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martedì 14 giugno 2022

Centrosinistra e “campo largo”, Letta insiste: “Non escludo nessuno, in gioco c’è il Paese”. Ma Conte: “Sì al civismo, non a Renzi e Calenda”

Il voto delle amministrative cambia i connotati delle coalizioni. Se a destra Fratelli d’Italia sembra aver conquistato il comando del centrodestra a scapito della Lega (che è superata dal partito di Giorgia Meloni quasi ovunque anche al Nord), a sinistra la missione impossibile resta quella di Enrico Letta: il “campo largo” che tenga insieme il M5s da una parte e Azione dall’altra. Vaste programme, disse quello. “La mia responsabilità non è solo avere un punto percentuale in più per il Pd – dice a DiMartedì Letta – ma costruire un’alleanza che regga, sia convincente, di gente convincente che si mette d’accordo sulle cose da fare“. Tradotto: “Se il mio partito fa un bellissimo risultato e poi ci troviamo Salvini o Meloni con una maggioranza di centrodestra alla fine il problema per il Paese è enorme”. Non sono di questo avviso Giuseppe Conte e a Carlo Calenda. L’ex premier, alle prese con la peggiore crisi di consenso elettorale dopo il primo boom del 2013, prima dell’intervista di Letta aveva già chiuso a doppia mandata (almeno per oggi): “Se parliamo di apertura al civismo attivo noi siamo aperti. Se invece dobbiamo costruire le future sorti del fronte progressista con Italia Viva che non ho mai incontrato nei territori e non ho incontrato il suo simbolo o di Calenda che ha fatto operazioni mirate e molto astute, allora si fanno operazioni diverse. Ma ai cittadini non bisogna dire fesserie”. Il leader di Azione, da parte sua, aveva ribadito la strategia di cui parla da tempo: “Costruire un’offerta alternativa ai due poli. Riteniamo che la cosa migliore da fare sia costruire un’area terza, che vada da sola e che spacchi il bipopulismo” e che dopo il voto si allei “anche con il Pd, Forza Italia e la Lega, che spero rinsavisca e accompagni Salvini alla porta”. Per non parlare poi di Renzi, il cui partito Italia Viva – a differenza di Azione – ha sostenuto più di un candidato sindaco di centrodestra, come Flavio Tosi a Verona o Daniele Sinibaldi a Rieti. “Il Movimento 5 stelle non esiste più – ha detto Renzi – La lista ConTe a Rieti ha fatto meno dei 5 stelle e quindi non è un valore aggiunto”.

E dunque Letta come può mettere insieme queste posizioni dalle quali non trasuda certo stima e forse nemmeno tolleranza reciproca? “Ho diversi difetti ma un pregio, quello della pazienza. Credo che con pazienza questo lavoro si farà” garantisce il segretario democratico. Letta ricorda anche che “in alcune parti del Paese è già avvenuto” che le forze del possibile campo largo siano state insieme. A Verona, per dire: “Abbiamo sovvertito ogni pronostico e il nostro candidato Damiano Tommasi si gioca la partita con grandi speranze, siamo riusciti a mettere tutti insieme. Non è impossibile. Lo dico ai nostri potenziali alleati: il problema è che non dobbiamo stare lì con l’idea di mettere il veto uno sull’altro“.

Letta risponde a Calenda anche nel merito, cioè sull’esistenza del terzo polo che può fare la differenza. Le performance elettorali alle Comunali sono un po’ un’illusione ottica, è il ragionamento. “Non esiste oggi nel nostro sistema politico un centro che vale il 10-15 per cento alle amministrative, elegge sindaci e quindi fa la differenza. Non è così – dice il leader Pd – Nelle amministrative c’è sempre o il candidato nostro o quello del centrodestra. E sarà così anche alle elezioni politiche. Rispetto moltissimo quello che fanno Calenda e Renzi. Dico a loro, discutiamo, però questo è il quadro. Perché la mia responsabilità è di far vincere l’intera coalizione, non di avere io l’un per cento in più”.

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