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lunedì 30 gennaio 2023

Regionali Lazio, i candidati si impegnino a modificare la legge che demolisce i villini

Villa Paolina di Mallinckrodt è ancora lì affacciata su una piazzetta storica di Roma, in un quartiere di villini e piccole palazzine novecentesche. Si è salvata dalla demolizione che avrebbe dovuto far posto a un palazzo moderno di 8 piani, con un intervento richiesto prima grazie al “Piano casa” regionale del centrodestra di Renata Polverini prorogato per quasi 3 anni dal centrosinistra di Nicola Zingaretti, poi in base a un articolo della legge regionale della rigenerazione urbana del luglio 2017 – sempre del centrosinistra – che è a tutti gli effetti un “piano casa” incistato nella legge, che ne ripropone gli stessi effetti devastanti.

“Rigenerazione urbana” è diventato un termine alla moda che evoca scenari di tristi palazzoni e zone degradate che possono rinascere per migliorare la vista e la qualità della vita degli abitanti, ma la legge del Lazio, a Roma, grazie a quell’ articolo che “consente sempre” demolizioni e ricostruzioni incentivate da un premio di cubatura del 20% – un quinto del volume precedente – è atterrata prevalentemente nei quartieri otto novecenteschi della “Città storica” fuori dalle Mura aureliane, i più remunerativi dal punto di vista immobiliare: Trieste, Prati, Nomentano, Monteverde, Città giardino e altri.

“Consente sempre” vuol dire che tali interventi si possono realizzare in deroga a quanto prescrive il Piano regolatore comunale (Prg), quindi su richiesta dei costruttori e senza nessuna programmazione e valutazione preventiva da parte degli uffici comunali. Il primo danno che ne deriva è al paesaggio urbano: si salvano solo singoli edifici o spazi circoscritti che siano stati vincolati per il loro interesse storico e architettonico, ma non si proteggono quei “tessuti urbani” costituiti da tante unità che singolarmente non hanno un particolare pregio o valore culturale, ma che tutte insieme costituiscono un paesaggio unico e caratteristico, un patrimonio per la storia, la memoria e l’identità di Roma e non solo.

Ma esiste anche un danno per “omissione”, dato che tali incentivi offerti dalla legge regionale orientano inevitabilmente gli investitori verso operazioni immobiliari di semplice “rinnovamento edilizio” – magari con l’alibi della “riqualificazione energetica” – nelle zone che offrono maggiore profitto, anziché verso quelle zone della Capitale che da anni attendono una vera rigenerazione urbana, che è anche sociale e ambientale.

Per questo Carteinregola insieme a decine di esponenti del mondo della cultura e delle associazioni per la tutela del patrimonio storico e del paesaggio – ma anche di realtà sociali – ha lanciato un appello che sta continuando a raccogliere firme per chiedere ai candidati, ai partiti e agli esponenti di tutti i livelli istituzionali l’impegno a modificare l’ articolo 6 della Legge regionale della rigenerazione urbana del Lazio 7/2017.

Ma attenzione: non chiediamo di fermare le trasformazioni, né di impedire le demolizioni e ricostruzioni, neanche nella Città storica di Roma, dove peraltro il Prg, a certe condizioni, già le prevede. Chiediamo che le trasformazioni siano sottoposte al fondamentale presidio della regia pubblica e delle regole degli strumenti urbanistici comunali, come il Piano Regolatore, unica garanzia della prevalenza dell’interesse generale sul pur legittimo profitto privato e che gli incentivi come gli aumenti di cubatura siano utilizzati per indirizzare gli interventi nei quartieri dove sono necessari, nella “Città da ristrutturare” e nella “Città consolidata”.

Richieste che abbiamo sottoposto – con poco seguito – anche all’assessore capitolino all’urbanistica, Maurizio Veloccia da cui speravamo di ottenere l’impegno ad attivarsi con la Regione Lazio affinché fossero restituite alle prerogative della Capitale – altro tema assai di moda nel dibattito politico – quelle del governo del suo territorio, senza aggiramenti “in automatico” delle regole del suo Prg.

Un impegno che invece hanno già sottoscritto alcuni candidati di diverse appartenenze: dalla coalizione del centro sinistra per Alessio D’Amato, alla candidata presidente di Unione Popolare, Rosa Rinaldi alla lista Polo progressista, che sostiene la candidatura di Donatella Bianchi insieme al Movimento 5 Stelle che ha introdotto la richiesta nel programma già pubblicato sul sito. Siamo ancora in attesa di conoscere la posizione del Movimento Cinque Stelle che pure, quando era all’opposizione in Consiglio regionale, si è battuto strenuamente sia contro la proroga del “Piano casa”, sia contro le distorsioni della legge di rigenerazione.

Villa Paolina si è salvata dalla demolizione solo grazie all’impegno del comitato “Salviamo Villa Paolina” di Mallinckrodt e al suo valore architettonico, che ha ottenuto un decreto di dichiarazione di interesse culturale con un procedimento avviato dal Direttore Generale Archeologia, Belle arte e paesaggio.

Non sappiamo, a oggi, quanti interventi incentivati da quell’articolo della legge regionale caleranno nei prossimi mesi e nei prossimi anni sui tessuti storici di Roma, perché nonostante le ripetute richieste non abbiamo ottenuto nessuna informazione né dal Comune né dai Municipi. Ma vogliamo dirlo con forza: in ballo non c’è solo la tutela della Città Storica e la difesa del nostro patrimonio storico e identitario, ma molto di più: il coraggio di mettere al centro della visione politica gli interessi della città e dei cittadini anzichè quelli della rendita che gli operatori privati possono estrarre dal patrimonio storico di Roma.

Martedì 31 gennaio alle 18 continua la nostra serie di incontri in diretta Facebook “Verba Votant”, questa volta con la coalizione di centrosinistra: la rigenerazione urbana e la legge regionale sarà uno dei temi principali su cui avvieremo il confronto con la coordinatrice del programma, Alessandra Sartore e con i candidati e gli esponenti dei partiti a sostegno di Alessio D’Amato Presidente.

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sabato 28 gennaio 2023

Arriva Giarrusso e il Pd va in tilt. Gori a Bonaccini: “C’è un limite all’inclusività”. E Cottarelli parla di “effetto poltrona”

Se c’era una cosa che, perfino nel continuo cambia-casacche della politica, forse in molti non si aspettavano era l’ingresso di Dino Giarrusso nel Pd. Compresi gli stessi membri del Pd. Così, dopo l’annuncio fatto dall’ex M5s dal palco dell’evento milanese di Stefano Bonaccini, è esploso il malumore in area dem. E neanche tanto celato. Il motivo sono gli attacchi che negli anni l’eurodeputato ha riservato al Pd, oltre al dubbio sull’efficacia, ai fini elettorali, della scelta del presidente dell’Emilia Romagna.

Le critiche sono arrivate da più parti, come dai dem appartenenti all’area Schlein e dai renziani. E pure all’interno dello stesso comitato elettorale del governatore emiliano, il favorito nella corsa a quattro per la segreteria del partito, c’è chi ha storto il naso. Come il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, che, dal palco dell’iniziativa, ha parlato di un “clima raffreddato“, accusando Bonaccini di essere stato fin troppo inclusivo. “C’è stato un passaggio in cui la temperatura è scesa di qualche grado – ha spiegato il primo cittadino – Niente di personale. Stefano, solo che sei molto inclusivo, è vero che la vocazione maggioritaria consiste nel convincere chi non la pensava come noi… però io credo anche che ci sia il rischio di una corsa a salire sul carro del vincitore. E quando vedo venire qui chi ha detto le peggio cose del nostro partito, presentarsi e dire ‘ci sono anche io’, allora forse qualche limite è giusto porlo”.

Piero Fassino, invece, ha chiesto delle “scuse” da parte dell’ex Iena. “Giarrusso dovrebbe chiedere scusa al ministro Pinotti perché qualche anno fa, quando lei era ministro della Difesa, disse che aveva le mani lorde di sangue. Ma questo non era vero ovviamente”, ha commentato il deputato dem, dicendo che “prima di iscriversi” o di “venire” nel Pd, Giarrusso dovrebbe “chiarirsi le idee” e che “su questo ci aspettiamo delle scuse”. “Dopodiché, se ci sono le scuse, il nostro partito è aperto sempre ai contributi di tutti anche di quelli che cambiano opinione e riconoscono le nostre buone ragioni”, ha concluso.

Dario Nardella, sindaco di Firenze, a capo della mozione a sostegno del governatore emiliano, ha invece inizialmente parlato di “vittoria” salvo poi commentare duramente, poco dopo, la decisione di Bonaccini. Nardella ha sottolineato che il comitato che sostiene il governatore non vuole “vivere di rancore” e che, anzi, “se c’è una persona che ci ha attaccato per anni, ci ha criticato senza sosta e poi viene qui, da noi, la vittoria è di chi si chiama democratico ed è disposto a dialogare”. Poi però, forse complici i commenti al vetriolo dei suoi compagni di comitato, ha corretto il tiro. “Noi abbiamo le idee molto chiare – ha detto più tardi – Se ci sono persone che vogliono salire sul carro del vincitore, come succede sempre, dopo che ci hanno attaccato per anni e cambiamo all’improvviso idea e vengono qui, noi siamo democratici e apriamo le porte ma sia chiaro che noi manteniamo le nostre idee. Sono gli altri che cambiamo, non noi”.

E c’è anche chi ha parlato di “effetto poltrona”. Come Carlo Cottarelli che su Twitter ha commentato: “Giarrusso si iscrive al Pd che aveva attaccato per anni. Non è il primo 5stelle a farlo. Legittimo cambiare idea ma ce ne fosse uno che dicesse che si era sbagliato e spiegasse perché ha cambiato idea! Invece cambiano idea come si cambia poltrona…ah ecco…effetto poltrona…”.

In area Schlein i commenti non sono stati da meno. Se da una parte la candidata alla segreteria ha preferito non cogliere l’assist per portare voti: “Giarrusso – ha detto a margine di un evento a Torino – Non mi esprimo su questo, ognuno si sceglie la sua squadra. La nostra sta crescendo ogni giorno”. Dall’altra la sua sostenitrice, la deputata Chiara Gribaudo, così come Fassino, ha chiesto “scuse” all’ex Iena: “C’era un tempo in cui il suo sport era attaccare il Pd – ha spiegato – Adesso aderisce al percorso congressuale senza chiarire o giustificare le cattiverie dette contro la nostra comunità”. Critico anche l’ex ministro Peppe Provenzano che su twitter ha commentato: “Meno male che si doveva andare in cerca di elettori perduti. Lo dico senza polemica. Magari Bonaccini è consigliato male, ma faccio notare che Dino Giarrusso, al di là di tutto, alle ultime elezioni in Sicilia era candidato non solo contro il Pd, ma con Cateno De Luca!”.

E le polemiche non sono mancate anche fuori dal Pd. Matteo Renzi, su Facebook, non ha perso occasione per attaccare i suoi ex compagni e in particolare Bonaccini, che è stato a lungo suo sostenitore. “Oggi ha spiegato la sua idea di Pd: cancellare il JobsAct che ha creato più di un milione di posti di lavoro per accogliere la Iena ex grillina Giarrusso che insultava i dem su Tav, immigrazione, onestà. Finalmente smetteranno di dire che Bonaccini è renziano, sono felice per lui. Ma basterebbe rileggere i dati Istat sul JobsAct e i tweet di Giarrusso per capire che il Pd non è più la casa dei riformisti”. Meno “sentimentale” e più ironico Carlo Calenda: “Vi giuro che non avevo capito che Bonaccini avesse dato l’ok. Pensavo fosse una boutade di Giarrusso. Sono allibito. Un sentito ringraziamento da parte di tutto il Terzo Polo a Bonaccini e Picierno. Avanti così”.

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“La me**a in confronto a voi profuma”, “Chi c’è al dipartimento tangenti?”: quello che ha detto Giarrusso sul Pd. Prima di entrare nel Pd

Da volto delle Iene a portabandiera europeo del Movimento 5 stelle. Poi convinto sostenitore di Cateno De Luca. Infine, pugno chiuso pronto, uomo di sinistra. Anzi, uomo del Pd di Stefano Bonaccini, cioè il favorito alla vittoria al congresso. Dino Giarrusso, dopo anni di attacchi ai dem ha deciso, a un passo dal cambio al vertice nella segreteria del partito, di scendere in campo con una nuova maglia, quella dell'”Energia popolare” del governatore emiliano. Eppure proprio lui, solo pochi mesi fa, chiamava “zerbino” alcuni suoi ex colleghi pentastellati passati o comunque vicini al Pd, definendo la possibile alleanza giallorossa una “scelta suicida”. E non solo. Gli attacchi frontali al partito, negli anni della sua discesa in politica, e anche prima, sono stati molteplici. Come quando su Facebook, nel 2015, definiva Pd e Pdl “partiti pieni di corrotti e corruttori”, concludendo il post con un “la merda in confronto a voi profuma”. Post e reazioni che, nelle ultime ore, stanno rimbalzando di social in social. Non solo per l’annuncio ma anche perché l’ex pentastellato sta pian piano “ripulendo” il suo passato critico, cancellando molti dei tweet e dei post incriminati (alcuni dei quali chiusi al pubblico), forse proprio per far spazio al nuovo corso in maglia dem.

Ecco una selezione parziale del Fatto.it delle affermazioni degli ultimi anni.

4 novembre 2022 – “Conte fino a pochi mesi fa era il capo di un Movimento a pezzi. Con grande dolore ho scelto di allontanarmi anche per dare un segnale: basta subalternità al PD, via dal governo Draghi, manteniamo i due mandati e stop alla guerra per bande che ci sta distruggendo. Oggi il M5S ha voltato pagina su questi punti e non a caso è risalito subito. Conte ha fatto un’ottima campagna elettorale, ha sfruttato gli errori altrui, ed è il vincitore insieme a Meloni. Questo risultato indica al M5S che, se un domani ci si vuole alleare, non lo può fare come era stato fatto prima, da partner “minore” ma imponendosi da leader al resto della coalizione. Sono molto contento del fatto che finalmente il Movimento abbia compreso questo: da quando ha infranto quella sudditanza, il Pd è sceso e il M5S è salito subito. Sono segnali chiari che indicano la strada futura: alleanze solo alla pari e senza rinunciare ai propri valori”. (Ansa)

15 giugno 2022 – “Il flop del Movimento 5 stelle dipende dal Movimento 5 stelle. L’alleanza col Pd è una scelta suicida. Non è un’alleanza, è un tappetino. Il flop era annunciato perché segue una serie di scelte suicide che tradiscono totalmente i valori del Movimento. È finita la partecipazione, sono stati uccisi i gruppi sul territorio e questa e’ la ragione che mi ha fatto guardare con interesse a Cateno De Luca con il quale stiamo facendo un ragionamento assieme”. (Ansa)

4 giugno 2022 – I pentastellati non si sbilanciano perché appiattiti sulla linea del Pd? “Lo sono fin troppo. Mi hanno contestato perché sostengo un candidato sindaco appoggiato da sette civiche e anche dalla Lega. Qualcuno, però, dimentica che eravamo quelli che dicevamo mai col partito di Bibbiano e che bisognava fare solo due mandati. Vedremo alle regionali in Sicilia quanti poltronari faranno il terzo mandato: sarà evidente chi non fa politica per passione ma per uno stipendio”. (Intervista a Il Giornale)

“Una cosa buona del M5s, era il non essere né di destra, né di sinistra. Non voglio, quindi, prima ancora di iniziare, schierarmi da una parte o dall’altra. Il bipolarismo non ha fatto bene all’Italia e spero che non ci sia più una divisione manichea. Di certo non farò lo zerbino al Pd, come oggi purtroppo molti miei colleghi”. (Intervista a Il Giornale)

15 aprile 2019 – “A proposito della selezione della classe dirigente, si parla spesso del fatto che Di Maio non è laureato, diplomato però con 100/100 al liceo classico, e viene chiamato il ‘bibitaro’ pur non avendo mai venduto bibite al San Paolo ma faceva lo steward, ma vorrei capire, il neo-segretario del Pd nonché Presidente della Regione Lazio che non ha mai fatto nessun lavoro che non sia politica, che titolo di studio ha? Perché non ne parlate? Non si sa neanche se è diplomato Zingaretti, a proposito di avere studiato, che cosa ha studiato questo signore? Come mai nessuno ha chiesto a Zingaretti – e sarebbe obbligatorio metterlo nel curriculum visto che è Presidente della Regione Lazio – che titolo di studio ha? Si parla tanto dei titoli di studi di altri, di questo signore non sappiamo neanche se sia diplomato, come mai? […] Pare sia forse un odontotecnico, ha frequentato un istituto per odontotecnici. lo chiameremo come? il dentieraro? Dopo il bibitaro avremo il dentieraro?”. (La7)

marzo 2019 – “Chiacchierano di competenza, di TAV, fanno le pulci sui titoli di studio e i congiuntivi altrui, quando loro eleggono segretario un diplomato odontotecnico che non ha fatto nessun lavoro che non sia politica, e si fanno arrestare un personaggio al giorno. Quello di oggi è Paolo Ruggirello, finito dentro in un’indagine che riguarda pericolosi rapporti con la mafia. Questo è il PD, primarie o meno“. (Facebook)

25 febbraio 2018 – “Il Pd è quello dello scandalo Mose, quello dello scandalo Expo, è quello del sistema De Luca in Campania dove si vede con molta serenità che un signore offre soldi sotto banco a rappresentanti del Pd, come il figlio di De Luca, e di FdI”. (Quinta Colonna)

luglio 2017 “Non ho ben capito, del nuovo organigramma Pd, chi han messo al dipartimento tangenti” (tweet da Giornalettismo).

5 giugno 2015 – “Pd e Pdl si confermano partiti pieni di corrotti e corruttori e il business spaventoso di Mafia Capitale svela quanto cinici e disgustosi fossero i personaggi che parlavano di “morale”, di “etica” e di “solidarietà” a dibattiti e feste dell’Unità. Dimostrano anche quanto inetti siano stati sindaci e presidenti di Regione che hanno scelto assessori e collaboratori tanto squallidi e corrotti, perché selezionare la squadra è responsabilità del sindaco e scegliere male significa essere pienamente colpevoli di un sistema marcio. In questa situazione, un presidente di partito che fa una conferenza stampa accusando un altro partito, come ha fatto ieri Orfini col M5s, è un tale obbrobrio, una schifezza puzzolente talmente evidente, che i primi a volerlo prendere a calci nel cu** dovrebbero essere proprio gli iscritti e i militanti del Pd. Invece, i poveracci in attesa di prebende per sé e per i propri parenti, stanno tutti zitti, e anzi rilanciano le vomitevoli porcate di Orfini. La merda, in confronto a voi, profuma“. (Facebook)

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Dino Giarrusso, il volto delle Iene ed ex M5s ora si converte al Pd. L’annuncio all’evento di Stefano Bonaccini: “Credo nel suo progetto”

L’ex Iena ed ex M5s Dino Giarrusso ha annunciato il suo ingresso nel Pd. L’europarlamentare, eletto nel 2019 tra i pentastellati, dal palco della convention programmatica di Stefano Bonaccini, organizzata per lanciare il suo programma per la segreteria del partito, ha detto che sosterrà l'”Energia popolare” del presidente dell’Emilia Romagna.

“Con grande gioia e orgoglio – ha spiegato Giarrusso – entro in punta di piedi in una casa che esiste da tempo, con rispetto per chi l’ha costruita e con umiltà. Passo al Pd’’. Da Giarrusso sono arrivate anche parole di apprezzamento per Bonaccini, definito “un ottimo amministratore”. “Credo nel progetto di rinascita che Bonaccini in mente”, ha aggiunto, parlandone come di una persona “cresciuta a pane e politica nel senso migliore del termine, nel senso dell’impegno quotidiano e personale, che proviene dunque dal PCI nella regione storicamente meglio amministrata d’Italia”.

Solo pochi mesi fa, in un’intervista a Il Giornale di giugno 2022, il giornalista parlava così del suo futuro: “Una cosa buona del M5s, era il non essere né di destra, né di sinistra. Non voglio, quindi, prima ancora di iniziare, schierarmi da una parte o dall’altra. Il bipolarismo non ha fatto bene all’Italia e spero che non ci sia più una divisione manichea. Di certo non farò lo zerbino al Pd, come oggi purtroppo molti miei colleghi”. E, a proposito dell’avvicinamento dei 5 stelle ai dem, commentava: “Sono fin troppo appiattiti sulla linea del Pd. Mi hanno contestato perché sostengo un candidato sindaco appoggiato da sette civiche e anche dalla Lega. Qualcuno, però, dimentica che eravamo quelli che dicevamo mai col partito di Bibbiano e che bisognava fare solo due mandati”.

Dal palco di Bonaccini, invece, Giarrusso sembra aver espresso una linea totalmente diversa. “La sinistra incomprensibilmente per anni si è quasi vergognata delle proprie origini, ed è assurdo in un paese dove c’è chi ostenta senza vergogna i vessilli del Ventennio e i busti di Mussolini sul comodino”, ha continuato parlando del centrosinistra. E ha incalzato: “Questa è la casa di una tradizione in cui c’è Berlinguer, una eredità da rivendicare con orgoglio, valori di uguaglianza, di cultura e di solidarietà di cui andare orgogliosi”. Continuando a elogiare Bonaccini, con cui “il Pd deve rinascere e rinnovarsi”, dato che all’Italia serve un “centrosinistra forte e unito” e che “riparta dal basso”, l’ex volto delle Iene ha anche citato le parole di Giorgio Gaber (“pensare di poter essere liberi e felici solo se lo sono anche gli altri”) per poi continuare: “Sogno una sinistra forte che fermi l’individualismo esasperato e torni a far sognare gli italiani, mortificati da una destra che è partita malissimo e che candida chi si chiede se davvero Messina Denaro fosse un assassino”.

“Ho molto criticato il Pd in passato, qualcuno tirerà fuori i meme, ma come si critica ciò a cui si vuole davvero bene, la sinistra e i suoi valori che amo da sempre. Qualcuno può tirare fuori le mie foto giovanili e meno giovanili. ‘Sempre e per sempre dalla stessa parte mi troverai’, diceva Francesco De Gregori”, ha aggiunto Giarrusso facendo il gesto del pugno chiuso.

L’europarlamentare si è poi rivolto anche al suo ex partito, il Movimento 5 Stelle: “Non facciamo una battaglia a chi ha un punto in più o in meno. Io ho fatto un passo indietro, posso farne anche due, ma cerchiamo di unirci per fare passi avanti”, ha detto, sottolineando che “è un peccato che in Lazio si vada separati”, perché “si vince solo uniti”.

Qui l’intervento integrale dal palco

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venerdì 27 gennaio 2023

I Verdi italiani contro l’ingresso del M5s nel gruppo parlamentare europeo. Bonelli: “Conte ha cambiato idea troppo spesso”

“Noi abbiamo sempre voluto costruire relazioni politiche, ma Conte ha sempre cambiato posizione e lo potrebbe fare anche domani. Per questo un loro ingresso al gruppo va respinto”, ha esordito così Angelo Bonelli a margine della conferenza stampa di presentazione del dossier per respingere l’ingresso del M5s nei Verdi europei. Un fatto che sembrerebbe essere prettamente politico perché li vede privi di rappresentanza nel Parlamento europeo, a differenza dei pentastellati. “No, non è una questione politica. Noi avvertiamo gli eurodeputati di questo rischio”, ha continuato Bonelli. Mentre sulla possibilità da parte degli altri esponenti dei verdi europei di accettare l’ingresso del M5s, Eleonora Evi ha detto: “Questa cosa non può assolutamente essere presa in considerazione”. Posizione condivisa anche da Bonelli che ha rimarcato: “Sul partito dei verdi noi abbiamo diritto di veto”.

Tre giorni Giuseppe Conte aveva incontrato a Bruxelles i vertici europei del gruppo Verdi/Ale (Alleanza libera europea). Nell’occasione il leader del M5s aveva sottolineato la vicinanza politica, su temi quali la giustizia ambientale e la giustizia sociale, con la formazione politica guidata dal belga Philippe Lamberts e dalla tedesca Terry Reintke. Conte ha preso anche le distanze con l’alleanza, fatta in passato, con l’Ukip di Nigel Farage. E oggi ha risposto alla posizione dei Verdi italiani: “Io non ho capito se Bonelli ha più a cuore le sfide ambientali o la difesa di un interesse di partito. Sono tantissimi anni che fa politica, il consenso che raccoglie è modesto. Io penso che lo spazio politico per la tutela dell’ambiente e la difesa della biodiversità sia immenso. Pensare di poter rivendicare un monopolio mi sembra fuori luogo. Quindi tutta questa agitazione, con accuse anche false, non la capisco”.

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giovedì 26 gennaio 2023

Caos a ‘L’aria che tira’: Vauro e Sallusti abbandonano la trasmissione. “Gesù, sembra il Grande Fratello”, commenta Myrta Merlino

Caos nella trasmissione L’aria che tira (La7) che, nella prima parte, è dedicata alla situazione del conflitto in Ucraina. Il vignettista Vauro ha un acceso confronto con gli altri ospiti del talk show politico, quando critica l’iniziativa del presidente ucraino Zelensky che ha omaggiato di una medaglia al lavoro due giornalisti italiani.
Dopo lo stacco pubblicitario, la conduttrice Myrta Merlino dà la parola alla senatrice del M5s, Alessandra Maiorino, che ricorda la manifestazione dello scorso 5 novembre per la pace e sottolinea: “La stragrande maggioranza degli italiani ha paura di questo piano inclinato che stiamo vedendo, perché, con le ultime decisioni della Germania e degli Usa, di fatto si entra direttamente nel conflitto con armi offensive”.
E aggiunge una frecciata al direttore di Libero, Alessandro Sallusti, che qualche minuto prima, scontrandosi con Vauro, ha asserito che la verità è un punto di vista: “È un’affermazione davvero da brividi, una roba che peraltro smonta secoli di riflessione filosofiche e che uccide Socrate”.

Il primo a replicare alla parlamentare è il giornalista del Corriere della Sera, Fabrizio Roncone, che scomoda Giuseppe Conte: “Lei prende ordini da Conte, che ha cambiato idea tante e troppe volte, quindi non merita risposta. Devo però confessare che sono imbarazzato dalle insolenze di Vauro”.
Immediata la reazione del vignettista, che abbandona lo studio non prima di sentirsi dare del ‘fascista’ da Roncone a cui risponde con l’epiteto ‘coglione’.
È poi il turno di Sallusti il quale, chiamato in causa, ribatte a Maiorino: “L’onorevole dovrebbe ripassare la storia della filosofia, perché se c’era proprio uno che riteneva che la verità appartenesse gli uomini e non fosse un valore assoluto era proprio Socrate”.
“No, Sallusti, la ripassi lei”, replica la senatrice pentastellata.
Segue un fitto botta e risposta, durante il quale il direttore di Libero perde la pazienza e la conduttrice accusa la parlamentare di interruzioni. Sallusti, quindi, senza salutare, si alza, prende le sue cose e se ne va.
“No, ti prego, Alessandro – commenta Myrta Merlino – Gesù, è tipo il Grande Fratello con le nomination. Alla fine rimarremo in pochi”.

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mercoledì 25 gennaio 2023

Sondaggi, battuta d’arresto per Fdi e per il gradimento di Meloni. M5s avanza, stabile il Pd

La prima battuta d’arresto per Fratelli d’Italia, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il governo e del centrodestra. L’ultimo sondaggio di Ipsos per il Corriere della Sera conferma la flessione dei consensi del primo partito italiano e dell’intera coalizione che ha trionfato nelle urne a settembre. Rispetto al 22 dicembre 2022, Fdi è accreditata ora del 30,5% dei consensi, in netto calo rispetto al 31,7 della precedente rilevazione. Mentre il M5s si conferma il secondo partito e guadagna lo 0,6 (18,2%). Stabile invece il Partito Democratico al 16,4 con una lievissima crescita (0,1).

Nella coalizione di governo crescono la Lega, passando dal 7,8 all’8,3%, e Forza Italia che guadagna secondo le stime lo 0,6 arrivando al 6,8 per cento. Progressi che non bastano a compensare la perdita di Fratelli d’Italia e che portano in lieve flessione il centrodestra ora accreditato del 46,6%, lo 0,2 per cento in meno di un mese fa. Il centrosinistra invece sale dello 0,4% grazie alla crescita di Alleanza Verdi-Sinistra che avanza dal 3,8 al 4,1. Stabile anche Azione-Italia Viva, stimata al 7,1% (+0,1). Gli indecisi o coloro che dichiarano di astenersi sono in crescita del 2%.

In calo, come detto, anche l’indice di gradimento del governo e della presidente del Consiglio. L’esecutivo ripiega da 54 a 51 e Meloni scende dal 58 al 53. Tra gli altri leader, il presidente del Movimento Cinque Stelle Giuseppe Conte resta il più apprezzato con il 32% dei giudizi positivi (stabile) seguito da Matteo Salvini in crescita dal 27 al 28%. Calo di 1 punto invece per Carlo Calenda – da 22 a 21 – e Matteo Renzi, al 15%.

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lunedì 23 gennaio 2023

Sondaggi, Fratelli d’Italia ora arretra: è sotto il 31%. M5s-Pd sempre alle sue spalle. Sale Az-Iv

Battuta d’arresto nei sondaggi per Fratelli d’Italia, che nell’ultima settimana ha perso lo 0,5% delle preferenze calando al 30,8. Un’inversione di tendenza che è un “segnale” alla compagine di Giorgia Meloni, arrivata oltretutto nella settimana dell’arresto di Matteo Messina Denaro che, teoricamente, avrebbe dovuto essere un colpo mediatico per la prima forza della maggioranza e per la compagine governativa in generale. E invece, stando alle stime di Swg per La7, Fdi è l’unico partito della coalizione di centrodestra ad arretrare nei sondaggi.

Alle sue spalle registrano un minimo calo anche Movimento 5 Stelle e Partito Democratico. I grillini passano dal 17,6% al 17,4 lasciando sul terreno lo 0,2 per cento delle intenzioni di voto. Stessa minima perdita per il Pd che arretra al 14. Scostamento minimo, ma di segno opposto per la Lega che sale dall’8,3 all’8,5% ma vede comunque avvicinarsi ancora di più Azione-Italia Viva accreditata dall’8,2 (era stimata al 7,8 il 16 gennaio). Guadagna lo 0,2 per cento anche Forza Italia, ora al 6,6.

Sostanzialmente stabili tutte le altre compagini, con Verdi-Sinistra al 3,8 (+0,1) e +Europa al 3,1 (+0,1). Nessuna fluttuazione per Per l’Italia con Paragone (2,3%), Unione Popolare (1,8) e Noi Moderati (1%) mentre le altre liste sono stimate allo 2,5. Le stime di Swg danno in calo anche la fiducia nei confronti del governo e della presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Solo il 37% giudica “molto” o “abbastanza efficace” l’azione di governo, mentre la presidente del Consiglio raccoglie la fiducia del 41%. Un mese fa le due percentuale erano rispettivamente al 43 e al 45 per cento.

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Scarpinato a La7: “Messina Denaro ha goduto di protezioni di altissimo livello. È stato arrestato perché ha deciso di lasciarsi prendere”

Matteo Messina Denaro ha goduto di protezioni ad altissimo livello. Nessun latitante può resistere per 30 anni, anche se ha forti appoggi locali, se non ha protezioni che vanno al di là della mafia“. Sono le parole pronunciate a In Onda (La7) da Roberto Scarpinato, ex procuratore generale di Palermo ed oggi senatore M5s, che spiega: “Non dobbiamo dimenticare che in questi anni sono stati arrestati diversi esponenti delle forze di polizia per favoreggiamento e alcuni sono stati condannati perché avevano pilotato fughe di notizie all’esterno sul luogo in cui erano collocate le microspie e alcune telecamere”.

E ribadisce: “Non ha goduto solo di protezioni del luogo e di qualche professionista colluso, ma anche di una protezione di sistema perché è un uomo che conosce i segreti delle stragi. Conosce i complici eccellenti delle stragi del ’92 e del ’93 e gode quindi di un sistema di protezione che va al di là di quello tipicamente mafioso”.

Scarpinato aggiunge: “Matteo Messina Denaro non è più più Diabolik come l’avevamo battezzato, cioè un capomafia estremamente raffinato che riusciva a sfuggire a tutte le indagini. Ha iniziato a commettere una serie di errori da principiante e da dilettante, come usare il telefonino e chattare, perché evidentemente aveva deciso di lasciarsi prendere“.

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sabato 21 gennaio 2023

Il M5s continua a erodere il Pd, ma non basta: serve recuperare i sei milioni di voti inespressi

di Maurizio Contigiani

Giuseppe Conte sta prendendo il posto di un Pd morto e sepolto, un Pd che non sarà più votato nemmeno nelle Ztl, dove il consenso prenderà la strada del vero borghese Giuseppi, con un’anima, mi auguro, “sapientemente, onestamente e moderatamente” spostata a sinistra.

Il M5S di Conte ha preso 4.300.000 preferenze. Perseverando con l’erosione del Pd, potrebbe arrivare molto vicino se non addirittura a superare Fratelli D’Italia. Ma non basta. Ci sono ancora sei milioni di elettori che non sono tornati alle urne e che nel 2018 avevano sicuramente votato 5 Stelle. Un bacino elettorale enorme, una marea di gente che non si è riconosciuta nel nuovo partito di Conte ma non ha nemmeno traslocato verso altri lidi.

All’interno di quei sei milioni c’è il volto più critico, più esigente, più incazzato, più radicale su questioni che riguardano l’onestà, la correttezza, l’intransigenza nei confronti dei corrotti, dei ladri di stato, della falsa sinistra, della destra più indegna, dell’incoerenza. Quei sei milioni sono diversi dagli altri che non hanno mai votato, sono un partito dal 25% che cerca qualcos’altro che non c’è più: allora perché non provare a dar loro qualcosa in grado di riportarne al voto almeno la metà?

Urge la nascita di un Partito/Movimento con dentro tutti gli ex 5S che il tempo e gli eventi hanno dimostrato essere i più puliti. Urge che qualcuno rivendichi e provi a ripristinare quelle regole che mettevano le regole davanti agli uomini e che gli uomini hanno visto bene di eliminare. Di Battista, il pesce fuor d’acqua Raggi, Morra, Lezzi, Toninelli e, perché no, Casaleggio e la piattaforma Rousseau potrebbero essere in grado di realizzare qualcosa in quella direzione? Il milione e settecentomila followers di Di Battista contano ancora qualcosa o sto immaginando l’impossibile? Forse.

Ma alla luce di ciò cui stiamo assistendo, non vedo altre strade per costruire un’alternativa, una via d’uscita dallo scempio attuale. Un’equilibrata coalizione all’interno della quale possano coesistere una buona sinistra contiana con almeno una parte di quei sei milioni a cui non frega niente di destra e sinistra ma che guardano esclusivamente a valori dettati da un buonsenso talmente evidente da poter essere definito addirittura scontato.

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giovedì 19 gennaio 2023

Regionali Lazio, le 5 richieste di Carteinregola ai candidati: in primis programmi, cv e trasparenza

Siamo a meno di un mese dalle elezioni regionali e nel Lazio le macchine elettorali si sono messe in moto, rispetto al passato, con un tono assai più dimesso che in una città come Roma si perde nel solito caotico tran tran quotidiano. Pochi i manifesti elettorali (e questo è un bene visti gli alti costi): finora si sono affacciati sulle strade cittadine solo il candidato del centrosinistra Alessio D’Amato e la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni che annuncia “Liberiamo le energie anche in Lazio” in rappresentanza del candidato del centrodestra Francesco Rocca.

Una scelta, forse, vincente sul piano della comunicazione, che però lancia il messaggio che è meglio affidarsi alla leader nazionale che al candidato alla Regione (che peraltro pochi conoscono). Rocca, sostenuto dalla stessa coalizione nazionale, dal canto suo sui social si affida al classico: “Direzione futuro”. Un altro classico, ma di centrosinistra, “Uno di noi” è quello del suo avversario Alessio D’Amato, che riprende lo slogan del Gualtieri aspirante sindaco “Roma e tutti noi”.

D’Amato guida un fronte che comprende 7 liste: Partito Democratico, Azione/Italia Viva, Demos, Europa Verde insieme a Possibile e a un pezzo di Articolo 1 (ma senza Sinistra italiana), +Europa con Radicali e Volt, Psi e la lista civica D’Amato, con Pop. Un “noi” dello schieramento e, nel sottotesto, dell’elettorato, che nei manifesti è in verità poco presente, dato che la cornice grafica circonda il volto del candidato lasciando al “noi” qualche presenza sfocata alle sue spalle.

Non si è (ancora?) vista nei tabelloni, ma promette “Un’aria nuova” Donatella Bianchi candidata alla guida dello schieramento che comprende il Movimento 5 stelle e la lista “Polo Progressista” promossa da Coordinamento 2050 insieme a Sinistra Italiana e a una parte di Articolo 1. Di fatto una competizione a tre, con una vittoria annunciata del centrodestra, anche per la mancata alleanza tra Pd e M5S, che ha ulteriormente ammazzato qualunque pathos per queste elezioni, con un interesse che, almeno nei mondi civici che conosciamo a Roma, sembra aver raggiunto il minimo storico e che si rifletterà in un probabile ulteriore record dell’astensionismo.

Oltretutto i tempi stretti – ma poi neanche così tanto – hanno ulteriormente circoscritto le iniziative pubbliche dei candidati che, a giudicare dai riflessi sui social, si svolgono principalmente nelle tante tessere che compongono il mosaico della città e della Regione: incontri con categorie imprenditoriali, sindacati, luoghi di lavoro – vanno molto forte gli ambiti legati alla salute – e nelle “bolle sociali” di riferimento.

Al centro della scena, come ormai ogni narrazione politica, sempre i candidati presidenti che alle liste di candidati dedicano qualche conferenza stampa di presentazione e, con l’eccezione di qualche “big” della politica regionale, un ruolo “sullo sfondo”. Anche il programma elettorale ha perso ogni appeal: un’incombenza formale per chi lo scrive – chi si aspettava dibattiti e tavoli di confronto anche interni ai partiti è rimasto deluso – e il solito mattone con le solite promesse per chi dovrebbe leggerlo. Finora solo D’Amato ha presentato il suo – per altro alquanto ridotto, ma dicono che ne sarà presentato a breve un approfondimento – aspettiamo ancora quelli degli altri schieramenti e forze politiche.

In questo scenario sul sito di Carteinregola stanno di nuovo cominciando ad arrivare – lo vediamo dagli anomali picchi preelettorali – molti utenti alla ricerca di informazioni sulle elezioni, informazioni che non si trovano facilmente altrove, perché spesso non sono pubblicate sui siti dei partiti e spesso non si trovano neanche su quelli dei candidati presidenti, che finora ne danno pochine (il sito personale di Francesco Rocca è anche scomparso dai radar, forse stanno facendo il restyling per il cotè politico).

Questa volta il nostro laboratorio per una politica trasparente e democratica non lancia la Carta della Candidata e del Candidato trasparente che abbiamo proposto dal 2016 a ogni tornata elettorale, ma chiediamo ai candidati presidenti e consiglieri di mettere in pratica 5 punti che sono per noi il “minimo sindacale” che ogni candidata e candidato trasparente dovrebbe garantire agli elettori: un sito/blog o pagina Facebook con informazioni facilmente reperibili, con una biografia esaustiva che comprenda il curriculum politico e istituzionale compresa l’eventuale attività politica svolta anche in partiti e movimenti diversi. I principali temi di cui si è occupato e intende occuparsi, un indirizzo di posta elettronica attivo e, possibilmente, l’indicazione delle fonti economiche e il budget della propria campagna elettorale.

Ai partiti raccomandiamo di far trovare agli elettori sul proprio sito – nazionale, regionale – il programma, la biografia approfondita della candidata/o presidente e l’elenco delle/i candidate/i con sintetiche biografie, oltre a dei contatti e un calendario degli eventi, compresi gli incontri con le varie componenti produttive e sociali. Come in passato, Carteinregola farà un monitoraggio comparativo delle informazioni fornite dai partiti e dai candidati presidenti sui rispettivi siti.

Intanto giovedì 19 gennaio alle 17.30 sulla pagina Fb di Carteinregola manderemo in diretta il primo appuntamento della serie “Verba VoTant, incontri con le candidate e i candidati presidenti e le forze politiche a sostegno per le elezioni del Lazio” con Donatella Bianchi insieme a, per il M5S, Valentina Corrado, Giuliano Pacetti, Francesco Silvestri e, per il Polo Progressista, Tina Balì, Massimo Cervellini, Stefano Fassina.

Parleremo di programmi e avanzeremo le nostre richieste per la Regione Lazio che da tempo abbiamo inviato a tutte le forze politiche e che speriamo di poter presentare in analoghi incontri con il centrosinistra e il centrodestra. Anche se il clima generale è poco incoraggiante bisogna continuare a battersi perché le elezioni, come la politica e le scelte di governo, restino – e tornino – un momento di partecipazione e dibattito con i cittadini informati e interessati al bene comune e non solo periodici exploit che appena conclusi tornano ad asserragliarsi nelle segrete stanze.

Per le prossime elezioni regionali del Lazio, dati i tempi molto stretti, non siamo in grado di raccogliere e segnalare adesioni, ma le proponiamo ai presidenti e ai candidati consiglieri, e soprattutto agli elettori, affinché possano scegliere persone che si propongono con trasparenza e serietà ai cittadini.

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martedì 17 gennaio 2023

Csm, c’è l’accordo sui nomi dei laici: quattro a FdI, uno solo a Fi. La Lega manda i “suoi” avvocati, Renzi e Calenda scelgono Carbone

I partiti hanno raggiunto l’intesa sui nomi dei dieci membri laici (professori universitari ordinari in materie giuridiche e avvocati con almeno 15 anni di esercizio) da eleggere al nuovo Consiglio superiore della magistratura. Confermata la spartizione di massima prevista nelle scorse settimane: sette consiglieri alla maggioranza e tre all’opposizione. Rispetto allo schema accreditato, però, Fratelli d’Italia è riuscita a strappare un consigliere in più: ne avrà quattro, mentre Forza Italia si accontenterà di uno solo. Come previsto sono due le poltrone assegnate alla Lega e uno a testa i consiglieri in quota Pd, Movimento 5 stelle e Azione-Italia viva (che sulla giustizia, però, ha posizioni quasi identiche a quelle del partito di Silvio Berlusconi). La seduta comune del Parlamento che dovrà votare i laici è convocata per le 16, mentre i venti membri “togati” (cioè magistrati) sono già stati scelti da giudici e pm lo scorso settembre. A differenza di tutti i pronostici della vigilia, dunque, è quasi certo che si avrà la “fumata bianca” già al primo scrutinio segreto. Per l’elezione è necessaria la maggioranza dei tre quinti dei componenti dell’assemblea.

Ecco i nomi su cui è stato trovato l’accordo. Fratelli d’Italia manderà al Csm l’ex deputata Isabella Bertolini (alla Camera dal 2001 al 2013 con Forza Italia e il Pdl), le avvocatesse Daniela Bianchini e Rosanna Natoli (candidata non eletta alle scorse politiche) e il presidente della fondazione Alleanza Nazionale Giuseppe Valentino, ex senatore e sottosegretario, in pole per la vicepresidenza dell’organo di palazzo dei Marescialli (la presidenza spetta di diritto al capo dello Stato). La Lega ha scelto due avvocati “in casa”: Claudia Eccher, che ha difeso Matteo Salvini in vari processi, e Fabio Pinelli, legale di Luca Morisi, di Armando Siri e della Regione Veneto di Luca Zaia. Per Fi c’è Enrico Aimi, senatore nella scorsa legislatura, mentre non sono passati alcuni nomi forti che comparivano nell’elenco delle autocandidature (novità introdotta dalla riforma Cartabia): l’ex legale di Silvio Berlusconi Gaetano Pecorella, gli ex parlamentari Roberto Cassinelli e Luigi Vitali (Forza Italia) e Francesco Urraro (Lega).

Pd e Movimento 5 stelle hanno optato per due professori universitari: il nome dei dem è Roberto Romboli, costituzionalista dell’università di Pisa e studioso dell’ordinamento giudiziario (la legge che regola il funzionamento della magistratura); quello dei pentastellati è Michele Papa, ordinario di Diritto penale all’università di Firenze (lo stesso ateneo in cui lavorava Giuseppe Conte). La scelta più “politica” è quella di Azione e Italia viva: al Csm manderanno Ernesto Carbone, renzianissimo ex deputato del Pd famoso per il “ciaone” con cui accolse il mancato quorum al referendum contro le trivelle nel 2016. Non è entrata nel “pacchetto”, invece, la candidata di Verdi e Sinistra Italiana Tamar Pitch, filosofa del diritto all’Università di Perugia ed esperta in femminismo e studi giuridici di genere.

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venerdì 13 gennaio 2023

“Sei un bugiardo, vergognatevi”. “Non ti rispondo nemmeno”: lite tra Gubitosa (M5s) e Gasparri a La7. Lo scontro sui soldi alle società di calcio

Lite in diretta a L’Aria che tira, su La7, tra Maurizio Gasparri e Michele Gubitosa del Movimento 5 stelle. Il vicepresidente del Senato, in studio, ha difeso la legge di Bilancio varata dal governo Meloni e, in particolare, ha spiegato le ragioni della maggioranza in merito all’abolizione dello sconto sulle accise. Ma lo scontro più forte col deputato M5s si è acceso quando quest’ultimo ha citato i fondi messi a disposizione dall’esecutivo alle società di calcio: “Avete regalato loro un miliardo di euro, sottraendolo agli italiani – ha detto Gubitosa – che ora si trovano a fare i conti con gli aumenti delle bollette e del carburante”. “Stai dicendo una cosa falsa” ha replicato Gasparri, “non abbiamo regalato nulla. E le società pagano, a rate, ma pagano”. “Sei un bugiardo” lo ha attaccato allora Gubitosa, a cui è seguito un laconico commento del senato di Forza Italia: “Non gli rispondo nemmeno”.

Video La7

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M5s, Conte: “Fisiologico confronto coi nuovi vertici del Pd, speriamo vengano poste le basi perché sia proficuo”

“Diamo tempo al tempo, vediamo che percorso sarà fatto e che decisioni ci saranno, poi sarà inevitabile e fisiologico che ci sia un confronto con i nuovi vertici, ma spero che ci siano delle premesse anche all’interno delle piattaforme congressuali del Pd perché il confronto sia proficuo”. Questa la risposta di Giuseppe Conte alla domanda se dopo il congresso dem riprenderà il dialogo con il Partito democratico.

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giovedì 12 gennaio 2023

Riforma Cartabia, Scarpinato: “Con l’obbligo di querela lo Stato rinuncia al contrasto alle mafie. Presentato ddl per cambiare la legge”

La riforma Cartabia va modificata immediatamente e per questo ho depositato un disegno di legge“. Ad annunciarlo è Roberto Scarpinato, senatore del Movimento 5 stelle ed ex magistrato antimafia, mentre si moltiplicano i casi di indagati o imputati (anche mafiosi) scagionati da gravi accuse grazie alla procedibilità a querela ampliata dalla riforma penale dell’ex ministra. “Rendere perseguibili solo a seguito di querela della vittima reati come lesioni personali, violenza privata, minaccia, sequestro di persona determina il serio rischio di estendere il campo dell’impunità“, attacca Scarpinato. “Quel che più si sottovaluta, è che quei reati sono consumati non solo da esponenti della criminalità comune, ma anche da appartenenti alle mafie che si avvalgono della forza dell’intimidazione per commettere delitti e imporre il silenzio delle vittime”, ricorda. “Prevedere la procedibilità solo a seguito della querela anche in questi casi, equivale ad un ritiro unilaterale dello Stato dalla prima linea del contrasto alle mafie. È una scelta che determina una sovraesposizione personale delle vittime tale da indurre la maggior parte di esse a non presentare querela per non divenire bersaglio di gravi ritorsioni personali“, spiega.

“Il Movimento 5 Stelle già da mesi segnala i pericoli di queste norme e per questo, nella totale assenza di iniziativa del governo Meloni e della sua maggioranza, ha presentato un disegno di legge a mia prima firma. La nostra proposta stabilisce che nei casi in cui ricorrano le circostanze aggravanti della finalità terroristica e del metodo mafioso, il delitto sia sempre procedibile d’ufficio”, aggiunge l’ex procuratore generale di Palermo. “Ci siamo mossi appena sono entrate in vigore le nuove norme e nei giorni successivi i fatti di cronaca ci hanno purtroppo dato ragione. È notizia di oggi la richiesta di revoca della misura cautelare per tre uomini di Cosa nostra accusati di sequestro di persona e lesioni, con l’aggravante del metodo mafioso. L’allarme sociale e il colpo al principio di legalità sono troppo grandi, ci auguriamo che a partire da questa proposta di legge si possano velocemente rivedere tutte le parti critiche della riforma Cartabia”, conclude.

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Dl Aiuti quater, via libera definitivo alla Camera. In Aula i deputati M5s alzano cartelli contro il caro Benzina: “Vergogna”

Contestazione dei deputati M5s contro il governo in Aula alla Camera, durante la discussione sul dl aiuti quater. I parlamentari del Movimento hanno esposto cartelli sul carocarburanti, riproponendo il passaggio del programma elettorale di Fdi in cui si richiamava la riduzione di Iva e accise con sotto la scritta, in bella vista “Vergogna!” hanno urlato in coro. I deputati 5 Stelle sono stati dunque invitati a togliere i cartelli per consentire all’Aula il proseguo dei lavori.

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Elezioni Lazio, D’Amato: “Senza M5s non si vince? Narrazione che non condivido, nel 2018 noi primi contro di loro e il centrodestra”

“Io non escludo mai nulla, tanto meno un’alleanza in extremis con il M5s. Anche se in questi casi sono molto realista e molto pragmatico. Tra qualche giorno si presentano le liste, oggi presentiamo il programma. È un programma unito con una coalizione unita e ci presentiamo per vincere. Questa narrazione che senza il M5s non si vince è una narrazione che non condivido perché già nel 2018 abbiamo vinto contro i 5 stelle e il centrodestra”. Così il candidato alla presidenza della Regione Lazio per il centrosinistra, Alessio D’Amato, parlando a margine della presentazione del suo programma ‘Per un futuro semplice’.

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Cartabia, FdI ora parla di “colpo di spugna” sull’obbligo di querela: ma in Commissione si astenne. Mentre il M5s chiedeva di fare dietrofront

Adesso Fratelli d’Italia corre ai ripari: “Siamo di fronte a un mortale colpo di spugna”, dice al Fatto il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro, parlando dell’impunità di cui stanno già godendo ladri e sequestratori grazie alla riforma penale dell’ex ministra Marta Cartabia. E assicura che il governo “sta già lavorando per cambiare il provvedimento nella parte in cui mette a rischio “la sicurezza dei cittadini“, impedendo di perseguire gravi reati se la vittima non sporge querela. Ma lo scorso settembre, quando il testo era all’esame delle Commissioni Giustizia del Parlamento, soltanto un partito denunciò i rischi a cui si andava incontro. E non era FdI – ai tempi l’unica forza di opposizione – bensì il Movimento 5 stelle. Gli eletti grillini, pur avendo votato (a malincuore) la legge delega, criticarono la scelta del governo Draghi di prevedere la perseguibilità a querela per fattispecie di grande allarme sociale, come i furti aggravati o i sequestri di persona “semplici”. E per questo votarono contro il parere favorevole della maggioranza, proponendone uno alternativo in cui si chiedeva di cambiare quella norma. Mentre i meloniani, che ora si indignano, scelsero di astenersi.

Per contestualizzare la vicenda serve ricordare le date. Lo schema di decreto legislativo, approvato dal Consiglio dei ministri il 4 agosto 2022, viene esaminato dal Senato tra il 6 e il 13 settembre e dalla Camera tra l’8 e il 15, nelle ultimissime sedute della legislatura. Giorni di intensa campagna elettorale, in cui nessuno si interessa del dibattito sui tecnicismi giuridici. A Montecitorio, però, il deputato M5s Vittorio Ferraresi insiste proprio sul pericolo di estendere la procedibilità a querela, avvertendo che è una scelta “sbagliata” per i reati “che si ripercuotono in maniera negativa sulla volontà di agire da parte della vittima, e soprattutto nel caso di reati che prevedono, come evidenziato da alcuni recenti casi di cronaca, minacce e violenze nei confronti della vittima del reato, con comportamenti arroganti e prevaricatori”: ad esempio i sequestri di persona e le violenze private. Come ha spiegato al fatto.it il pm Eugenio Albamonte, infatti, questi delitti “causano una sottomissione psicologica che può rendere molto difficile denunciare”. Nessuno dei quattro deputati di Fratelli d’Italia in Commissione Giustizia, però, dice una parola sul tema o si associa alle argomentazioni del Movimento.

Non solo. All’ultima seduta, quando la Commissione deve votare il parere obbligatorio sullo schema di decreto, il M5s propone un testo alternativo rispetto a quello, favorevole senza osservazioni, del relatore Franco Vazio (Pd). E chiede che il governo “escluda, dal novero delle fattispecie di reato oggetto di mutazione del regime di procedibilità da ufficio a querela, quelle che creano intimidazioni ai cittadini, ripercuotendosi sulla loro volontà di agire per chiedere giustizia (reati di minaccia e violenza), e quelle che per loro natura hanno una maggiore difficoltà di emersione, o anche solo di comprensione da parte delle vittime (reati informatici e truffe), quali quelle relative a: lesione personali, violenza privata, sequestro di persona, minaccia, truffa, frode informatica, turbativa violenta del possesso di cose immobili”. Ma quella proposta non verrà nemmeno messa ai voti, perché la Commissione approverà prima il parere del relatore, con l’opposizione del solo M5s tra le forze di maggioranza. E Fratelli d’Italia? Nel suo unico intervento, il deputato Gianluca Vinci annuncia l’astensione a nome del gruppo. “Non votammo contro perché si trattava di una riforma fondamentale per il Pnrr“, dice ora al fatto.it. Ma approvare il decreto era compito del governo: alla Commissione spettava solo fornire un parere su come migliorarlo. Vinci poi si dichiara “assolutamente d’accordo” con le parole di Delmastro sul “colpo di spugna”: eppure in Commissione il tema non sembrava una priorità per gli eletti del partito di Giorgia Meloni: “Non fecero nessuna battaglia, aderirono completamente allo schema del governo”, ricorda l’ex capogruppo pentastellato Eugenio Saitta, che presentò il parere alternativo.

Stessa dinamica al Senato: nei resoconti non c’è traccia di interventi di Fratelli d’Italia, mentre la senatrice 5s Alessandra Maiorino chiese al relatore di accogliere nel parere le osservazioni critiche sulla procedibilità a querela. La richiesta fu respinta e di conseguenza il gruppo votò contro il documento. Non compaiono dichiarazioni di voto da parte dei meloniani, ma si può presumere che anche in questo caso la scelta sia stata quella di astenersi. Così ora il partito di Giuseppe Conte può rivendicare di aver “lanciato l’allarme, provando a far modificare il decreto” in tempi non sospetti. E sbugiardare Delmastro: “Le sue sono lacrime di coccodrillo“, attaccano le deputate Stefania Ascari, Carla Giuliano e Valentina D’Orso, insieme alla responsabile Giustizia Giulia Sarti. Ricordando che “quando a settembre, in commissione Giustizia alla Camera, c’era da bocciare il parere favorevole al decreto legislativo, Fdi si astenne. Erano già svaniti nel nulla gli slogan legalitari del partito di Giorgia Meloni, già folgorata sulla via della imprecisata agenda Draghi, dell’austerity e dell’impunità. Delmastro con il suo governo aveva la possibilità, nel dl Rave, di modificare la riforma Cartabia, ma non lo ha fatto. Dal sovranismo all’impunità il passo è stato breve. Ora si deve intervenire subito per porre rimedio, prima che sia troppo tardi“.

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mercoledì 11 gennaio 2023

Ucraina, ok del Senato al dl che proroga le forniture militari a Kiev: no di M5s e Verdi-Si. Licheri: “Non voteremo più l’invio di armi”

Con 125 voti favorevoli, 28 contrari e due astensioni l’Aula del Senato ha approvato il nuovo decreto Ucraina, varato lo scorso 1° dicembre dal Consiglio dei ministri, che proroga al 31 dicembre 2023 l’autorizzazione al governo a cedere mezzi militari all’esercito di Kiev. A votare no, come annunciato, i senatori del Movimento 5 stelle e quelli dell’Alleanza Verdi e sinistra. Ora il provvedimento dovrà passare dalla Camera per la definitiva conversione in legge. A breve è atteso il sesto decreto sull’invio di armi: nei giorni scorsi dagli Stati Uniti è arrivata la richiesta precisa di inserire tra le nuove forniture il sistema Samp-T, uno speciale scudo anti-missile.

“Il gruppo Senato del Movimento 5 stelle non voterà più l’invio di armi nei campi di battaglia e a testa alta griderà: viva la pace, viva l’Ucraina“, ha detto in dichiarazione di voto il senatore pentastellato Ettore Licheri. A rispondergli direttamente Pierferdinando Casini, intervenuto a nome del Pd: “Io sono d’accordo con Licheri, sono per viva la pace e viva l’Ucraina come lui. Ma non capisco come faccia il gruppo del Movimento 5 Stelle a non votare il decreto, che aiuta l’Ucraina a difendersi“, ha detto. “Lo scontro è tra democrazia e dittatura. E noi, che siamo parte dell’occidente democratico, dobbiamo difendere il regime democratico”.

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martedì 10 gennaio 2023

Sondaggi, Swg: crescono Fratelli d’Italia e Movimento 5 stelle. Continua la caduta libera del Pd

Fratelli d’Italia rimane stabilmente primo partito in Italia, seguito dal Movimento 5 stelle che stacca di 3,7 punti percentuali un Partito democratico che continua a perdere consensi. Va male anche alla Lega. E’ il quadro che viene fuori nell’ultimo sondaggio realizzato da Swg per La7.

Il partito della presidente del Consiglio Giorgia Meloni si attesta al 31,3%, guadagnando uno 0,7% rispetto alla scorsa settimana. In crescita anche il M5s: il Movimento di Giuseppe Conte è stimato al 17,7% (+0,3%) staccando di quasi 4 punti percentuali il Pd. Dopo il caso QatarGate e in vista della fase congressuale i dem proseguono la caduta libera: il meno 0,7% di questa settima relega il Partito Democratico al 14%, valore mai registrato dal partito nelle rilevazioni demoscopiche nazionali. Perde consensi (mezzo punto percentuale) anche il partito di Matteo Salvini stimato all’8,5%. Dietro la Lega c’è Azione-Italia viva: l’accoppiata Renzi-Calenda cala di 0,3 punti percentuali e si attesta a 7,5%. Migliora, invece, Forza Italia: il partito di Berlusconi guadagna 0,8 punti arrivando a sfiorare il 7% (6,9 per l’esattezza).

Chiudono il quadro Alleanza Verdi-Sinistra al 3,7% (-0,3), +Europa al 3% (+0,2), Italexit al 2,2% (=), Unione Popolare all’1,6% (-0,2) e Noi Moderati 1,1% (+0,2). Il sondaggio è stato condotto su un campione di 1200 soggetti maggiorenni residenti in Italia (4448 non rispondenti) tra il 4 e 9 gennaio 2023. Il margine d’errore statistico dei dati riportati è del 2,8% a un intervallo di confidenza del 95%.

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domenica 8 gennaio 2023

Lazio, il candidato Pd D’Amato a La7: “Inceneritore? Pretesto del M5s per non fare accordo. Ma le mie porte restano aperte”

“Da parte mia la porta al M5s è sempre aperta, d’altra parte coi 5 Stelle e con Calenda governiamo insieme nella Regione Lazio. Quindi, non è un’anomalia cercare un accordo. Ricordo che il voto è a turno unico, per cui sarà molto importante rivolgersi a tutti, anche agli elettori del M5s“. Lo ribadisce a In Onda (La7) Alessio D’Amato, candidato del centrosinistra per la presidenza della Regione Lazio, nonostante il niet dei 5 Stelle a una eventuale alleanza e alla contrarietà del leader di Azione Carlo Calenda a un accordo coi pentastellati.

Incalzato da Luca Telese sull’affaire inceneritore, elemento di discordia tra Pd e M5s, D’Amato risponde: “Il termovalorizzatore di Roma è solo un pretesto e un modo garbato da parte del M5s per non fare l’accordo. Quella è un’opera commissariata come il ponte di Genova, perché lo Stato ha deciso di nominare un commissario nella persona del sindaco di Roma, dove il ciclo dei rifiuti va chiuso. Questo è poco ma sicuro. Il potenziamento del termovalorizzatore di San Vittore non era sufficiente per via delle cubature”.

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giovedì 5 gennaio 2023

Elezioni Lazio, Nobili (Iv): “Apertura di D’Amato ai 5 Stelle? Un incidente. M5s è tutto quello che contrastiamo, è incompatibile con noi”

L’apertura di Alessio D’Amato al M5s? Un piccolo incidente. Ora chiudiamo questa pagina e concentriamoci su altro. Se qualcuno del Pd ha nostalgia dei 5 Stelle, può andare con loro ma lo farà senza il Terzo Polo, perché il M5s è tutto quello che contrastiamo ed è incompatibile con noi. Ricordo che il M5s ha sprofondato Roma e ha fatto cadere Draghi sul termovalorizzatore. Il M5s è un disastro e noi non possiamo fare nulla con loro”. Sono le parole pronunciate ai microfoni di Radio Radicale da Luciano Nobili, l’ex deputato fedelissimo di Renzi che, dopo non avercela fatta alle elezioni politiche del 25 settembre, ci riprova candidandosi alle regionali nel Lazio per Italia Viva.


Nobili va poi all’attacco della candidata M5s Donatella Bianchi: “È vergognoso che la Bianchi pretenda o pensi di poter continuare ad andare in onda con la sua trasmissione sulla Rai mentre è candidata. È vergognoso che mantenga la poltrona leghista che le ha assegnato Toti per la guida del Parco delle Cinque Terre. In realtà – chiosa – la Bianchi si è candidata coi 5 Stelle per favorire la destra nel Lazio, è una bella alleanza occulta ma neanche troppo quella tra la destra e il M5s. Se Conte resta a Cortina d’Ampezzo, sono felice perché così fa meno danni lì che altrove”.

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Elezioni Lazio, il candidato Pd D’Amato a La7 : “M5s? Le porte sono sempre aperte”. Bianchi: “Nessun margine per un accordo con i dem”

“Da parte mia, l’ho detto e lo dichiaro anche oggi: le porte sono sempre aperte. Se si volesse arrivare ad un accordo, anche in extremis, e se Donatella Bianchi volesse fare un ticket, per me sarebbe cosa gradita.” Così il candidato Pd alla presidenza della Regione Lazio, Alessio D’Amato, intervenendo a Tagadà (La7), annuncia la sua apertura ai 5 Stelle in vista delle elezioni regionali.
Tutto nasce da un appello dell’ex ministro Fabrizio Barca, condiviso e sottoscritto da diversi intellettuali come Luciana Castellina e Luigi Ferrajoli, perché Pd e M5s si alleino nella prossima kermesse elettorale, anche sulla base di un recente sondaggio di Izi: D’Amato è al 34,8%; Bianchi del M5s è al 18,3%; il candidato del centrodestra, Francesco Rocca, è al 42,6%.


D’Amato precisa: “Ricordo però una cosa: alle ultime regionali vincemmo avendo come competitor sia il centrodestra, sia il M5s. Dopodiché, io auspico un’alleanza coi 5 Stelle, ma un matrimonio si fa in due. Io comunque corro per vincere. Noi e i 5 Stelle governiamo insieme nel Lazio, per cui, ripeto, le porte da parte mia saranno sempre aperte”.
Anche il senatore del Pd, Andrea Crisanti, ospite della trasmissione, è d’accordo: “Io farei l’accordo tra Pd e M5s perché in questo momento è importante che la Regione Lazio non vada nella direzione della maggioranza. Questa è la priorità assoluta”.

Intervistata dal Fatto Quotidiano, Bianchi ha espresso tutti i suoi dubbi sull’ipotesi di un ticket con i dem. “Io sono arrivata quando si era già chiusa ogni ipotesi di intesa, e comunque gli accordi si fanno sui programmi, cioè sulle cose da fare per i cittadini. Invece il Pd ha calato dall’alto un candidato e ha insistito sull’inceneritore di Roma, che rappresenta solo un’occasione persa”

L’apertura del Pd ha fatto insorgere il leader di Azione, Carlo Calenda, che su Twitter, rivolgendosi a D’Amato, scrive un cinguettio inequivocabile: “Faccelo sapere rapidamente, Alessio, in tempo per presentare un nostro candidato alternativo a questo eventuale pastrocchio con i 5S. Basta giochini e alchimie. Parliamo di programmi”.

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domenica 1 gennaio 2023

Il discorso di capodanno di Natalino Balasso per un 2023 più occupabile: “Reddito? Lo diamo ai ricchi così fanno l’elemosina ai poveri”

Torna anche nel 2023 il discorso di capodanno di Natalino Balasso: “per un 2023 più occupabile“. Il comico veneto non fa sconti a nessuno e nei 37 minuti di intervento restituisce una fotografia impietosa e disturbante della nostra realtà, tra politica e attualità. Si ride, sì, ma di un riso amaro: “Avete sentito che hanno fatto il governo nuovo? Scommetto che non ve ne eravate neanche accorti. Fa le stesse cose del governo vecchio ma gli dà un atro nome. Ogni volta che pensano una puttanata, Salvini – che forse non ve ne siete accorti, ma era anche nel governo di prima – scrive “è finita la pacchia”… cazzo, per te non è finita: 20 anni a Montecitorio a ciucciarti 12mila euro al mese senza mai aver migliorato di una tacca le cose… siete lì a scrivere delle leggi, fatte talmente bene che bisogna rifarle ogni volta”. Poi continua: “La politica non può fare un cazzo senza il bene placito dell’economia, cosa resta ai politici se non gli spot? I cinque stelle avevano abolito la povertà, ma i poveri non se ne sono accorti, questi qua sono più realisti: la povertà non la abbiamo eliminata, dunque ripristiniamola…”. Il tema della povertà e del sostegno agli ultimi è centrale nell’intervento del comico: “Cosa può fare la politica se la finanza ce lo mette al culo come se glielo avesse ordinato il dottore… se su dieci persone ci sono 5 sedie, hai voglia a chiamare occupabili quelli che restano in piedi: ci sono 5 sedie e 10 persone che girano intorno…. la politica non riesce a fare altre 5 sedie e quindi cosa fa? ti fanno girare intorno: metti il pos, togli il pos, metti lo spid, togli lo spid, metti il contante, togli il contante… le code che fate alle poste, le madonne che tirate giù nei siti farraginosi dell’amministrazione pubblica, servono a farti dimenticare che non hai un lavoro… Se fossero meno ipocriti direbbero: “ragazzi, noi non riusciamo a risolvere un cazzo, l’unico modo per uscirne dalla merda è fare uno sbanderno di nero“. Il sommerso ci sommergerà. abbiamo tolto il reddito di cittadinanza ai poveracci per darlo ai baroni ottocenteschi che distribuiscono elemosine in nero per puro gusto retrò… così stanno le cose, è solo tutto più creativo”

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