di Maria Serena Palma
Finché non conosceremo programma e ministri, questo governo “po’ esse fero e po’ esse piuma”. Quel che è certo è che lasciare alla masnada di avvoltoi di centrodestra (e quindi anche a IV) la gestione del Recovery e dell’ancora delicata fase della pandemia, sarebbe oltre che ingiusto, senza dubbio stupido.
Da elettrice del Movimento 5 stelle, non vorrei che la prima forza politica del Parlamento fosse messa all’angolo in questo momento cruciale per il Paese. Mi aspetto che i miei rappresentanti non lascino la pagnotta agli avversari, dopo aver sudato per ottenere il successo che sappiamo in Europa. Per questo ho condiviso le parole di Vito Crimi sull’anteporre la responsabilità al consenso. Ben venga adesso sedersi al tavolo e “valutare se ci sono le condizioni per prendere parte a un esecutivo”.
Attenzione: non è una considerazione fatta a cuor leggero. Comprendo l’allarme lanciato da Alessandro Di Battista (come dargli torto?), così come ho letto e riletto il recente intervento di Tomaso Montanari sull’illusione di un Draghi keynesiano.
Rispetto a questo vorrei dire che la risposta è proprio nel suo J’accuse, che riprendo: “Mario Draghi per dieci, fatali, anni ha guidato la privatizzazione dei beni pubblici degli italiani: servendo, tra gli altri, due governi Amato, due Berlusconi, uno D’Alema. Il risultato non è stata una riduzione del debito pubblico, né un miglioramento dei servizi, ma la creazione di monopoli privati connessi con la politica. Come capo della Bce ha firmato la famosa lettera del 2011 che chiedeva ‘privatizzazioni su larga scala’ dei servizi locali, ‘accordi al livello d’impresa, in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende’, lo smantellamento del pubblico impiego (incitando alla riduzione degli stipendi), l’introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione (affossandone di fatto l’intero progetto sociale). Oggi si resuscita il Draghi keynesiano allievo di Caffè, immaginando una fase espansiva di spesa sociale. Ma nulla supporta questa pia illusione: i soldi reali del Recovery Plan sono molti meno di quanto si dica, e all’ordine del giorno c’è un’emorragia di posti di lavoro. Un governo svincolato dalla ricerca del consenso democratico serve a gestire un bagno di sangue sociale. Come credere che l’interesse degli esultanti Elkann possa coincidere con quello di chi vive del proprio lavoro, o che lavoro non ha?”.
Ebbene, sarebbe tutto fuorché astuto lasciare che lo stesso signore decida indisturbato con gli avvoltoi di cui sopra le sorti del nostro Paese. Personalmente mi rassicura invece sapere che al timone ci sia e faccia da garante la forza politica che mi rappresenta. Non dovrebbe essere necessario ribadirlo, ma è naturale che in tempi normali questa discussione neanche sarebbe esistita perché saremmo andati alle urne. Purtroppo è l’ennesima volta in cui il Movimento ha le mani legate, e per quanto mi riguarda la scelta di aver accettato il confronto va nell’interesse esclusivo dei cittadini.
Dalle consultazioni sembra sia emersa apertura su temi importanti come il Reddito di Cittadinanza, ma si sa, verba volant scripta manent: aspettiamo e vediamo.
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L'articolo Da elettrice di M5s, non vorrei che la prima forza del Parlamento resti fuori dai giochi proviene da Il Fatto Quotidiano.
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