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martedì 10 luglio 2018

M5s, rompere al più presto con la Lega per salvare la faccia. E il Paese

L’innaturale alleanza con il bulletto neoliberista, Matteo Salvini, sta rapidamente buttando a mare il patrimonio di credibilità conquistato dai 5 stelle presso il popolo italiano. Personalmente ho sempre ritenuto che il Movimento fosse l’espressione anche di istanze positive, progressiste e (volenti o nolenti) di sinistra. Così era per il richiamo all’onestà, alla lotta ai privilegi, al non allineamento in politica internazionale, all’equità sociale e alla redistribuzione della ricchezza mediante il reddito di cittadinanza e non solo.

A soli quattro mesi o poco più dal trionfo elettorale del 4 marzo di tutto ciò rimane poco e niente. Già prima delle elezioni la scelta dello yes man Luigi Di Maio come capo politico era indicativa della scelta dei vertici più o meno occulti del Movimento di fare propria ogni possibile compatibilità del sistema. Dopo le elezioni, tuttavia la situazione è ulteriormente peggiorata anche per effetto delle dissennate scelte di Matteo Renzi. Infatti, il veto posto dall’ex leader ha impedito quel dialogo politico fra un Pd rigenerato e i pentastellati che, emarginando la destra, avrebbe potuto dare qualche risultato positivo.

Ma la scelta (sia pure in parte obbligata) di addivenire alla stipula del cosiddetto contratto con Salvini si sta oramai rivelando gravida di conseguenze estremamente negative non solo per il Paese ma anche per lo stesso Movimento 5 stelle. Si stanno peraltro nettamente delineando talune linee di dissenso tra Lega e pentastellati che rappresentano potenzialmente altrettante faglie di rottura.

1. La prima riguarda ovviamente il tema sul quale Salvini ha deciso di caratterizzare l’azione del governo, ovvero la guerra senza quartiere ai disperati che cercano la sopravvivenza e un futuro migliore sulle sponde europee. Se l’inconsistente Di Maio ha deciso di assecondare la forsennata crociata razzista di Salvini, si registrano fortunatamente accenti significativamente diversi nella parte migliore dei 5 stelle, a partire da Roberto Fico, che ha avuto più volte modo di sottolineare il ruolo positivo delle tanto vituperate Ong.

2. Poi c’è il fronte dei diritti dei lavoratori, che vede ovviamente la Lega schierata fino alla morte a difesa delle istanze padronali contro i pur timidi miglioramenti proposti da Di Maio con il cosiddetto Decreto dignità.

3. Seguono, ultimi ma non meno importanti, i temi attinenti alla questione morale che per i 5 stelle dovrebbe essere dirimente e fondativa. I 48 milioni trafugati da Umberto Bossi e che Salvini si guarda bene dal restituire rappresentano solo la punta dell’iceberg. Da molti anni, infatti, la Lega – nonostante camaleontici cambiamenti di nome e furbeschi aggiustamenti di linea politica – è parte integrante della peggiore classe politica italiana, condividendone privilegi, reti di relazioni più o meno legittime, segreti e pessime abitudini. Che cosa c’entri una forza politica del genere con un’altra che si candida a rappresentare la volontà di pulizia e rinnovamento degli italiani, non si riesce davvero a capire, sebbene siano in molti a tentare di contrabbandare la Lega come una forza di cambiamento, mentre invece rappresenta pienamente forze sociali ed economiche conservatrici e reazionarie.

In parte questo accomodamento tra Lega e 5 stelle è senza dubbio il frutto perverso di una decadenza politica e morale dei secondi, sul cui carro sono saltati e continuano a saltare personaggi di ogni genere che, più che alla rigenerazione del Paese, sembrano interessati al loro destino individuale e alla loro carriera. Occorre tuttavia sperare che nel Movimento continuino a esistere energie politiche, culturali e morali che – nonostante le costanti umiliazioni cui sono assoggettate dalle scelte scriteriate di Di Maio e dalla tutela verticistica di Beppe Grillo e Casaleggio junior – non si rassegnino a svolgere il ruolo ingrato di reggicoda di Salvini, in attesa del fatto che quest’ultimo si senta abbastanza forte per scaricarli definitivamente per dare spazio alla destra, da Forza Italia a Forza nuova, di cui è parte integrante e naturale.

Un elemento positivo pare rappresentato, in questo quadro, dall’esperienza della Regione Lazio, il cui saggio presidente ha avviato una collaborazione con i 5 stelle. Resta comunque urgente il rilancio di un polo di vera sinistra, con e oltre Potere al popolo, all’insegna della piena discontinuità con il disastroso passato recente.

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