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venerdì 14 agosto 2020

Politici col bonus 600 euro, Tridico alla Camera: “Task force antifrode ha fatto approfondimenti su anomalie perché i parlamentari hanno una loro gestione previdenziale. Accertamenti ancora in corso”

Prima ha rivendicato che l’istituto, in un “momento convulso” in cui occorreva “dare una risposta veloce ai cittadini”, ha pagato 13,3 milioni di prestazioni per Covid, tra cui oltre 4 milioni di bonus 600 euro. Subito dopo Pasquale Tridico, nell’attesa audizione in videoconferenza davanti alla commissione lavoro della Camera, è arrivato al punto: perché la task force antifrode ha individuato, tra i milioni di nomi dei beneficiari, quelli dei cinque deputati e dei politici locali che l’hanno chiesto? E chi ha diffuso la notizia, data per prima da Repubblica domenica? Il punto fermo del presidente Inps è che l’istituto ha seguito la legge e va respinta al mittente “ogni accusa verso di me e verso i miei dirigenti e funzionari di un’azione manipolata. Le strutture sono autonome e la loro azione è stata egregia, hanno dato lacrime e sangue per mettersi al servizio del paese”.

Approfondimenti antifrode su 40mila posizioni – Sul primo aspetto Tridico – accompagnato in audizione da alcuni funzionari tra cui Antonello Crudo, che guida la task force antifrode – ha ricordato che tra i requisiti per ottenere il bonus c’era il fatto di “non essere titolari di un trattamento pensionistico né iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie“. Dopo aver distribuito i bonus (“Nel periodo di covid l’esigenza era pagare e non controllare, pagare subito e poi controllare, questo è fatto”) l’istituto ha quindi iniziato le verifiche. Così come ha fatto per altre prestazioni, vedi la cassa integrazione. “La procedura costruita dall’amministrazione si basa sulla legge. Basandosi sui nostri archivi, si attinge alla presenza o meno di altri fondi previdenziali obbligatori”. E così sono emerse alcune anomalie, tra cui quella di “40mila soggetti che risultavano presenti e iscritti a un’altra forma di previdenza“.

“Parlamentari hanno gestione previdenziale interna” – “Per evitare comportamenti fraudolenti l’attenzione si è concentrata sugli amministratori locali”, che hanno “una loro forma di previdenza”. Poi “si è ritenuto che anche i parlamentari meritassero un approfondimento visto che hanno una loro gestione previdenziale interna” – riformata dopo l’abolizione dei vitalizi – che però non è chiaro nemmeno all’Inps se vada considerata previdenza obbligatoria. Tanto è vero che sulle loro posizioni “gli approfondimenti sono in corso ancora oggi“.

“I nomi non li ha dati l’istituto. Aperto audit su fuga di notizie” – Il secondo capitolo riguarda la fuga di notizie, che ha scatenato polemiche sulla presunta uscita “a orologeria” per influenzare il referendum sul taglio dei parlamentari. “Non sono uscite dal sottoscritto, rimando al mittente le accuse fatte per fini che mi sfuggono, motivi fantasiosi e accuse infondate da rimandare al mittente”, ha scandito Tridico, anzi “ho ordinato un audit interno per capire se le notizie sono state trafugate dall’istituto. La notizia del 2000 politici a livello nazionale e dei 5 deputati l’ho condivisa a fine maggio con il cda dell’istituto, per permettere poi di poter fare le verifiche del caso”. Poi il racconto di come ha saputo che il quotidiano romano aveva la notizia: “Il 7 agosto mi chiama Molinari, direttore di Repubblica, chiedendomi i nomi. Io non glieli do. Lui aspetta il giorno dopo, poi esce la notizia senza i nomi. Io ero sorpreso, questa notizia non è uscita dal sottoscritto. E come vedete anche oggi nessuno ha dato i nomi, si sono auto-denunciati sia a livello nazionale che locale”. La direzione di Repubblica ha confermato, precisando che “la notizia era arrivata al giornale tramite un’altra fonte la cui identità non sarà rivelata in linea con quanto scritto nel codice deontologico dei giornalisti”.

Il Garante della privacy, dopo aver chiarito che i nomi dei politici coinvolti possono essere resi pubblici, ha aperto un’istruttoria sulla metodologia seguita dall’istituto rispetto al trattamento dei dati dei beneficiari e alle notizie diffuse al riguardo.

I nomi – Oltre a quelli di molti amministratori locali, negli ultimi giorni sono emersi tre nomi tra quelli dei cinque deputati che hanno chiesto l’indennità di 600 euro: si tratta dei leghisti Andrea Dara ed Elena Murelli, che il Carroccio ha “sospeso”, e di Marco Rizzone del M5S, che è stato deferito al collegio dei probiviri dal capo politico Vito Crimi chiedendone “la sospensione immediata e massima severità nella sanzione”. Gli altri due, che il bonus l’hanno chiesto ma non ottenuto.

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