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La ‘mediazione Cartabia’ è un flagello e le limature non bastano

Mentre Giuseppe Conte era a colloquio con Mario Draghi, al quale ha evidenziato da giurista “i nodi tecnici” ovvero le aberrazioni giuridiche per cui la riforma “non è sostenibile”, e dal quale avrebbe ottenuto il via libera ad indicare “possibili modifiche al testo”, la ministra della Giustizia ha ritenuto di inviare l’ennesimo messaggio ultimativo al Movimento 5 Stelle: il testo della riforma approvata “non coincide con la proposta originaria. Se proprio dobbiamo ricorrere a degli slogan, più che di riforma Cartabia potremmo parlare di mediazione Cartabia ed è frutto di una responsabilità condivisa”.

Un esplicito avvertimento al M5s perché abbia ben chiaro di non aspettarsi altro che qualche inconsistente “limatura” come viene enfatizzato in coro da tutta l’informazione avversa a Conte, cioè il 99%, ma anche l‘involontaria ammissione di che cosa era la sua proposta originaria al netto delle “eccezioni” ottenute in sede di Cdm dal M5s, e cioè nel caso di reati gravi e più allarmanti, inclusi quelli contro la Pa, la proroga dell’improcedibilità di un anno per l’Appello e di sei mesi in Cassazione.

Infatti se la “mediazione Cartabia”, che non doveva comunque essere avallata dai ministri pentastellati anche se motivati dalla più nobile finalità di “ridurre il danno” piuttosto che di mantenere la loro carica fino al 2023, è stata definita dal presidente dell’Anm (Associazione nazionale magistrati), Giuseppe Santalucia, “uno strumento eliminatorio dei processi” che manderebbe al macero 150mila procedimenti in corso; si fatica a calcolare adeguatamente l’impatto finale complessivo della “proposta originaria” della giureconsulta più celebrata nella storia repubblicana.

A denunciare lo scenario concreto e drammatico che si prospetta con la “mediazione Cartabia”, se non verrà modificata sostanzialmente nel senso indicato da Conte e dalla mole di emendamenti presentati dal M5s in Commissione Giustizia alla Camera, è stato tra gli altri Nicola Gratteri che in audizione in videoconferenza ha previsto che “il 50% di processi per reati gravissimi, inclusi i 7 maxiprocessi che si stanno celebrando a Catanzaro per come è prevista oggi la norma, saranno dichiarati improcedibili” e altrettanto avverrà per quelli contro la Pa con conseguenze dirette devastanti: convenienza a delinquere, diminuzione del livello di sicurezza per la Nazione e credibilità irreversibilmente minata dello Stato.

Allarmi condivisi e parole pressoché identiche sono state espresse da tutti i magistrati che si occupano di criminalità organizzata e di reati contro la pubblica amministrazione e che non possono essere definiti con disistima da giornalisti che non sanno di cosa parlano e che screditano ulteriormente la loro categoria “star mediatiche” come avviene troppo spesso nei confronti di Nicola Gratteri, non solo sul Riformista ma anche sul Manifesto (Jacopo Rosatelli “Magistratura democratica, autonomi ma uniti negli obiettivi” 11/7/2021).

Per il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Federico Cafiero De Raho “produrrà un aumento smisurato delle impugnazioni in Appello e in Cassazione per ingolfare la macchina della Giustizia con conseguenze molto gravi nel contrasto a mafie e terrorismo”; l’ex procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Teresi intervenuto in via D’Amelio per commemorare Paolo Borsellino si è domandato “Che fine faranno i grandi processi di mafia con questa scellerata riforma?”; Luca Tescaroli, tra l’altro pm del processo sulla strage di Capaci e impegnato nel contrasto dei reati contro la Pa, denuncia il rischio che la riforma crei sacchi di impunità tra i colletti bianchi con un effetto devastante sull’assetto democratico, come ci è ben noto da Tangentopoli in poi.

Ma i disastri della controriforma Cartabia non si “limitano” alla reintroduzione peggiorativa della prescrizione sotto la formula più asettica della improcedibilità che falcidia i processi e mortifica i diritti delle vittime e della collettività ad avere giustizia, in modo più brutale: come ha riconosciuto anche Gratteri sarebbe stato un danno minore rispetto a quello che si sta prospettando anche mantenere in vigore il sistema antecedente alla riforma Bonafede.

L’altro allarme altrettanto forte e condiviso da magistrati di ogni ordine e grado, consiglieri togati del Csm, già molto mobilitati contro “il pastrocchio” della prescrizione-improcedibilità, e che concentra anche l’attenzione del Colle, riguarda i criteri di priorità che le procure dovranno seguire nel perseguire i reati che, con un salto all’indietro al 2011 e cioè ai tempi del duo B.-Alfano, verranno predeterminati dal Parlamento e cioè dalla politica. In aperta contraddizione e gravissimo contrasto con l’art. 12 della Costituzione che affida al Pm l’obbligo di esercitare senza condizionamento alcuno l’azione penale. E come ha sottolineato Massimo Villone sul Fatto Quotidiano questa volta si vuole intervenire sull’indipendenza del magistrato con una legge ordinaria.

Sembra a dir poco evidente che in un simile contesto parlare di “qualche ritocco” alla riforma della Cartabia sia riduttivo ed insufficiente e che il lavoro per “raddrizzarla” sia molto impegnativo, mentre le condizioni politiche complessive non sono propriamente favorevoli. Non sappiamo se Conte, come profetizzano e più ancora auspicano “i giornaloni”, rischia di trovarsi con il cerino tra le dita ed un pugno di mosche in mano e nemmeno fino a che punto Draghi vuole blindare la riforma della Cartabia e se intenda ricorrere alla fiducia.

L’importante è che Conte faccia la battaglia che ha preannunciato senza indietreggiare riguardo “il limite che non possiamo oltrepassare” , ovvero essere irremovibili sul contrasto dell’impunità ed impedire che centinaia di migliaia di processi svaniscano nel nulla, che il M5s lo segua compattamente e che in caso di fiducia l’ultima parola spetti alla base del movimento con il voto.

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martedì 20 luglio 2021

Conte ai parlamentari M5s: “Dobbiamo essere protagonisti. Con Draghi chiaro sulla giustizia, c’è un limite che non possiamo oltrepassare”

“Dialogo” sull’impianto della riforma Cartabia ma “c’è un limite che non possiamo oltrepassare” e “nessuno si azzardi a parlare di battaglia ideologica”. Il reddito di cittadinanza come “punto cardine”. E il ruolo del M5s al governo, che deve essere “protagonista”. Sciolte quelle che chiama “ambiguità” prima di presentare il nuovo statuto, Giuseppe Conte si presenta all’assemblea congiunta dei gruppi parlamentari e mette sul tavolo i temi più caldi per i grillini in questa stagione di governo. Nel giorno del faccia a faccia con Mario Draghi, il capo politico in pectore del Movimento dice di aver fatto “un discorso di chiarezza” con il suo successore sulla giustizia, argomento sul quale il M5s ha una “storia articolata e complessa”, la definisce: “Alcuni toni a volte hanno consentito ad altri di schiacciare l’immagine del M5S come un Movimento manettaro e giustizialista, ma noi abbiamo all’interno una solida cultura della giustizia – ha spiegato ai parlamentari – Non dobbiamo più lasciarci schiacciare da questa immagine”.

“Saremo in prima linea per rivendicare con forza che il M5S è attentissimo allo stato di diritto e alla tutela del diritto”, argomenta spiegando che si tratta di due aspetti che passano dal concetto di “presunzione d’innocenza e dall’obiettivo di garantire una durata ragionevole del processo”. Però, avvisa: “Noi oggi non difendiamo una bandiera ideologica”. Se la riforma fosse stata scritta dal Movimento, spiega, “l’avremmo fatto diversamente, ma vogliamo dialogare all’interno dell’impianto della riforma. Tuttavia, c’è un limite che non possiamo oltrepassare”, dice, tra gli applausi, con un riferimento implicito anche agli emendamenti presentati dai pentastellati. “Non possiamo consentire – avvisa – che svaniscano nel nulla centinaia di migliaia di processi, il rischio è concreto e ora lo stanno comprendendo anche le altre forze politiche”. Uno dei rischi concreti in prospettiva con l’attuale impianto, per Conte, è che “verrebbe a mancare la fiducia dei cittadini nello Stato”. Ma “nessuno, nessuno – rimarca – si azzardi a parlare di battaglia ideologica”.

Sul reddito di cittadinanza, invece, ha ricordato che si tratta di un “punto cardine” del M5S e “l’ho detto anche al presidente Draghi”. Il quale, assicura, ha rassicurato riguardo quelli che definisce “slogan di segno contrario” sulla misura, ad iniziare dalla (impossibile) raccolta firme per il referendum abrogativo annunciata da Matteo Renzi fino al “metadone” evocato da Giorgia Meloni. Per quanto riguarda il ruolo del Movimento nella larga coalizione che sostiene l’esecutivo, Conte ha sollecitato: “Dobbiamo farci sentire tanto, bisogna essere protagonisti, abbiamo tutte le carte in regola per farlo”. A Draghi, spiega, “ho detto che questa forza politica è stata un pilastro durante la pandemia, ha dato un contributo fondamentale per mettere in sicurezza i nostri cittadini. Non può adesso venir meno e continuerà a fare la sua parte”.

Mentre sul travagliato processo per la “rifondazione” del M5s ha parlato di una stagione che “è durata molto e a me ha creato molta frustrazione, perché mi sono giunti tanti appelli accorati a far presto ma abbiamo dovuto dipanare nodi e anche risolvere alcune ambiguità”. Alla fine, però, si è detto “particolarmente orgoglioso” della Carta dei principi e dei valori presentata sabato che “ci darà un orizzonte ideale che fin qui il M5S aveva ma non così dichiaratamente percepibile”. Un nuovo statuto che “già molte delle questioni che stiamo affrontando ce le risolve”.

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Riforma Cartabia, Conte: “Nessuno si azzardi a dire che il M5s fa una battaglia ideologica. Noi difendiamo lo Stato di diritto” – Video

Nessuno si azzardi a dire che il M5s fa una battaglia ideologica sulla riforma della giustizia. Noi, semplicemente, difendiamo lo Stato di diritto”. Sono le parole di Giuseppe Conte, che ha incontrato i gruppi parlamentari di Camera e Senato del Movimento 5 stelle, in merito alla riforma della ministra Marta Cartabia. “Con l’attuale proposta del governo verrebbero cancellati migliaia e migliaia di processi. Noi questo non possiamo permetterlo. Se viene meno lo Stato di diritto, verrebbe meno anche la fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni”.

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M5s, Conte incontra i gruppi parlamentari del Movimento: la diretta del suo intervento

Giuseppe Conte incontra i gruppi parlamentari del Movimento 5 stelle alla Camera e in Senato. La diretta.

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M5s, Crimi presenta la nuova piattaforma SkyVote e le differenze con Rousseau: “Parte Torino con il voto sul candidato sindaco” – Video

Alla vigilia della prima votazione con il nuovo sistema, prevista per la scelta del candidato sindaco M5s di Torino (tra Valentina Sganga e Andrea Russi, ndr), il presidente del Comitato di garanzia pentastellato, Vito Crimi, ha presentato in conferenza stampa al Senato il nuovo meccanismo di voto online previsto con SkyVote, dopo il divorzio da Davide Casaleggio e dalla piattaforma Rousseau: “La democrazia diretta è il nostro cuore pulsante, anche per il nuovo Statuto continua a essere fondamentale e centrale“, ha rivendicato.
“La novità rispetto al passato? La società SkyVote non ha alcun ruolo nella definizione del corpo elettorale, che viene fatto dagli organi del M5S. Il corpo elettorale viene consegnato poi a SkyVote con dei dati che servono esclusivamente all’identificazione del votante. Sarà SkyVote a controllare che ad accedere alla piattaforma sia soltanto chi ha indicato il M5S. Questo meccanismo ha una serie di sistemi che garantiscono la segretezza, l’autenticità e l’unicità del voto”, ha spiegato il senatore ed ex reggente.
“Il nostro sforzo è quello di coniugare il principio di democrazia con la certezze di verità e trasparenza. Ogni seggio elettorale è criptato e la chiave di decriptazione è nelle mani del notaio”, ha aggiunto Alfonso Colucci, notaio che si occuperà dei voti su Skyvote. Alfonso Di Sotto, ad della società, ha invece assicurato che la piattaforma prevede sistemi che individuano “attacchi e intrusioni”. Ma non solo: “Il dato è conoscibile solo alla fine ed è la garanzia che è immodificabile”.
“Siamo orgogliosi di fare da apripista come comunità torinese”, ha rivendicato invece la sindaca uscente di Torino, Chiara Appendino, collegata da remoto alla conferenza. Mentre Crimi ha sottolineato come quella della democrazia diretta sia stata fin dalle origini una caratteristica centrale dei pentastellati: “Il M5S tutto questo lo aveva non solo predicato, ma attuato in tempi non sospetti. In un certo periodo venivamo anche derisi per alcune nostre scelte. Oggi invece questo sta diventando di uso comune in tantissime realtà”. E ancora: “Tutto questo nasce a questa intuizione nata da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, quello di portare a compimento la democrazia diretta. Li ringraziamo per averci portato verso questo percorso”.

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Riforma Cartabia, Conte: “Troppi emendamenti presentati dal M5s? Vogliamo una risposta che sia efficace ed equa nell’interesse dei cittadini”

Perché 917 emendamenti alla riforma della giustizia e non quattro di merito? “Il nostro obiettivo è offrire una risposta che sia efficace equa nell’interesse dei cittadini“. C’è una trattativa per evitare che il governo ponga la questione di fiducia? Su questo l’ex presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, di rientro nella sua abitazione a Roma, prima della riunione con i gruppi parlamentari preferisce non rispondere.

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Cartabia, ecco gli emendamenti dei 5 stelle per aggiustare la riforma: prescrizione bloccata solo per i condannati o sospesa “a tempo”. “E la legge entra in vigore nel 2025”

Tornare alla riforma Orlando, ma con termini aggiustati: prescrizione sospesa per due anni dopo la sentenza di primo grado, per un anno dopo l’appello. Oppure riesumare il “lodo Conte-bis”: stop alla prescrizione dopo il primo grado, ma solo se la sentenza è di condanna. O ancora, come extrema ratio, tenersi l’improcedibilità ma facendo scattare il conto alla rovescia dal giorno in cui inizia il processo di secondo o di terzo grado (e non più da quello dell’impugnazione). Ecco, in sintesi, le principali modifiche proposte dal Movimento 5 stelle al testo della riforma Cartabia per scongiurare la mannaia della nuova prescrizione, che fa estinguere il processo dopo due anni in Appello e uno in Cassazione. Tra i 917 emendamenti depositati dal M5s sulla prescrizione – più di metà del totale – i più importanti sono i 19 di contenuto “sostanziale” che intervengono proprio sul meccanismo dell’improcedibilità, con l’obiettivo di approvare la legge neutralizzando quelle “soglie di impunità” evocate dal neo-leader Giuseppe Conte dopo l’incontro con Draghi.

Addio improcedibilità: il ritorno alla prescrizione-Orlando (con aggiustamenti) o al lodo Conte-bis – Due delle proposte puntano ad abolire del tutto la tagliola processuale voluta dalla Guardasigilli. La prima vorrebbe tornare allo schema varato dall’ex ministro Andrea Orlando nel 2017 e superato due anni dopo dalla legge Spazzacorrotti: la prescrizione (del reato) è sospesa per due anni dopo la sentenza di primo grado e per un anno dopo quella d’Appello (la riforma Orlando fissava entrambi i termini a 18 mesi). Una modifica che si vorrebbe far partire dal 1° gennaio 2024: gli effetti, quindi, non si vedrebbero prima di un decennio. La seconda invece ripropone l’accordo di inizio 2020 fra Pd e 5 stelle (il “lodo Conte-bis”, dal deputato di Liberi e uguali Federico Conte), mai trasformato in legge: lo stop alla prescrizione voluto dall’ex Guardasigilli Bonafede vale soltanto per i condannati in primo grado, non per gli assolti. Se l’assoluzione arriva in appello, il tempo di estinzione non conteggiato si “recupera” in modo retroattivo. Nella versione presentata oggi dai 5s, però, c’è un’aggiunta fondamentale: il conto alla rovescia è sospeso anche in caso di assoluzione impugnata, “se almeno uno dei reati per cui si procede si prescrive entro un anno” dall’impugnazione stessa. Un modo per scoraggiare i frequenti appelli dilatori proposti al solo scopo di arrivare alla prescrizione.

L’alternativa: far partire la clessidra dalla prima udienza – Se una mediazione di questo tipo non dovesse riuscire, però, è già pronta l’exit strategy. I grillini – come dimostra il terzo emendamento depositato sul tema – sono disposti anche a “ingoiare” l’improcedibilità, a patto di far decorrere il termine non più dall’impugnazione (come prevede il testo del Governo) ma dalla prima udienza del grado d’appello o di Cassazione. Una proposta che Cartabia sarebbe in seria difficoltà a non accogliere: è la stessa partorita dalla commissione Lattanzi che ha elaborato per lei il progetto di riforma, ed è stata pure caldeggiata dai vertici dell’Associazione nazionale magistrati durante le audizioni in Commissione giustizia alla Camera. Lo ha ribadito martedì, ascoltato a Montecitorio, anche il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri: i termini previsti da Cartabia per il processo d’Appello “oltre a essere ridottissimi, decorrono dal 90esimo giorno dal deposito della sentenza di primo grado, mentre per la trasmissione del fascicolo in Appello o in Cassazione in genere ci vuole molto più tempo. Quindi il termine per lo svolgimento del giudizio inizia a decorrere quando il giudice non ha ancora il fascicolo“, ha spiegato. Con questo emendamento, invece, eliminando dal conteggio i “tempi morti” necessari perché un fascicolo approdi dai Tribunali alle Corti d’Appello – e da queste alla Cassazione – è probabile che buona parte dei 150mila processi a rischio estinzione potrebbero salvarsi.

Ampliare le “eccezioni” per i reati più gravi – Sempre in tema di improcedibilità, altri emendamenti intervengono sull'”eccezione” già portata a casa dai 5 stelle in Consiglio dei ministri: si propone di ampliare l’elenco dei reati per cui i termini sono allungabili rispettivamente a tre anni (in Appello) e 18 mesi (in Cassazione), di eliminare la discrezionalità attribuita al giudice nell’allungarli e/o di portare la possibilità di allungamento fino a quattro anni (in Appello) e tre (in Cassazione). Ancora, i pentastellati vorrebbero escludere l’improcedibilità (e quindi mantenere il blocco della prescrizione dopo il primo grado), oltre che per i reati puniti con l’ergastolo, anche per quelli di cui all’articolo 4-bis della legge sull’ordinamento penitenziario: cioè i cosiddetti “reati ostativi” (quasi tutti i reati contro la pubblica amministrazione, ma anche estorsione e rapina aggravata, furto in abitazione, sequestro di persona a scopo estorsivo) per cui sono previsti limiti nell’accesso ai benefici carcerari. E infine, di applicare l’intera riforma (ammesso che un’operazione del genere sia possibile) non più ai reati commessi dopo il 1° gennaio 2020, ma a partire dal 1° gennaio 2025.

Gli emendamenti del PdSolo 21, invece, gli emendamenti presentati dal Partito democratico: “È ridicolo che ci si voglia dipingere come quelli che si mettono di traverso“, provoca il capogruppo in commissione Giustizia Alfredo Bazoli, “vedo che altri partiti che si atteggiano a maestri ne hanno presentati di più”. Il più importante allunga, fino al 31 dicembre 2024, i termini superati i quali scatta l’improcedibilità, in Appello e in Cassazione, rispettivamente a tre e due anni. Altri allargano, a loro volta, il novero dei reati per i quali è possibile l’allungamento a tre anni e a 18 mesi, oppure eliminano del tutto l’elenco, attribuendo al giudice la possibilità di chiedere la deroga per qualsiasi reato nei procedimenti più complessi. Emendamenti che, spiega Bazoli, “introducono una maggiore flessibilità e più discrezionalità per i giudici procedenti. Si tratta di emendamenti con ipotesi alternative tra loro che offriamo come spunto di riflessione”. Altre proposte dem riguardano la messa alla prova e i riti alternativi, “recuperando una serie di proposte uscite dalla Commissione Lattanzi” con lo scopo di deflazionare i carichi degli uffici giudiziari. Alla scadenza del termine delle 18, i subemendamenti presentati dai gruppi parlamentari agli emendamenti del governo sono in totale 1.631: oltre ai 917 dei 5 Stelle, 403 vengono da “L’alternativa c’è” (componente del Misto formata da ex pentastellati), 120 da Forza Italia, 65 da Italia viva, 39 da Fratelli d’Italia, 21 dal Pd e 12 dalla Lega.

L'articolo Cartabia, ecco gli emendamenti dei 5 stelle per aggiustare la riforma: prescrizione bloccata solo per i condannati o sospesa “a tempo”. “E la legge entra in vigore nel 2025” proviene da Il Fatto Quotidiano.



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Reddito di cittadinanza, c’è una questione di fondo che motiva l’accanimento contro questa misura

di Gianluca Pinto

Come chiaro a tutti, il governo Draghi non si limita a gestire i fondi del Pnrr e la pandemia, ma si sta adoperando per riportare alcune situazioni a prima del 2018. Ciò empiricamente implica che, nel recente passato, qualcosa ha inciso qualche piccolissimo segno anomalo sulla tela della rappresentazione padronale della società.

L’abrogazione del Reddito di Cittadinanza è, in questo percorso, parte integrante del programma di restaurazione. Con un passo indietro ricordiamo a questo proposito il Decreto Dignità che, sebbene fosse solo un leggero alleggerimento della pressione sull’acceleratore dell’erosione dei diritti del lavoro (nulla di “epocale”), a suo tempo lo abbiamo visto da subito oggetto di attacchi indiscriminati e, con il governo attuale, abbiamo assistito alla prima scucitura nel suo ordito, purtroppo senza opposizione concreta da parte del Movimento 5 Stelle.

Il RdC è tuttora sotto attacco per convincere l’opinione pubblica in merito alla sua “nocività”. Le brillanti argomentazioni alla base della tesi della sua eliminazione, sono sostanzialmente due:

1) Il RdC impedisce alla povere imprese di trovare lavoratori che sgobbino, con spese a carico, senza tutele per un tozzo di pane;

2) Il RdC si presta a truffe e imbrogli (e giù con elenchi di chi ne ha usufruito illegittimamente).

Per quanto riguarda il punto 1, la traduzione oggettiva degli sproloqui (cui si è obbligati a prestare attenzione per dovere di cronaca) ha questa sostanza materiale evincibile dall’argomentazione stessa: il RdC ha contribuito all’emersione della contraddizione tra il “diritto alla sopravvivenza” e “lavoro” quando questo è sottopagato o addirittura ai limiti dello sfruttamento.

Per quanto riguarda il punto 2, togliendo il fatto che non vedo come ciò possa essere ascrivibile al RdC invece che a coloro che trovano il modo di approfittarne illegittimamente, l’argomentazione sarebbe divertente se il contesto non fosse tragico. Vogliamo applicare ad altri casi questo ragionamento (gioiello intellettuale che offusca il “Discorso sul metodo” di Cartesio)? Allora possiamo dunque benissimo sostenere che, se a causa di qualche impresa accadono disastri come quelli del Ponte Morandi (ne cito uno solo), vanno abolite tutte le concessioni ad imprese esterne e queste vanno sostituite con risorse statali? Interessante! Parliamone.

La questione vera di fondo, che accomuna l’accanimento sia sul Decreto Dignità che sul RdC è di fatto una sola: l’impudente intromissione dello Stato nel frenare la gioiosa e sfrenata corsa all’erosione dei diritti (da quello alla salute, sempre più compromesso dalla presenza dei privati a quello del lavoro) da parte del Capitale. Il Decreto Dignità era una “piccolissima” norma inaccettabile per coloro che reputano che la società debba essere governata e gestita esclusivamente da chi ha in mano il denaro, senza intromissioni della collettività (gli Stati).

Il RdC è un’altra tegola sulla testa dei padroni perché lo Stato pone il diritto alla sopravvivenza in contrapposizione alla libertà di fare profitti sempre maggiori. Questa non è una cosa accettabile per i sostenitori del “Capitale al timone”, perché lo Stato si pone di traverso nella loro corsa e rincorsa smodata all’aggressione del diritto “al” e “del” lavoro in funzione della competizione sul profitto a breve termine.

Mi auguro che, in questo specifico argomento, Giuseppe Conte non esageri con le “limature”, e non solo per il bene di chi rappresenta. Mi auguro che Conte abbia la forza di indirizzare realmente il governo Draghi almeno negli argomenti che riguardano questi temi oppure, in caso di impossibilità di incidere, che abbia il coraggio di uscire dal Governo. Questo per dare a tutti l’idea che esistono ancora forze che si battono per quello in cui credono anche quando sono forze di Governo. In una democrazia, la speranza portata dalla coerenza è un valore molto più proficuo e costruttivo che non il principio del “Governare per governare”.

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M5s: “L’audizione di Gratteri drammatica, la riforma Cartabia va cambiata”. Depositati in commissione 916 emendamenti

Quasi mille emendamenti per cercare di aggiustare la riforma della giustizia penale di Marta Cartabia. Sono quelli presentati dal Movimento 5 stelle alla commissione Giustizia della Camera per modificare ii 24 emendamenti del governo sul processo penale. Questi subemendamenti non includono quelli sulla prescrizione (articolo 14 del ddl Bonafede) in quanto il termine per i sub emendamenti scade alle 18. D’altra parte che i 5 stelle volessero modificare la riforma Cartabia lo avevano annunciato da giorni, già nelle ore immediatamente successive al voto in Consiglio dei ministri.

Un’intenzione, quella di aggiustare la legge, confermata ieri dal premier Giuseppe Conte dopo l’incontro con Mario Draghi. E ripetuta oggi dagli stessi 5 stelle dopo l’audizione di Nicola Gratteri. “È stata drammaticamente chiara: la riforma del processo penale messa a punto dalla ministra Marta Cartabia deve essere modificata. Tra tutte le critiche espresse da Gratteri quelle che più preoccupano, poiché prefigurano scenari inquietanti, sono relative alle conseguenze concrete: convenienza a delinquere e diminuzione del livello di sicurezza per la Nazionè”, scrivono in una nota i deputati della commissione Giustizia. “Il procuratore capo di Catanzaro – proseguono i parlamentari pentastellati – ha parlato anche di un abbassamento della qualità del lavoro dei magistrati causato dalla fissazione di una ‘tagliolà con termini troppo rapidi. Gratteri ha correttamente preannunciato un ‘aumento smisurato di appelli e ricorsi in Cassazionè perché ‘con questa riforma a tutti, nessuno escluso, conviene presentare appello e poi ricorso in Cassazione non foss’altro per dare più lavoro ed ingolfare maggiormente la macchina della giustizià. Si tratta di considerazioni che devono indurre tutti a rivedere e modificare nel profondo la riforma, soprattutto con riguardo a prescrizione e improcedibilità. Ne va del futuro del Paese” concludono.

Anticipa modifiche anche Debora Serracchiani, capogruppo del Pd alla Camera, ma in numero molto minore: “Siamo convinti che l’impianto della riforma Cartabia sia estremamente valido. E’ già stato fatto un lavoro collettivo da esperti e gruppi parlamentari” ma “il testo che uscito dal Cdm ha necessità di aggiustamenti. Uno di questi riguarda la prescrizione come è stata immaginata, che ha una certa rigidità e potrà essere applicata in questa forma quando effettivamente avremo organici e un’organizzazione diversa della giustizia”. La diretta interessata, cioè la guardasigilli Marta Cartabia, difende invece il suo testo: “Le forze politiche spingono in direzioni diametralmente opposte, ma questa riforma deve essere fatta perché lo status quo non può rimanere tale. So molto bene che i termini che sono stati indicati sono esigenti per queste realtà, perché partiamo da un ritardo enorme, ma non sono termini inventati, sono quelli che il nostro ordinamento e l’Europa definisce come termini della ragionevole durata del processo, che è un principio costituzionale”, ha detto la ministra dal palazzo di giustizia di Napoli, dove la corte d’Appello ha il record negativo della durata dei processi: con la riforma salterebbero praticamente tutti.

“Con questi organici, che auspichiamo vengano in qualche modo rimpolpati, mi sembrerebbe molto triste dover trarre la conclusione che l’unico modo di fare i processi in questo Paese sia non farli, sia offrire ponti d’oro agli imputati per indurli a scegliere a suon di sconti, saldi, liquidazioni e riti alternativi”, ha detto Luigi Riello, procuratore generale di Napoli. La ministra ha replicato: “Lo status quo non è un’opzione sul tavolo. Dopo quanto ho sentito su numeri delle pendenze, i tempi delle definizioni dei giudizi, i tempi delle trasmissioni degli atti, mi domando: possiamo noi stare inerti e fermi di fronte a una Giustizia che non è un Frecciarossa che in un’ora e dieci ci porta da Napoli a Roma, che non deve fermarsi mai nelle campagne di Frosinone, ma possiamo restare sul calesse perché Frecciarossa non si inceppi?”

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M5S, l’addio al “vaffa” scatena lo sberleffo. Sfottò via social di giornalisti e politici (che l’hanno usato fino a ieri, senza copyright)

I Cinque Stelle aboliscono il “vaffa” per statuto. La notizia poteva dare il là a tutta una serie di analisi sull’ennesima mutazione genetica del Movimento ma i censori da buoncostume e i detrattori di sempre fanno altro, non applaudono e neppure stanno in silenzio. Fanno il tifo, si lanciano cioé in piccoli sfottò compiaciuti, perlopiù a mezzo social. Tra gli araldi dello sberleffo, il notista politico del Corriere della Sera Antonio Polito dileggia via twitter la scelta come segno di una maturità tanto tardiva da risultare comica. “Il nuovo statuto del M5s è uno spasso: “Le espressioni verbali aggressive devono essere considerate al pari di comportamenti violenti”, gli fa eco il collega di Qn David Allegranti.

Ci si poteva aspettare di più, tipo: un ragionamento su Beppe Grillo e i suoi che perdono la ritualità dell’insulto, quello che alle origini veniva gridato a una piazza libera e piena che faceva anche paura e oggi non c’è più; oppure sul turpiloquio in sé, che ha trasformato la rabbia individuale per la Casta in un grido finalmente collettivo che andava oltre gli asfittici miagolii dei partiti tradizionali. E ancora. Che il M5S li rincorre fino a cambiare paradigma anche sul piano del linguaggio: meno “vaffa”, più invettive da “Cicerone contro Catilina”: la rabbia che c’è ancora, ma è rivolta ai senatori inter pares, non più al “popolo”. E via dicendo.

E invece? Di fronte alla notizia del “vaffa” che va in soffitta si scatena solo il tifo. Quello ad esempio di Laura Cesaretti del Giornale che, inclemente, chiede via social: “Su come mettere le posate a tavola c’è un altro comma?”. Elena Polidori dalle pagine della Nazione commenta: “E’ davvero tempo per i 5 Stelle di morire democristiani”. Gli sfottò si moltiplicano con la forza dei follower.

Anche i politici optano per la semplificazione. Davide Faraone, senatore e presidente del gruppo di Italia Viva a Palazzo Madama che sentenzia: “Non dovrebbe servire uno statuto per disciplinare l’uso delle parole ed il divieto delle parolacce”.

E dietro gli va anche Gaetano Quagliariello, che fu radicale ma divenne moderato con Forza Italia e – in quanto tale – intorno al “vaffa” ha costruito il recinto dove confinare gli interlocutori politici per alleanze di governo: “Non si può passare dal #vaffa all’essere governativi a tutti i costi, alleandosi con i verdi, con i rossi e con i gialli senza dare spiegazioni. Questa è la morte della #politica”.

La discussione è di per sé surreale, ma a “pesarla” rivela qualcosa di più. Sempre sul filo del costume politico si può notare infatti come proprio la categoria dei giornalisti detrattori e degli avversari di ogni colore abbia usato il “vaffa” sdoganato (e ora autocensurato) dai grillini, senza pagare i diritti d’autore. Basta scorrere le cronache dei giorni scorsi che raccontano gli strappi tra Grillo e Conte: “Beppe furioso, ma il vaffa non parte” è il titolo di una settimana fa della stessa Polidori che oggi sbeffeggia il bon ton ritrovato. “L’auto vaffa-day di Grillo”, è il titolo di un corsivo di Claudio Cerasa per Il Foglio.

E i politici non sono da meno: “Il M5s sta finendo come è iniziato, con un vaffa day”, si legge nella nota della vicepresidente del gruppo Forza Italia al Senato Licia Ronzulli. “Nati coi vaffa ora si mandano affa…” è l’aulico commento del vicepresidente della Camera dei deputati Fabio Rampelli (Fdi). Al “moriranno democristiani” replica subito Clemente Mastella sentendosi chiamato direttamente in causa: “In Dc ci separavamo ma da amici, nei 5S volano vaffa”. Insomma, quel vaffa sdoganato in politica ricorre ormai nelle dichiarazioni degli indignados. E poco ci manca che mancherà a tutti, a partire da loro.

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