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lunedì 30 settembre 2019

M5s, il senatore Grassi dimissionario da capogruppo in commissione scrive a Davide Casaleggio: “Si apra dibattito su Rousseau”

Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta a Davide Casaleggio del senatore M5s Ugo Grassi. L’esponente 5 stelle il 26 settembre scorso ha annunciato le sue dimissioni da capogruppo in commissione Affari costituzionali a Palazzo Madama e, pur smentendo l’ipotesi di una fuoriuscita, ha anche ammesso “le perplessità” e si è preso un momento di riflessione : “Ritengo”, ha scritto su Facebook comunicando la sua decisione, “che ciò che pretendi da altri, devi innanzi tutto applicarlo a te stesso.Dopo aver avuto un rapporto franco, leale e proficuo con i colleghi della Lega in Commissione, non avrei potuto svolgere il medesimo ruolo all’interno di un diverso contesto, senza dubitare io stesso della mia obiettività“. Grassi, già docente ordinario di diritto civile presso l’Università Parthenope di Napoli, fu presentato da Luigi Di Maio a gennaio 2018 come candidato eccellente per “il governo dei sogni”.

Caro Davide,

sto seguendo con attenzione il tuo impegno all’ONU per la democrazia diretta, tema a me molto caro anche perché sono al Senato relatore per il disegno di legge in tema di referendum propositivo. Lo premetto per fugare ogni dubbio: sono assolutamente d’accordo a inserire elementi di democrazia partecipativa all’interno di sistemi fondati sulla rappresentanza. Perché su un punto le moderne democrazie concordano: la fonte della sovranità è il popolo. Ma in che modo dar voce al popolo è dibattito secolare che, probabilmente, rimarrà sempre un cantiere a cielo aperto. Qui però avrei qualche riflessione anch’io da proporre, e il tuo intervento all’ONU a proposito della piattaforma Rousseau mi fornisce un ottimo spunto.

I parlamenti nazionali, ricordiamolo, sono composti da rappresentanti del popolo che – come ci dice l’articolo 67 della nostra Costituzione – rappresentano la nazione ed esercitano le loro funzioni senza vincolo di mandato Certo, le tante migrazioni e cambi di casacca cui abbiamo assistito dimostrano che talvolta se ne abusa, ma se vogliamo ragionare sulla validità delle clausole anti defezione bisogna sempre guardare al faro del principio di democraticità. Innanzitutto, clausole simili non sarebbero valide se inserite in statuti che non rispettano tale principio di democraticità e non tutelano le minoranze. In secondo luogo, va sì contrastato il fenomeno delle migrazioni per mera convenienza e calcolo personale, ma va anche tutelata la dignità dell’individuo, la sua libertà di pensiero e la libertà di opporsi a derive del partito diverse da quelle rispetto alle quali accettò di candidarsi.

Eccoci al punto. Il vero problema, e lo è anche per il movimento, riguarda il rapporto tra l’eletto, i suoi elettori ed il partito di riferimento. Sappiamo che il parlamentare rappresenta la nazione. Ma, concediamolo, è portatore anche delle idee per cui è stato eletto e in questa misura (da non dire ad un esame di costituzionale) rappresenta un po’ di più i suoi elettori. Sotto questo profilo, per esempio, quando un gruppo parlamentare assume una decisione lo fa a nome dei suoi elettori e nell’interesse della nazione tutta.

A fianco delle assemblee dei gruppi parlamentari troviamo gli organi politici di partito (direzioni nazionali, assemblee di vario ordine e grado ecc…). Qual è il rapporto tra la volontà dei due organi? Il gruppo M5S presente, ad esempio, in Parlamento e l’organo della sua associazione politica? Chi è vincolato all’obbedienza di chi? Il passaggio è importante. Una delle caratteristiche inscindibili di un’assemblea è infatti proprio quella di prendere decisioni in proprio, cioè di autodeterminarsi. Ma nel caso dello spostamento dell’intera decisione dai gruppi parlamentari all’assemblea virtuale degli iscritti su Rousseau, noi siamo di fronte a ciò che potremmo chiamare un “patto extrasociale” con cui l’assemblea si priva di ogni volontà per attribuirla ad un soggetto terzo. Il nodo è qui: se il soggetto esterno coincidesse con la totalità di coloro che quei parlamentari hanno eletto nulla vi sarebbe da ridire. Ma così non è. Poiché il movimento ha conseguito circa dodici milioni di voti, che ne è dell’opinione di quegli undici milioni e novecentomila che non si sono iscritti?

Se poi vogliamo approfondire, si può osservare che lo svuotamento della capacità decisionale dei nostri gruppi viene decisa in modo unilaterale; che le assemblee dei gruppi si riuniscono senza un ordine del giorno, e che finora non hanno mai deliberato alcunché, salvo decisioni prese “per acclamazione”; che le deliberazioni sulla piattaforma Rousseau sono vincolanti a pena di espulsione secondo quanto previsto dallo Statuto. Consentimi di osservare che le regole democratiche di funzionamento delle assemblee sono alquanto più complesse.

In altri termini: la democrazia diretta deve essere immersa in sistemi altamente democratici. Democratici devono essere, e torno al tema iniziale, gli statuti dei gruppi politici. Non basta che il segretario o il capo politico risponda politicamente ad un uomo saggio, se poi è assente una struttura democratica di controllo che, dalla base, risale fino ai vertici.

Uno stato democratico deve essere pervaso di democrazia e non si può difendere questa straordinaria forma di organizzazione se gli elementi che lo compongono non la rispettano.

Sullo sfondo c’è per tutti – ma noi siamo chiamati a far meglio degli altri – un antico tema: il valore dell’articolo 49 della Costituzione rispetto all’organizzazione interna dei partiti. Tema delicato perché si deve trovare il punto di equilibrio tra gli interessi di tutti coloro che hanno partecipato alle elezioni politiche e le decisioni dei partiti, o delle assemblee virtuali che danno diretta voce agli iscritti.

Credo, insomma, che la votazione su Rousseau sia uno strumento potente che può dare buoni frutti, a condizione che i suoi fini siano rispettati e inseriti armonicamente nei principi generali a presidio delle moderne democrazie.

Aprire un dibattito pubblico sul tema ritengo sia salutare.

Ugo Grassi

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Salvini: “Ma è normale che ministro Economia parli di conti del Papeete? Aggiorneremo interrogazioni Pd su carriera di Conte”

Ma vi sembra normale che un ministro dell’Economia vada a dire che dobbiamo pagare i conti del Papeete senza spiegare agli italiani quale manovra economica ha in testa? Ma sarà mica normale uno che dice così”. E’ il commento pronunciato ai microfoni di “24 Mattino” (Radio24) dal leader della Lega, Matteo Salvini, alle dichiarazioni rese ieri dal ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, nella trasmissione “In mezz’ora”, su Rai Tre (“Abbiamo il conto del Papeete che ci è stato lasciato da pagare. Dobbiamo farlo in modo equilibrato, puntando alla crescita”).

Salvini rincara: “Sono sei anni che vado in vacanza a Milano Marittima con mio figlio e non pensavo che fosse un reato andare in spiaggia. Evidentemente quelli di sinistra non fanno queste cose. Ora si sono messi insieme Conte, Casini, la Boldrini, Renzi, Boschi, Zingaretti, Di Maio. Vediamo cosa faranno. Chiedo agli ascoltatori se in queste 3 settimane stanno dando impressione di compattezza e di efficienza oppure l’unico legame è dato dalla poltrona e dall’antipatia per Salvini – continua – Stanno litigando sulla riforma della giustizia, sulla riforma della Costituzione, sulla riforma fiscale, sullo Ius Soli, sull’immigrazione, sulla tassa delle merendine, sull’aumento dell’Iva. In un Paese serio saremmo già con le elezioni convocate. In ogni caso, io conto di tornare a vincere le elezioni, perché questo governo non dura, stanno litigando pure sul loro nome e cognome. E’ già nato un nuovo partito, c’è gente che è uscita. Quindi, io conto di vincere le elezioni, però con gli italiani e dal portone principale, non coi trucchetti di palazzo entrando di notte come i ladri in passamontagna”.

L’ex ministro dell’Interno attacca indiscriminatamente la politica giallorossa: “I dati sull’immigrazione aggiornati a stamattina sono devastanti. Questo è pessimo. Vi sembra normale aver riaperto i porti a scafisti e a trafficanti di ogni genere? Contro di me ci sono 4 processi perché ho voluto controllare i confini del mio Paese e questi in tre settimane smontano tutto? O sono incapaci o sono complici o sono irresponsabili. La cosa incredibile – prosegue – è che abbiano tenuto gli italiani in ballo per un mese dicendo che questo governo era fondamentale per non aumentare l’Iva e oggi bellamente dicono sui giornali che un po’ di Iva la aumenteranno. Solo questo, in qualsiasi Paese normale, comporterebbe le dimissioni. Uso del bancomat anziché del contante? Chi vuole, lo fa. Siamo in un Paese libero o in Unione sovietica? I soldi in banca sono già tassati. Vogliamo aiutare l’economia e i consumi o fare l’ennesimo regalo alle banche, con le commissioni sulle transazioni”.

Circa gli atti di sindacato ispettivo annunciati sul presidente del Consiglio Giuseppe Conte, Salvini spiega: “Ci sono agli atti due interrogazioni presentate dal Pd, non è Salvini che si inventa qualcosa su eventuali problemi di fatturazione o problemi sulla carriera pregressa di Conte. Sono interrogazioni presentate da suoi attuali alleati, che noi aggiorniamo per chiedere a Conte di chiarire agli italiani se mentono i suoi attuali alleati o lui. I casi sono due: o sbagliava il Pd o Conte. Tertium non datur. Io e Renzi abbiamo lo stesso obiettivo, e cioè dare addosso a Conte? Non è vero, io non ho questo obiettivo. Il mio scopo è quello di fare ciò che serve all’Italia, e cioè il taglio della burocrazia e delle tasse. Con Renzi non ho niente in comune, per fortuna”.

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domenica 29 settembre 2019

Ius culturae, Morani frena: “Sacrosanto, ma parlarne ora è un errore, paese troppo diviso”

L’iter riparte il 3 ottobre in commissione Affari costituzionali e nella maggioranza si è aperto il dibattito. L’idea di rimettere sul tavolo lo ius culturae, il diritto a chiedere e ottenere la cittadinanza dopo aver completato con successo un determinato ciclo di studi, lanciata dal pentastellato Giuseppe Brescia non convince molti nel Partito democratico. Nel giorno in cui lo stesso relatore frena – “Siamo ben lontani dalla discussione di un testo base e c’è anche un testo a prima firma Polverini che introduce lo ius culturae. Ora comunque le priorità in commissione sono altre, a cominciare dalla riduzione del numero dei parlamentari che approveremo martedì” – fa sentire la propria voce contraria un’autorevole esponente del Pd, Alessia Morani.

“Scrivo questo post con la consapevolezza che attirerò molte critiche – premette su Facebook la sottosegretaria allo Sviluppo economico – ma anche con la convinzione di interpretare il “sentiment” della maggioranza delle persone che guardano con simpatia al nostro governo. Premetto che lo ius culturae è un principio sacrosanto ed una legge di grande civiltà ma riprendere ORA il dibattito sull’approvazione di questo provvedimento è un errore“.

“Una legge di questo tipo deve essere approvata solo dopo avere dimostrato che c’è un modo efficace e diverso da quello di Salvini di governare i flussi migratori e di fare sul serio politiche di integrazione. Il paese è profondamente diviso sul tema dell’immigrazione e non basterà approvare una legge sullo ius culturae per eliminare le tossine del razzismo inoculate da Salvini. Anzi, rischia di avere l’effetto contrario perché ORA non sarebbe compresa“, aggiunge.

“Aspettiamo giugno del prossimo anno, diamo il tempo agli italiani di apprezzare la nostra azione di governo e poi approviamo lo ius culturae. Sono anni che diciamo che dobbiamo ritornare in sintonia con il ‘popolo‘ e per farlo, però, occorre prestare davvero l’orecchio a quello che sente il ‘popolo’. Abbiamo una grande occasione: per dare serenità al paese e per fare sentire a tutti ma proprio a tutti che siamo un unico popolo a prescindere dal colore della pelle”, conclude.

Di parere diametralmente opposto Federico Fornaro: “In una nazione normale una nuova legge sulla cittadinanza fondata sullo ius culturae sarebbe votata da tutti, anche dalla destra – afferma in una nota il capogruppo di Liberi e Uguali alla Camera – Stiamo parlando di migliaia di ragazze e ragazze nati in Italia e che studiano insieme ai loro coetanei italiani e che si sentono (e sono) italiani più di tanti fomentatori d’odio e di intolleranza”. Una voce, quella di Fornaro, che si unisce a quelle di Giuliano Pisapia, ex sindaco di Milano eletto da indipendente nel Pd, secondo cui bisogna lasciarsi alle spalle “l’oscurantismo di Salvini: il M5S può dimostrarlo ora praticamente”, e di Graziano Delrio: “È molto importante che si discuta del tema di dare più garanzie e più diritti senza pregiudizi – afferma il capogruppo del Pd alla Camera – Questo accordo, che è più moderato rispetto al nostro testo originario, è aperto ai contributi di tutti coloro che non fanno propaganda sulla pelle di questi ragazzi. Del resto, anche in Forza Italia hanno presentato una proposta di legge sul tema”.

Le opposizioni promettono barricate. “Il governo più anti-italiano della storia ha deciso di svendere la cittadinanza italiana – scrive su Facebook la presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni – Pd e M5S sono pronti a far passare la legge Boldrini che aprirà le porte allo ius soli”. “Temo che qualcuno abbia promesso alla Merkel di ritrasformare l’Italia in un campo profughi d’Europa e ci sia qualche cooperativa che sta aspettando di tornare a fare affari”, attacca il leader della Lega Matteo Salvini.

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sabato 28 settembre 2019

In Italia ormai digeriamo tutto: cosa deve fare un politico per essere cambiato?

E non se ne vogliono andare. Anche perché nessuno glielo chiede, come se uno potesse fare il politico a vita, qualsiasi cosa combini. Non ci sono ricambi all’altezza? Macché: ce n’è un fottio, anche se non scommetterei sul fatto che siano meglio di loro. Il fatto è che, ormai, digeriamo tutto: in Italia, almeno. Nei paesi civili, gente che ha fatto meno disastri dei nostri politici, tipo aver mentito sulla propria laurea, è già passata a vita privata, e se va bene scrive le proprie memorie.

Matteo Renzi, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, invece, che hanno sempre vissuto di politica tuonando contro i politici, ve li immaginate a scrivere le proprie memorie e, se è per questo, anche una tesi di laurea? Renzi l’ha pure scritta, la tesi, in Storia del diritto, ha preso 109 e non 110 perché è riuscito a litigare persino con il relatore, gli avrà dato del gufo o del professorone, chissà. Ma gli altri due? Cosa potrebbero fare nella vita, Salvini e Di Maio, se mai dovessero cercarsi un mestiere onesto?

Ma partiamo da Renzi. Lo dico alla toscana: o non doveva lasciare la politica, dopo aver perso il referendum costituzionale, per colpa sua? Lo trasformò in un referendum su se stesso, sicché milioni di italiani, con un’affluenza record, andarono a votare solo per mandarlo a casa. Il no a Renzi ottenne il 60%: una maggioranza che un tempo si sarebbe detta bulgara, e che oggi invece si direbbe “da piattaforma Rousseau“.

Ora, dopo aver combinato un guaio del genere, voi cosa avreste fatto? Io me ne sarei andato negli Stati Uniti a studiare: ma non da politico, da venditore di aspirapolvere porta-a-porta. Cosa fece lui, invece? Imperturbabile, si intestò il restante 40%. Adesso i sondaggi danno il suo nuovo yogurt, volevo dire partito, al 3%. Basterebbe fissare la soglia di sbarramento della prossima legge elettorale al 4% e ce ne sbarazzeremmo per sempre. O no?

Su Salvini il discorso è ancora più semplice. Se uno è accusato di aver chiesto soldi a una potenza straniera per far saltare l’Unione europea e non si presenta neppure in Parlamento a risponderne, non può fare il politico in un paese civile: Donald Trump, rispetto a lui, sembra lord Keynes. Se la stessa persona imposta tutta la propria politica sull’immigrazione, accusando l’Europa di fregarsene, e poi si guarda bene dal partecipare ai vertici europei sul tema, dimostrando di essere lui un fan dell’immigrazione, nel senso che ogni sbarco gli dà un punto in più nei sondaggi, allora non può fare il leader politico, neppure della Lega, neanche se il suo gradimento schizzasse al novanta per cento. Infine, se sempre lui dà della “zecca dei centri sociali” alla comandante di una nave che fa, lei, quello che dovrebbe fare lui, ossia pattugliare le nostre coste, allora ne risponde in tribunale, punto, come di tutti gli altri reati di cui è accusato, dal sequestro di persona in giù.

Il caso Di Maio è ancora diverso. Qui non si tratta di aver promesso di andarsene e non essersene andati, e neppure di aver ingannato sistematicamente gli italiani per oltre un anno: magari si trattasse solo di questo. Il problema, qui, è che Di Maio è una classico pollo della batteria di Casaleggio senior: un clone, selezionato proprio per la sua assoluta mancanza di competenze, in modo da poter essere sostituito appena il Movimento lo decide.

Ora, cos’altro deve fare un capo politico per essere cambiato, dopo essersi fatto menare per il naso per un anno, aver dimezzato i voti del partito, essere stato costretto all’abbraccio con il nemico storico, il Pd, con un contorno di gaffe che avrebbe fatto impallidire Boris Johnson, tipo i gilet gialli, i taxi del mare e il partito di Bibbiano? Cosa deve fare di più, dare una pacca sul sedere alla regina Elisabetta?

Nel suo caso, oltretutto, non è che manchino le alternative: il M5S è pieno di persone più preparate di lui. Danilo Toninelli, ad esempio, scalpita. Anche Virginia Raggi non aspetta altro: e bisognerà ben cercarle un altro posto, prima o poi. Il massimo, naturalmente, sarebbe Alessandro “Dibba” Di Battista. Ma qui bisogna fare presto, prima che parta di nuovo per le vacanze.

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M5s, Casaleggio all’Onu per Rousseau: “Parlerò di diritti nell’era digitale. Di Maio? È il capo politico confermato dai nostri iscritti”

Davide Casaleggio all’Onu per promuovere una risoluzione “a difesa dei diritti di cittadinanza digitale“. Il presidente dell’Associazione Rousseau e cofondatore del Movimento 5 stelle parteciperà, come rappresentate della società civile, all’incontro dal titolo ‘Digital Citizenship: Crucial Steps Towards a Universal and Sustainable Society‘, a margine dell’Assemblea delle Nazioni Unite. Un dibattito, ha spiegato lo stesso Casaleggio in un’intervista al Corriere della Sera, nel quale parlerà di “diritto all’accesso a Internet come prerequisito di ogni altro diritto o al diritto all’uso di piattaforme online di democrazia partecipativa“. L’evento è stato organizzato e promosso dal governo, ma “viaggerò a mie spese“, precisa Casaleggio. Che nel corso dell’intervista difende l’unità del M5s e la solidità della sua leadership: “Luigi Di Maio è il capo politico del Movimento ed è stato confermato pochi mesi fa dalla stragrande maggioranza dei nostri iscritti con un voto online su Rousseau, così come è stata approvata la sua proposta di costituire un team del futuro”.

Casaleggio parteciperà all’incontro al Palazzo di vetro perché “l’Associazione Rousseau è da sempre in prima linea per difendere i diritti che possono essere esercitati attraverso Internet e per questo motivo ha sostenuto questa iniziativa”. “In Italia – aggiunge – non siamo mai troppo bravi a promuovere le iniziative di “casa nostra” ma all’estero il progetto Rousseau è diventato un case study in diversi Paesi e ci guardano con grande interesse, dovremmo esserne orgogliosi“. Il cofondatore del M5s parlerà di come “la rivoluzione del web, del digitale e delle tecnologie dell’informazione” abbia fatto emergere “l’esigenza di riconoscere ai cittadini di tutto il mondo il diritto a esercitare diritti loro già riconosciuti, come quello alla partecipazione anche diretta alla vita politica del Paese, attraverso strumenti nuovi, più efficienti e più democratici”.

Oltre a presentare le motivazione del suo intervento all’Onu, Casaleggio risponde anche alle domande sul nuovo governo giallorosso e sull’alleanza con il Pd. Lui che inizialmente si era espresso a favore del ritorno alle urne, ora spiega: “L’auspicio è che la forza politica con la quale il Movimento collabora attualmente si dimostri più affidabile della precedente. Al Movimento interessa avere la possibilità di lavorare per attuare il programma che è stato presentato e risolvere i problemi dei cittadini”. Il presidente della Casaleggio e Associati minimizza a questo proposito le voci sulle tensioni interne al M5s: “Mi piacerebbe che qualcuno contasse gli articoli scritti sulla base di voci di discussioni e scissioni interne al Movimento dal 2013 ad oggi. Credo che avrebbe un bel da fare”. E poi difende Di Maio, ricordando che è il capo politico confermato dalla base proprio con un voto online su Rousseau. Il M5s lavora però a una riorganizzazione interna, promossa proprio da Di Maio di fronte alla critiche per un’eccessiva centralità nelle decisioni: “Stiamo ultimando i dettagli per far partire il processo con cui tutti potranno proporre il proprio progetto e candidarsi per far parte di questo team del futuro“, sottolinea Casaleggio.

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venerdì 27 settembre 2019

Ius culturae, alla Camera riparte l’esame della legge. I vescovi: “La cittadinanza va costruita”

Lo ius culturae torna nel dibattito politico. L’esame della legge che lega la concessione della cittadinanza alla conclusione di un determinato ciclo di studi riparte in Commissione Affari costituzionali alla Camera. Lo ha annunciato il presidente della Commissione Giuseppe Brescia (M5s), che sarà anche relatore alla riforma. L’esame riprenderà giovedì 3 ottobre. Il testo, a prima firma Laura Boldrini, era stato incardinato in quota opposizioni (Liberi e Uguali) nell’ottobre 2018 e il relatore era Roberto Speranza, ora divenuto ministro.

“Siamo ancora all’inizio – spiega Brescia – ma credo si possa lavorare per introdurre lo ius culturae, legando la cittadinanza alla positiva conclusione di un ciclo di studi, e non alla sola frequenza”. “Non c’è solo il testo a prima firma Boldrini da esaminare – sottolinea Brescia – Ci sono diversi testi di altri gruppi, tra cui un testo Polverini di Forza Italia che introduce proprio lo ius culturae. Naturalmente arriverà anche un testo M5S. Serve una discussione che metta all’angolo propaganda e falsi miti, guardi in faccia la realtà e dia un segnale positivo a chi si vuole integrare”.

A riportare il tema sul tavolo è stata in mattinata la Conferenza Episcopale Italiana: “Accogliere è un dovere fondamentale ma se noi non si integra, non si forma, e non si porta uno anche alla cittadinanza non basta essere nati in un suolo – ha detto il presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti, a margine della presentazione del “Rapporto Immigrazione 2018-2019” della Caritas-Migrantes – io parlo di cittadinanza, e cioè di ius culturae che è di più dello ius soli, perché la cittadinanza va costruita, è frutto di integrazione, di un accompagnamento”. “Auspico lo ius culturae – ha aggiunto il cardinale – perché altrimenti sarebbe come un contenitore vuoto, io non posso mettere un migrante in un contenitore vuoto, qui c’è tutta una formazione da fare, un cammino grosso”. Alla domanda se con il nuovo Governo si respiri una nuova atmosfera nel Paese ha risposto: “Direi che sta cambiando, voglio essere prudente, le premesse sono buone ma voglio vedere un po’ a che conclusioni si arriva. Il cambio di passo si vede, però non firmo cambiali in bianco”.

Subito si è espresso a favore Andrea Marcucci: “Una gestione degli sbarchi governata e non affidata agli show estemporanei, una maggiore condivisione dell’Europa. In questo contesto è giusto, come dice @orfini, portare finalmente all’approvazione lo #iusculturae”, ha scritto su Twitter il capogruppo Pd al Senato .

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De Luca: “Taglio parlamentari? Viene presentato come sbarco in Normandia e invece è una cosa inutile, una scempiaggine demagogica”

Il taglio dei parlamentari? La riduzione di 300 poltrone viene presentata come una sorta di sbarco in Normandia, la vittoria della guerra mondiale. Ma è una cosa inutile, una scempiaggine totalmente demagogica“. Sono le parole del presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, nel suo consueto appuntamento settimanale su Lira Tv.

“Faccio una domanda semplice – continua – Se le rappresentanze parlamentari sono luoghi di parassitismo, perché ridurre le poltrone solo a 300? Riduciamole a 100 o 50. Risparmiamo e facciamo riposare i mobilieri. E’ demagogia totale. Poi, magari, avremo un parlamentare che avrà come collegio una regione intera, gli elettori non lo conosceranno nemmeno più. Ma avremo fatto un po’ di demagogia. I nostri amici del M5s non vengono sfiorati dall’idea che se non mettiamo mano alla palude burocratico-amministrativa e giudiziaria l’Italia rimane un Paese paralizzato”.

De Luca critica aspramente anche il vincolo di mandato invocato da Luigi Di Maio: “E’ un’altra cosa totalmente cervellotica. Vincolo di mandato significa che un parlamentare deve camminare come un armadio, non deve avere libertà di opinione e deve fare quello che gli dettano le segreterie di partito, al di là di ogni principio di coerenza e di libertà di coscienza. La Costituzione dice giustamente che un parlamentare eletto è libero, perché deve rispondere ai cittadini che lo hanno eletto, prima e più che alla segreteria di partito. I 5 Stelle hanno fatto la campagna elettorale dicendo che non avrebbero fatto alleanze – continua – Poi i dirigenti 5 Stelle hanno fatto le alleanze. Hanno detto che non si sarebbero alleati mai con la Lega, perché fascisti, carogne, farabutti. Dopodiché si sono alleati con la Lega. Poi hanno detto che non si sarebbero mai alleati col Pd, perché sono comunisti, mangiatori di bambini, pedofili. E poi hanno fatto l’alleanza col Pd. Ma un parlamentare M5s avrà il diritto di dire ai dirigenti: ‘Cari amici, siccome state facendo tutto il contrario di quello che avete detto, io vorrei prendermi la mia libertà di coscienza’?”.

E aggiunge: “I dirigenti dei 5 Stelle vogliono il vincolo di mandato, perché tu devi stare zitto e devi votare come dice il tuo capo politico, manco fosse Churchill, Roosevelt, Camillo Benso di Cavour, altrimenti non vieni ricandidato. E’ chiaro come siamo ridotti in Italia. Continuiamo anche ad avere intere giornate dedicate alla politica. L’Italia – conclude – diventerà un Paese normale, sano, civile, quando accenderemo il televisore e vedremo un notiziario televisivo, dedicato per il 90% alle questioni sociali, ai problemi del lavoro, ai problemi della cultura, ai giovani, e l’1% alla politica politicante, ai tweet, ai controtweet, ai sottotweet. E’ una palla insopportabile. Siamo ridotti così, a conferma di quanto scritto nelle Scritture: siamo nati per soffrire e dobbiamo continuare a soffrire“.

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Vincolo di mandato, ministro Fioramonti: “Sono contrario, l’ho sempre detto a Di Maio. Nel dibattito le nostre idee cambiano”

Sono favorevole al fatto che non esista il vincolo di mandato. Ho sempre comunicato a Luigi Di Maio che su questa cosa non ero d’accordo“. Sono le parole del ministro M5s dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, nel corso della trasmissionePiazzapulita, su La7.

Fioramonti, che si definisce “progressista, con una cultura ecologista e ambientalista, vicino alla sinistra”, spiega: “Come esseri umani le nostre preferenze non sono esogene ma endogene al dibattito, c’è tanta letteratura in merito. In questo momento noi ci stiamo confrontando e le nostre idee cambiano. Se dovessi attenermi a un mandato arrivato da fuori, non potrei in questo momento interagire“.

E ironizza sul direttore de Il Giornale: “Insomma, farei un po’ come Sallusti, che è venuto con delle idee preconfezionate. Quindi, è proprio l’interazione e il dialogo a essere importanti nella politica. E mi prendo la responsabilità di dire che sono contrario al vincolo di mandato“.

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giovedì 26 settembre 2019

M5s, Lombardi: “Nello streaming del 2013 con Bersani non eravamo pronti a fare alleanze”. E annuncia nuovo direttorio di 12 persone

“Nel 2013, quando ci fu il famoso streaming con Bersani, noi semplicemente tenemmo il punto coerentemente con quello che avevamo detto in campagna elettorale, e cioè che non avremmo fatto alleanze con nessuno. La storia dirà che in quel momento è stato meglio così, perché non eravamo assolutamente pronti e soprattutto avevamo preso un impegno diverso“. Sono le parole della consigliera regionale del M5s, Roberta Lombardi, ospite di Otto e Mezzo, su La7.

Lombardi evidenza le differenze dell’approccio del M5s sulla fattibilità delle alleanze tra il 2013 e il 2018. Poi spiega il modo con cui sarà riformato il nuovo direttorio del movimento: “Sarà un team del futuro, composto da 12 persone, che si divideranno delle tematiche, più 3-4 figure di accompagnamento per l’organizzazione sul territorio. Il direttorio affiancherà Di Maio, che giustamente ha capito, dopo 14 mesi di esperienza di governo, che ha bisogno di dedicare delle persone a seguire dossier e temi, a informare dei nostri progetti i cittadini italiani e a ricevere sollecitazioni dai cittadini stessi”.
“Ma è sicura che Di Maio lo ha capito?”, chiede la conduttrice Lilli Gruber.
“Assolutamente sì, il ragazzo è molto intelligente“, risponde Lombardi.

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Italia Viva, Vono (ex M5s): “Renzi? Intelligente, coraggioso e lungimirante. Di Maio? Mi ha mandato un messaggino”. E attacca Morra

Cosa mi ha attratto di più di Italia Viva? Il coraggio, la voglia di rimettersi in gioco. Renzi avrà fatto degli errori politici, ma politicamente si è distinto per intelligenza e lungimiranza, qualità che, senza presunzione, accomunano tutti gli aderenti di Italia Viva“. Sono le parole della senatrice Gelsomina Vono, ex M5s, ora in Italia Viva, nel corso di Tagadà, su La7.

Alla domanda se ha sentito Luigi Di Maio, la parlamentare risponde: “No, lui mi ha mandato un messaggino, chiedendomi di ripensarci, altrimenti mi avrebbero massacrato, e definendomi ‘una brava persona’. Penso che quello di Di Maio sia stato un modo per tutelarmi, non credo che abbia scritto quelle cose in un altro senso. Quindi, lo apprezzo per questo suo ultimo atto di stima nei miei confronti. Ma appunto perché sono una brava persona, ci metto la faccia per il governo del Paese”.
E aggiunge: “Sono uscita dal M5s per la mancanza di democrazia, che non può essere fatta con slogan vuoti di contenuti, ma deve essere praticata. E non solo a livello parlamentare, ma anche sui territori. Io sono calabrese, amo la mia Calabria e voglio essere presente anche lì. Non serve una poltrona a Roma, se poi hai un fallimento sui territori”.

Piccata la replica di Vono alle dichiarazioni del senatore pentastellato Nicola Morra, che, in una intervista all’Huffington Post, ha invitato il M5s a prestare maggiore attenzione ai candidati nell’uninominale: “Al senatore Morra, presidente della Commissione Antimafia, suggerisco di guardare bene il ruolo che ricopre e di svolgerlo con correttezza e democrazia, nel bene dell’Italia e delle persone che soffrono. La Calabria non è solo ‘ndrangheta, ma è fatta anche di persone perbene. Io sono convinta che le persone scelte all’uninominale hanno permesso a delle persone con 30 click nel proporzionale di entrare in Parlamento, quindi la scelta del M5s dovrebbe essere anche più attenta ai ruoli che dà ai propri parlamentari“.

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Roma, Bugani è il nuovo capo staff della Raggi. “Svolta politica in vista del finale di mandato”

Massimo Bugani è il nuovo capo dello staff di Virginia Raggi a Roma. Il consigliere comunale di Bologna e membro dell’associazione Rousseau, era momentaneamente uscito di scena ai primi di agosto, dopo una furibonda lite con l’allora vicepremier Luigi Di Maio, di cui era capo segreteria, e poi era tornato durante la crisi di governo. Un rapporto, quello con il capo politico del M5s, esploso – a suo dire – dopo un’intervista in cui Bugani auspicava un riavvicinamento fra lo stesso Di Maio e l’altra “anima” del movimento, Alessandro Di Battista. “Da oggi inizia una nuova sfida ed è proprio all’interno della sfida che si nasconde la felicità”, ha commentato lui sui social, poche ore dopo l’annuncio arrivato su Twitter da parte della sindaca capitolina.

La ratio della scelta di Bugani – E forse, oltre alla lunga militanza nel M5s, proprio i rapporti non esattamente idilliaci con Luigi Di Maio accomunano Max Bugani e Virginia Raggi – la sindaca sconta ancora la scelta di manifestare solidarietà alla famiglia rom di Casal Bruciato contro il parere del leader pentastellato – mentre entrambi ad oggi godono di una stima “incondizionata” da parte di Di Battista. Tanto è vero che, a quanto risulta a Ilfattoquotidiano.it, l’idea di far arrivare Bugani in Campidoglio si sarebbe concretizzata grazie alla mediazione dal gruppone dei parlamentari romani, gli stessi che nei giorni scorsi hanno benedetto il rimpasto “politico” in giunta voluto dalla prima cittadina.

“È la ciliegina della svolta politica in questo rimpasto – spiegano da Palazzo Senatorio – Garantirà maggiori vasi comunicanti con il M5s nazionale e una maggiore caratterizzazione politica” e allo stesso tempo “lei si rafforza nel movimento in vista del tornante finale”, è la lettura. Nel prossimo anno, Raggi dovrà giocare alcune partite importanti col governo, a iniziare dalla riforma di Roma Capitale, passando per l’emergenza abitativa per finire con l’impervio tentativo di riportare la normalità sul versante rifiuti. Temi sui quali è impossibile trarre qualcosa di buono viaggiando nell’isolamento in cui il Campidoglio ha vissuto nell’ultimo anno e mezzo.

Si lavora al Raggi-bis nel 2021: l’opzione ‘lista civica’ – L’insistenza dell’aggettivo “politico” a caratterizzare il rimpasto di Giunta, l’ingresso dei consiglieri più influenti (e fedeli), l’arrivo di Bugani, il coinvolgimento attivo dei parlamentari romani. E una costante presenza della sindaca sui social e sul territorio. Cosa sta succedendo? Trarre il massimo da questi ultimi 20 mesi di mandato è l’obiettivo a breve termine, ma ricandidare Virginia Raggi a sindaca nel 2021, a quanto risulta a Ilfattoquotidiano.it è quello a lungo termine. Con quale formula è molto presto per dirlo, ragionando in termini di “era geologica”. Fatto sta che in Campidoglio vogliono farsi trovare pronti, qualsiasi cosa accada sul fronte politico.

Tecnicamente, la riforma interna del ‘mandato zero’ esclude Raggi dalla possibilità di ricandidarsi con il simbolo del M5s, ma chi le è vicino è convinto che i “soli” tre anni di opposizione a Marino possano valere una deroga (che però non fu accordata a Fabio Fucci a Pomezia). In caso contrario, l’opzione sarebbe quella di una “lista civica Raggi”, con Virginia candidata sindaco – e i suoi fedelissimi dentro – e il M5s a suo sostegno. “È l’unica soluzione possibile”, si dicono convinti sia sul fronte capitolino che su quello parlamentare, grazie agli umori rinvigoriti dal +0,3% sulla media nazionale fatta registrare alle ultime europee e dal primo bilancio in attivo chiuso da Atac nella sua storia recente, grazie al concordato preventivo fortemente voluto esattamente 2 anni fa.

Un indizio, in chiave elezioni 2021, arriva anche dal capogruppo capitolino, Giuliano Pacetti, che dopo aver presentato personalmente in nuovi assessori, lunedì scorso, oggi azzarda: “Ad oggi, da Statuto del M5s, nelle elezioni locali ci si presenta da soli o al massimo, come votato dagli iscritti, ci possono essere alleanze con liste civiche. Mi sento quindi di escludere, al momento, che nelle elezioni comunali del 2021 il M5s possa presentarsi insieme al Pd”. Con le parti che, comunque, potrebbero sempre convergere in fase di ballottaggio.

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M5s, Lombardi: “Con chi mi trovo meglio tra Raggi e Zingaretti? Con nessuno dei due”. E spiega: “Gli amici te li scegli, i colleghi no”

Con chi mi trovo meglio tra Virginia Raggi e Nicola Zingaretti? Con nessuno dei due. No, sto scherzando”. E’ la risposta ironica che la consigliera regionale del M5s, Roberta Lombardi, dà ai giornalisti Maria Latella e Simone Spetia nel corso della trasmissione “24 Mattino”, su Radio24.
E spiega: “Sono due persone con cui collaboro politicamente tutti i giorni e con cui lavoro. Non è che vado in vacanza con l’uno o con l’altro. Gli amici te li scegli, i colleghi no“.

Sull’amministrazione della Capitale, Lombardi osserva: “Roma è governata con difficoltà, ma non si può pensare che tutte le difficoltà siano ascrivibili al M5s, anche perché non mi sembra che quelli ‘competenti’ abbiano fatto meglio o ci abbiano lasciato di meglio quando siamo arrivati. Si può migliorare tantissimo, adesso con il rimpasto la sindaca Raggi ha messo una giunta molto più politica e ha promesso un cambio di passo. Abbiamo ancora due anni e poi gli elettori romani sapranno giudicare”.

Commento della consigliera regionale pentastellata anche sul passaggio della senatrice M5s Silvia Vono a Italia Viva, il neo-partito di Matteo Renzi: “Non ho mai capito quei colleghi eletti con una forza politica, e non mi riferisco soltanto ai colleghi del M5s, che a un certo punto inopinatamente fanno il salto della quaglia. Coerenza vorrebbe che, se non ti riconosci più nella forza politica che ti ha permesso di entrare in Parlamento o in qualsiasi altra istituzione, tu ti dimetta, lasciando il posto a qualcun altro che crede ancora nel messaggio, nel programma, nei valori di quella stessa forza politica”.

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Renzi: “Per Prodi Italia Viva è uno yogurt? Veramente lo chiamavano ‘er Mortadella’. Taglio parlamentari? Lo voterò, non sono rosicone”

Prodi mi ha preso in giro definendo Italia Viva “uno yogurt”. Detto tra di noi con un sorriso, Prodi è l’ultimo a poter parlare di cibo e politica, visto che lo chiamano ‘er Mortadella’. Quindi, eviterei nel suo caso”. Risponde così, a L’Aria che Tira (La7), il fondatore di Italia Viva, Matteo Renzi, alla battuta pronunciata da Romano Prodi sul neo-partito dell’ex segretario dem.

Renzi poi attacca il Pd: “Se c’è una cosa bella in Italia Viva è che non ci sono correnti, né, discussioni, né liti. In Italia Viva ci si vuole bene. Siamo stati 7 anni in un partito per cui io ogni giorno mi alzavo la mattina e quelli che volevano farmi le scarpe erano quelli del mio partito. Hanno blindato contro di me il giorno del referendum costituzionale e hanno sempre avuto da ridire su tutte le cose che facevamo”.

Riguardo a nuovi arrivi dal M5s, successivi a quelli della senatrice Vono, l’ex presidente del Consiglio ironizza: “Come diceva Lucio Battisti, lo scopriremo solo vivendo. Il taglio dei parlamentari? Lo voteremo. Io non rosico, ho molti altri difetti ma non sono un rosicone. Certo, non è la cosa che avremmo fatto noi. E cioè una riduzione del numero dei parlamentari e l’eliminazione di una delle due Camere. Loro tagliano solo i parlamentari, è una riduzione dei costi… robetta, rispetto alla nostra riforma, noi cambiavamo l’Italia”.

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mercoledì 25 settembre 2019

Senato, Silvia Vono lascia il Movimento 5 stelle: “Seguo Matteo Renzi, aderisco a Italia Viva”

Era nell’aria ed è accaduto: la senatrice Silvia Vono lascia M5S per aderire al gruppo Italia Viva-Psi. “Ho preso una decisione importante, difficile e sofferta ma improcrastinabile che però mi dà finalmente la possibilità di ragionare in termini democratici. Mi sono messa più volte in discussione in questi mesi di legislatura e ho messo in discussione tanti principi che forse qualcuno si illude ancora di avere come guida ma, appunto, è solo una fragile illusione. Perché Matteo Renzi? Ha dimostrato coraggio, lungimiranza e determinazione. Se ha sbagliato qualcosa nel suo percorso precedente, ne ha fatto tesoro, sapendo farsi da parte, rispettando l’impegno preso con gli italiani. Ha continuato a lavorare con intelligenza e in piena libertà e onestà intellettuale, ha scelto di esporsi coraggiosamente, un’altra volta, per l’Italia. Con senso del dovere per il Paese e per il bene comune, onestà intellettuale per il rispetto verso i cittadini, con coraggio e responsabilità anche quando tutto il sistema ti consiglierebbe, proprio perché sistema, di agire in modo diverso. Tutto questo mi accomuna al nuovo gruppo parlamentare, di cui mi auguro di essere parte integrante, con la determinazione che è ancora possibile dare una svolta al nostro paese, quella svolta di idee che dev’essere opportunità vera per tutti gli italiani. Il mio impegno resta costante nella convinzione che sono stata eletta per servire il Paese e non un movimento o un partito né per rafforzarne le fila. Credo che il mio impegno potrà finalmente servire concretamente anche per alla mia amata Calabria, territorio, che ho la piena volonta` di promuovere insieme alla gente calabrese, alle belle persone che la abitano e che hanno bisogno di essere accompagnate a rendere la nostra meravigliosa terra prosperosa e libera da pregiudizi e dignitosa come tutti coloro che la vivono”.

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Reddito cittadinanza, De Luca: “Navigator facciano i concorsi pubblici come le persone normali. Basta con le buffonate e le cialtronate”

“Chiariamo per la tremillesima volta: io considero questa dei navigator un’autentica buffonata, una cialtronata che non ha alcun significato“. Sono le parole del presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, intervenuto a “Barba & Capelli”, su Radio Crc, per parlare del tema dei navigator campani per i quali la Regione Campania non intende firmare la convenzione con l’Anpal, l’Agenzia nazionale politiche attive per il lavoro.

“Queste persone – continua – non hanno partecipato a un concorso per il pubblico impiego, ma hanno fatto una selezione due settimane prima delle elezioni europee, nell’ambito di una operazione totalmente demagogica messa in piedi dal M5s. Sono, quindi, semplicemente persone selezionate da Anpal, cioè dal Ministero per il Lavoro. La Regione non c’entra niente. Dovevano essere 6mila, poi sono diventate 3mila, poi 2.700. Sono consulenti, persone che dovrebbero firmare un contratto di consulenza per due anni e che possono fare tranquillamente il doppio lavoro. Infatti, tra quelli che si dicono ‘navigator’, ci sono liberi professionisti, cioè giovani con studio professionale di avvocato e di commercialista che fanno i navigator a tempo perso”.

E spiega: “Qual è il problema? La Regione dovrebbe chiedere al Ministero del Lavoro l’affiancamento di 450 consulenti. Premesso che 450 consulenti non ci sono neanche alle Nazioni Unite messe tutte insieme, ma questa richiesta della Regione deve partire dall’esigenza che i centri per l’impiego non ce la fanno a fare il proprio lavoro e quindi tu chiedi allo Stato un’assistenza tecnica da parte di consulenti. Noi in Campania – prosegue – il lavoro lo stiamo facendo tranquillamente e non abbiamo bisogno di consulenti. Dovrei fare richiesta per un esercito di consulenti, tra i quali c’è gente che fa il doppio lavoro, che ha lo studio professionale aperto e che si prende 2500 euro al mese per non fare niente? Questa è veramente gente che non sta bene con la testa“.

De Luca rincara: “Io buffonate non le avallo. La Regione Campania non intende chiedere nulla, perché non c’è bisogno di avere centinaia di consulenti a non fare niente. I nostri dipendenti dei centri per l’impiego stanno facendo un lavoro eccezionale, li ringrazio e ci hanno detto che non hanno bisogno di niente. Che c’entra la Regione? Anpal ha fatto questa selezione? Vadano a parlare con Anpal. La truffa politica è stata fatta da Anpal. Entro fine settembre credo che riusciremo a bandire un altro concorso per 660 assunzioni a tempo indeterminato presso i centri per l’impiego. I navigator facciano i concorsi come tutte le persone normali ed evitino di fare buffonate”.

E cita le proteste di quattro navigator, arrivate mentre ieri il politico dem era impegnato in una conferenza stampa a Castel Volturno: “Sempre le solite buffonate: uno si alza, un altro registra con il telefonino. Ma siamo abituati. Questo ovviamente mi convince ancor di più ad aver fatto benissimo a non avere un rapporto diretto o indiretto con queste persone. Chi vuole fare i concorsi li faccia come tutte le persone normali, senza fare furbate. Questa storia in Campania, per quanto mi riguarda, è finita. Il lavoro nel pubblico impiego si ottiene facendo concorsi pubblici, non facendo buffonate, né intimidazioni, né cialtronate, né pressioni. Queste cose a me non fanno né caldo, né freddo”.

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M5s, Salvini: “Presto passaggi verso la Lega”. Di Maio: “Come Berlusconi con De Gregorio. I nostri parlamentari non sono in vendita”

“Sorprese”, le chiama Matteo Salvini. In altre parole transfughi che, si dice certo l’ex ministro dell’Interno, sono disposti ad abbandonare il M5s per passare tra i banchi dell’opposizione con la Lega. Parole che non piacciono a Luigi Di Maio, pronto a ricordare come la “compravendita” di parlamentari ha precedenti illustri, come il caso Berlusconi-De Gregorio.

“Mettetevi nei panni di chi ha fatto una battaglia nei Cinque Stelle per anni contro quelli del Pd perché erano corrotti e ci si ritrova alleato”, ha detto Salvini a Radio Radicale. “Questo crea molto disagio, disagio che sarà palesato – aggiunge – con alcune sorprese con dei passaggi” verso il Carroccio.

“Mi spiace per la Lega, io l’ho conosciuta nei mesi di governo, ma si sono ridotti come un Berlusconi qualsiasi che cercava di comprare i vari De Gregorio”, è la risposta del leader del Movimento. “I nostri parlamentari – assicura – non sono in vendita”. E quindi svela di aver “detto loro di registrare gli incontri se qualcuno venisse a fare delle avances” perché “questi comportamenti non solo sono deplorevoli, mi fanno anche un po’ pena”.

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La7, Bersani al M5s: “Arrendetevi. Finitela di dire che non siete né di destra, né di sinistra. A vostro modo siete di sinistra”

Mi rivolgo ai 5 stelle: finitela con questa storia che non c’è né destra, né sinistra e che non siete né di destra né di sinistra. Cari 5 Stelle, arrendetevi: a vostro modo, siete di sinistra. Convincetevi, su. Naturalmente anche noi dovremmo dire che la sinistra non le ha fatte tutte giuste. Quindi, anche per noi essere di sinistra è una sfida”. Sono le parole pronunciate a “L’aria che tira” (La7) dal deputato di LeU, Pier Luigi Bersani, commentando alcune dichiarazioni della consigliera regionale M5s del Lazio, Roberta Lombardi, protagonista, assieme a Vito Crimi, del celebre streaming con l’ex segretario del Pd nel 2013.

E ironizza: “Mi fa piacere che Roberta Lombardi abbia detto quelle parole. Sono maturazioni, purtroppo in questi anni sono successe tante cose. Continuano a dirmi che avevo ragione, ma preferisco lasciar perdere, perché, se proprio avevo ragione io, ma sapete quanta gente aveva torto? Non si saprebbe da dove cominciare“.
Poi torna sui 5 Stelle: “Il clima sarà un problema? Sì. Tutte le destre del mondo, da Bolsonaro a Salvini, lo negano, mentre tutte le sinistre del mondo ne sono preoccupate. Quindi, esiste la destra, esiste la sinistra.

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M5s, l’ex Nugnes: “Malumori su Di Maio? Tante responsabilità ma non è all’altezza. Per alcuni sono solo rivendicazioni personali”

I malumori nel gruppo M5s contro Luigi Di Maio al Senato? “Una rivolta dei buoni e dei cattivi“. Così l’ex pentastellata Paola Nugnes, ora senatrice del gruppo LeU-Misto, bolla le proteste interne in casa 5 Stelle verso il capo politico. Per l’ex esponente ortodossa del M5s “in questa richiesta c’è il malessere di molti che lo hanno subito espresso”, ma anche “le rivendicazioni personali di molti che si sono visti togliere possibilità o che non le hanno avute nemmeno in questa seconda tornata”.

In pratica, gli esclusi dagli incarichi di governo. “Rosiconi? Non amo questi termini, ma credo lei abbia ragione”; ha poi replicato alle domande dei cronisti. Allo stesso tempo, Nugnes ha escluso un possibile ritorno in casa M5s, mostrando pure la sua disillusione verso possibili cambiamenti interni: “Bisognava farlo subito, non credo ora abbiano grandi soluzioni, sono in estremo ritardo”, ha spiegato. E, infine, su Di Mao, nei confronti del quale fu critica per mesi, soprattutto sul tema immigrazione, ha aggiunto: “Penso si sia accollato responsabilità per le quali non era all’altezza”.

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Salvini: “Conte? Pensa solo al ciuffo e alla poltrona ma coi Paesi europei parlavo io. M5s? Presto ci saranno passaggi nella Lega”

Durissimo attacco del leader della Lega, Matteo Salvini, contro il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il governo giallorosso e gli ex alleati 5 Stelle. Intervistato dal giornalista Massimiliano Coccia, su Radio Radicale, Salvini, in primis, esprime le sue critiche sull’accordo di Malta:E’ un accordo totalmente svantaggioso. Ricordo che a settembre di quest’anno, cioè da quando c’è il governo Pd-M5s, gli sbarchi, per la prima volta, dopo due anni, sono aumentati da 947 a 1800. Cioè sono raddoppiati, perché i porti sono stati riaperti. Quindi, la sostanza è che qualcuno ha riaperto i porti ed è tornato ad aiutare gli scafisti, in cambio (a parole) della redistribuzione su base volontaria di una minima parte di coloro che arrivano. Ditemi voi dove sta il vantaggio per il popolo italiano da quello che io non chiamo accordo, ma fregatura”.

E aggiunge: “Conte ha detto che io chiudevo i porti, ma poi lui e Moavero parlavano coi governi europei per redistribuire i migranti? Il presidente del Consiglio è tutto occupato dal suo ciuffo e dalla sua poltrona, ma le telefonate le facevo io e poi lui alla fine si rivendeva i risultati. Ora spero che nessuno tra il Pd e il M5s faccia il fenomeno, rivendendosi come suo quello che ha sempre osteggiato fino a ieri mattina. Io oggi sono a Catanzaro. Se Conte fa un comunicato stampa in cui dice che oggi il sole sorge a Catanzaro per merito suo e del nuovo governo, per carità, è libero di farlo. Poi sta agli italiani decidere se si tratta di persona seria o meno”.

Salvini risponde sui presunti fondi russi alla Lega: “Conte mi chiede di riferire in Senato? Sul nulla io non ho niente da riferire. Ormai da 9 mesi c’è una inchiesta e lascio che tranquillamente i giudici, i magistrati, gli inquirenti, la Guardia di Finanza di tutto di più cerchino quello che non c’è, e cioè denaro o favori. Non c’è assolutamente un rublo, un dollaro, un euro, un fiorino, un marco, un sesterzo che sia fuori posto. Il presidente del Consiglio dovrebbe occuparsi di Italia invece che fare polemiche quotidiane con Salvini. Poi su quello che lo riguarda – continua – basta vedere su Radio Radicale tutte le interrogazioni parlamentari con cui il Pd chiedeva al signor Conte chiarimenti sul suo passato, sulla sua professione, sui suoi legami, sulla sua carriera, sui suoi presunti conflitti d’interesse. Glielo chiedeva il Pd che oggi è suo alleato. Lui non ha mai risposto. Io comunque non mi alzo la mattina con l’ansia di Conte. Mi chiedono di risolvere dei problemi e questo io, da senatore, cerco di fare. Sarebbe bello che il presidente del Consiglio facesse altrettanto”.

Il senatore leghista passa poi alle elezioni regionali umbre: “In Umbria si vota prima del previsto, perché hanno arrestato un po’ di assessori del Pd su una denuncia di un consigliere regionale del M5s. E adesso sono alleati. Capite bene che in Umbria gli elettori del Pd e del M5s sono schifati. Quindi, penso che per loro finirà elettoralmente molto molto male, perché la gente scema non è. La stessa cosa stanno facendo anche a Roma. La Raggi ha licenziato un po’ di assessori e e ne ha tirati dentro altri del Pd. Ma come? Per anni si sono querelati e denunciati. Fino a ieri il Pd per il M5s era il partito di Mafia Capitale e per il Pd la Raggi era la peggior sindaca della storia del mondo. E oggi si spartiscono le poltrone in giunta. Veramente in questo 2019 stiamo raggiungendo un livello di squallore politico senza precedenti”.

E rivela: “Già vi posso dire che nei prossimi giorni in casa 5 Stelle arriveranno delle sorprese. Ma mettetevi nei panni di chi, in nome dei suoi ideali, ha fatto una battaglia nel M5s contro quelli del Pd che vedeva corrotti e oggi qualcuno gli impone di allearsi con quelli stessi che fino a ieri erano corrotti. Secondo voi, uno normale come reagisce? E’ come se a me imponessero di allearmi con Renzi o con la Boschi. Ho una faccia, quindi possono offrirmi quello che vogliono, ma io l’alleanza con Renzi e con la Boschi non la posso imporre alla Lega e agli italiani”.

Salvini, infine, si pronuncia sull’operato del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nella gestione della crisi di governo (“ha rispettato la forma, ma non la sostanza”) e attacca nuovamente i 5 Stelle: “Roma è una delle principali vittime dell’incapacità dei Stelle. Io ormai ci vivo e ci lavoro per giorni e giorni alla settimana e una città così poco curata, pulita, organizzata, controllata non l’ho mai vista”.

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Pd, parte l’app del partito, costerà un euro al mese. Tessere, sondaggi, proposte: tutto online. Lo slogan: “Tu vali tu”

“La nuova Pd App sta arrivando”. Nicola Zingaretti annuncia su Facebook il lancio dell’applicazione ufficiale del partito, previsto per il 15 ottobre, con cui punta a modificare la comunicazione con gli iscritti. Il segretario democratico ha postato un video che guida al funzionamento, passo dopo passo. Per gli utenti è necessario prima di tutto iscriversi, pagando una quota associativa di 1 euro mensile. Quindi, potranno accedere a tutte le sezioni. “Attivismo e condivisione” consente a “ogni tesserato potrà condividere le verità del Pd”, “Consultazioni” è incentrata sui sondaggi e – si legge sul video promozionale – dà la “possibilità di dire la propria sui principali temi sociali e politici”. Nella sezione “Contributo” gli iscritti potranno leggere le proposte di legge e avranno “gli strumenti per apportare modifiche e aggiunte” l’utente potrà “interloquire con la propria amministrazione comunale, per chiarimenti e proposte”. I tesserati del Pd saranno infine suddivisi per regioni e province e potranno essere rintracciabili con un sistema di ricerca inserito nella sezione “Iscritti”.

Gli ultimi test tecnici si svolgeranno la prossima settimana, poi ci sarà il lancio. “E’ la rivoluzione del secolo. Me lo dico da solo, ma sono troppo fiero di quello che abbiamo fatto” ha detto Francesco Boccia, ministro per gli Affari regionali e le autonomie, a Repubblica. Alla guida di questo progetto c’è proprio lui. Sul confronto – inevitabile – con la piattaforma Rousseau, Boccia ha le idee chiare: “La differenza”, ha detto al quotidiano diretto da Carlo Verdelli – “è che lì Casaleggio sa chi sono tutti gli iscritti ma gli iscritti non si conoscono tra di loro. Noi invece creiamo una rete in cui chi ha la app può interagire con gli altri”. Una sorta di “agorà” virtuale che dovrebbe cementare la community e rafforzare i rapporti con il partito. Secondo il ministro “i social aperti crolleranno perché i dati non sono protetti”. Intanto, la sfida digitale fra i due alleati di governo passa anche dagli slogan: “Tu vali tu” per l’app del Pd contro l’ormai celebre “uno vale uno” del Movimento 5 Stelle.

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Di Maio: “Firme di 70 senatori contro di me? Malinteso. E’ la procedura per modificare lo statuto del gruppo”

“Firme di 70 senatori contro di me? E’ un malinteso. E’ una procedura interna per modificare lo statuto del gruppo”. Luigi Di Maio, intervenendo da New York dove è impegnato per l’assemblea generale dell’Onu, ha confermato la notizia delle tensioni all’assemblea dei senatori 5 stelle, ma ha anche negato che ci sia in corso una rottura tra i parlamentari. “Sono stato eletto capo politico con l’80% di preferenze”, ha detto intervistato da RaiNews 24, “non con il 100% ed è giusto che ci sia chi non è d’accordo ma far passare quelle 70 firme per 70 firme contro di me… Ci sono persone che potrei definire amiche e con cui lavoro ogni giorno che mi hanno chiamato e mi hanno detto che è un grande malinteso: ‘non è contro di te ma per rafforzare il gruppo parlamentare'”.

La raccolta firme è stata fatta dal senatore Emanuele Dessì ed è stata sottoscritta da 70 persone su 107. “Ho sentito il senatore che ha raccolto le firme, Dessì, e anche molti dei senatori che avevano firmato il documento”, ha detto sempre Di Maio a SkyTg24, “in realtà guardando il documento non si parla né del capo politico né della leadership del Movimento. È una procedura interna per modificare lo statuto del gruppo, è legittimo e rientra nelle dinamiche del gruppo parlamentare, ed è firmato da persone con cui lavoriamo ogni giorno. Credo che sia stato un grande malinteso”. I malumori del gruppo al Senato non sono una novità, ma vanno avanti da mesi e anche per questo negli ultimi mesi è stata lanciata la “riorganizzazione del Movimento”: “La mia idea di ristrutturare il Movimento con il Team del futuro e i Facilitatori regionali sarà portata avanti e nei prossimi mesi avremo un’organizzazione del Movimento che prima non ha mai avuto”, ha detto sempre Di Maio.

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martedì 24 settembre 2019

Governo, Travaglio: “Di Maio? Con Salvini si buttò nelle gare di rutti ma perdeva sempre. Col Pd ora ha cambiato comunicazione”

Di Maio? Col nuovo alleato, cioè il Pd, non ha più paura di essere cannibalizzato e ha cambiato completamente la sua comunicazione. Lo scorso anno, invece, era prigioniero di Salvini, tanto che, a un certo punto, cominciò a inseguirlo nelle gare di rutti che naturalmente perdeva, perché il più bravo di tutti in quelle era Salvini che le fa sin da piccolo”. Sono le parole del direttore de Il Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, nel corso della trasmissione Otto e Mezzo, su La7.

E aggiunge: “Adesso Di Maio non ha più un alleato competitor forte, identitario, popolare, ma c’è il Pd, cioè un partito diviso in 8 correnti, sbiaditissimo, senza un grande frontman riconoscibile popolare e soprattutto con un programma talmente vago che si stenta a ricordare una parola d’ordine del partito”.

Il giornalista Alessandro Giuli osserva che la bandiera del Pd è lo Ius Soli, ma Travaglio obietta: “No, non hanno nemmeno il coraggio di pronunciarlo, perché in questo momento sanno che farebbero un regalo a Salvini. Quindi, adesso Di Maio ha paura che il programma vago che è stato scritto in poco tempo da Conte autorizzi questo governo a vivacchiare senza fare delle cose forti”.

Il direttore del Fatto chiosa: “Di Maio, pertanto, si è assunto il compito del ‘mai contento’, del malmostoso, del malpancista, che ogni giorno, anche quando viene fatto qualcosa di concreto come l’accordo di Malta, segnala subito che però non basta, perché è necessario andare in Africa per fare accordi finalizzati ai rimpatri. Insomma, Di Maio rilancia perché vuole sempre di più. E’ un cambio di passo dovuto proprio al cambio di alleato”.

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Fine vita, in Senato depositato un disegno di legge M5s, Pd, LeU e Italia Viva

Dopo aver fatto scadere il tempo a disposizione per legiferare sul fine vita, il Parlamento in extremis fa una mossa. Mercoledì al Senato, proprio nelle ore in cui è atteso il pronunciamento della Consulta sul caso di dj Fabo, sarà infatti presentato un disegno di legge che porta le firme di parlamentari di tutte le forze che sostengono il governo giallorosso: M5s, Pd, Leu, ex M5s e Italia viva. Monica Cirinnà (Pd), Tommaso Cerno (Pd), Loredana De Petris (Misto-LeU), Matteo Mantero (M5s), Riccardo Nencini (Psi-Italia viva), Paola Nugnes (Misto-LeU) e Roberto Rampi (Pd) presenteranno un provvedimento di tre articoli che modifica l’articolo 580 del codice penale intervenendo “sull’aiuto medico al morire e la tutela della dignità nella fase finale della vita”.

In sostanza viene riconosciuta ad un “paziente con patologia irreversibile“, “fonte di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili” e “capace di prendere libere decisioni” il diritto all’induzione farmacologica della morte. Il ddl precisa però che è necessario distinguere tra istigazione e aiuto al suicidio. “La somministrazione dei trattamenti”, si legge nel testo, “è consentita, anche presso il domicilio del paziente, unicamente nell’ambito del servizio sanitario nazionale da parte di personale medico e sanitario che non abbia formulato al riguardo obiezione di coscienza”.

Per quanto riguarda le pene rischia “la reclusione da cinque a dodici anni” – pena invariata rispetto alla situazione attuale – chi “determina” o “rafforza” il “proposito di suicidio” di qualcun altro. “Se il suicidio non avviene, è punito con la reclusione da uno a cinque anni, sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima”. Per chi invece “agevola l’esecuzione del suicidio” si prevede “la reclusione da uno a quattro anni” se avviene la persona muore. “Se il suicidio non avviene, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni, sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima”.

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M5s, tensioni all’assemblea senatori: spunta ipotesi ‘comitato di 10’ al posto di Di Maio. Giarrusso: ‘Ha troppi poteri, intervenga Grillo’

Tensione all’assemblea dei senatori M5s: il gruppo si è riunito per iniziare l’iter che porterà alla scelta del nuovo capogruppo, dopo che l’uscente Stefano Patuanelli è diventato ministro dello Sviluppo economico. L’incontro è stato l’occasione per riaprire un dibattito già iniziato nei mesi scorsi e che chiede maggiore collegialità e condivisione, soprattutto nei confronti del capo politico 5 stelle. Tra le proposte avanzate, secondo quanto riferito dall’agenzia Adnkronos, c’è anche quella di istituire un “comitato a 10 che prenda il posto di Luigi Di Maio“. Su questa proposta, che nei fatti andrebbe a modificare lo statuto, i parlamentari proveranno a raccogliere le firme e, nel caso in cui non dovessero raggiungere la maggioranza, hanno detto di essere pronti a rivolgersi al garante Beppe Grillo.

Tra i pochi a esprimersi pubblicamente oggi c’è stato il senatore Mario Michele Giarrusso, che sulla propria pagina Facebook ha postato un articolo che critica il ministro Vincenzo Spadafora e soprattutto, mette in dubbio la sua fedeltà al Movimento alla luce del suo passato di vicinanza con il Partito democratico. “L’ho pubblicato perché ne condivido il contenuto”, ha detto sempre all’agenzia Adnkronos. E quindi ha attaccato direttamente il capo politico 5 stelle: “Se penso che Di Maio abbia troppi poteri? Sì, dovrebbe lasciare tutti gli incarichi. Non vedo quale esperienza possa vantare agli Esteri. Abbiamo perso 6 milioni di voti, siamo in minoranza in Consiglio dei ministri”. Quindi ha confermato che i senatori 5 stelle stiano preparando un documento: “Ci stiamo lavorando. Noi dobbiamo riportare la democrazia nel Movimento. Chiediamo a gran voce un intervento di Beppe Grillo“. Sotto accusa per Giarrusso anche l’ex ministro Danilo Toninelli, possibile candidato alla poltrona di capogruppo a Palazzo Madama: “Toninelli deve raccontarci per filo e per segno come mai abbiamo mandato a quel paese 6 milioni di elettori. Finché non chiarisce su quanto successo nell’ultimo anno e mezzo, non abbiamo bisogno di ulteriori ambiguità”. E alla domanda se in occasione delle prossime votazioni al Senato i ribelli del Movimento faranno mancare il loro apporto in Aula, Giarrusso ha detto: “Ci sono tanti colleghi che chiedono che i principi del M5s non vengano svenduti al momento del voto…”. Nel corso dell’assemblea è stato toccato anche il tema Umbria: un accordo, quello sul candidato civico condiviso col Partito democratico, “che ci è volato sopra la testa”, si è sfogato un senatore con l’Adnkronos.

Ha cercato di sminuire le tensioni il presidente M5s della commissione Antimafia Nicola Morra: “Nessuna tensione. È emersa la volontà di cambiare qualcosa. La volontà di portare il Movimento su rotte più sicure e più tranquille c’è da parte di tutti”. Il capogruppo vicario Gianluca Perilli si è limitato a dire che “nel corso dell’assemblea odierna dei senatori del M5s, è stata avviata la procedura per l’individuazione del nuovo capogruppo. E’ stato aperto l’iter per la presentazione delle candidature e delle rispettive ‘squadre’ che dovranno comporre il prossimo direttivo del gruppo M5s a Palazzo Madama. L’obiettivo è arrivare ad Italia 5 Stelle con il nuovo capogruppo”. Il termine per la presentazione delle candidature era stato fissato per le 21 di questa sera in una mail inviata a tutti gli eletti alcuni giorni fa. “Non ci sarà un ballottaggio”, fanno sapere fonti pentastellate, “perciò proveremo ad arrivare alla votazione di un capogruppo il più condiviso possibile”. In queste ore hanno ufficializzato la propria candidatura come capigruppo alla Camera Francesco Silvestri e Anna Macina. Per quanto riguarda invece il Senato, oltre al nome di Perilli si fa anche quello dell’ex ministro Danilo Toninelli.

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Sondaggi, per Swg Italia Viva vale oltre il 5% (e supera Forza Italia): recupera dall’astensione e permette al Pd di recuperare voti dal M5s

Italia Viva, il nuovo movimento di Matteo Renzi, per la prima volta nella sua brevissima vita supera il 5 per cento in un sondaggio. A dare maggiore credito alla forza politica dell’ex presidente del Consiglio ed ex segretario del Pd è l’istituto Swg nella rilevazione settimanale per il TgLa7. Secondo questi dati Italia Viva riuscirebbe perfino a superare Forza Italia e a tallonare i Fratelli d’Italia. Bisogna dire che è il primo e unico sondaggio a stimare così in alto il partito di Renzi. Tutti gli altri finora lo hanno valutato poco sopra il 3 per cento. Tra l’altro c’è un’altra forza politica che nei risultati di Swg ha maggiore forza rispetto ad altre rilevazioni: Cambiamo! di Giovanni Toti (che a primavera cerca la riconferma da governatore della Liguria) raggiunge il 2 per cento a petto degli zero virgola attribuiti in queste settimane da quasi tutti gli istituti.

Lega prima, M5s secondo (ma senza merito)
Ricapitolando, comunque, la Lega resta il primo partito nelle indicazioni di voto con il 33,6 per cento, sia pure in calo di quasi mezzo punto in una settimana. Il distacco è considerevole nei confronti della seconda forza: torna a esserlo il Movimento Cinque Stelle e questo accade nonostante un calo dei grillini di mezzo punto. Il “merito” del controsorpasso del M5s infatti è tutto del Pd che perde poco più di due punti e torna sotto la soglia del 20 per cento. E’ chiaro l’effetto drenante della scissione di Renzi. Stessa cosa d’altra parte accade con Forza Italia che in una settimana perde lo 0,8 e ormai galleggia a una cifra di poco oltre il 5 per cento. La quarta forza politica sono i Fratelli d’Italia che peraltro in quest’ultima settimana perdono qualcosa e soprattutto la base che aveva raggiungo del 7 per cento. Altri tre partiti del centrosinistra (Sinistra, Verdi e +Europa) restano tra l’1,7 e il 2,3 e quindi non superano la soglia di sbarramento prevista dal sistema elettorale.

Coalizioni: l’alleanza giallorossa è avanti
Anche Swg, come già ieri Quorum/YouTrend, ha provato a sperimentare una eventuale corsa bipolare di coalizione, cioè centrodestra e centrosinistra più M5s. Ne viene che è confermato che sarebbe un testa a testa ma con una punta significativa di vantaggio dell’alleanza giallorossa. E’ implicito che sarebbe l’unica speranza di arrivare al governo sia per il Pd sia per il M5s, visto che il centrodestra a oggi è a meno di 3 punti dal 50 per cento.

Com’è fatto l’elettorato di Renzi
Infine Swg ha indagato su com’è composto il “nuovo” elettorato di Renzi: da dove provengono i voti (virtuali) per Italia Viva? In maggioranza, come prevedibile, dal Pd (2,8 per cento). Non irrilevante (0,8) il contributo di +Europa (che spiega anche il ribasso del partito di Emma Bonino). Scontato l’arrivo di voti da Forza Italia, il cui elettorato moderato non ha altri punti di riferimento a destra. Colpisce il recupero dall’astensionismo che vale l’1,1 dell’elettorato di Italia Viva. In questo quadro l’ultima curiosità sottolineata dall’istituto di sondaggio triestino è che il Pd – con l’uscita di Renzi – recupera lo 0,7 per cento dai Cinquestelle.

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lunedì 23 settembre 2019

Regionali Umbria, Di Maio: “Patto civico con Pd possibile perché situazione emergenziale. Nessun automatismo in altre regioni”

In Umbria si è arrivati al ‘Patto civico’ tra Pd e M5S perché “c’era una situazione emergenziale, un’emergenza politica: una giunta uscente coinvolta in un’inchiesta e il Partito democratico che era stato commissariato”. Così il capo politico M5S e ministro degli Esteri Luigi Di Maio, incontrando la stampa a New York, a margine dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. “Noi abbiamo voluto proporre un patto civico, che significa che qui i partiti dovevano fare un passo indietro”, ha sottolineato Di Maio.

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Governo, Bersani: “C’è un popolo disperso di sinistra, riprendiamocelo. Renzi? Ha governato con i miei voti sputandomi addosso”

“Renzi ha governato, sputandomi addosso, ma lo ha fatto con i voti miei”. Lo ha detto Pier Luigi Bersani, intervistato alla festa di Articolo Uno, a Roma. “Renzi ha governato con un nemico principale – ha aggiunto – il populismo e i 5 Stelle. Esito? Il Pd ha perso voti e i 5 Stelle sono aumentati. Poi si sono messi con la destra e in un anno si dimezzano”. Insomma, secondo l’ex ministro, “c’è un popolo disperso che si sente di sinistra: culture ambientaliste, cattoliche, culture sociali, che è ora di richiamare a raccolta per costruire un’alternativa alla destra. Questa alternativa fa parte delle forse che ci credono e che si sentono di sinistra, perché quella di là si chiama destra e questa di qua non può chiamarsi con un altro nome. Sarà una sinistra larga e plurale. E ci vorrà un tavolo per formulare un programma di svolta, e bisogna rompere il muro che c’è tra elettorati di centrosinistra e 5 Stelle”

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domenica 22 settembre 2019

Elezioni Umbria, candidato di M5s e Pd è presidente Federalberghi. Di Maio: “È la persona giusta”. Zingaretti: “Nome forte”

Dopo le rinunce e i passi indietro di Francesca Di Maolo eStefania Proietti c’è una candidatura alla presidenza dell’Umbria. Su cui M5s e Pd convergono. Si tratta di Vincenzo Bianconi, presidente di Federalberghi. L’imprenditore di Norcia si presenta dicendo di essere “innamorato” della sua terra: “È ora di ricostruire il futuro dell’Umbria perché è una regione straordinaria e civile che ha bisogno di fortissimi cambiamenti”. Bianconi raccoglie quello che lui chiama “invito che tante forze civiche, associative e politiche mi hanno rivolto.O gni giorno con la schiena dritta, con determinazione e passione, cerco di migliorare le cose che mi circondano – sostiene Bianconi – Non mi sono mai tirato indietro dinnanzi alle sfide che la vita mi ha posto”. Per il capo politico del M5s, Luigi Di Maio, si tratta della persona giusta, “una candidatura forte” per il segretario dem, Nicola Zingaretti.

Bianconi, 47 anni, spostato e padre di due bambini, dice che “è ora di ricostruire il futuro dell’Umbria, perché la nostra è una Regione straordinaria e civile che ha bisogno, però, di fortissimi cambiamenti: per l’Ambiente ed il Lavoro, per le Imprese, per il Paesaggio e la Cultura, per l’Università, la Sanità e la Ricerca, per le Infrastrutture ed i Trasporti, per la Sicurezza e la Legalità. Mi sono battuto per queste cose da cittadino e da imprenditore. Ora voglio dare il mio contributo in modo diverso, in una coalizione civica, sociale e politica. Possiamo finalmente reagire con nuove idee e forti investimenti. Come imprenditore ho sempre lavorato per rendere l’Umbria una regione più libera, bella e pulita, una terra migliore per noi e per i nostri figli. Vi chiedo una mano, perché insieme possiamo farcela”.

Vincenzo è un simbolo dell’Umbria intera, di una comunità che è stata tragicamente e ripetutamente ferita dai terremoti del 2016, ma che non si è lasciata prendere dallo sconforto e si è rimboccata subito le maniche. Una persona che non ha mai chinato la testa di fronte alle difficoltà e che si è messa sempre a disposizione della sua gente. Una persona super competente, che non si arrende mai, che conosce e ama l’Umbria. Un uomo risoluto e tenace che – scrive Di Maio in un lungo post su Facebook – seppur nelle difficoltà non ha mai perso la determinazione e il coraggio per consentire ai cittadini umbri di risorgere. La persona giusta per ricucire quel rapporto di fiducia tra istituzioni e cittadini che in Umbria, dopo lo scandalo sulla sanità, oramai sembra perso. Vincenzo metterà al centro l’ambiente e lo sviluppo sostenibile, è conosciuto come promotore di iniziative innovative quali ‘Hotel rifiuti zero’ avendo a cuore il futuro dei nostri figli. Chi lo conosce sa che è un uomo di cui ci si può fidare e chi ancora non lo conosce, avrà presto modo di farlo. Ho conosciuto personalmente Vincenzo due anni fa quando, grazie al taglio degli stipendi dei nostri consiglieri regionali, Liberati e Carbonari, donammo un fuoristrada per usi sanitari alle comunità di Norcia, Cascia e Preci, colpite dal terremoto del 2016“.

“Grazie a Vincenzo Bianconi per la sua scelta. Una bella e forte candidatura. Sarà il candidato dell’Umbria, una terra meravigliosa. L’Umbria che non si arrende e che combatte per il suo futuro” dice il segretario del Pd, Nicola Zingaretti. Su Twitter il commento del ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini: “L’accordo in Umbria tra Pd e M5S sulla candidatura di Vincenzo Bianconi a presidente della Regione è un altro passo verso la creazione di un campo riformista in grado di battere la destra e cambiare l’Italia“.

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