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venerdì 31 luglio 2020

Commissione Agricoltura, Crimi piccato per il tradimento: “Qualcuno non è stato ai patti. Per il resto i numeri erano quelli”

“Soddisfatti? No. Nel senso che in una Commissione qualcuno non è stato ai patti, cioè per la Commissione Agricoltura del Senato. Di certo non noi, ma complessivamente questi sono i numeri che avevamo, non ce n’erano altri. Abbiamo perso rispetto agli accordi fatti una commissione perché qualcuno ha tradito gli accordi, ovviamente non noi”. Lo ha detto Vito Crimi, capo politico del Movimento 5 Stelle, fuori da Montecitorio.

Poi è tornato sul punto: “Tutto questo dramma di non aver saputo difendere la capacità del M5S di imporsi nella maggioranza mi sembra non ci sia… qualcuno non ha rispettato i patti, è successo nella Commissione Agricoltura” del Senato, “per il resto, gli accordi presi sono stati tutti rispettati”.

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giovedì 30 luglio 2020

Commissioni, dopo il caos in maggioranza emergono i malumori M5s. Le accuse al direttivo di Montecitorio: “Fallimentare”

Crescono i malumori all’interno del gruppo parlamentare M5s dopo il caos sulle commissioni di questa notte, che ha portato all’elezione del renziano Luigi Marattin a presidente della commissione Finanze della Camera, mentre la maggioranza non era riuscita a far eleggere i suoi candidati alla Giustizia e all’Agricoltura in Senato, lasciando campo ai candidati leghisti. A Montecitorio il deputato M5s Leonardo Donno stamattina ha comunicato le dimissioni da capogruppo nella Bilancio, parlando di “fallimento” del direttivo pentastellato alla Camera a causa di “autoreferenzialità e mancato ascolto, imponendo scelte spesso non condivise”. Più tardi Davide Tripiedi ha annunciato le dimissioni da vicepresidente della commissione Lavoro. Protesta anche LeU, dopo la mancata elezione di Pietro Grasso alla presidenza della commissione giustizia del Senato: “E’ un fatto gravissimo“, scrive su Facebook il senatore Francesco Laforgia.

Il direttivo M5s alla Camera, a partire dal capogruppo, Davide Crippa, e dal vice Riccardo Ricciardi, è finito nel mirino delle critiche interne per la gestione di una trattativa bollata come “fallimentare”. Secondo l’Adnkronos, arebbe in corso una raccolta firme per chiedere un passo indietro. Oggi intanto la maggioranza cerca una (nuova) quadra dopo il caos: una riunione tra i capigruppo e il ministro dei Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà, per mettere sul tavolo alcune possibili soluzioni. Per ricompattare gli scontenti e sedare i malumori si potrebbero utilizzare le presidenze delle commissioni speciali (una sulla Sanità potrebbe andare a Leu anche se è nelle mire anche di Iv). In ballo c’è anche la commissione Enti gestori, che nell’accordo spettava al senatore Pd Tommaso Nannicini.

Fin da ieri i pentastellati hanno contestato gli accordi presi tra i capigruppo sulle presidenze delle 28 commissioni permanenti. Poi, nel pomeriggio al Senato in ben due delle 14 commissioni la maggioranza è andata in frantumi facendo eleggere due senatori della Lega al posto di Grasso e di Pietro Lorefice (M5s), mentre in serata alla Camera l’elezione alla Giustizia di Lello Vitiello di Iv al posto del candidato di M5s, Mario Perantoni, ha messo in discussione tutti gli accordi. Vitiello ha rinunciato alla presidenza, condizione posta dai 5 stelle per votare Marattin alla Finanze. A Montecitorio alla fine tutte le presidenze sono andate ai candidati concordati dalla maggioranza, ma per ottenere il via libera a Marattin è stato deciso lo spostamento di 10 deputati M5s della commissione Finanze in altre differenti commissioni.

Dopo il caos, questa mattina è arrivata la lettera di dimissioni del pentastellato Donno: “L’esito delle votazioni per il rinnovo delle presidenze vede il M5s fortemente penalizzato. Ritengo che tale esito sia frutto del mancato coinvolgimento del gruppo parlamentare”, spiega Donno al capogruppo Davide Crippa. Le critiche arrivano anche da Yana Ehm, deputata M5s in commissione Esteri: “Quello che è andato in scena ieri qui alla Camera è inaudito, surreale, gravissimo e non ha proprio niente dei principi che contraddistinguono il Movimento 5 stelle”. Il riferimento è allo spostamento di 10 deputati M5s della commissione Finanze in altre differenti commissioni, al fine di ottenere il via libera sul nome di Marattin: “Cose mai viste (o forse sì, ai tempi di Renzi) ed in alcun modo accettabili!”, ha scritto Ehm su Facebook. Già ieri sera il gruppo del Movimento 5 stelle della commissione Esteri aveva espresso “all’unanimità il proprio dissenso sull’accordo politico raggiunto che prevede la cessione della presidenza della Commissione”. Un messaggio anche questo inviato al direttivo pentastellato di Montecitorio.

I malumori non riguardano solo i Cinquestelle. Dopo la protesta del ministro Roberto Speranza, da LeU arrivano anche le parole di Laforgia: “È un problema di rispetto degli accordi con un pezzo imprescindibile della maggioranza, quale noi siamo. C’è un tema di rispetto per la storia e la biografia di una persona come Grasso. C’è una questione che riguarda il merito e la valorizzazione delle competenze. Senza questi elementi, semplicemente non c’è classe dirigente”, ha scritto il senatore. Anche nel Pd, dove è riesplosa la concorrenza tra correnti, a lamentarsi in prima persona è il deputato Maurizio Martina: “Sulle nove presidenze espresse dal PD nel rinnovo delle commissioni parlamentari non c’è nessun lombardo e questo non va per nulla bene. E’ un tema politico che non si può sottovalutare“.

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mercoledì 29 luglio 2020

Giochi pericolosi in maggioranza sulle commissioni parlamentari. Al Senato sacrificato Grasso: bocciato alla Giustizia

In aula la maggioranza ha dimostrato compattezza su temi decisivi per il futuro del Paese come lo scostamento di bilancio da 25 miliardi e il piano nazionale delle riforme, con un risultato che raggiunge addirittura i livelli della prima fiducia ottenuta dall’esecutivo a settembre 2019. Ma quando si tratta di poltrone i partiti di governo sbandano. Oggi in Parlamento era previsto un altro appuntamento decisivo: cioè il rinnovo di metà legislatura delle presidenze delle Commissioni parlamentari. E l’accordo tra Pd, M5s, Leu e Italia Viva non regge alla prova del voto segreto. Di mezzo ci va anche l’ex procuratore nazionale antimafia ed ex presidente del Senato Piero Grasso. Per lui era stata destinata la guida della commissione Giustizia a Palazzo Madama, ma al momento della votazione l’ha spuntata l’avvocato leghista Andrea Ostellari, avvocato padovano, nominato due anni fa dalla maggioranza gialloverde.

Quella delle Commissioni è una partita delicatissima – che si intreccia con altri dossier sul tavolo dei giallorosa – e a lungo attesa dal governo. Chi siede a capo di una Commissione, infatti, può orientare i lavori, influire sul calendario e di fatto esercitare un potere politico determinante quando si creano divisioni. Le votazioni sono iniziate intorno alle 19, ma subito si è registrato il primo incidente di percorso: la maggioranza è andata ko in Senato sulla nomina in commissione Agricoltura. La Lega ha confermato la poltrona a Gianpaolo Vallardi, mentre è stato battuto il candidato dei partiti alleati, il M5s Pietro Lorefice. Vallardi ha avuto 12 voti, Lorefice 10, più una scheda bianca. Sulla carta, l’opposizione aveva soltanto 9 voti.

“Dopo Gianpaolo Vallardi, anche Andrea Ostellari confermato presidente di commissione. Con il voto segreto vengono premiati il buon lavoro e la competenza della Lega. La maggioranza è in frantumi, completamente saltato l’inciucio 5Stelle-Pd”, ha attaccato il leader del Carroccio Matteo Salvini. Ma in Parlamento le votazioni vanno avanti. Finora Pd, M5s, Leu e Iv si sono aggiudicati 12 presidenze su 14 a Palazzo Madama (ne restano da votare altrettante alla Camera). Come da accordi sono stati eletti il dem Dario Parrini alla prima commissione, il M5s Vito Petrocelli agli Esteri, Riccardo Nencini di Iv-Psi alla Cultura, Susy Matrisciano del M5s alla Lavoro, Wilma Moronese del M5s alla commissione Ambiente, mentre il pentastellato Daniele Pesco è stato confermato alla guida della commissione Bilancio. Alle Finanze di Palazzo Madama arriva invece Luciano D’Alfonso (senatore Pd, che ha ottenuto 4 voti in più), l’ex ministra Roberta Pinotti va alla Difesa e il senatore dem Dario Stefano alle Politiche Ue. Mauro Coltorti del M5S viene confermato alla guida della commissione Lavori Pubblici, mentre Gianni Pietro Girotto, sempre pentastellato, presiederà la commissione Industria. Alla senatrice di Italia Viva, Annamaria Parente, vien affidata la guida della commissione Igiene e Sanità.

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“Ti chiami Mammì, cosa ne vuoi sapere della montagna? L’avrai vista rovesciata in cartolina”: l’attacco della leghista al consigliere M5s

“Sono sconcertata dal fatto che il consigliere Mammì possa capire i problemi della montagna e possa conoscere realmente la montagna. L’avrà vista rovesciata in cartolina“. È l’attacco della consigliera della Lega, Simona Pedrazzi, rivolta in Consiglio regionale in Lombardia al collega del M5s, Gregorio Mammì. Secondo Pedrazzi, dunque, Mammì (di cui storpia il nome, chiamandolo “Consolato”) non sarebbe titolato a parlare di montagna (in questo caso, dell’ospedale Morelli di Sondalo, in Valtellina, di cui si stava discutendo in Aula). Il motivo? La provenienza del consigliere 5 stelle e l’origine del suo cognome, certamente non diffuso tra Morbegno e Livigno (Pedrazzi è della Valmalenco). “Ecco il vero volto della Lega”, ha commentato Mammì, “si travestono da nazionalisti ma poi vogliono ancora la secessione della Lombardia. La sua è stata un’uscita offensiva e discriminatoria. Attendo le sue scuse”.

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martedì 28 luglio 2020

Caso camici, 10 domande del Movimento 5 stelle a Fontana su conti svizzeri, trust alle Bahamas, appalto e bonifico al cognato

In attesa che la mozione di sfiducia a Fontana sostenuta da quasi tutti i partiti di opposizione (eccetto la renziana Baffi di Italia Viva) venga calendarizzata in Regione, il Movimento 5 stelle nazionale parte all’attacco del governatore lombardo sul caso dei camici che lo vede indagato per frode in pubbliche forniture. E lo fa su Facebook attraverso 10 domande indirizzate al piano più alto del Pirellone. Una sfilza di quesiti che toccano tutti i punti caldi dell’inchiesta, sollevati dai pentastellati alla luce delle dichiarazioni (e delle omissioni) rese da Fontana nel corso del suo intervento in Consiglio di ieri.

1 – “Perché la Regione Lombardia ha chiesto con affidamento diretto la fornitura di camici proprio alla società del cognato e della moglie di Attilio Fontana?”, si chiedono gli esponenti del Movimento. È il punto di partenza dell’inchiesta, svelata da Report e dal Fatto Quotidiano: a metà aprile la Dama Spa, società del cognato di Fontana Andrea Dini e di cui la moglie detiene il 10 per cento delle quote, ottiene senza gara dalla Regione una fornitura di camici e altro materiale medico da mezzo milione di euro. Un mese dopo quella fornitura è stata trasformata in “donazione” (anche se, riferisce il Corriere, la modifica del contratto non è mai stata registrata).

2 – “Perché Fontana avrebbe fatto un bonifico di 250mila euro al cognato se aveva dichiarato di non sapere nulla?”. Il riferimento è al 7 giugno scorso, quando il governatore dichiarò la sua totale “estraneità ai fatti” e di “non sapere nulla” della procedura tra Aria e Dama, salvo poi dichiarare ieri di aver disposto un bonifico (poi bloccato) nei confronti del cognato per “alleviare l’onere dell’operazione” a suo carico. Cioè per risarcirlo dopo avergli “chiesto” di non andare avanti con l’affare stipulato con la Centrale acquisti.

3 – “Perché Fontana, governatore di una regione italiana, possiede un conto in Svizzera, sul quale nel 2015 Fontana aveva fatto uno ‘scudo fiscale’ per 5,3 milioni detenuti fino ad allora da due ‘trust’ alle Bahamas?”. È il punto su cui Fontana non si è soffermato in aula, sostenendo che sono in corso gli accertamenti da parte della magistratura. Il conto era di proprietà della madre ed è passato a Fontana dopo la sua morte. Tutto dichiarato al Fisco nel 2016 (ma non ai cittadini di Varese che lo avevano eletto sindaco).

4 – “E proprio in merito ai paradisi fiscali, Fontana la pensa come il suo leader Matteo Salvini che nel 2015 tuonava sui social contro chi deteneva milioni sui conti in Svizzera mentre sembra aver cambiato opinione quando un’indagine coinvolge un leghista?”

5 – “Perché Fontana deteneva milioni di euro, frutto a quanto pare di un’eredità, depositati in paradisi fiscali?”. I soldi sono tuttora depositati in un conto svizzero presso la Ubs, ma gestito dalla milanese Unione fiduciaria e correttamente dichiarati all’Erario.

6 – “Fontana può spiegare se, quando si parla di questi milioni, si tratta di denaro nascosto e sottratto al fisco italiano?”. Su questo il governatore è intervenuto in un’intervista a Repubblica, dichiarando che sua madre era una “super-fifona” e che è i soldi sono i regolari “risparmi” dei suoi genitori. Lui stesso non sa perché “li portassero” fuori dall’Italia.

7 – “La Regione Lombardia ha stornato l’acquisto di camici in donazioni, come detto ovunque da Fontana e Salvini o, come riportato da alcuni organi di stampa, questo atto non è mai stato portato a termine?”. Stando a quanto riferito dal Corriere, Regione Lombardia non ha speso 1 euro per quei camici, ma la trasformazione della fornitura in “donazione” non è mai stata registrata. Versione sostanzialmente confermata anche dal legale del governatore, secondo cui “chi non ha rispettato il contratto è stato il cognato”.

8 – “Perché Fontana, davanti al Consiglio Regionale, ha taciuto sul trust alle Bahamas?”. Nel corso dell’intervento di ieri in aula il presidente leghista ha evitato di toccare l’argomento perché “la magistratura sta ipotizzando una diversa ricostruzione relativa al mio coinvolgimento”.

9 – “Perché Fontana ha cambiato versione da un giorno all’altro e ha mentito spudoratamente ai cittadini?”. L’accusa dei pentastellati parte dalle diverse versioni che il governatore avrebbe dato della vicenda tra il 7 giugno (data in cui il caso è esploso su tutti i media) e i giorni scorsi.

10 – “Perché Fontana non prende atto del suo fallimento e si dimette immediatamente liberando i cittadini lombardi e salvando la reputazione e l’immagine della Lombardia?”, chiosano i 5 stelle.

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lunedì 27 luglio 2020

Salvini rifiuta mascherina in Senato, Speranza: “Non dividiamoci su questo”. M5s: “Schiaffo a chi si è ammalato”. Pd: “Come Bolsonaro”

Mentre Matteo Salvini si rifiutava di indossare la mascherina al Senato, nel corso dell’evento “Covid-19 in Italia, tra informazione scienza e diritti” che riuniva filosofi, giornalisti, giuristi e medici tutti contrari alla proroga dello stato di emergenza per la pandemia, il ministro della Salute, Roberto Speranza, gli risponde indirettamente ricordando l’importanza delle protezioni personali. Intervenuto al webinar “Pandemia: le forme del politico”, il membro di Liberi e Uguali ha voluto ricordare che “indossare la mascherina resta una delle regole essenziali per contrastare la diffusione del coronavirus. Siamo fuori dalla tempesta ma non siamo ancora approdati in un porto sicuro. Non dividiamoci su questo“.

Più diretti, invece, gli attacchi del Pd al leader della Lega. “È lecito, legittimo, democratico, criticare il governo, per una misura adottata, o per una serie di misure adottate. C’è una cosa però che non è legittima ma solo pericolosa, ossia sminuire la gravità del virus che ci ha colpito, rifiutare di indossare la mascherina di protezione e tutte le regole di distanziamento che le autorità sanitarie ci hanno dato. In pratica quello che fa tutti i giorni Salvini, che oggi ad un convegno di negazionisti in Senato, di fronte alla richiesta di un funzionario, si è rifiutato di mettersi la mascherina. E dire che anche Trump è stato costretto a cambiare idea”, ha scritto su Facebook il capogruppo dei senatori Dem, Andrea Marcucci.

Anche la senatrice del Partito Democratico e sottosegretaria ai Rapporti con il Parlamento, Simona Malpezzi, ha definito il leader del Carroccio un politico “in pieno stile Bolsonaro e ormai a corto di argomenti”: “Per Salvini – ha dichiarato – gli italiani ormai sono immuni al virus. Il Covid è un problema solo se riguarda gli immigrati. In pieno stile Bolsonaro e ormai a corto di argomenti, decide di cavalcare le deliranti teorie negazioniste e complottiste dei gilet arancioni che lo rendono oggettivamente inadatto a guidare una grande democrazia liberale. Solo una persona irresponsabile e in malafede può pensare di risollevare i consensi fomentando la rabbia e dichiarando che indossare la mascherina rappresenti una violenza. Si tratta, invece, di una forma di protezione dei cittadini che salva vite umane. Ricordo a Salvini che in Italia sono morte 35 mila persone. Un Paese che ha bisogno di serietà, compostezza e unità, è costretto ad assistere a questo teatrino imbarazzante“.

Anche dal Movimento 5 Stelle arrivano accuse al capo della Lega. “Rifiutarsi di indossare la mascherina è l’atteggiamento più sbagliato e più irresponsabile da mettere in atto oggi. Che lo faccia un politico è vergognoso. Matteo Salvini ha scelto consciamente di dare un pessimo esempio – dice Elisa Pirro, capogruppo M5s in Commissione Igiene e Sanità del Senato – Ma dico di più, significa dare uno schiaffo in faccia a chi si è ammalato e a tutti gli operatori sanitari che ogni giorno lottano contro il Covid-19. Significa aver dimenticato gli ultimi, drammatici, sei mesi”.

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Caso camici, Toti e Zaia blindano Fontana: “Persona perbene, chiarirà”. M5s rilancia la sfiducia, ma Italia Viva lo assolve: “Non la firmiamo”

“Un discorso lungo e dettagliato” e “un approfondimento molto puntuale”. A difendere il governatore lombardo Attilio Fontana al termine del suo discorso in Consiglio regionale sul caso dei camici non è solo il centrodestra. Patrizia Baffi, consigliera in quota Italia Viva, lo assolve e annuncia di “non sottoscrivere la mozione di sfiducia al presidente proposta dal Movimento 5 stelle”. Un colpo di scena che spacca le opposizioni al Pirellone, ancora indecise sul da farsi. Il suo nome in realtà non è nuovo: nominata nel maggio scorso al vertice della Commissione d’inchiesta sulla gestione lombarda dell’emergenza Covid, era stata costretta a dimettersi da Pd e M5s per una sospetta vicinanza con il governatore. Oggi in aula non è intervenuta al dibattito e, stando a quanto riportato da alcuni giornalisti presenti al Pirellone, avrebbe disertato pure un incontro delle opposizioni organizzato proprio per coordinare le prossime azioni contro Fontana.

L’assoluzione di Italia Viva – Secondo Baffi, il presidente leghista ha fornito “precisazioni, anche sulle vicende che lo coinvolgono direttamente”, ma “avrebbe potuto e dovuto chiarire al Consiglio Regionale da subito”. A suo parere la mozione di sfiducia è “frutto di una elencazione di fatti ancora sommari e la cui analisi non può essere completa ed esaustiva: una analisi seria e le conseguenti valutazioni politiche su un’emergenza che è tutt’ora in corso, potremo farla solo quando avremo tutti gli elementi utili.” Da qui la decisione di non sottoscrivere la mozione. Il punto è che per depositarla servono 16 firme, ma il Movimento ha solo 13 consiglieri in Consiglio regionale. Il radicale Michele Usuelli ha già ufficializzato la sua adesione, ma sarà decisivo il ruolo del Partito democratico. “Stiamo valutando“, ha fatto sapere il capogruppo dei dem al Pirellone Fabio Pizzul. “Il rischio di una mozione immediata è che si ricompatti la maggioranza” causando il risultato opposto. A suo parere Fontana è comunque un “presidente debole e a fine corsa”. L’obiettivo “è quello di far cadere e mandare a casa questa giunta”, ma bisogna trovare lo strumento giusto per farlo. Tira dritto invece il capogruppo M5s Massimo De Rosa: “Abbiamo atteso due mesi di fughe e silenzi per ascoltare un’ora di vuota paternale. Siamo imbarazzati dall’incapacità di amministrare dimostrata anche oggi da questa Giunta, della quale chiederemo le dimissioni“.

Le reazioni del centrodestra al discorso di Fontana – Per il governatore della Liguria Giovanni Toti, invece, Fontana una “persona perbene” che saprà “chiarire tutto durante l’indagine penale”. Per il collega veneto Luca Zaia va preso atto che “la Regione Lombardia non ha pagato un camice”. Il governatore lombardo incassa quindi il supporto dei colleghi di centrodestra sulla vicenda che lo vede indagato per frode in pubbliche forniture. Una blindatura che si aggiunge a quella del leader leghista Matteo Salvini, secondo cui contro Fontana si è scagliata una “giustizia a orologeria”. “La Regione Lombardia ha sofferto tanto, è stata la Regione più investita dal covid, ovviamente c’è un doloroso strascico e non credo che serva aumentare le polemiche e i sospetti”, ha spiegato Toti, parlando di un “accanimento inutile” contro Fontana e “controproducente per tutti”. Della stessa idea è il presidente del Veneto Zaia, secondo cui è stato “fondamentale sentire dalla sua viva voce la spiegazione di quanto è accaduto”. Entrambi non entrano nel merito dei fatti che sono contestati a Fontana, come ad esempio il suo ruolo nella trasformazione da”fornitura” a “donazione” del contratto tra la Centrale acquisti lombarda e la Dama Spa. Nessuna parola anche sui conti correnti svizzeri da cui è partito il bonifico da 250mila euro che Fontana voleva erogare per “alleviare” gli oneri economici a carico del cognato. Un passaggio di denaro – bloccato dall’antiriciclaggio – che ha fatto venire alla luce un particolare su Fontana che non era noto: fino al 2015 il fondo era gestito da due trust alle Bahamas su volontà della madre, poi scudati grazie alla legge della voluntary disclosure. A tal proposito è intervenuto invece Salvini: “Il povero Fontana è accusato di aver ricevuto l’eredita dalla madre e la sua colpa è che era in Svizzera”, ha affermato il leader della Lega durante un convegno.

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Camici Lombardia, lite tra Corrao e il leghista Molinari su La7. “Fontana non ha pagato tasse”. “Usate covid per mettere mano su Regione”

Duro scontro a “L’aria che tira estate” (La7) tra l’europarlamentare del M5s, Ignazio Corrao, e il capogruppo della Lega alla Camera, Riccardo Molinari, sulla vicenda che ha coinvolto il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, indagato dalla Procura di Milano nell’ambito della fornitura di camici dall’azienda del cognato.
Il conduttore della trasmissione, Francesco Magnani, chiede al leghista se è opportuno che un politico abbia un conto scudato detenuto per oltre 10 anni in un paradiso fiscale. Molinari, ricordando che si tratta di una eredità della madre di Fontana, risponde: “Non è che essere benestanti o ricchi sia una colpa. Quindi, non è che possiamo imputare una colpa al presidente Fontana, che ha sempre vissuto del suo lavoro”.

Corrao insorge, chiedendo più volte: “Non ha pagato le tasse”.
Esplode la bagarre con Molinari che ribatte: “La tassa l’ha pagata. Se ha fatto la voluntary disclosure, vuol dire che ha pagato la tassa ai sensi della legge dello Stato”.
“Dopo 10 anni?”, incalza il politico pentastellato.
Molinari sbotta: “Io capisco che voi volete un Parlamento di gente senz’arte, né parte, come avete fatto. E questo ha portato il paese alla situazione in cui è”.

La polemica, nonostante l’intervento del conduttore, non accenna a placarsi e Molinari rincara contro Corrao: “L’inchiesta non è sui soldi della madre di Fontana, ma sui camici. Voi confondete la gente. Avete l’obiettivo politico di prendere in mano la Regione Lombardia che non vincereste mai coi voti, perché la Regione Lombardia è ben amministrata. E voi e tutto il sistema mediatico che vi appoggia volete sfruttare l’emergenza covid per mettere mano sulla Regione Lombardia. Vergognatevi”.

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domenica 26 luglio 2020

Villaggio Rousseau, dall’identità digitale all’acqua pubblica: il dibattito “Le idee ribelli”. Segui la diretta con Casaleggio e Di Battista

“Le idee ribelli. Disegnare il futuro con il coraggio dell’immaginazione”, è questo il titolo di uno degli ultimi panel della due giorni Le olimpiadi delle idee, organizzata dal Movimento 5 stelle e dal Villaggio Rousseau. “Le idee ribelli sono le idee che possono rendere straordinario il nostro Paese e che si ribellano alla quieta disperazione del non cambiare nulla. Le idee ribelli si compongono di due parole dove ribelle è l’aggettivo come: Identità Digitale, Acqua Pubblica o Reddito Energetico”, si legge nella spiegazione dell’evento. A partecipare al dibattito anche Davide Casaleggio e Alessandro Di Battista. Segui la diretta.

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sabato 25 luglio 2020

Smartworking, Appendino: “Durante pandemia non era lavoro agile, era l’unico modo per lavorare. Ma dobbiamo continuare a investirci”

Smartworking? Sono radicale, secondo me quello vissuto durante la pandemia non era smartworking, ma l‘unico modo di lavorare“, così la sindaca di Torino, Chiara Appendino, durante uno dei panel previsti dalla due giorni “Le olimpiadi delle idee”, iniziativa online organizzata dall’associazione Rousseau e dal Movimento 5 stelle. “Dal punto di vista della conciliazione con la famiglia, ha caricato di più le donne – ha specificato – ma dobbiamo continuare a investirci“. Spiegando le iniziative che sta mettendo in piedi l’amministrazione del capoluogo piemontese, la sindaca ha concluso: “Bisogna comunque accompagnare questo percorso a infrastrutture tecnologiche e strumenti di tutela del lavoro, altrimenti diventa complesso per il lavoratore stesso”.

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venerdì 24 luglio 2020

Grandi opere, la sostenibilità ambientale cede il passo (ancora una volta) al cemento

Nel programma originale del Movimento 5 Stelle il tema trasporti è stato declinato essenzialmente in termini di sostenibilità ambientale, e inizialmente questo aspetto era certo in opposizione alle Grandi Opere berlusconiane, viste come ambientalmente aggressive. Non era favorevole a priori al trasporto ferroviario: la grande opera-simbolo era una ferrovia, la Torino-Lione. C’è anche un ruolo importante assegnato alla democrazia partecipata, cioè alle proteste locali.

Questo disinteresse per gli aspetti funzionali del settore a favore di quelli socio-ambientali era coerente con la vicinanza a slogan di “decrescita felice” del filosofo francese Latouche, e ad atteggiamenti sostanzialmente no-global e di conseguenza antieuropeisti (cfr. la corrente di Di Battista). L’accesso al primo governo Conte, con uno straordinario successo elettorale alle elezioni politiche del 2018 (33%), ha ovviamente confermato queste scelte, che si sono tradotte in un programma di razionalizzazione delle politiche infrastrutturali, riferibile alle analisi costi-benefici (Acb) come strumento di supporto alle decisioni, promosso dal ministro Toninelli.

Di fatto era la continuità di quanto “promesso” dal precedente ministro Delrio, ma poi clamorosamente disatteso dalla scelta di definire “strategiche”, cioè non da analizzare in alcun modo, opere per 133 miliardi, cioè praticamente tutte. Tuttavia i sondaggi mostravano già nell’autunno dello stesso 2018 un calo di consensi al Movimento, che all’inizio del 2019 era sceso al 26%.

Questo fatto apparentemente cambiò la linea politica del M5S su questo tema, già dalla fine del 2018. “Apparentemente”, si è detto, perché non vi fu alcuna esplicitazione politica del cambio, il cui modo fu del tutto opaco. Infatti già alla fine del 2018 i risultati negativi della Acb sulla linea Av Milano-Genova, pur in precedenza fortemente osteggiata dai 5S, furono capovolti nella presentazione politica, in cui si dichiarò che erano da considerarsi (contro ogni evidenza) positivi. Identica sorte toccò poi alla linea Av Brescia-Padova. Rimase il “no” solo al “progetto-bandiera”, cioè non furono alterati i risultati della linea Torino-Lione (detta Tav).

Il consenso tuttavia continuò a scendere, arrivando a marzo al 21%, senza che i 5S stabilissero un nesso tra il mutamento di rotta sulle Grandi Opere e questo andamento. C’è solo da supporre che la dominanza del consenso ai 5S nel Mezzogiorno, da sempre non ostile per cultura alle opere pubbliche e meno all’ambiente, contribuì al “salto”. Certo contribuì anche la disinformazione sistematica dei media, pronti ad evidenziare i benefici delle opere (che riguardano stakeholders vocali), e mai i costi (che riguardano la totalità dei contribuenti).

Questo si concretizzò drammaticamente il 28 marzo 2019. Il ministro, in quella fatidica data, dichiarò ai tecnici incaricati delle Acb: “da oggi politicamente non posso dire di no più a nulla”. Quei tecnici furono sostanzialmente esautorati, essendo chiaro che non avrebbero certo detto dei “sì politici”. Sembra evidente che i 5S inseguivano la Lega, che cresceva rapidamente in consensi, promettendo opere (cioè soldi pubblici) a tutti.

Ma la perdita di consensi non si è arrestata comunque, e si è arrivati vicini al 16%. Non è certo che il cambio di rotta abbia contribuito alla discesa: certo non ha contribuito ad arrestarla. “Perseverare diabolicum”? No, il Movimento pare anzi essersi convinto della bontà delle sue scelte, aumentando la direzione pro-grandi opere, soprattutto al Sud, propria base elettorale.

Prima ci sono state le affermazioni programmatiche di Conte “L’Alta Velocità al Sud”, ribadite dal Piano Colao e mai corredate da un numero, nemmeno sui costi previsti. Se prese alla lettera, si tratta di costi enormi (per un’utenza prevedibile molto ridotta), e totalmente a carico delle casse pubbliche. Poi il ministero dei Trasporti si è accodato con il documento Italia Veloce, ma in modo molto vago e aperto a ogni soluzione (forse lì qualcuno ai numeri ha dato un occhio…).

Infine però il decreto Semplificazioni ha tolto ogni dubbio: i 5S, con Renzi, tutta la destra, e ovviamente Confindustria, si sono battuti contro il Pd per usare al massimo il “modello Genova” che riduce o annulla le gare ad ogni livello, fino a sostituirle con affidamenti “a rotazione” (agli amici). Più grandi opere e meno concorrenza per i costruttori. Il “partito del cemento” ha evidentemente acquisito un nuovo, convinto campione. Ora non c’è che da sperare che dall’Europa arrivino severi vincoli sull’efficienza della spesa.

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Mes, il pressing sul prestito. Gentiloni: “Vantaggioso per l’Italia, ma non decide Bruxelles”. Crimi: “Parlarne ora è fuori tempo”

Da un lato Repubblica che in un titolo attribuisce a Paolo Gentiloni la frase “l’Italia prenda il Mes“. Anche se nell’intervista il commissario europeo non lo dice mai e anzi chiarisce che “la decisione ovviamente non si prende a Bruxelles“. Dall’altro Il Sole 24 Ore che apre con una frase attribuita al ministro Roberto Gualtieri: senza Mes tensioni di cassa. Ma in questo caso non ci sono le virgolette perché si tratta di un retroscena, una ricostruzione del giornale. Il giorno dopo il voto al Parlamento europeo sul Recovery Fund, riparte il coro dei quotidiani che spingono perché il governo chieda i 36 miliardi che potrebbero essere forniti dalla nuova linea di credito del fondo salva Stati.

La divisione nel governo – Come è noto, i partner di maggioranza su quello strumento la pensano diversamente: il Pd è favorevole e il segretario Nicola Zingaretti, dopo averlo ripetuto a più riprese negli ultimi mesi, lo ha ribadito anche ieri, dopo l’accordo tra i leader europei sul Recovery fund. A favore anche Italia viva e il ministro della Salute Roberto Speranza, di Leu. Il Movimento 5 Stelle invece resta contrario, ritiene che sia inutile e resta diffidente sulle condizionalità, anche se la nuova linea di credito pandemica sulla carta non ne prevede. La spaccatura è riemersa ieri, nel voto su un emendamento sostenuto da Lega-Fdi e M5s che chiedeva di “respingere un utilizzo del Mes finalizzato a stimolare l’economia in seguito alla crisi della Covid-19“. Emendamento bocciato con i voti degli eurodeputati del Pd, Azione, Italia Viva e Forza Italia.

Gentiloni: “Conveniente, ma non decide Bruxelles” – Ora nel dibattito sembra entrare a gamba tesa Gentiloni, che però nel testo dell’intervista si limita a ricordare che le erogazioni del Recovery richiedono prima la ratifica dei Parlamenti nazionali e l’approvazione dei Piani di riforme dei singoli paesi, per cui “inizieranno nella seconda parte del 2021 ad eccezione di un 10% che verrà anticipato con l’approvazione del Piano”. Ma, aggiunge, “il pacchetto è composto da 390 miliardi del Recovery di aiuti a fondo perso, 360 miliardi di prestiti sempre del Recovery e poi dai crediti agevolati del Mes e di Sure, rispettivamente fino a 240 e 100 miliardi. In tutto 700 miliardi di prestiti. Se c’è un Paese in Europa che può trarre vantaggio da questi prestiti è l’Italia e all’interno di questo pacchetto uno strumento è già disponibile, ovvero il Mes”. Poi il commissario agli Affari economici, alla domanda se “consiglierebbe al governo di accedere ai 36 miliardi”, risponde: “Abbiamo eliminato dalle sue linee di credito le vecchie condizionalità macroeconomiche e ora è chiaramente vantaggioso per un Paese con i tassi di interesse come quelli italiani. Ma la decisione ovviamente non si prende a Bruxelles“.

Il retroscena: per Gualtieri il Mes indispensabile “per evitare problemi di liquidità” – Il Sole invece, in un retroscena, scrive che il ministro dell’Economia ha spiegato mercoledì sera ai capidelegazione di maggioranza – riuniti prima del cdm che ha dato via libera al nuovo scostamento di bilancio da 25 miliardi – che il Mes sarebbe cruciale “per evitare problemi alle casse dello Stato“. La prima reazione arriva dalla Lega, con Matteo Salvini che parla di “un pessimo segnale per i mercati e un’assurdità dopo i successi delle ultime aste dei Btp. Anziché gli italiani, il Pd tutela gli interessi della Troika“.

Crimi: “Parlare ora del Mes è fuori tempo” – Intanto dall’Italia Vito Crimi, capo politico del M5S, a Radio anch’io su Rai Radio 1 ribadisce che secondo lui “parlare ora è del Mes è fuori tempo, i soldi per la sanità ci sono, abbiamo messo in campo 85 miliardi dopo lo scostamento, usiamo quelli”. “Sul Mes – aggiunge – sarebbe un dibattito asincrono“. Per Crimi “la preoccupazione deve essere quella di come mettere a terra gli stanziamenti e gli investimenti già in campo“. Il capo del M5S ricorda come “prima ancora di cercare nuovi fondi dobbiamo lavorare per come investire le risorse già disponibili”.

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giovedì 23 luglio 2020

Ue, Castaldo (M5S): “Bene l’accordo ma con un’Europa diversa avremmo molto più di 750 miliardi. Ora revisione dei trattati”

“L’estenuante maratona del Consiglio ha partorito un accordo che supera lo scoglio del domani, ma l’orizzonte del futuro è ancora lontano. Era imperativo decidere e si è deciso: abbiamo salvato l’ammontare del Next Generation Eu, 750 miliardi per superare gli errori dell’austerità, e da italiano ringrazio di vero cuore il nostro premier Conte per aver ribattuto con tenacia e coraggio ai mercanteggiamenti al ribasso dei frugali”. Così Fabio Massimo Castaldo, europarlamentare del M5S e vicepresidente del Parlamento europeo durante il suo intervento in aula.

“Ma da europeo vi dico che se fosse stato il Parlamento europeo a decidere, e non un anacronistico organo intergovernativo ostaggio di ricatti elettorali, oggi noi avremmo molto più di 750 miliardi, i programmi che costruiranno l’Europa del domani, Horizon Europe, EU4Health ed Erasmus+ non sarebbero stati mutilati, avremmo web, carbon e Tobin tax già dal 2021, e i leader del 10% dei cittadini europei più ricchi non avrebbero mai potuto prevaricare il restante 90% rimpolpando l’odioso privilegio dei rebates – prosegue -. Ecco perché la Conferenza sul futuro dell’Europa deve portare a una revisione dei trattati: con il Consiglio all’unanimità possono vincere un pò tutti, ma non può vincere l’Europa”.

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mercoledì 22 luglio 2020

Regionali, in Puglia il Pd lavora all’accordo col M5s su Emiliano: “Programmi sovrapponibili”. Ma la grillina Laricchia (con Lezzi) resiste

Tutto il Pd da un lato, il Movimento 5 stelle in ordine sparso con un pezzo che spinge per l’accordo e i big pugliesi pronti alle barricate pur di non piegarsi a Michele Emiliano. “Ancora due, tre giorni e tutto sarà più chiaro”, dicono a mezza voce esponenti di entrambi gli schieramenti. L’accordo tra dem e pentastellati per una corsa mano nella mano alle Regionali in Puglia è definito “decisivo” dai pontieri, perché probabile confine tra una vittoria schiacciante del centrodestra e una tenuta delle forze di governo nella tornata elettorale di settembre. Vincere tra Foggia e Lecce vorrebbe dire irrobustire Giuseppe Conte, schivando da un lato l’onda d’urto della Lega e dall’altro le tentazioni di strappo di Matteo Renzi.

Di certo la desistenza della candidata M5s Antonella Laricchia passa per Roma. Il messaggio del governatore uscente e vittorioso alle primarie è stato chiarissimo già la scorsa settimana: “Ci vuole rispetto, delicatezza e soprattutto dare agli attori di queste battaglie, Antonella Laricchia e la senatrice Barbara Lezzi, la giusta importanza per la maturazione anche della mia parte politica”. Non ha scelto due nomi a caso, perché sono proprio le due alfiere in prima linea del no all’accordo, sul quale, si racconta, lavorano invece il capo politico Vito Crimi e silenziosamente anche il ministro degli Esteri Luigi Di Maio. L’appoggio di Barbara Lezzi, seppur significativo, da solo non può bastare a far dormire sonni tranquilli a Laricchia: l’ex ministra, silurata nel governo giallorosso, è molto vicina ad Alessandro Di Battista e, negli ultimi tempi sempre di più, su posizioni critiche non sempre gradite ai vertici.

Fronte Pd a tessere la tela sono il sindaco di Bari Antonio Decaro e il ministro degli Affari Regionali Francesco Boccia, entrambi vicini a Emiliano. Cristallini i loro messaggi: “C’è tempo per un accordo. L’intesa deve arrivare dal territorio. Io spero possa accadere anche perché i programmi del Pd e del Movimento sono sovrapponibili”. Mentre per Boccia deve proseguire “l’unità delle forze politiche che hanno la stessa idea di società, la stessa idea di sviluppo sostenibile, di transizione energetica” e “chi si sottrarrà all’alleanza darà un vantaggio alla destra sovranista”. Insomma: “Chi non sostiene Emiliano aiuta Fitto”.

“Qui, in questa campagna elettorale, c’è una sola novità, e siamo noi. I pugliesi hanno di fronte una scelta: ed è la scelta tra il passato remoto e il nuovo”, tiene il punto Laricchia, alla seconda candidatura contro Emiliano, in un’intervista a Il Foglio, aggiungendo di rispettare “il ruolo di garanzia di Conte” quindi “è corretto che lui resti fuori”. Quanto al ‘grillismo’ di Emiliano, dice: “Se fosse stato grillino avrebbe dovuto accettare le nostre proposte in questi anni. Lui a noi ha offerto solo poltrone in cambio del silenzio”, è la stroncatura della candidata M5s che negli scorsi giorni, rilanciata da Lezzi, aveva definito il Pd “ossessionato” da un’alleanza elettorale, chiesta con “insistenza e in maniera oscura“, che sarebbe “utile solo a loro”.

“La partita si gioca a Roma”, ripetono in coro dem e pentastellati di rango nazionale. Come dimostra l’interesse di Conte, rilanciato da diversi retroscena. Del resto il premier aveva già aperto a un’alleanza stabile anche nei territori e, da pugliese, è interessato alla sfida tra Raffaele Fitto ed Emiliano, che ha 15 liste a supporto ma paga la defezione di Italia Viva, Azione e +Europa che sosterranno Ivan Scalfarotto e attaccano più il governatore uscente che il candidato di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia. Voti che sfuggiranno e rischiano di marcare il confine tra il successo e il ritorno della Puglia a quel Fitto che venne sconfitto da Nichi Vendola nel 2005, anno della “primavera pugliese”.

I renziani si dicono sicuri di superare lo sbarramento del 4% per le liste che si presentano in una coalizione che raccoglie l’8. Soglia, quest’ultima, che sarebbe fatidica anche per il M5s se decidesse di correre da solo, ma che si dimezzerebbe in caso di supporto ad Emiliano. Cinque anni fa, prima delle giravolte su Tap e Ilva, con il centrodestra a brandelli ed il governatore supportato da 8 liste, Laricchia raccolse il 18 per cento. “Siamo sicuri che da soli riuscirebbero ad arrivare all’8 e invece l’alleanza non sia l’unico modo per garantirsi l’accesso in Consiglio regionale?”, maligna chi spinge per l’accordo che seguirebbe la breccia aperta in Liguria con la scelta di Ferruccio Sansa e i ‘lavori in corso’ nelle Marche.

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Salvini al M5s: “Volete legalizzare e spacciare droga”. Proteste dalla maggioranza, Casellati lo difende: “Deve poter dire ciò che vuole”

Tensione in Aula al Senato durante l’intervento del segretario leghista Matteo Salvini, dopo l’informativa del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, sul Recovery fund. “Dovete rilanciare l’agricoltura, salumi, formaggi, pesce italiano perché questi prodotti stanno soffrendo. Agricoltura, preciso, non le canne. Lo preciso perché i 5 Stelle vogliono legalizzare e spacciare droga per conto dello Stato”, è stata la provocazione del senatore del Carroccio. Parole che hanno scatenato le proteste della maggioranza, dai banchi di M5s, Pd e LeU su tutti. Ma in soccorso di Salvini è arrivata la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati: “Non sopporto interruzioni, ognuno deve poter dire quello che vuole”. E ancora: “Siamo in un Parlamento libero, invito tutti al rispetto. Prego Salvini, parli con me…”, ha concluso, tra le vibranti proteste della maggioranza.

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Sondaggi, flessione per Lega e Dem. M5s e Forza Italia in crescita. Conte primo leader. Elettori chiedono alleanza Pd-5s alle Regionali

Movimento 5 Stelle, Forza Italia e Azione salgono nei consensi, mentre calano Pd e Lega che rimangono, comunque, a meno di due punti di distanza. L’ultimo sondaggio dell’Istituto Ixè per Cartabianca conferma la diminuzione del margine di consensi tra le due principali forze politiche e gli altri partiti, con gli elettori che continuano a sostenere la premiership di Giuseppe Conte e l’alleanza Pd-M5s al governo.

Nell’indagine condotta nell’ultima settimana, la Lega mostra una leggera flessione (-0,2%) rispetto all’ultimo sondaggio Ixè, attestandosi al 23,7%. Situazione simile a quella del Partito Democratico, anch’esso in discesa di 0,2 punti percentuali al 21,8%. È invece il Movimento 5 Stelle a far registrare un’inversione di marcia, dopo mesi di costante flessione, tornando a guadagnare lo 0,4% e risalendo al 15,8%. Piccolo recupero anche di Fratelli d’Italia (+0,1%) che frena così la perdita di consensi iniziata a inizio giugno, fermandosi al 13,9%.

Il balzo in avanti più importante lo fa registrare Forza Italia che dal 7,2% dell’ultimo sondaggio passa al 7,9% (+0,7%). Tra i partiti più piccoli si evidenzia una crescita per Azione che con un +0,5% sale al 2,1%.

Per quanto riguarda i leader, pur non risentendo ancora del risultato ottenuto nella quattro giorni di Bruxelles per le trattative sul Recovery Fund, Conte continua a rafforzare la propria leadership guadagnando un altro punto percentuale, ottenendo il 56% dei consensi degli intervistati. Al secondo posto ancora il governatore leghista del Veneto, Luca Zaia, che pur perdendo 2 punti percentuali è apprezzato dal 44% del campione. Dietro seguono Giorgia Meloni (31%), Matteo Salvini (30%) e Nicola Zingaretti (26%), tutti stabili. Chi guadagna un punto sono invece Luigi Di Maio e Silvio Berlusconi, che passano al 22%.

Sul tema della possibile replica di un’alleanza Pd-M5s anche alle prossime elezioni regionali, la maggior parte del campione intervistato dice di auspicare un accordo tra le due forze, sulla falsa riga di quello raggiunto a livello nazionale. Ne sono fortemente convinti gli elettori Dem (75% a favore di un’alleanza), mentre il sostegno è più tiepido tra quelli pentastellati (55% a favore).

Infine, in queste settimane sta aumentando la preoccupazione degli italiani per la prevista risalita dei contagi dell’autunno. Il 40% si dice molto spaventato. Una quota analoga, invece, si sente rassicurato dalla capacità di reazione messa a punto in questi mesi.

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martedì 21 luglio 2020

Casaleggio: “Rousseau ha perso centralità nel M5s? Falso, i numeri sono sempre in crescita e la partecipazione degli iscritti molto intensa”

Nessuna “perdita di centralità” della piattaforma Rousseau, lo strumento per la partecipazione in rete degli iscritti al Movimento 5 stelle, ma anzi “numeri sempre in crescita”. A dirlo, difendendola, Davide Casaleggio, nel corso della presentazione online del Villaggio Rousseau previsto per il 25-26 luglio a Milano con la partecipazione, tra gli altri, di Vito Crimi e Luigi Di Maio. “Se si è pesa la centralità di Rousseau nel M5s anche per il calo degli iscritti? – ha detto Casaleggio rispondendo a una domanda – Questo penso sia facilmente smentibile, basta andare a guardare sull’homepage di Rousseau dove i numeri sono aggiornati quotidianamente”. Casaleggio ha quindi citato la votazione in rete di settembre scorso: “Dal punto di vista della partecipazione abbiamo fatto recentemente, lo scorso settembre, il record mondiale per una sola votazione. La partecipazione degli iscritti è sempre molto intensa”, ha spiegato Casaleggio. Nel corso della presentazione via web dell’evento, Casaleggio insieme al responsabile editoriale dell’associazione Rousseau Pietro Dettori – ha fatto gli auguri a Beppe Grillo. Il fondatore del M5S oggi compie infatti 72 anni.

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lunedì 20 luglio 2020

Coronavirus, Sportiello (M5S) si commuove in Aula: “Giornata vittime necessaria contro il negazionismo”

Durante in dibattito alla Camera dei deputati per l’istituzione della Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’epidemia da Coronavirus, la deputata del Movimento 5 stelle, Gilda Sportiello, prende la parola e si commuove. A stento trattiene le lacrime durante il suo intervento: “È necessaria una giornata della memoria per ricordare cosa è accaduto, è necessario contro il negazionismo, perché è una ferita ancora aperta, è necessario per ricordarci su quali pilastri deve fondarsi il nostro Stato”.

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venerdì 17 luglio 2020

Giulio Regeni s’era illuso di poter conoscere il mondo. Ma il mondo appartiene alla Ragion di Stato

“Di Maio gela la famiglia Regeni: L’ambasciatore rimarrà al Cairo”. Leggo questa frase lapidaria sul giornale. Il ministro aggiunge anche che l’Italia continuerà a vendere armi all’Egitto perché se non lo facciamo noi “ci sono altri Paesi che sono pronti a fare lo stesso”, dice. E dunque e meglio che ci guadagniamo noi italiani invece degli altri.

Così mi viene in mente una frase dei genitori di Giulio. “Abbiamo visto tutto il male del mondo sul suo corpo. Ma tutto il male del mondo è anche quello che è attorno a Giulio: omertà, paura, intrighi, depistaggi”. Sta scritto nella quarta di copertina di Giulio fa cose, il libro scritto da loro insieme ad Alessandra Ballerini, l’avvocato. All’interno è pieno di storie di quel ragazzo cresciuto in una famiglia che amava viaggiare. “Ci piace viaggiare perché ci piace guardare, scoprire” scrivono. E poi, poche righe dopo, “ci piace scoprire la storia di chi è arrivato prima di noi”. E bastano queste poche parole per segnare la differenza tra l’idea che abbiamo del nostro presente e ciò che esso è veramente.

Ci sentiamo al centro del mondo. Abbiamo imparato a conoscere il mondo sui giornali cercando le interpretazioni che ci sembravano più corrette. Quando ero ragazzino mi ricordo di certi adulti che dicevano “leggo l’Unità, ma anche il Corriere, Repubblica e il Messaggero… perché la verità viene fuori nel confronto tra le fonti”. Sì, i più intelligenti avevano tre o quattro giornali sotto il braccio. Poi il confronto hanno cominciato a farlo tra i tg. Tutti sapevano che il primo canale era democristiano, il secondo socialista e il terzo del Pci. Lo chiamavano “Tele Kabul” quando c’era Sandro Curzi.

Qualcuno sentiva le radio. Ma quando ero ragazzo stavano già diventando tutte ugualmente inutili. Canzonette che si piazzano nel rumore di fondo. Radio 3 era per i cervelloni, bisognava concentrarsi. Gli altri canali Rai erano interessanti a singhiozzo. Poi c’erano le radio nate coi movimenti. A Roma c’era Radio Onda Rossa. E c’è ancora. In altre città si sentiva Radio Popolare, Radio Onda D’Urto… ma lentamente i giovani si sono spostati nella rete.

A un certo punto è comparso Beppe Grillo. Anzi: è ri-comparso. Dopo tanti anni di televisione padronale, di comicità intelligente ma completamente apolitica, di quella che lo portava nei salotti democristiani… rieccolo trasformato in una specie di rivoluzionario. Non è mai veramente scomparso dalla televisione, ma non faceva che ripeterlo. Andava in televisione a dire che la televisione non lo voleva. E poi ha cominciato a fare politica.

All’inizio io pensavo che voleva dare spazio alle liste civiche, ai comitati di base. Poi i suoi attivisti sono diventati un partito. Loro lo chiamavano “movimento”, ma senza dare un giudizio negativo era semplicemente quello che dice l’art. 49, cioè: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.

I 5 stelle volevano raccontare tutto in diretta streaming. E se non era possibile: gli attivisti riprendevano in video, poi ce lo mostravano in rete. Anche quando dovevano parlare col Pd mi ricordo che volevano che ogni singola parola fosse ascoltata in diretta dai loro elettori. Fu una diretta un po’ triste, ma sembrava che avesse senso. Si incontravano loro, ma ci stavamo anche noi da casa. Non ci nascondevano nulla.

Hanno preso una valanga di voti e lo streaming è scomparso. Grillo s’è fatto un blog a parte e Gianroberto Casaleggio è mancato nel 2016; suo figlio Davide non s’è più visto né sentito. Incontra i suoi ministri, gestisce copyright, ha in mano tutto, ma se Grillo era il sinonimo dello streaming, lui è il preciso contrario.

E l’informazione che fine ha fatto? Quegli adulti di quaranta anni fa che leggevano quattro giornali dove stanno? E quelli che facevano la tara ascoltando tre telegiornali? Oggi la maggior parte delle persone si informa con Facebook. Sta col telefono in mano quando monta sull’autobus, quando mangia, appena si sveglia, poco prima di addormentarsi. Tiene una finestra sempre aperta quando lavora al tablet o al computer. Le notizie scorrono rapidamente, ogni tanto apre un link e quasi non si accorge di aver aperto un sito fascista, la pagina del giornale di qualche padrone, Agnelli o la Confindustria… eccetera.

E poi la democrazia della rete ci ha regalato la possibilità di commentare. Molto spesso si ha l’impressione che nessuno legga più nulla, ma tutti scrivono a rotta di collo. Io mi trovo a scrivere spesso “mi scusi, ma lei non ha letto l’articolo che sta commentando” e gli faccio un riassunto. Lo faccio perché alle volte mi capita che un commentatore astioso si trasformi in uno che ha davvero voglia di confrontarsi.

Ovviamente ci sono ancora quelli che non commentano. Che leggono per capire e non sentono alcun bisogno di mescolare la loro voce nel trambusto della rete. Leggono per capire e basta. Come quegli adulti che compravano quattro giornali e non si sognavano di intavolare una discussione con Giorgio Bocca o con Pasolini. Leggevano per capire. Come la famiglia Regeni che viaggiava per “scoprire la storia di chi è arrivato prima di noi”.

Così mi immagino Paola Deffendi e Claudio Regeni, genitori di Giulio. Me li immagino davanti alle dichiarazioni di Luigi Di Maio. Il ministro dice che farà di tutto per avere giustizia, ma le relazioni diplomatiche devono restare cordiali e l’ambasciatore può stare al suo posto. E per quanto riguarda la vendita di armi a quel paese poco democratico: è una bazzecola. Non importa che produrre e vendere armi sia già di per sé una gran porcata. Ma l’Italia può continuare a venderle anche ad un paese che tortura le persone senza risponderne davanti all’umanità. E tra i torturati c’è stato anche uno studente italiano.

Io cerco di immaginare il senso di impotenza della famiglia Regeni davanti al ministro Di Maio, rappresentante di un’entità politica che doveva essere trasparente, raccontare tutto, parola per parola di qualsiasi incontro. E invece ha chiuso ogni spiraglio per gli stessi motivi che hanno blindato i partiti politici di ogni tempo e luogo. Chiusi come la Dc sulle storie di mafia e complotti con gli Usa. Chiusi come la Lega con i suoi affari di milioni di euro da pagare in comode rate per i prossimi secoli. Chiusi come i socialisti con le loro bustarelle. Chiusi come il Pci e il fetore di morte che emanava lo stalinismo.

Io cerco di immaginare il senso di impotenza di persone che partivano alla scoperta del mondo. Il nonno e il padre di Giulio arrivarono in Australia per lavoro. E non si sono più fermati. Giulio aveva frequentato il Collegio del Mondo Unito, parlava sei lingue e stava imparando la settima. E parlava tanto anche in dialetto.

Era padrone del mondo. Pensava di esserlo. Padrone di un mondo pulito dove le persone imparano a parlare tante lingue per potersi spiegare meglio, per potersi conoscere. La maestra di Giulio s’era anche lamentata coi genitori perché aveva “letto tutto quello che c’è nella biblioteca della scuola”. Era un problema. E i genitori glielo dissero. “Giulio perché sai tante cose? La maestra dice che ne sai troppe”.

Io cerco di immaginare la rabbia dei Regeni davanti alla politica. Alla solita politica. Sempre uguale. Sempre ugualmente chiusa. La politica che fa i propri affari, gestisce soldi e potere, ma nessuno deve sapere. Giulio è morto per questo. Sapeva troppe cose. S’era illuso di poter conoscere il mondo pensando che appartenesse anche un po’ a lui.

E invece no. Il mondo non ci appartiene. Il mondo è dei Conte e dei Di Maio come un tempo era dei Craxi e degli Andreotti. Come era stato di Togliatti e De Gasperi, di Mussolini e di Vittorio Emanuele. E quelli che pensano di poterlo conoscere perché lo leggono sul blog di Grillo o sui quattro giornali che si compravano 40 anni fa sono poveri illusi.

Certe volte girano il mondo e, tornando a casa, trovano un paese che li aspetta e chiede “E allora, questa volta cosa vi è successo”… proprio come succedeva ai Regeni. Altre volte vanno a sbattere contro gli interessi economici, contro la ragion di Stato. E si fanno male. Tanto male. Male da morire… proprio come è successo ai Regeni.

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Regionali Liguria, Grillo conferma l’appoggio alla candidatura a governatore di Ferruccio Sansa: la telefonata con Crimi e Di Maio

Una telefonata di Beppe Grillo al capo politico Vito Crimi e al ministro degli Esteri Luigi Di Maio per confermare l’appoggio alla candidatura di Ferruccio Sansa alla guida della Regione Liguria. Così il garante del M5s ha chiuso i retroscena avanzati da Repubblica circa uno “stop” alla scelta, in tandem con il Pd, del giornalista del Fatto Quotidiano come sfidante di Giovanni Toti. In mattinata era stato già Crimi a confermare che sul sostegno “non c’è alcun dubbio da parte di nessuno nel Movimento” liquidando l’ipotetico tandem Grillo-Di Maio per frenare l’accordo con i dem sul suo nome.

Una chiamata, quella riportata da Repubblica, che mal si concilia con il “mi piace” che, sempre giovedì, l’ex-capo politico del Movimento ha accordato con il suo profilo personale a un post del parlamentare M5s Francesco Silvestri con il quale rilanciava la candidatura di Sansa. Mentre Grillo, vicino di casa di Sansa, approfitta della circostanza per fare del sarcasmo caricando sul suo blog il “listino prezzi” per “interviste e foto per l’anno in corso e per il 2021”, tarda ad arrivare una smentita ufficiale del ministro degli Esteri.

Certamente non mancano pretesti per giustificare motivi di attrito personale, risalenti alle critiche non risparmiate da Sansa al Movimento nell’ambito del suo lavoro giornalistico su Fatto Quotidiano, in particolare in occasione della vicenda Cassimatis. Vicenda che per altro coinvolse anche l’attuale portavoce grillino in Comune, Luca Pirondini, che dal canto suo risponde chiaramente sulla polemica circa l’opportunità di candidare una figura ‘realmente’ indipendente: “Certo, Sansa ha scritto male del M5S come del Pd. Avrà sicuramente scritto cose giuste oppure sbagliate, ma non siamo noi quelli che difendono la stampa libera?”.

I dubbi sull’opportunità di candidare un giornalista che in questi anni non ha lesinato critiche (anche) ai principali azionisti dello schieramento che lo sostiene non rappresentano certo una novità di oggi, ma rappresentano esattamente l’elemento che ha fatto propendere verso la sua candidatura per lanciare un segnale di cambiamento e tentare di prediligere i contenuti programmatici alle dinamiche di partito: “Ferruccio Sansa è il candidato alla presidenza della Regione Liguria di tutto il Movimento 5 Stelle. La sua scelta è frutto di una lunga riflessione interna e di un grande confronto – ha ribadito in questa direzione il sottosegretario ai Trasporti Roberto Traversi – Abbiamo la massima fiducia in lui e con lui, uniti, siamo sicuri di poter vincere”.

Intanto, sempre nella giornata di giovedì, Toti ha voluto strizzare l’occhio all’ala di Italia Viva più vicina alla destra offrendo le sue “condoglianze” al centrosinistra per la candidatura di Sansa (“una figura agli antipodi rispetto alla mia”). Da parte sua Sansa, nel salutare i lettori dalle pagine del Fatto di oggi ha scritto come sia stata “l’immagine dei malati di cancro costretti a lunghe trasferte in bus perché la Regione Liguria non ha investito per comprare gli apparecchi per la radioterapia e invece ha speso un milione e mezzo in pubblicità istituzionale” a spingerlo definitivamente ad accettare di mettersi in gioco nella sfida elettorale.

Se le schermaglie tra i principali contendenti sono iniziate, venerdì sera si dovrebbe capire se ci sarà anche un quarto candidato, oltre a Ferruccio Sansa, Giovanni Toti e Alice Salvatore (fuoriuscita dal M5s in polemica con l’alleanza giallorossa). Italia Viva, che osserva il diktat di Matteo Renzi sulla figura del giornalista, dovrà ora capire se l’ex-preside di Ingegneria Aristide Massardo, fino all’ultimo speranzoso di poter rappresentare la coalizione tra campo progressista e Movimento 5 stelle, sia disponibile a presentarsi con loro rischiando di fare un assist alle destre o dovranno candidare un’altra figura, che potrebbe essere l’ex-assessore (pentita) della giunta leghista di Genova Elisa Serafini.

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Elezioni regionali Puglia, Emiliano: “Renzi e Fitto alleati, sono attenti a lobby del carbone. Spero in Pd e M5s uniti nella battaglia per Ilva”

Matteo Renzi e Raffaele Fitto sono “alleati” e “attenti alla stessa lobby, quella del carbone”, quando invece la decarbonizzazione, in particolare quella dell’ex Ilva, s’intende, “dovrebbe unire il campo progressista”. Ed è proprio questo uno degli obiettivi di Michele Emiliano: “Spero di farlo tra il Pd e il Movimento 5 Stelle”. Il governatore della Regione Puglia, ricandidato dal centrosinistra dopo la vittoria alle primarie, bacchetta Italia Viva e Azione per la scelta di non appoggiare la sua candidatura e strizza l’occhio ai grillini, nell’ottica di un’alleanza alle Regionali di settembre caldeggiata dal premier Giuseppe Conte e dal segretario dem, e già nei fatti in Liguria con la candidatura di Ferruccio Sansa.

La Puglia – fronte caldo perché amministrato dai dem da 15 anni e a rischio riconferma per lo strappo dei renziani – diventa il prossimo territorio sul quale concentrarsi. Così il governatore, in un’intervista a Repubblica, riparte dall’argomento sul quale le sue politiche e quelle del M5s sono ormai vicine da anni: il futuro dell’Ilva di Taranto. Fu quello il terreno dello strappo con Renzi alla vigilia del referendum costituzionale ed è ancora oggi un campo sul quale cercare una convergenza con i pentastellati, anche alla luce dell’intenzione del governo di spingere su un’acciaieria green e senza area a caldo sfruttando il Green Deal europeo.

“Abbiamo vinto una battaglia straordinaria perché ciò che si sta facendo per l’ex Ilva in realtà è la riscrittura delle regole industriali secondo le nuove tecnologie che rendono l’industria compatibile con l’ambiente. È un passo decisivo per costruire la nuova Italia. La Puglia sta partecipando alla scrittura di pilastri valoriali che non sono la xenofobia, il ritorno alle monete nazionali, l’eliminazione dell’Unione europea”, argomenta Emiliano ricordando che proprio il siderurgico è “la ragione principale” dello scontro con Matteo Renzi e Carlo Calenda. “Loro sono dalla parte del partito dei combustibili fossili – accusa – La lobby del carbone non è da parte mia un’indicazione negativa, ma vista da sinistra appare incomprensibile. La decarbonizzazione dovrebbe unire il campo progressista, come io spero di fare tra il Pd di Nicola Zingaretti e il Movimento 5 Stelle”.

Perché, ragiona il presidente della Regione Puglia, “soltanto un’ottica fondata sugli interessi economici può separare la sinistra sulla decarbonizzazione dell’ex Ilva. Io lascerei perdere le lobby. C’è stato un momento in cui sembravano fossero alleati quali che volevano chiudere Ilva e quelli che volevano lasciarla com’era”. La svolta del Pd sulla decarbonizzare, aggiunge, è merito di Zingaretti che, come Conte, dice, è “persona libera da interessi particolari”. Un accordo con il M5s, quindi, è “nelle cose” e “si sta già facendo nella vita quotidiana del gruppo che lavora con me e dei 5 Stelle”. “Non è facile. Ci vuole rispetto, delicatezza e soprattutto dare agli attori di queste battaglie, Antonella Laricchia (candidata governatrice del M5s, ndr) e la senatrice Barbara Lezzi, la giusta importanza per la maturazione anche della mia parte politica”.

Il governatore si dice “non meravigliato” che in Puglia Italia Viva, dove candida Ivan Scalfarotto, “sia dalla parte di Fitto e voglia la sua vittoria”. Entrambi, sottolinea, “sono attenti alla stessa lobby, quella del carbone. Italia Viva non tornerà mai indietro”. Quindi ancora un invito ai grillini: “Questo vorrei dire al Movimento 5 Stelle: c’è un ruolo nell’economia mondiale che la destra italiana e Italia Viva svolgono e che trova in Puglia il campo di battaglia principale”.

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mercoledì 15 luglio 2020

Regionali Liguria, è accordo tra il Pd e il M5s: il candidato governatore sarà Ferruccio Sansa

È Ferruccio Sansa il candidato governatore del Pd e del Movimento 5 stelle alle regionali in Liguria. Dopo una dura trattativa è stato chiuso l’accordo tra i partiti che a Roma sostengono il governo di Giuseppe Conte. Lo sfidante di Giovanni Toti, dunque, sarà il giornalista del Fatto Quotidiano.

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Elezioni Regionali, Zingaretti rilancia l’appello di Conte: “Pd e Movimento 5 stelle siano uniti per sconfiggere le destre”

“Come siamo uniti contro la destra al governo, così lo dobbiamo essere anche nelle Regioni”. Il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, raccoglie l’appello di due settimane fa del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e, parlando al Tg3, tende la mano agli alleati di governo del Movimento 5 Stelle per arrivare a un accordo che permetta alle due formazioni di presentarsi in maniera unitaria ai prossimi appuntamenti elettorali in sei Regioni, così da contrastare l’alleanza di centrodestra. “Continuerò sempre a fare appelli – ha dichiarato – Per esempio nelle Marche non c’è un centro-destra, ma un destra-centro, con il candidato che va alle cene di commemorazione della Marcia su Roma. Che cosa deve accadere di più per fermare questa ipotesi di presidenza? Anche alle Regionali proviamo a unire le forze, noi del Pd ci proveremo fino all’ultimo per fermare le destre”.

Zingaretti risponde anche a chi respinge l’idea portando come motivazione le divergenze tra i due partiti su diverse materie: “Ci sono tante idee diverse – continua – , ma si sta al governo da alleati e non da avversari“. Lo dimostrano anche i risultati ottenuti con i dossier Alitalia e, soprattutto, Autostrade: “Ora dopo Alitalia e Aspi dobbiamo dare insieme una soluzione all’Ilva di Taranto. Anche lì è una scommessa, trasformare l’acciaieria in un polo dell’acciaio verde. Questo è possibile con la stessa volontà politica messa su Aspi. Con l’Europa possiamo farlo, facendo di Taranto il polo della rivoluzione ecologica“.

Un appello, quello del segretario Dem, che arriva meno di due settimane dopo quello fatto anche dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che interpellato dai giornalisti aveva parlato di una “sconfitta per tutti” nel caso in cui non si fosse riusciti a trovare un punto d’incontro per arrivare a un’alleanza alle prossime elezioni: “Possibile non trovare un momento di sintesi agli appuntamenti regionali? Sarebbe una sconfitta per tutti, anche per me, se non si trova un modo per fare un passo avanti. Basterebbe mettere da parte le singole premure“, aveva detto. Parole arrivate a sorpresa e in contrasto con l’atteggiamento super partes tenuto dal capo del governo che, fino a quel momento, aveva sempre evitato di commentare le questioni interne ai partiti o le loro alleanze politiche.

Parole alle quali i Dem, con Zingaretti in testa, avevano risposto pochi giorni dopo sposando la posizione del premier: “Non affrontare divisi una battaglia che può far vincere Salvini”, aveva detto il segretario aggiungendo che quello del premier “è un appello fondato su una scelta politica ma anche sul buon senso“. Sulla stessa linea il ministro per gli Affari Regionali, Francesco Boccia, che parlando al Corriere aveva detto: “Ai Cinquestelle chiediamo il coraggio di tagliarsi i ponti alle spalle e di camminare insieme“.

In quell’occasione, anche il capo politico ad interim pentastellato, Vito Crimi, assunse posizioni di apertura: “Il Movimento 5 Stelle non si è mai sottratto al confronto là dove ci sono le condizioni per avviare percorsi condivisi, come stiamo facendo in Liguria. In Campania invece il nostro appello non ha avuto riscontro. Un percorso che non può prescindere dal rispetto dell’autonomia dei territori e delle sensibilità che esprimono”, aveva dichiarato.

L’obiettivo dei Dem è quello di riuscire a trovare un accordo almeno nelle tre Regioni più in bilico: nelle Marche, in Puglia e in Liguria. E proprio nella regione governata da Giovanni Toti, Pd e M5s sembrano aver trovato l’intesa sul nome del candidato comune: Ferruccio Sansa. Una scelta che spinge Italia Viva verso una corsa in solitaria, visto che Matteo Renzi ha messo il veto sul nome del giornalista del Fatto Quotidiano.

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Autostrade, l’esultanza dell’ex ministro Toninelli per l’accordo: “Senza M5s al governo tutto questo non sarebbe accaduto”

A poche ore dall’accordo su Autostrade, che prevede tra le altre cose l’ingresso di Cassa depositi e prestiti al 51% e la progressiva uscita di Atlantia, l’ex ministro del Trasporti, Danilo Toninelli, ha pubblicato un breve video in cui esulta e non riesce a trattenere l’entusiasmo per la notizia. “Le autostrade tornano ai cittadini. I Benetton sono fuori e dovranno pagare miliardi. Tutto questo non sarebbe mai accaduto senza Movimento 5 stelle al governo”

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martedì 14 luglio 2020

Agcom e Privacy, M5s candida Giomi e Scorza alle authority. “Scelta che privilegia merito e competenza”

Voto a scrutinio segreto oggi in Parlamento per eleggere 4 componenti del Garante per la protezione dei dati personali e 4 dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom). Il Movimento 5 Stelle ha proposto per le due authority rispettivamente l’avvocato esperto di diritto digitale Guido Scorza – blogger de ilfattoquotidiano.it – e la professoressa Elisa Giomi, docente di sociologia dell’Università Roma Tre. L’annuncio della candidatura è stato pubblicato sul blog delle Stelle, “al termine di lungo e approfondito percorso di valutazione dei curriculum che i tanti candidati hanno presentato”. Una scelta “non facile” per il capo politico Vito Crimi, “che privilegia la competenza e il merito, a garanzia di quella indipendenza che contraddistingue l’azione delle Autorità garanti”. I membri di entrambe le autorità sono eletti dal Parlamento, al quale relazionano annualmente sul proprio operato.

A cosa servono le authority – L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) ha il duplice compito di assicurare la corretta competizione degli operatori sul mercato e di tutelare il pluralismo e le libertà fondamentali dei cittadini nel settore delle telecomunicazioni, dell’editoria, dei mezzi di comunicazione di massa e nelle poste. Il presidente dell’Authority viene nominato con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio, d’intesa con il Ministro dello Sviluppo Economico, previo parere favorevole delle Commissioni parlamentari competenti.

Il Garante per la Protezione dei Dati Personali (Privacy) ha invece il compito di assicurare la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali e il rispetto della dignità nel trattamento dei dati personali utilizzando un potere sia autorizzatorio che sanzionatorio. Il presidente dell’authority viene eletto dai quattro componenti del collegio e in caso di pareggio sarà eletto il più anziano.

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domenica 12 luglio 2020

Beppe Grillo sostiene Virginia Raggi con un testo in romanesco: “Roma non ti merita”

Un testo per difendere Virginia Raggi. Così Beppe Grillo interviene nel dibattito che nelle ultime settimane ha di fatto già aperto la campagna elettorale per le Comunali di Roma. Con il breve testo, tutto in romanesco a firma di Franco Ferrari, il garante del Movimento rimarca l’ingratitudine dei romani nei confronti della sindaca pentastellata, eletta nel 2016 e in scadenza nella primavera del 2021: “Virgì, Roma nun te merita”, è titolato il post apparso sul blog del fondatore dei Cinque Stelle.

“Virginia, piglia una valigia, tuo marito, tuo figlio, fammi un fischio, che ce ne andiamo via da questa gente di fogna. Lascia perdere”, attacca il sonetto. “Chi ti critica di qua, chi di là (…) E che cavolo! Si chiama Virginia, mica è la Madonna del Divino Amore! Quella, dice, che fa i miracoli”, si legge ancora nel testo. “Sono di Roma, e sono 70 anni che ci vivo, e, ogni volta che vinceva un sindaco, mi mettevo di buzzo buono a vedere quello che faceva. A Roma si dice che i cavalli si vedono all’arrivo. E io li ho sempre giudicati alla fine della corsa. Voi no, cari romani, voi dovete rompere il c… da sempre. Non è da oggi”, continua il testo.

Raggi nelle ultime settimane è stata attaccata diverse volte da Matteo Salvini, in una sorta di apertura anticipata di campagna elettorale. Dopo aver avvisato che la Capitale ha bisogno di un “manager” per il prossimo quinquennio, il leader della Lega ha definito la città un “far west” per colpa della sindaca M5s e del governatore laziale Nicola Zingaretti. Durante l’ultima manifestazione del centrodestra a piazza del Popolo, l’ex ministro dell’Interno aveva detto dal palco: “La Capitale non può essere ricordata per i rom, per i topi, per gli autobus bruciati, e le buche per strada”, provocando la reazione di Raggi che aveva parlato di “faccia tosta” di Salvini e ricordato che “la chiamavate ‘ladrona’ e ora vorreste tornare a spolparla”. Ecco il componimento integrale, firmato da Franco Ferrari e condiviso dal garante del Movimento:

A Virgì, pijia na valigia, tu fijio, tu marito, famme un fischio, che se n’annamo via da sta gente de fogna. Lassa perde. Nun te spormonà, sta a fa un bucio de culo, puro senza rubbà, e , chi te critica quà, chi te critica là, chi c’ha er pupo sur fòco, e, jielo devi da tojie, e n’artra che se lamenta che nun je risponni, che nun la vai a sentì, che c’ha puro lei quarche cosa da lamentasse. E che cavolo! Se chiama Virginia, mica è la Madonna der Divino Amore! Quella, dice , che fà li miracoli.

Sò de Roma, e sò settant’anni che ce vivo, e, ogni quarvorta che vinceva un sindaco, me mettevo de buzzo bòno a vedè quello che faceva. A Roma se dice che: li cavalli se vedeno all’arivo! E io li ho sempre giudicati alla fine de la corsa. Voi no, cari romani, voi dovete da rompe er ca’… sempre. Nun è da oggi. Sò circa tremila anni che rompete li cojoni, ma nun fate mai gnente pé dà na mano, anzi, giù botte!

Oggi, per esempio, sta pòra donna, era contenta d’avè messo la luce che nun c’era da quarant’anni, a na via a Torre Angela. Me direte, ma era na via de borgata, quarant’anni fa era tutto abusivo! E certo, era abusivo, come si fasse na casa abusiva fosse un diritto, e, che , dar momento che sò state sanate dar condono del 1987, aricordatevelo, voi che rompete er ca’…, 1987. Nisuno, e dico nisuno, c’aveva messo mano, pé mette la luce, li lampioni. Dice. Ma che te vanti? Sò solo quattro lampioni. Intanto sò de ppiù, ma, si pure fussero due, ereno quarant’anni, quasi, che aveveno condonato. Quindi annate a rompe er ca’… da n’artra parte.

Me fa piacere che nun sbomballate le gonadi cô le buche, puro si nun s’è finito de rifà tutte le vie de Roma. Ma come se dice, ogni vorta che dovete da fà un lavoro? Roma mica s’è fatta in un giorno. E voi, pretennete che sta pòra crista, che deve da combatte a mafia romana, e famijie Casamonica, casapound, forza nòva, li cazzari, sò due, e carciofare, Cartagirone co li giornali, Angelucci cò le cliniche, er Pd, a Lega, li fascisti, li zingari, li ladri, li corrotti che staveno dentr’ar comune, li corrotti dell’Atac, le perdite dell’acqua, li abusivi ne le case comunali, li politici che l’occupaveno, embè.

Si io me sò stancato a scrive tutto, e nun ho finito, quello che ha fatto sta pòra crista in quattro anni, senza sprecà na lira, ma come se deve da sentì lei che ste cose l’ha fatte? E jianno rotto, dandoje fòco, ai Tmb der Salario, a quello de Rocca Cencia, jianno dato fòco a 1200 cassonetti de la monnezza, hanno tolto e marmitte a tutte le auto der servizio giardini, stanno a mette li chiodi nelle spiagge che ha fatto sequestrare a li delinquenti de Ostia, stanno a rompe li cessi pé li disabili. E voi che ca… fate? A criticate? Ma annate a fancina!

Invece de curavve la città vostra, fate er tifo pe li ladri, li delinquenti, proprio quelli che v’hanno fatto vive dentro a la monnezza, oppuro ve credete che er nome der monnezza de Thomas Milian, è un nome de fantasia? C’era la monnezza, eravamo noi che la producevamo, e nun c’è gnente da fà, si potemo buttà per tera na cosa, noi ce la buttamo, si potemo mette un divano, verso e tre de notte, vicino ar cassonetto, noi, ce lo mettemo. Vòi mette er culo che c’è da fa, a chiamà l’Ama che te lo viè a prenne, a gratis, a casa?

Ve meritate Carraro, Signorello, Darida, Veltroni, Rutelli, Alemanno ! Marino. Da che sò vivo e capiente, solo Petroselli era ben visto da tutti, ma, er Signore se lo prese de corsa, forse voleva mette a posto er paradiso. Tutto er resto, monnezza su monnezza, de persone, o de opere, e li buffi c’hanno invaso la città.

L’anima de li mejo morta… vostra, si nun ve spicciate a sostenè sta pòra ragazza, armeno, senza metteje li bastoni fra le ròte, cari romani, ve devo da di che sète proprio infami. E si, perché nun ve basta che ve compra l’autobusse co l’aria fredda e calla, nun ve basta che ve rifà tutte e strade, nun ve sta bene che ve regala er mare libero, aricordateve quanno pe annà su la spiaggia dovevate da pagà l’ingresso, sveja! Era tutta mafia, ve stava bene? No. Perché sentivo tutti che se lamentaveno, e, nun c’era un buco dove potè annà ar mare.

Pé questo ve dico che l’onesti dovrebbero pijà e valige, e, annassene, abbandonà sta città bella e zoccola. Si vincheno li vecchi partiti, sète fottuti. Nun se farà più gnente, e, si se farà quarcosa sarà pé volere de la magistratura. Ma voi, godete a sputà in faccia a na sindaca pulita, e testarda, una che le cose le fa. Pensatece , c’avete undici mesi de tempo, pé pensacce bene.

O volete Roma, o sète morti, che Roma, quell’artri, se la magneno.

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